Per secoli gli imperi hanno applicato e giustificato metodi vendicativi; solo di recente l’opinione pubblica ha avuto il potere di stabilire cosa è giusto.
Come è possibile che a Gaza, negli stessi luoghi di analoghi misfatti descritti dalla Bibbia, l’esercito israeliano armato dagli Usa stermini senza pietà donne e bambini a migliaia senza suscitare reazioni di orrore in Occidente?
La risposta viene da lontano, e sta nel male oscuro che continua ad
affliggere l’Occidente nonostante i suoi tentativi di curarlo. L’arma di
affamare una popolazione assediata per farla arrendere o annichilirla è vecchia
quanto l’Iliade e la Bibbia. La morte per inedia e maltrattamenti delle
popolazioni ostili o ridotte in schiavitù è stata per lungo tempo, per i poteri
occidentali, una possibilità che rientrava nell’ordine naturale delle cose.
Nell’antichità greco-romana madre dell’Occidente, giustizia voleva dire
vendetta e il concetto di giustizia era completamente arcaico. Esso includeva
il genocidio, come quando Agamennone rimprovera il fratello Menelao d’aver
compassione per un ostaggio che lo implora di non ucciderlo: “… Perché mai
tanti riguardi per questi uomini? Ti hanno proprio fatto così del bene a casa
tua? No. Di loro qui nessuno ha da sfuggire alla morte. Neanche il piccolo che
la madre si porta ancora in grembo – no, neppure quello scamperà. Devono
scomparire tutti insieme…”. E Omero approva, dicendoci che quest’esortazione di
Agamennone, date le sue “buone ragioni”, coglie nel segno e convince il
fratello.
Dovevano passare mille anni perché una più evoluta idea di
vendetta/giustizia si affermasse in Occidente, giungendo a includere la
proporzionalità e la clemenza, e a escludere l’annichilimento del nemico e di
tutta la sua stirpe. Ed è su questo sfondo che dobbiamo collocare la massima
biblica dell’“occhio per occhio e dente per dente”.
La legge del taglione fu un progresso. Essa significava che occorreva
limitarsi a togliere solo un occhio per ogni occhio, piuttosto che uccidere il
trasgressore e tutti i suoi parenti. Questa evoluzione dal genocidio alla
proporzionalità dell’atto di vendetta si accompagna alla progressiva
distinzione tra responsabilità individuale e colpa collettiva.
Ma la tensione tra queste diverse concezioni della guerra e della
vendetta/giustizia, in realtà, non si è mai sciolta in Occidente. È divenuta
minoritaria perché sopravanzata dal processo di incivilimento, per poi tornare
alla ribalta nei nostri giorni, con genocidi e crimini contro l’umanità il cui
ritorno veniva ritenuto impossibile. L’Olocausto nazista e il genocidio di Gaza
sono due tristi esempi di ciò.
Nei secoli la violenza della Bibbia ha continuamente prevalso sul Vangelo,
costituendo un modello che ha ispirato le Crociate, le guerre di religione,
l’espansione coloniale oltreoceano, il genocidio dei nativi americani e altri
crimini fino a Gaza.
Il Vaticano dei cattolici è stato simbolo di corruzione e di violenza lungo
l’intera epoca moderna, mentre i pastori protestanti hanno benedetto tutte le
nefandezze europee nel Nuovo Mondo. Si è dovuti arrivare al XX secolo per
trovare Papi che hanno iniziato a ripudiare la guerra, e ai nostri giorni per
avere Francesco, il cui Pontificato si è caratterizzato per la condanna alla
guerra in quanto tale, senza se e senza ma.
È vero che la tradizione occidentale della guerra è variegata, includendo
le guerre di conquista, di conservazione dello status
quo e le guerre imperiali. Ma in fondo a ogni guerra c’è sempre
stata, e c’è, l’opzione dell’herem,
dell’annientamento puro e semplice del nemico, a dispetto degli stessi scopi
iniziali del conflitto. Ed è stato proprio il maggiore studioso della guerra
occidentale, von Clausewitz, ad ammonirci che “l’introdurre un principio di
moderazione nella guerra è una vera assurdità”.
