domenica 13 aprile 2025

I nostri investimenti finanziari assediati

 

Prelievo forzoso. Per il riarmo l’Ue non prenderà i risparmi sui conti correnti. In arrivo, però, le solite trappole - Beppe Scienza

Ha destato preoccupazioni la notizia che l’Unione Europea vorrebbe utilizzare l’enorme massa di denaro giacente sui conti bancari “per finanziare i suoi obiettivi strategici” fra cui le spese militari. In Rete, ma anche su qualche giornale, si è letto che i conti correnti verranno saccheggiati per l’acquisto di armi o altro. Messo in questi termini, l’allarme è del tutto infondato. Ciò non toglie che sussistano alcuni rischi reali, ma al riguardo occorre fare due discorsi nettamente diversi.

Da un lato, sull’immediato, ci sono venditori di investimenti, porta a porta o allo sportello, che hanno preso subito la palla al balzo. Dando credito alle voci più allarmistiche, cercano di spaventare chi ha parecchi soldi sul conto. “Lei rischia che la von der Leyen glieli porti via. Ne metta almeno la metà al sicuro in un fondo o meglio in una polizza vita”, più o meno questo è il discorso che fanno. Com’è poi strutturale nel settore, ricorrono a ogni genere di menzogne, ma solo a voce, per rifilare i peggiori investimenti che possono vendere.

In realtà i risparmiatori non corrono nessun pericolo che l’Ue o lo Stato italiano dirotti a suo piacimento soldi dai loro conti, in banca o alla Posta.

D’altro lato esiste davvero un progetto della Ue per “indirizzare i risparmi privati a sostegno dei suoi obiettivi” cioè verso investimenti nel settore industriale, anche ma non solo bellico. Ma non tramite prelievi forzosi. La cosa è più subdola, per cui converrà stare molto guardinghi nei confronti delle iniziative che presto verranno prese.

Primo, bisognerà non lasciarsi allettare dai vantaggi fiscali che verranno sbandierati per collocare piani di risparmio o simili per il finanziamento del sistema produttivo o delle infrastrutture. L’ossessione di risparmiare tasse fa regolarmente cadere in trappola i risparmiatori italiani. Vedi a partire dagli anni ’80: le polizze vita miste, i fondi pensione, i Pir ecc.

Secondo, occorre diffidare degli attori della cosiddetta educazione finanziaria, che verranno presto reclutati con armi e bagagli per indirizzare gli italiani verso le nuove proposte.

Restano poi due ambiti molto critici, i fondi pensioni e gli enti previdenziali, cui sarà facile imporre di impiegare una quota del patrimonio in aziende industriali, anche belliche. E magari già lo fanno, come ha spiegato Mauro Del Corno sul FQ. Qui è molto difficile difendersi per i lavoratori e risparmiatori, succubi e tenuti anche all’oscuro delle decisioni prese da altri.

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Gianni Girotto: la grande finanza ha rovinato l’economia mondiale

(intervista di Olivier Turquet)

Gianni Girotto è stato senatore del Movimento 5 Stelle per due legislature ed è attualmente Coordinatore del Comitato transizione ecologica e digitale di tale movimento. Ma Gianni è anche uno storico socio di Banca Etica e divulgatore su temi economici e di speculazione finanziaria. Gli abbiamo chiesto di fare luce su questo doppio tema del riarmo in Europa e dei dazi statunitensi.

 

In questi giorni la borsa ha fatto le montagne russe. Ma, ciononostante, quello che gli analisti sottolineano è che la borsa è da anni in crescita. Cosa sta succedendo?

La borsa è uno strumento inventato e utilizzato dagli esseri umani, pertanto riflette ciò che succede nel pianeta. Più precisamente lo amplifica, nel bene e nel male, perché da una parte si basa sulla fiducia nel futuro e questo genera spesso “l’effetto valanga” o “effetto farfalla”, dall’altra grazie alle tecnologie informatiche che hanno velocizzato di miliardi di volte la quantità di operazioni possibili e le relative tempistiche, si presta in maniera “eccellente” a una miriade di speculazioni, che rendono i prezzi dei vari titoli soggetti a variazioni estremamente dinamiche.

