Gli spasmi delle coalizioni europee che hanno sostenuto tre anni di carneficine in Ucraina, rinunciando a qualsiasi sforzo di natura diplomatica, sono entrati nella fase più pericolosa.
Il passo che rischia in questa fase di
accelerare il disastro è l’entrata dell’Ucraina nell’Unione Europa auspicata e
evocata sempre più frequentemente dalle oligarchie sconfitte del vecchio
continente. Con il veto di Trump sull’ingresso del paese aggredito militarmente
nella Nato, alle élites europee al potere prive del coraggio di muovere una guerra diretta alla Russia, non resta che la
carta dell’allargamento del proprio confine geografico e sono molti i politici
internazionali e nazionali che, in metaforica prima linea, supportano
questa ipotesi.
Le ragioni di tale scelta, date in pasto a
un ormai esangue opinione pubblica attraverso media e propaganda quotidiana,
sono la difesa della democrazia e dei valori europei in uno scenario che
approssimerebbe i tardi anni Trenta e l’ascesa del Terzo Reich. Ora
che difendere l’Ucraina inglobandola nella Ue aumenti la possibilità di
resistere all’invasione russa senza la possibilità di attivare l’articolo 5
della Nato, non si capisce come possa accadere. Quello che invece è molto
chiaro è che alla fine del conflitto, se l’umanità sopravviverà, l’Ucraina
verrà divisa in due parti e che la parte fuori dall’influenza russa diventerà
un terreno miliardario di ricostruzione e investimenti. Siccome è da decenni
che le politiche europee sono guidate dagli interessi di
lobbies e grandi investitori, ciò che è destinato ad accadere è
che l’adesione all’Europa comporterebbe un impegno, venduto come etico e
morale, di aiutare i nuovi fratelli e sorelle per ricostruire la nazione.
Donald Trump ha già dichiarato
di essere in
credito di 500 miliardi con Zelensky da ripagare con terre rare. Agli europei
spetteranno dunque gli oneri della ricostruzione. Quando si parla di responsabilità morale degli europei naturalmente
non si fa riferimento alle oligarchie che hanno contribuito a prolungare la
guerra e la distruzione per tre anni: le Von der Leyen, le Metsola, i Macron, i
Draghi, i Gentiloni. Se a pagare il conto fossero i patrimoni delle élites
guerrafondaie, dei portaborse e magari dei clienti che ne hanno beneficiato
direttamente come le grandi industrie delle armi, forse, si potrebbero anche
avanzare meno obiezioni.
A saldare il debito che la maggior parte
dei cittadini europei non ha cercato, e non ha voluto, saranno invece i pensionati a cui in Italia la Consulta ha appena
confermato il taglio delle rivalutazioni periodiche degli assegni
previdenziali, i lavoratori con i salari che a fatica arrivano a fine mese, i
giovani costretti a lavorare fino a 70 anni, i cittadini che venti anni fa
avevano accesso alle cure del SSN e che dopo che i loro stati hanno aderito
all’agenda della competizione europea sono
costretti a rivolgersi al privato, se hanno le risorse, o altrimenti a non
curarsi.
A guadagnare invece non è difficile
prevederlo saranno coloro che tirano le fila:
i fondi internazionali, gli amici degli amici, quelli che vedono sempre una
opportunità imprenditoriale, anche dalla fine del mondo. Certo: è giusto sottolineare che i cittadini
europei hanno votato la rappresentanza politica più indecorosa e incapace del
dopoguerra e quindi, in parte, sono anche loro responsabili della tragedia. Ma
forse in nome di quegli alti valori di democrazia che continuamente i politici
al potere richiamano per giustificare ogni loro decisione, prima di avviare la procedura di ammissione definitiva dell’Ucraina
all’Unione Europea, bisognerebbe come minimo organizzare un referendum e
chiarire i vantaggi e i costi di una simile operazione. Così ciascuno potrebbe
valutare pro e contro della storica scelta e magari anche riflettere sul fatto
che un ulteriore impoverimento della popolazione europea è l’ovvia anticamera
dell’esplosione di populismi e
dei sovranismi e la fine dall’Europa come è stata
conosciuta dal dopoguerra a oggi.
A meno di non volere naturalmente
continuare a credere che la Russia si stia veramente preparando a invadere il
vecchio continente. Il che, fosse vero, dovrebbe comportare almeno l’immediata
rimozione dell’olandese Rutte da segretario generale della Nato, protagonista
un paio di giorni fa della solenne affermazione secondo cui, se Putin provasse già oggi a invadere i sacri confini
della terra della libertà e della democrazia, la risposta che riceverebbe
sarebbe letale.
Nessun commento:
Posta un commento