Non sapremo mai cosa si sono detti Donald Trump e Marco Rubio al rientro del Segretario di Stato a Washington dopo il meeting multilaterale a Kingston con Barbados, Giamaica, Haiti, Trinidad e Tobago, più altri stati caraibici collegati da remoto, e i due successivi in Guyana e Suriname.
Rubio era partito convinto di avere gioco facile con le isole anglofone, ma
ha dovuto incassare un sonoro rifiuto alla richiesta di
annullamento dell’accordo per l’assistenza medica fornita da Cuba.
Gli Stati caraibici hanno fatto quadrato per difendere il programma concordato
con l’Avana. Dal Covid in poi, dottori e infermieri cubani si sono rivelati
pressoché insostituibili nel sostenere un servizio sanitario
traballante, che diventa inesistente nel caso di Haiti.
Riguardo al petrolio importato nei Caraibi dal Venezuela, e
negli stessi Stati Uniti dalla Guyana, il veto sull’energia è sfumato in
partenza, dal momento che per ora i dazi su petrolio e gas non sono contemplati nell’agenda Trump. La Giamaica –
che ha una partnership solida con Caracas per greggio e gas liquido – ha tirato
un sospiro di sollievo, mentre la Guyana, forte dei suoi nuovi
pozzi off shore, ha avuto gioco più facile, essendo già nella lista
Usa dei paesi fornitori di petrolio.
Dal bastone alla carota
Rubio si è trovato subito in difficoltà: partito a spron battuto,
minacciando i premier convenuti di ritirare a loro e al personale diplomatico
il visto per entrare negli Stati Uniti se non avessero provveduto ad annullare
i permessi che consentono ai medici cubani di agire all’estero, ha dovuto
registrare il netto rifiuto degli alleati.
Dopo il timido no di Andrew Holness, primo ministro giamaicano,
partner storico dei Rep Usa, Mia Mottley, primo
ministro di Barbados, e Ralph Gonsalves per St. Vincent e
Grenadine si sono detti pronti a restituire il visto seduta
stante se il segretario di stato avesse insistito nel ricatto.
Rubio ha cercato di svicolare con la tattica del divide et impera,
chiedendo incontri separati con i singoli paesi, ma la Mottley lo ha
inchiodato, accusandolo apertamente di voler indebolire i capi
di governo convenuti. La leader delle Barbados aveva già negli anni passati
fatto valere le sue ragioni, rimuovendo il 30 novembre 2021 la Regina dalla
carica simbolica di Capo di Stato, proclamando la repubblica e uscendo così dal
Commonwealth Realm, che ne limitava l’indipendenza amministrativa, vincolando
l’economia bajana agli interessi del Regno Unito.
Fu uno smacco notevole per gli inglesi – che i bajani
dileggiano chiamandoli redlegs (gambe rosse) – per i quali
Barbados e Bahamas rimanevano colonie con le Cayman loro
cassaforte. Dal 2021 Barbados affianca le isole gemelle di Trinidad &
Tobago, già repubbliche dal 1970 pur mantenendo rapporti d’affari con l’ex
impero. La Mottley aveva poi sferzato duramente i capi di stato convenuti al
summit Onu sul cambiamento climatico, tacciandoli di ipocrisia e
inerzia. Parole profetiche oggi che la questione clima è praticamente svanita dagli
impegni Usa e il combustibile fossile salito di nuovo in
cattedra dopo un decennio di parole al vento, letteralmente, su energie
rinnovabili e auto elettriche.
Ipocrisia stelle e strisce
La strategia di Rubio si è dimostrata subito fallimentare,
accusando i presenti di sfruttare il personale medico cubano in combutta con il
governo centrale che secondo il Segretario di Stato usa i suoi medici come
merce di scambio, togliendo loro il passaporto e incassando direttamente gli
stipendi. In realtà Cuba trattiene il 60% delle spettanze per finanziare il
programma che comprende anche la scholarship, l’istruzione gratuita
per gli studenti che provengono da famiglie indigenti.
Gli stati ospitanti hanno dichiarato compatti che i medici immigrati sono
trattati allo stesso livello dei sanitari locali. Per
esperienza diretta, posso dire che diversi in Giamaica lavorano anche
dentro strutture private che sono al di fuori del programma
governativo, quindi nel complesso il trattamento di cui usufruiscono, pur se
non privo di lacune, è comunque una via d’uscita visto che in patria – quando
va bene – arrivano a stento a cento dollari al mese. I medici, non gli
infermieri, claro.
L’ipocrisia di Rubio cozza con la realtà e il suo tentativo, se fosse
riuscito, avrebbe causato un collasso del sistema sanitario
caraibico e africano, senza contare che anche in Italia i dottori cubani si
sono rivelati preziosi, in un SSN che da anni è diventato un colabrodo scarseggiando
cronicamente di mezzi e personale.
