Esistono
delle contromisure?
Prendere atto di queste tendenze significa immaginare al più presto le
contromisure, vuoi per contrastarle e renderle reversibili, vuoi per
accompagnarle e costruire a proprio vantaggio nuovi equilibri geopolitici,
commerciali, culturali e persino ideali. In realtà, nessuno dei decisori (forse
ad eccezione della sola Cina) sembra avere chiara in testa questa alternativa e
muoversi di conseguenza. Nemmeno Donald Trump, che pure ha innescato la grande
rivoluzione ma naviga a vista. E tantomeno l’Europa, come sempre in ordine
sparso o assente su tutti i fronti caldi.
Decisioni
dettate da improvvisazione
Le minacce
attuali sono ancora più angoscianti proprio per la quasi assenza di visioni
responsabili condivise e per il prevalere di decisioni dettate da
improvvisazione/reazione, talvolta isterica. Come se non fosse la prima volta
nella storia recente che una grande potenza rompe gli equilibri internazionali
e sceglie il protezionismo. Lo fecero gli Stati Uniti e la Gran Bretagna fra le
due guerre.
Trump/Vance/Musk
piccoli Stranamore
Se andiamo a
rileggere le ultime dichiarazioni del trio Trump/Vance/Musk a proposito di Nato
ed Europa e prendiamo alla lettera i programmi di riarmo della UE, viene in
mente «Il dottor Stranamore», di Stanley Kubrick. Il film ruota attorno al
dilemma di un attacco nucleare da parte degli Stati Uniti contro la Russia,
mentre nella realtà di oggi si immagina un attacco russo all’Europa. La
sostanza non cambia, così come la percezione del pericolo, esaltata o ridotta
secondo convenienza, a prescindere comunque dalla logica: se la Russia ha in
mente un attacco, dovremmo essere pronti da ieri, non fra dieci anni, quando
Putin sarà probabilmente fuori scena. E se Mosca dialoga con Washington e
vorrebbe riaffacciarsi al G7, perché dovrebbe invadere o bombardare l’Europa?
Francia,
Gran Bretagna, Polonia
In ogni
caso, Francia e Gran Bretagna stanno già valutando le proprie capacità nucleari
(con simulazioni di attacco e possibili risposte) per alzare la posta in gioco
nel dibattito sulla difesa in Europa. La Polonia è il capofila europeo del
riarmo. La Germania ha mandato al macero in poche settimane il proprio debito
con la Storia e con l’umanità. La Lituania e l’Estonia si sono calate nei panni
del cavaliere bianco contro l’orso russo.
L’estone
Kaia Kallas agli esteri
L’alto
rappresentante per la politica estera della Ue, l’estone Kaja Kallas, si è
distinta per avere gettato olio bollente sull’approccio americano alla guerra
in Ucraina. A nome della Ue, è ancora convinta che l’Ucraina riesca a vincere,
dopo il fallimento di tre anni di sanzioni alla Russia e di forniture armi
all’Ucraina come unica politica dell’Ue. Peraltro, il suo piano di riarmo
dell’Ucraina – 40 miliardi di nuove forniture – è morto prima di nascere,
avendo riscontrato l’opposizione di diversi Paesi. In pratica, una prova
d’improvvisazione mista a personalizzazione ideologica. La perplessità – se non
proprio l’irritazione – delle cancellerie europee starebbe soprattutto nel
metodo: una fonte ha spiegato che la liberale estone si comporta ancora come se
fosse il primo ministro della piccola Repubblica baltica, senza prestare grande
attenzione ai delicati equilibri e alle diverse sensibilità dei 27 in politica
estera.
Problema
‘deterrenza’ nucleare
Ancora più
preoccupante è il fatto che l’isolazionismo degli Stati Uniti, non più garanti
della sicurezza internazionale, l’aggressione della Russia all’Ucraina e i
piani segreti di Iran e Cina, abbiano spinto diversi paesi, dalla Polonia
all’Australia, dal Giappone alla Corea del Sud a porsi anche la questione della
deterrenza nucleare. Tutti sembrano avere dimenticato la crisi di Cuba, quando
nel 1962, lo stallo della Baia dei Porci tra Stati Uniti e Russia sfiorò uno
scambio missilistico tra le superpotenze. La logica del dottor Stranamore ruota
attorno a un dilemma irrisolvibile che tuttavia è alla base del riarmo: se il
mio avversario dispone di armi nucleari e teme di essere colpito o potrebbe
pensare di colpirmi, meglio essere pronti a colpire per primi.
È una logica
che vale anche per le armi convenzionali, come si vede dai processi di riarmo
già lanciati in Polonia, Germania, Sud Corea, Australia, Gran Bretagna e presto
Canada, e dal lancio del programma europeo, «Rearm Eu».
