Lettera al Giudice
Sabato 1 Marzo 2025
Anan Yaeesh – dichiarazione spontanea ex art 421 cpp
“Desidero iniziare con i miei saluti alla Corte e a tutti i presenti.
Esiste sempre la legge, ma anche lo spirito della legge; pertanto, vorrei
chiedere all’Onorevole Giudice di concedermi il minimo diritto umano nei
confronti del mio Paese, osservando un minuto di silenzio per le anime dei
bambini, delle donne e dei martiri della Palestina.
Innanzitutto, desidero affermare la mia fiducia nel sistema giudiziario
italiano e riconoscerne la legittimità.
Tuttavia, mi oppongo all’essere processato in Italia, in quanto sono
palestinese e non ho commesso alcun reato né in Italia né in qualsiasi altro
paese. Il mio fascicolo, come resistente palestinese, è conosciuto dalle
autorità di sicurezza italiane, e ho ottenuto il permesso di soggiorno in
Italia e la protezione speciale dopo che la mia richiesta di asilo era stata
respinta dal Tribunale di Foggia. Pertanto, signor Presidente, considero il mio
arresto e il mio processo qui illegittimi, poiché l’arresto stesso, sin dal
primo momento, è stato compiuto in contrasto con il diritto internazionale
umanitario, con lo statuto delle Nazioni Unite, con la Convenzione di Ginevra e
con i due protocolli aggiuntivi, e tutto ciò che ne è derivato è anch’esso
illegale; ciò che si fonda sull’illegittimità, infatti, è anch’esso
illegittimo.
Se riconoscete la legittimità dello Stato di Palestina, allora la richiesta
di estradizione avanzata nel gennaio dello scorso anno nei miei confronti
avrebbe dovuto essere presentata attraverso il governo del mio Paese. Se,
invece, considerate la Palestina come un territorio illegalmente occupato da
una potenza coloniale, allora la resistenza è un diritto legittimo e non
dovreste arrestarmi qui per tale motivo.
Sfortunatamente, signor Giudice, ho preso visione delle vostre osservazioni
sul caso e, con rammarico, ne ho dedotto che considerate il palestinese
terrorista non per la, legittima, resistenza che porta avanti contro uno stato
occupante, ma perché riconoscete Israele come uno Stato amico. Se in ballo vi
fosse stato un altro paese occupante, la Russia ad esempio, avreste
riconosciuto la legittimità della resistenza palestinese. Non mi state
processando in base al diritto internazionale, ma in base ai vostri rapporti
diplomatici, solo perché Israele è considerato un alleato del governo italiano,
un partner commerciale, e ritenete legittime tutte le azioni che esso porta
avanti. Tanto vale allora cambiare il nome delle corti internazionali e
umanitarie in “Corti degli amici”.
Volete che mi difenda dalle accuse a mio carico, ma mi vergogno di cercare
l’assoluzione da accuse che per me rappresentano un motivo di onore. Non voglio
difendermi dall’accusa di avere dei diritti e di averli rivendicati, o di aver
tentato di liberare la mia gente e il mio Paese dall’oppressione coloniale.
Giuro che non intendo essere assolto dalla legittima resistenza contro
l’occupazione sionista. La resistenza palestinese è uno dei fenomeni più nobili
conosciuti dalla storia.
Piuttosto, mi vergogno di trovarmi in una stanza calda, anche se in
carcere, mentre i bambini di Gaza muoiono di freddo, fame e sete. Mi vergogno
del buon trattamento ricevuto dalle autorità carcerarie qui, mentre i miei
fratelli prigionieri nelle carceri israeliane vengono sottoposti ai peggiori
tipi di tortura, oppressione, sevizie.
Signor Giudice, su tutti i miei documenti rilasciati in Italia non è
riportato il nome “Palestina”, ma quello di “Territori occupati”. Quindi,
sapete che quella terra è occupata e, di conseguenza, in base alle convenzioni
firmate dal vostro Paese, dovete ritenere legittima la resistenza contro
l’entità occupante. Perché allora mi ritrovo oggi detenuto da parte vostra?
Come partigiano palestinese sono costretto ad osservare che da un punto di
vista politico il mondo adotta due pesi e due misure: colui che è più forte e
appoggiato dagli USA è colui che prevale.
Ma la Giustizia, il diritto, utilizza anch’esso lo stesso metro di
giudizio, due pesi e due misure, oppure saranno le leggi a prevalere nelle aule
di Tribunale?