Ne abbiamo avuto un drammatico esempio negli anni 2007 e seguenti, con il crollo delle borse mondiali a partire dal fallimento della banca Lehman Brothers; questo episodio, lungi dall’essere a sé stante, era la conseguenza di un mercato finanziario in cui le regole erano e sono decisamente troppo permissive, e che ha assunto ormai un potere tale da riuscire ad impedire alla politica e alla società civile in generale di regolamentare le borse e la finanza in generale, in modo torni ad essere funzionale all’economia. In pratica cioè da molti anni il prezzo delle materie prime e di tutto ciò che viene scambiato nelle borse non è determinato dalla “normale” legge della domanda e dell’offerta, ma viene determinato purtroppo dalle speculazioni poste in essere su ciascun titolo. Ne abbiamo avuto un altro deleterio esempio nel 2022, quando i prezzi dell’energia esplosero, nonostante non fosse cambiata significativamente né la quantità della domanda, né la quantità e la disponibilità dell’offerta. 

Fatta questa doverosa e comunque minimale introduzione, la risposta alla domanda è che effettivamente la borsa da alcuni anni sta crescendo, ma questo perché aveva avuto un crollo appunto nel 2007 e quindi gli ultimi anni di crescita sono serviti semplicemente per riportarci ai livelli del 2007; e le montagne russe delle ultime settimane sono semplicemente il riflesso di un mercato che non riesce a prevedere che cosa  farà il presidente degli Stati Uniti, nazione che nel bene e nel male influenza ancora moltissimo l’economia mondiale.

 

Da molti lati, ed anche dal tuo, ci sono richieste di regolamentazione e controllo della speculazione finanziari, ce ne potresti illustrare alcune e parlare delle tue proposte?

C’è moltissimo da fare, e paradossalmente è la cosa più difficile non è tanto individuare delle soluzioni tecniche e legislative, ma cambiare la mentalità degli ultimi decenni che ha visto il verificarsi della cosiddetta “finanziarizzazione dell’economia”, cioè il fatto che molte, troppe persone, sono convinte, o comunque pensano/sperano di poter guadagnare per tutta la vita semplicemente muovendo il mouse e pigiando tasti del computer. Ma la finanza non crea alcuna ricchezza reale, semplicemente gestisce e sposta quella esistente. La ricchezza “vera” si crea “sporcandosi le mani” e cioè coltivando i campi, raccogliendo quanto vi cresce, trasformandolo, immagazzinandolo, allevando bestiame (anche se io sono contrario), costruendo case strade ponti ferrovie acciaio dadi viti bulloni vestiti presse torni acquedotti fognature ecc. ecc., e naturalmente sviluppando i servizi sanitari, ristorazione, turismo, intrattenimento, tutte cose comunque “reali”. La finanza dovrebbe quindi tornare a essere uno strumento per “fare credito” e investire appunto sull’economia reale, cioè con investimenti di medio lungo periodo, che nulla hanno a che vedere con le speculazioni attuali in cui le operazioni di compravendita durano pochi istanti. Pertanto i rimedi gli aggiustamenti necessari sono noti e dibattuti da tempo, e si possono riassumere con strumenti per aumentare la trasparenza e la tracciabilità delle operazioni, la chiusura di ogni forma di “paradiso fiscale” e strumenti per acquisire gettito fiscale dalle operazioni speculative, come la famosa “tobin tax” di cui si parla da decenni, ma non si è mai attuata perché come ho già detto la finanza, da sempre, domina la politica, e non viceversa. 

Ma che invece un’altra finanza sia possibile lo dimostrano le decine di banche etiche che sono nate negli ultimi decenni nel pianeta, e che tutte le analisi economiche valutano essere più redditizie e più sicure rispetto alle banche tradizionali, ovviamente questo prendendo in esame un periodo di tempo medio lungo. Quindi in realtà io non ho “mie” proposte, ma sto solo cercando di spingere le proposte che da decenni fanno noti economisti e altre persone di altissimo livello. Tra queste vi è la necessità che a qualsiasi persona venga data un’educazione finanziaria sufficiente a compiere scelte ponderate, cosa attualmente irrealizzata, ed è per questo che io personalmente ho creato nel 2024 un ciclo di video didattici che ho pubblicato nel mio blog e nei vari “social”.

 

Rispetto al tema del riarmo si è sottolineato che sono stati creati, dalle grandi holding finanziarie, dei pacchetti specifici che puntano sul riarmo. Ce lo puoi spiegare e illustrare?

