giovedì 10 aprile 2025

La missione Rubio fallisce in Giamaica: l’assistenza medica cubana resta. E lui si vendica - Flavio Bacchetta

 

Non sapremo mai cosa si sono detti Donald Trump e Marco Rubio al rientro del Segretario di Stato a Washington dopo il meeting multilaterale a Kingston con Barbados, Giamaica, Haiti, Trinidad e Tobago, più altri stati caraibici collegati da remoto, e i due successivi in Guyana e Suriname.

Rubio era partito convinto di avere gioco facile con le isole anglofone, ma ha dovuto incassare un sonoro rifiuto alla richiesta di annullamento dell’accordo per l’assistenza medica fornita da Cuba. Gli Stati caraibici hanno fatto quadrato per difendere il programma concordato con l’Avana. Dal Covid in poi, dottori e infermieri cubani si sono rivelati pressoché insostituibili nel sostenere un servizio sanitario traballante, che diventa inesistente nel caso di Haiti.

Riguardo al petrolio importato nei Caraibi dal Venezuela, e negli stessi Stati Uniti dalla Guyana, il veto sull’energia è sfumato in partenza, dal momento che per ora i dazi su petrolio e gas non sono contemplati nell’agenda Trump. La Giamaica – che ha una partnership solida con Caracas per greggio e gas liquido – ha tirato un sospiro di sollievo, mentre la Guyana, forte dei suoi nuovi pozzi off shore, ha avuto gioco più facile, essendo già nella lista Usa dei paesi fornitori di petrolio.

Dal bastone alla carota

Rubio si è trovato subito in difficoltà: partito a spron battuto, minacciando i premier convenuti di ritirare a loro e al personale diplomatico il visto per entrare negli Stati Uniti se non avessero provveduto ad annullare i permessi che consentono ai medici cubani di agire all’estero, ha dovuto registrare il netto rifiuto degli alleati.

Dopo il timido no di Andrew Holness, primo ministro giamaicano, partner storico dei Rep Usa, Mia Mottley, primo ministro di Barbados, e Ralph Gonsalves per St. Vincent e Grenadine si sono detti pronti a restituire il visto seduta stante se il segretario di stato avesse insistito nel ricatto. Rubio ha cercato di svicolare con la tattica del divide et impera, chiedendo incontri separati con i singoli paesi, ma la Mottley lo ha inchiodato, accusandolo apertamente di voler indebolire i capi di governo convenuti. La leader delle Barbados aveva già negli anni passati fatto valere le sue ragioni, rimuovendo il 30 novembre 2021 la Regina dalla carica simbolica di Capo di Stato, proclamando la repubblica e uscendo così dal Commonwealth Realm, che ne limitava l’indipendenza amministrativa, vincolando l’economia bajana agli interessi del Regno Unito.

Fu uno smacco notevole per gli inglesi – che i bajani dileggiano chiamandoli redlegs (gambe rosse) – per i quali Barbados e Bahamas rimanevano colonie con le Cayman loro cassaforte. Dal 2021 Barbados affianca le isole gemelle di Trinidad & Tobago, già repubbliche dal 1970 pur mantenendo rapporti d’affari con l’ex impero. La Mottley aveva poi sferzato duramente i capi di stato convenuti al summit Onu sul cambiamento climatico, tacciandoli di ipocrisia e inerzia. Parole profetiche oggi che la questione clima è praticamente svanita dagli impegni Usa e il combustibile fossile salito di nuovo in cattedra dopo un decennio di parole al vento, letteralmente, su energie rinnovabili e auto elettriche.

Ipocrisia stelle e strisce

La strategia di Rubio si è dimostrata subito fallimentare, accusando i presenti di sfruttare il personale medico cubano in combutta con il governo centrale che secondo il Segretario di Stato usa i suoi medici come merce di scambio, togliendo loro il passaporto e incassando direttamente gli stipendi. In realtà Cuba trattiene il 60% delle spettanze per finanziare il programma che comprende anche la scholarship, l’istruzione gratuita per gli studenti che provengono da famiglie indigenti.

Gli stati ospitanti hanno dichiarato compatti che i medici immigrati sono trattati allo stesso livello dei sanitari locali. Per esperienza diretta, posso dire che diversi in Giamaica lavorano anche dentro strutture private che sono al di fuori del programma governativo, quindi nel complesso il trattamento di cui usufruiscono, pur se non privo di lacune, è comunque una via d’uscita visto che in patria – quando va bene – arrivano a stento a cento dollari al mese. I medici, non gli infermieri, claro.

L’ipocrisia di Rubio cozza con la realtà e il suo tentativo, se fosse riuscito, avrebbe causato un collasso del sistema sanitario caraibico e africano, senza contare che anche in Italia i dottori cubani si sono rivelati preziosi, in un SSN che da anni è diventato un colabrodo scarseggiando cronicamente di mezzi e personale.