Sarebbe giusto, se considerando i coloni che occupano la terra di Palestina
senza diritto né legittimità, dei civili, solo perché non indossano le divise
dell’esercito israeliano, aveste lo stesso giudizio nei confronti della resistenza
palestinese, anch’essa infatti è composta da civili e non da militari, in
quanto la Palestina non possiede uno Stato e neppure un esercito con cui
difendersi dagli aggressori. Entrambi impugnano le armi e uccidono; l’unica
differenza è che la resistenza palestinese difende la propria terra, il proprio
popolo e i propri diritti negati, e non uccide bambini, donne o civili se non
per errore. Nel corso degli anni, questi errori non hanno mai superato l’uno
per cento, mentre i coloni sistematicamente attaccano i civili indifesi. Da
anni uccidono donne e bambini, bruciandoli addirittura all’interno delle loro
case, come hanno fatto a Hebron uccidendo oltre 30 fedeli nella Moschea di
Abramo, o come hanno fatto con la famiglia Dawabsha, con Iman Hejju, con Mohammad
al-Durrah, o come hanno fatto nel villaggio di Jatt il 16 agosto e in molte
altre occasioni, con lo scopo di incutere terrore nei palestinesi e obbligarli
a lasciare la propria terra; i coloni seguono gli insegnamenti della Haganah e
dell’Irgun.
Nulla può testimoniarlo meglio di quanto recentemente dichiarato in una
lettera dal Direttore dello Shin Bet israeliano, che ha riconosciuto che i
coloni sono gruppi terroristici e che le autorità israeliane dovrebbero
arrestarli e reprimerli. Tuttavia, la risposta di Benjamin Netanyahu è stata
fornire ai coloni oltre10.000 fucili.
Ma d’altronde cosa aspettarsi da Netanyahu riconosciuto dalla Corte Penale
Internazionale come criminale di guerra per i massacri compiuti nei confronti
dei palestinesi.
Il Tribunale dell’Aja ha emesso un mandato di cattura nei suoi confronti
nel caso arrivasse in Europa, ma, nonostante ciò, il governo italiano ha
dichiarato che sarà il benvenuto in Italia e ha rifiutato la decisione della
Corte, disconoscendone la legittimità.
È il governo che ha deciso di arrestarmi su richiesta israeliana,
attribuendomi l’appellativo di terrorista. Alla luce di ciò, posso affermare di
non vedere nessuna legge in questo paese che non sia quella del più forte;
tutto il resto sono solo finzioni che vengono, con la forza, imposte ai più
deboli.
Nella prima udienza estradizionale di febbraio 2024, ho chiesto alla Corte
di Appello e al Procuratore Generale di non consegnare i contenuti dei miei
telefoni cellulari agli israeliani, in quanto contenevano informazioni
riservate che detenevo in qualità di resistente palestinese, di comandante
partigiano. Mi è stato risposto che ciò non sarebbe accaduto, poiché erano
consapevoli che eravamo in guerra e che l’Italia è neutrale. Tuttavia, sono
rimasto sorpreso nel sapere che ad aprile scorso tutte le informazioni
contenute nei miei cellari sono state passate agli israeliani. In questo modo,
avete violato ogni principio di sicurezza e lo stesso diritto internazionale,
diventando di fatto partecipi degli israeliani in questa guerra, aiutandoli
nella repressione delle legittime aspirazioni di un popolo oppresso.
Le donne di tutta la terra non sono state capaci di dare vita a resistenti
come quelli palestinesi.
Signor Giudice, contro di noi si sono schierate tutte le nazioni e gli
eserciti del mondo, pensando di liquidare la nostra causa. Ma la nostra causa
non finirà finché ci sarà un solo bambino palestinese in vita. I nostri diritti
li riavremo. Non chiediamo pietà a nessuno, non ci inchiniamo davanti a
nessuno, anche a costo di essere tutti uccisi, arrestati o deportati. I
palestinesi non abbasseranno la testa né mendicheranno pietà, perché abbiamo
dalla nostra parte la ragione. E se nessuno ci restituirà i nostri diritti in
vita, crediamo che, dopo la morte, ci ritroveremo davanti a un giudizio che
sarà il più giusto: quello di Dio, che non negherà il diritto a nessuno e
ridarà a ogni oppresso i suoi diritti, forte o debole che sia, perché tutti, il
giorno del giudizio, saranno uguali.