Ci provo, ma siccome un’immagine vale mille parole e un video vale mille immagini, invito i gentili lettori a dedicare qualche minuto alla visione di questo video:



uscito diversi anni fa, ma assolutamente attuale. Ora sperando abbiate visto e divulgato il suddetto video, che in pratica contiene già la spiegazione, ribadiamo anche qua che le armi sono il secondo mercato mondiale come controvalore (il primo sono le fonti fossili, cioè petrolio e gas), e quindi banalmente io posso investire nelle fabbriche delle armi. Queste, in caso di guerra, vedranno aumentare le loro possibilità di vendere i propri prodotti, e magari pure a prezzi maggiorati stante la “necessità”, e quindi incrementare i loro guadagni e di conseguenza la resa di chi, in loro, ha investito; insomma io posso investire su fabbriche che producono vestiti, cibi, infrastrutture, macchinari ecc. ma posso anche investire sulle armi, che sono un prodotto come un altro, dal punto di vista del mercato. Pertanto è bene informare tutti i cittadini che esiste la possibilità di uscire da questo “mercato di morte” affidando i propri risparmi e i propri investimenti alla finanza etica, che esclude dai propri affari qualsiasi operazione con la filiera delle armi, e questo vale sia che siate un pensionato con pochissimo denaro da portare in banca sia che abbiate maggiori disponibilità economiche e di investimento. Usciamo dalle “banche armate”, che purtroppo sono la grande maggioranza.

C’è sempre un intervento più forte di meccanismi di intelligenza artificiale nelle operazioni finanziarie, soldi che si generano da soli, senza più alcun legame con il mondo produttivo. Quali sono le conseguenze e i rischi di questi fenomeni?

Come ho detto all’inizio dell’intervista, l’informatica ha moltiplicato di miliardi di volte la velocità delle operazioni finanziarie, e quindi anche la loro quantità. In termini numerici si stima che più del 90% delle operazioni finanziarie globali non abbiano nulla a che fare con la vita reale, ma siano speculazioni fine a se stesse, che durano pochi istanti o comunque un tempo molto breve. Altri numeri ci dicono che almeno il 70% di queste operazioni sono decise in totale autonomia dai computer, e questo da molti anni, molto prima cioè che si iniziasse a utilizzare l’intelligenza artificiale. Capito questo si comprende come il mercato sia soggetto a rallentamenti e accelerazioni troppo brusche, perché decise per la maggior parte non da uomini che possono anche agire con un certo livello di prudenza, ma da computer che non fanno altro che ricercare la migliore opzione tra le milioni possibili ed eseguirla in frazioni di secondo, senza minimamente porsi il problema delle conseguenze. Pensate che il registro di tali operazioni finanziarie, che attualmente è preciso al milionesimo di secondo, verrà implementato alla precisione del miliardesimo di secondo, una cosa che nella vita reale non ha nessunissimo senso. 

Insomma come ho detto nella seconda domanda, si è purtroppo compiuta, di fatto, una finanziazione dell’economia, che però arricchisce solo un ristretto oligopolio di operatori, in particolare i grandi fondi di investimento globale, e pertanto i detentori di quote degli stessi. Essi ormai sono proprietari di quote molto significative delle maggiori imprese manifatturiere mondiali, di giornali, radio, TV, canali sul web, e hanno pertanto un’influenza economica e mediatica talmente rilevante, da influire a loro piacimento le politiche globali, nazionali, regionali. Questo ha portato alla nota riduzione quantitativa della cosiddetta “classe media, e in generale a una ancora più iniqua distribuzione della ricchezza.

Termino di rispondere alle tue domande sabato 12 aprile 2025, e come ciliegina sulla torta è proprio di oggi la notizia che il presidente degli Stati Uniti è sotto accusa per operazioni di “insider trading”, cioè in buona sostanza di aver approfittato del fatto che essendo lui stesso la causa dei recenti cali e risalite in borsa, abbia potuto approfittarne pesantemente investendo sui titoli giusti sapendone in anticipo appunto l’andamento. Ora è evidente che io non ho la minima prova se questo corrisponda a verità o meno, ma in questo caso la cosa importante è che l’ipotesi sta assolutamente in piedi da un punto di vista teorico, cioè colui che sapesse in anticipo l’avverarsi di una crisi, potrebbe legittimamente “scommettere, sul calo della borsa e guadagnare cifre molto elevate, ripeto il tutto in modo assolutamente legale.