Il culmine della traiettoria iniziata con i genocidi della Palestina del Vecchio
Testamento è stata l’invenzione dell’arma più conforme al genocidio: la bomba
atomica creata dai vertici della scienza occidentale, e usata dagli americani a
Hiroshima e Nagasaki. La guerra atomica globale è la versione ultima dell’herem biblico. È il regalo che la vocazione
distruttiva e autodistruttiva dell’Occidente ha fatto a se stesso e al resto
del mondo.
Gli imperi si sono autocelebrati definendosi come portatori di stabilità e
di pace. In realtà, la “pacificazione” è consistita nell’uso della violenza
senza freni contro ogni insubordinazione. Di fronte alla ribellione, l’ultima
ratio del potere imperiale è stata quasi sempre il genocidio. È così che si
sono comportate due potenze “democratiche” come Atene e Roma. L’annichilimento
della popolazione di Melos da parte di Atene viene giustamente ricordato come
uno dei primi genocidi. Una tipica campagna di conquista come quella della
Gallia da parte di Giulio Cesare o della Giudea da parte dell’imperatore
Adriano poteva costare centinaia di migliaia di vittime civili.
La mentalità genocidiale s’è trasmessa quasi intatta dall’antichità al
Medioevo. Il genocidio come strumento di governo s’è trascinato per i secoli
successivi e fin dentro il Novecento. L’opzione dello sterminio totale fu
tenuta sul tavolo dai poteri metropolitani che si trovarono a fronteggiare popolazioni
che sostenevano la guerriglia e i movimenti di liberazione nazionale. In Corea,
Algeria, Vietnam, Laos e altrove, i regimi democratici imperiali hanno
rinunciato con riluttanza a usare le tattiche d’annientamento.
Il fattore decisivo per la cessazione dei genocidi imperiali durante la
decolonizzazione postbellica e fino adesso, non è stato la capacità militare
delle forze ribelli ma l’evoluzione dell’opinione pubblica nei territori
metropolitani. Questa ha condannato con veemenza sempre maggiore le pratiche di
sterminio e ha fatto dipendere i risultati elettorali dal comportamento dei
governi su questo tema, creando nel contempo il cosiddetto “tabù atomico”.
Gli eserciti metropolitani si sono trovati così nell’impossibilità di
vincere guerre contro piccole entità ribelli. Non potendo usare le armi della
distruzione totale, sono stati costretti a ritirarsi. L’ultimo episodio è la
ritirata ignominiosa Usa dall’Afghanistan nel 2021, dopo 20 anni di occupazione
militare.
Una diagnosi approfondita del male oscuro che affligge la civiltà
occidentale fin dai suoi albori non è stata ancora fatta. Alcune grandi menti
hanno percepito il destino tragico dell’Occidente senza darne una vera
spiegazione. La vita dell’Europa sembra come sovrastata da un indelebile
difetto primordiale che la condanna al declino e alla fine.
Questo ordine di idee è inchiodato all’intuizione di Nietzsche sul
nichilismo europeo, cioè sul cupio dissolvi dell’Occidente.
La guerra senza freni ha finito col trionfare, da noi, su ogni altra cultura
militare. Questa stessa tradizione ha portato al disastro della prima guerra
mondiale combattuta quasi esclusivamente tra stati europei. La Seconda guerra
mondiale ha completato la rovina iniziata dalla prima e ha introdotto nella
scena le armi nucleari, che sono l’avveramento della massima di Nietzsche,
nonché la negazione dell’idea che la guerra sia la continuazione della
politica.
Ma è tempo di andare avanti, perché anche le civiltà possono crescere,
imparare dagli errori e curare le proprie patologie. È tempo d’andare avanti
perché altri aspetti del destino occidentale – quelli del lato illuminato della
sua storia – hanno creato le condizioni per un possibile superamento del male
oscuro. Può anche darsi che ci troviamo al fondo di una breve caduta, pronti
per un nuovo rimbalzo come quello avvenuto dopo il 1945.
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