Conclusioni

A Rubio è andata male anche in Guyana, che ha tenuto duro sul programma condiviso con Cuba, mantenendo duty free i prodotti petroliferi esportati negli Usa, frutto del greggio ricavato dalle estrazioni in mare. D’altra parte gli Stati Uniti ci tengono a mantenere buoni i rapporti con la nazione confinante col Venezuela non solo per il petrolio, ma anche per un eventuale intervento militare ai danni del nemico storico, ergendosi a difensori della Guyana sul contenzioso che Maduro ha iniziato, reclamando per sé la regione guyanese di Essequibo, ricca anch’essa di petrolio e che oltretutto equivale a circa un terzo del piccolo Stato caraibico.

È giocoforza per Trump sorvolare sulla questione ideologica, evitando di applicare dazi sulla materia prima importata dal suo alleato, essenziale per gli Stati Uniti.

Ps. La vendetta di Rubio non si è fatta attendere: l’ambasciata Usa ha emesso un nuovo Travel Warning per scoraggiare l’afflusso turistico verso Barbados, Colombia, Cuba, Giamaica (a cui era stata promessa la rimozione), Haiti, Messico e Venezuela per non aver ceduto ai suoi ricatti. Colpire le economie dei paesi in via di sviluppo che non si piegano alla volontà degli Stati Uniti è una specialità della Casa (Bianca) da sempre.

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“Nella storia di Washington gli operatori sanitari di Cuba erano spie, ora sono vittime”

Omar Stainer Rivera è un ricercatore e scrittore cubano e ha pubblicato diversi articoli su quella che definisce la “strategia di boicottaggio” del governo degli Stati Uniti contro le missioni mediche cubane nel mondo ora, ancora una volta, colpito dalle recenti sanzioni promosse dal Segretario di Stato Marco Rubio. Stainer è anche l’autore del libro “The White House vs. White Coats”, che approfondisce questo argomento, e sta preparando un nuovo libro sull’argomento. Abbiamo condotto questa intervista al IV Colloquio Internazionale Patria 2025, tenutosi dal 17 al 19 marzo presso l’Università dell’Avana.

 

Stainer spiega che la strategia è cambiata. Fino a pochi anni fa, i medici cubani in tanti paesi erano presentati, nella retorica di Washington e in quella di certa stampa collegata, come “agenti del governo cubano”, anche come “spie” o “propagandisti del comunismo”, quando si trattava di cooperazione in paesi i cui governi non erano legati all’Avana; o, come strumenti per sostenere “le basi di appoggio al governo”, quando era alleato di Cuba, come nel caso del Venezuela. In entrambi i casi, l’account diplomatico e mediatico ha aggiunto due messaggi: l’incapacità professionale di questo personale cubano e l’accusa di aver “tolto il lavoro” al personale indigeno. Successivamente, la Casa Bianca ha cambiato il discorso e ha ritenuto più efficace presentare il personale di assistenza medica come vittima della “tratta di esseri umani” o del “lavoro schiavo”, una narrazione che si mantiene ancora oggi.

In ogni caso, l’obiettivo di questa strategia è quello di cancellare o rendere impossibile qualsiasi accordo medico di Cuba all’estero, sia annullandolo, sia rendendolo così difficile da renderlo impossibile firmarlo e attuarlo. Per cosa? Distruggere l’immagine della cooperazione cubana e porre fine alle entrate che, in alcuni paesi, Cuba ottiene per il suo sistema sanitario pubblico interno.

Per fare questo, il governo degli Stati Uniti utilizza vari attori subordinati: i media (il caso del “Wall Street Journal” è uno dei più significativi), le ONG come Prisoners Defenders, i membri del Congresso e i sindacati medici, tra gli altri.

Per quanto riguarda i Difensori dei Prigionieri, Omar Stainer indica che è la principale fonte del Governo degli Stati Uniti nei suoi rapporti sul “traffico di esseri umani” a Cuba, in un trattamento “circolare”, in cui il Governo e la suddetta ONG, che risponde al cento per cento ai suoi interessi, si alimentano a vicenda con storie, esempi e linguaggio.

Omar Stainer Rivera Carbó (La Sierpe, Sancti Spíritus, 1984): Laureato in Psicologia e master in Scienze della Comunicazione. Diplomato presso il Centro di Formazione Letteraria Onelio Jorge Cardoso. Ha vinto premi e menzioni al Concorso di Racconti Brevi dell’Editorial Capitán San Luis 2014 e 2015, così come al Premio 26 de Julio, dove ha ottenuto una menzione di ricerca e un premio nel genere biografico per il romanzo ancora inedito, su Félix Varela, Yo no sé callar. È stato finalista al Premio Fantoches 2019 con il romanzo Yo maté a Mella, dove vengono ricreati brani della vita di Julio Antonio Mella. Ha pubblicato Un país bajo la lluvia, Editorial Oriente, 2019.

X di Omar Stainer: @omar_stainer

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