Conclusioni
A Rubio è andata male anche in Guyana, che ha tenuto duro sul
programma condiviso con Cuba, mantenendo duty free i prodotti
petroliferi esportati negli Usa, frutto del greggio ricavato dalle estrazioni
in mare. D’altra parte gli Stati Uniti ci tengono a mantenere buoni i rapporti
con la nazione confinante col Venezuela non solo per il petrolio, ma anche per
un eventuale intervento militare ai danni del nemico storico,
ergendosi a difensori della Guyana sul contenzioso che Maduro ha
iniziato, reclamando per sé la regione guyanese di Essequibo, ricca
anch’essa di petrolio e che oltretutto equivale a circa un terzo del piccolo
Stato caraibico.
È giocoforza per Trump sorvolare sulla questione ideologica, evitando di
applicare dazi sulla materia prima importata dal suo alleato, essenziale per
gli Stati Uniti.
Ps. La vendetta di Rubio non si è fatta attendere: l’ambasciata Usa ha emesso un nuovo
Travel Warning per scoraggiare l’afflusso turistico verso Barbados, Colombia,
Cuba, Giamaica (a cui era stata promessa la rimozione), Haiti, Messico e
Venezuela per non aver ceduto ai suoi ricatti. Colpire le economie dei paesi in
via di sviluppo che non si piegano alla volontà degli Stati Uniti è una
specialità della Casa (Bianca) da sempre.
“Nella
storia di Washington gli operatori sanitari di Cuba erano spie, ora sono
vittime”
Omar Stainer Rivera è un ricercatore e scrittore cubano e ha pubblicato diversi articoli su quella che definisce la “strategia di boicottaggio” del governo degli Stati Uniti contro le missioni mediche cubane nel mondo ora, ancora una volta, colpito dalle recenti sanzioni promosse dal Segretario di Stato Marco Rubio. Stainer è anche l’autore del libro “The White House vs. White Coats”, che approfondisce questo argomento, e sta preparando un nuovo libro sull’argomento. Abbiamo condotto questa intervista al IV Colloquio Internazionale Patria 2025, tenutosi dal 17 al 19 marzo presso l’Università dell’Avana.
Stainer spiega che la strategia è cambiata. Fino
a pochi anni fa, i medici cubani in tanti paesi erano presentati, nella
retorica di Washington e in quella di certa stampa collegata, come “agenti del
governo cubano”, anche come “spie” o “propagandisti del
comunismo”, quando si trattava di cooperazione in paesi i cui governi non erano
legati all’Avana; o, come strumenti
per sostenere “le basi di appoggio al governo”, quando era alleato di Cuba,
come nel caso del Venezuela. In entrambi i casi, l’account
diplomatico e mediatico ha aggiunto due messaggi: l’incapacità professionale di
questo personale cubano e l’accusa di aver “tolto il lavoro” al personale
indigeno. Successivamente, la Casa
Bianca ha cambiato il discorso e ha ritenuto più efficace presentare il
personale di assistenza medica come vittima della “tratta di esseri umani” o
del “lavoro schiavo”, una narrazione che si mantiene ancora oggi.
In ogni caso, l’obiettivo di questa strategia è quello di
cancellare o rendere impossibile qualsiasi accordo medico di Cuba all’estero,
sia annullandolo, sia rendendolo così difficile da renderlo impossibile
firmarlo e attuarlo. Per cosa?
Distruggere l’immagine della cooperazione cubana e porre fine alle entrate che,
in alcuni paesi, Cuba ottiene per il suo sistema sanitario pubblico interno.
Per fare questo, il governo degli Stati Uniti utilizza vari
attori subordinati: i media (il caso del “Wall Street Journal” è uno dei più
significativi), le ONG come Prisoners Defenders, i membri del Congresso e i
sindacati medici, tra gli altri.
Per quanto riguarda i
Difensori dei Prigionieri, Omar Stainer indica che è la principale fonte del
Governo degli Stati Uniti nei suoi rapporti sul “traffico di esseri umani” a
Cuba, in un trattamento “circolare”, in cui il Governo e la suddetta ONG, che
risponde al cento per cento ai suoi interessi, si alimentano a vicenda con
storie, esempi e linguaggio.
Omar Stainer Rivera
Carbó (La Sierpe, Sancti Spíritus, 1984): Laureato in Psicologia
e master in Scienze della Comunicazione. Diplomato presso il Centro di
Formazione Letteraria Onelio Jorge Cardoso. Ha vinto premi e menzioni al
Concorso di Racconti Brevi dell’Editorial Capitán San Luis 2014 e 2015, così
come al Premio 26 de Julio, dove ha ottenuto una menzione di ricerca e un
premio nel genere biografico per il romanzo ancora inedito, su Félix Varela, Yo
no sé callar. È stato finalista al Premio Fantoches 2019 con il romanzo Yo maté
a Mella, dove vengono ricreati brani della vita di Julio Antonio Mella. Ha
pubblicato Un país bajo la lluvia, Editorial Oriente, 2019.
X di Omar Stainer: @omar_stainer