Pertanto la priorità delle priorità a livello globale è quella di porre in essere una pesante riforma del sistema bancario e finanziario generale, perché così come è strutturato ora non farà altro che acuire le differenze tra ricchi che diventeranno sempre più ricchi e una fascia media e povera che invece faticherà sempre di più per arrivare a fine mese. 

Questo naturalmente postula il fatto che la cittadinanza deve avere coscienza di quanto sopra, e non è quindi un caso che un osservatore attento non possa constatare che dell’argomento se ne parla poco e in maniera superficiale, perché la priorità delle priorità per questo ristretto oligopolio finanziario, è quello di mantenerci nell’ignoranza, e per il momento, complice una troppo grossa fetta di politici corrotti, ci sta riuscendo benissimo!

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Bye bye transizione verde, anche i fondi Esg si riempiono di azioni di costruttori di armi - Mauro Del Corno

Le azioni Rheinmetall sono presenti in ben 650 fondi Esg. La statunitense Lockheed Martin , nota per i suoi jet da combattimento e sistemi missilistici, compare in circa 370 fondi Esg. Mentre Bae Systems, che produce munizioni, lanciamissili e obici, è in oltre 450 portafogli

Pecunia non olet, al di là delle parole e delle brochure consegnate ai risparmiatori, è questo il principio che domina il mondo del risparmio gestito e della finanza in generale. Il profitto prevale su qualsiasi altra considerazione. Stupisce dunque solo fino ad un certo punto che tra i gestori di fondi si stia velocemente diffondendo un grande interesse per il settore della difesa, per le aziende che costruiscono armi. Persino i fondi Esg, in teoria attenti a considerazioni etiche e di sostenibilità degli investimenti, stanno allentando le loro regole per fare posto a qualche redditizia azioncina bellica.

L’occasione è davvero troppo ghiotta. In mezzo mondo è partita la corsa al riarmo, gli Usa esigono dai loro “alleati” europei un drastico incremento delle spese per armi ed eserciti. Chi costruisce bombe, missili, jet, carri armati, etc, spera di venire sommerso da commesse da centinaia di miliardi di euro. E nell’ultimo anno, ad esempio, il valore delle azioni della tedesca Rheinmetall è più che raddoppiato, quello dell’italiana Leonardo quasi (+ 85%).

Secondo le rilevazioni dell’agenzia Bloomberg, nel corso del 2024, i fondi di investimento dedicati al settore bellico sono raddoppiati, raggiungendo quota 47, dopo decenni in cui erano rimasti al di sotto della decina. E i dati relativi ai primi due mesi del 2025 confermano questa ritrovata passione per fucili e cannoni dell’industria del risparmio gestito. Come si diceva, neppure i fondi Esg vogliono rinunciare, al punto che Mia Thulstrup Gedbjerg , co-direttrice dell’unità del settore della difesa presso lo studio legale danese Kromann Reumert , ha detto a Bloomberg che alla sigla Esg (Environmental, Social, Governance), andrebbe aggiunta la D di difesa. “Un sacco di capitale affluirà in queste aziende”, ha aggiunto.

Le azioni Rheinmetall sono ad esempio presenti in ben 650 fondi Esg. La statunitense Lockheed Martin , nota per i suoi jet da combattimento e sistemi missilistici, compare in circa 370 fondi Esg. Mentre Bae Systems, che produce munizioni, lanciamissili e obici, è in oltre 450 portafogli. Del resto i fondi Esg che hanno acquistato partecipazioni anche in produttori di armi hanno ottenuto risultati decisamente migliori rispetto a quelli rimasti focalizzati sui tradizionali investimenti del comparto, come le energie rinnovabili.

Nel 2024 l’ indice S&P Global dedicato alle industrie di difesa ed aerospazio ha guadagnato il 17%, mentre quello sulle energie rinnovabili ha perso ben il 27%. Quanto ai fondi tradizionali, tra quelli lanciati nel 2024 appena uno su cinque esclude esplicitamente i titoli della difesa. I rischi reputazionali esistono, un risparmiatore potrebbe trovarsi a lucrare sulla vendita di ordigni letali a feroci dittatori o a governi che li usano per sterminare civili. Ma il piatto è davvero troppo ricco per non ficcarcisi.