L’accoppiata
Trump/Musk
Paradossalmente,
questi processi sono innescati dal venire meno degli Stati Uniti come
iperpotenza imperiale che oggi si pone come potenza continentale, decisa a
proteggere i propri interessi economici e il giardino di casa. Questo ha
generato ovunque insicurezza strategica e volatilità economica, tanto più che
l’atteggiamento della Casa Bianca, non essendo dettato da una strategia
lineare, non sembra nemmeno prevedibile.
Di fatto, l’accoppiata Trump/Musk sta azzerando i tentativi di costruire una
globalizzazione intelligente e un sistema di relazioni multipolare per
sostituirli con una forte deregulation commerciale, finanziaria, militare,
peraltro in contraddizione con i principi delle democrazie liberali incarnati
dal modello economico, sociale e statuale americano.
Suprematismo
bianco e tecno imperialimo
La
deregulation americana è inoltre accompagnata da tendenze culturali e
ideologiche che stanno cambiando la pelle della società americana e si pongono
come tendenze da esportazione che poco hanno a che vedere con una democrazia
matura: suprematismo bianco, criminalizzazione e disprezzo per gli avversari,
controllo dei media, attacchi alla magistratura, nuove barriere statuali,
delegittimazione dei contrappesi istituzionali, immigrazione e integrazione
narrati come pericoli e disvalori.
Qualcuno ha parlato di tecno-integralismo, se si considerano lo strapotere
economico e tecnologico del personaggio Musk accoppiato alla sua visione del
mondo e dei rapporti umani. È un percorso che sta mandando in soffitta i valori
dell’Occidente, l’etica protestante del capitalismo, la visione keynesiana
dell’economia e del ruolo dello Stato e che oggi rischia di travolgere anche i
valori dell’Europa.
Democrazia
Usa molto malata, quella Ue brutti sintomi
Se la
democrazia americana sembra oggi malata, quella europea non se la passa molto
bene. Le dinamiche politiche interne ai Paesi più importanti sembrano
assecondare la rivoluzione americana. Basti osservare la crescita dei populismi
in Francia e Germania e il recente attacco alla magistratura dal parte di
Marine Le Pen dopo la condanna all’ineleggibilità e la solidarietà che essa ha
riscosso fra le destre europee e negli Usa. D’altra parte, la cronica incapacità
di decisioni rapide e condivise condanna la Ue alla marginalità politica oggi e
a quella economica domani. In tre anni di guerra in Ucraina, la Ue non ha
nemmeno immaginato un piano di pace né ha inventato una figura super partes che
sapesse dialogare fra le parti. Lo stesso dicasi per il Medio Oriente.
«Burn After
Reading – A prova di spia»
Se il dottor
Stranamore di Stanley Kubrick ci richiama l’angosciante incertezza del mondo,
un film molto meno conosciuto – «Burn After Reading – A prova di spia» dei
fratelli Coen – ci rimanda alla stupidità e al dilettantismo del potere a
proposito del giornalista americano di The Atlantic accidentalmente aggiunto
alla messaggeria segreta fra ministri e alti funzionari della Casa Bianca. Le
disfunzioni sono altrettanto e forse più pericolose delle decisioni autoritarie
e improvvisate.
Il consenso
non è sinonimo di competenza
Donald Trump
sta così mettendo in scena la sua presidenza, illudendo se stesso e il suo
staff che il consenso popolare sia sinonimo di competenza (vale anche per
l’Italia, Ndr). E come in ogni sistema di potere praticamente assoluto, fra
buffoni di corte, approfittatori, clientele e consiglieri interessati alla
carriera, nessuno osa dire che «Il Re è nudo». Se solo l’opinione pubblica
facesse tesoro delle sue affermazioni, delle fake news e dei suoi propositi su
Covid e vaccini, confine messicano e Groenlandia, trasformazione di Gaza nella
Miami del Mediterraneo, propositi di deportazione di migranti, confusione fra
Iva e dazi e via delirando, forse non saremmo a questo punto. Eppure queste
cose non sono sceneggiatura da film: sono state dette, teorizzate, conclamate
senza contraddittorio. Ma l’opinione pubblica è assente o schierata. E la
critica, come la magistratura, è un trascurabile impiccio.
Quanto ai
contrappesi istituzionali, basti pensare al ruolo assunto da Elon Musk nella
politica americana e sulla scena mondiale: l’amministrazione, il sistema di
telecomunicazioni satellitari, le nuove tecnologie trasformate in affari di
Stato gestiti personalmente e con pieni poteri. In pratica in affare privato.
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