Roel Houwer, manager di VanEck Asset Management , ha affermato che l’opinione sull’opportunità di detenere azioni di difesa sta “cambiando radicalmente”. La sua sgr propone ora ai risparmiatori il VanEck Defense Ucits Etf che ha già raccolto oltre 2 miliardi di dollari e che ha garantito ai sottoscrittori uno spettacolare rendimento del 44% nel 2024. “Abbiamo assistito a una crescita incredibile”, ha detto in un’intervista Houwer. E i flussi nel fondo nelle prime settimane di quest’anno “sono persino maggiori di quelli del 2024”, ha aggiunto.

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La grande beffa dei fondi ESG europei, quasi 5mila hanno investimenti nell’industria petrolifera – Mauro Del Corno

Uno studio di un team di ong (Facing Finance e Ugewald) fa il punto sugli investimenti nell'industria dei combustibili fossili da parte dei fondi Esg, ovvero quelli che, in teoria, dovrebbero ispirarsi a criteri si sostenibilità ambientale. Le aziende di combustibili fossili più presenti nei fondi analizzati sono Total Energy, Shell, Exxon Mobil, Chevron, Eni, BP

Nel giorno in cui l’organizzazione metereologica mondiale fa sapere che nel 2024 è stata raggiunta la più alta concentrazione di Co2 nell’atmosfera degli ultimi 800mila anni, uno studio di un team di ong (Facing Finance e Ugewald) fa il punto sugli investimenti nell’industria dei combustibili fossili da parte dei fondi Esg, ovvero quelli che, in teoria, dovrebbero ispirarsi a criteri si sostenibilità ambientale (la E sta per Environmental), società e governance aziendali. Si scopre così però che 5mila fondi che si pubblicizzano come ESG detengono partecipazioni in aziende dei combustibili fossili

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Fondi ESG: cosa sono gli investimenti sostenibili - Valentina Neri

La finanza può contribuire a cambiare il mondo in cui viviamo. Può cambiarlo in meglio, se sostiene attività, imprese e progetti coerenti con il percorso per lo sviluppo sostenibile tracciato dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Oppure può cambiarlo in peggio, se gli investitori puntano unicamente a massimizzare il proprio rendimento di breve periodo, senza curarsi delle ricadute sulla realtà. Questo è il principio da cui prende origine il vasto mondo degli investimenti e fondi sostenibili, cioè quelli basati sui criteri Esg (ambientali, sociali e di governance). Ma cosa sono di preciso? Approfondiamo l’argomento…

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I fondi pensione si buttano nel business del riarmo. Tfr usati per finanziare la costruzione di missili e carri armati – Mauro Del Corno

Parecchi operatori stanno rivendendo le politiche di esclusione dei produttori di armi dai possibili investimenti. Tra le motivazioni non vengono mai citati i lauti profitti attesi: ci si giustifica affermando che la finanza si mette al servizio del piano di riarmo europeo

Prima c’era stato il ritorno di fiamma per i combustibili fossili e le compagnie petrolifere, tornati molto redditizi con la crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina. Ora il nuovo amore degli investitori, inclusi i fondi pensione europei, sono le armi. Persino i fondi Esg, in teoria esplicitamente ispirati a standard etici, hanno introdotto vari escamotage per non lasciarsi sfuggire i nuovi affari. Ad esempio argomentando che finanziare la produzione di bombe, missili, jet, carri armati e quant’altro è un modo per difendere le democrazie. Si ricordi che, effetti, i big europei della difesa stanno mettendo a segno performance borsistiche da lustrarsi gli occhi. In un anno le azioni di Leonardo sono cresciute di oltre il 100%, quelle della tedesca Rheinmetall addirittura del 203% mentre la francese Thales ha dovuto “accontentarsi” di un + 65%.

Come segnala l’agenzia Bloomberg, anche parecchi fondi pensione europei hanno deciso di conseguenza di rivedere le loro politiche di esclusione dei produttori di armi dai possibili investimenti. La cosa piuttosto comica è che tra le motivazioni non vengono mai citati i lauti profitti attesi, ma ci si giustifica affermando che la finanza si mette al servizio del piano di riarmo europeo. Quasi fosse un sacrificio dettato da un disinteressato moto di solidarietà…

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