Signor Giudice, in passato, sono stato sottoposto decine di volte alla
tortura. Sono anche stato vittima di tentati assassinii da parte di Israele,
sia in Palestina che all’estero. Nel mio corpo vi sono 11 proiettili e oltre 40
schegge; non ho un osso che non sia stato rotto. Non ho un passato, se non
alcuni ricordi e foto di amici uccisi per mano dell’occupazione, e di un’amica
giustiziata a sangue freddo davanti ai miei occhi. Ho una famiglia che non vedo
da lunghi anni e due genitori morti senza realizzare il loro sogno di rivederci
un’ultima volta. Ho una patria devastata, un popolo sfollato, e persino le
nostre case sono state demolite dai bulldozer israeliani.
Ciononostante, non ho mai fatto un passo indietro né esitato nel
rivendicare il diritto del mio paese alla libertà, e non ho mai chinato il capo
davanti a nessuno. Questo perché credo fermamente in questa causa. Cosa sarà
mai essere ucciso per la libertà del mio paese e del mio popolo? Cosa sarà mai
trascorrere anni in carcere per la mia causa? Specie considerando che vi sono oltre
10.000 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, e io sono una parte
indivisibile di loro. Se vi è una cosa che mi rattrista, è che tutti i miei
compagni hanno avuto l’onore di cadere martiri, lottando per la Palestina,
nutrendo con il loro sangue quella terra di pace e amore, violata
dall’occupazione sionista. E io non ero al loro fianco.
Non amiamo la morte; al contrario, siamo un popolo che ama la vita più di
ogni altra cosa. Tuttavia, preferiamo la morte con dignità e onore al vivere
nell’umiliazione, con i nostri diritti negati. Signor Giudice, noi crediamo che
la Palestina lo meriti e che la nostra amata Gerusalemme abbia un caro costo,
che ogni palestinese è disposto a pagare con la propria anima.
Quando la Palestina chiama, ferita, ha solo noi, suoi figli, disposti a
difenderla con l’anima e con il sangue. Chi non difende la propria madre quando
ha bisogno di lui, un domani non avrà il diritto di essere seppellito nella sua
stessa terra, annaffiata dal sangue dei martiri. È un figlio indegno, che verrà
respinto dalla sua stessa terra e non sentirà mai calore, né in vita né in
morte.
Tutti voi avete una patria nella quale vivere in tranquillità e sicurezza,
tranne noi palestinesi. La nostra patria vive in noi, e siamo disposti a
sacrificare l’anima in sua difesa. È lei che ci dà dignità e onore, e questo lo
possono comprendere solo i liberi di questa terra; siamo un popolo che non si
arrende, è vittoria o morte.
Come potete accusarmi di terrorismo, mentre riconoscete la legittimità del
movimento Fatah, del quale esistono uffici e rappresentanze in tutto il mondo,
tra cui l’Italia, non è un atteggiamento falso e ipocrita?
L’Italia ha anche accolto il leader e fondatore del nostro movimento al
Parlamento italiano per ben due volte. In quell’occasione, egli venne in Italia
vestito con la propria divisa militare e armato, e dall’Italia pronunciò un
discorso che fu ascoltato dal mondo intero. Lo stesso è stato fatto con
l’attuale presidente, Mahmoud Abbas.
Se lo sguardo strabico della giustizia affermerà che i resistenti
palestinesi sono terroristi e non partigiani avallerà la politica del più
forte, la legge della giungla, dove il più forte e brutale prevale.
Signor Giudice, il popolo italiano non è e non sarà mai nostro nemico;
merita tutto il meglio e il nostro rispetto, è un popolo amico che ha sempre
sostenuto la causa palestinese. I nostri nemici sono gli israeliani che
occupano la nostra terra, e nessun altro.
L’entità israeliana è un’entità occupante e terrorista, che non rispetta e
non ha mai rispettato, nella sua storia, le leggi internazionali. Ha una storia
colma di tradimenti. Hanno assassinato, nel corso degli anni, molti palestinesi
in tutto il mondo: in Norvegia, Ungheria, Bulgaria, anche qui in Italia, in
Malesia e in diversi paesi arabi. Essi non riconoscono nessuna legge che non
sia la loro, nessuna legittimità che non sia la loro, e guardano a tutti coloro
che non sono israeliani come loro subordinati.
Oggi definiscono le organizzazioni delle Nazioni Unite come terroristiche,
come l’UNRWA, e l’ONU come un covo di antisemiti, e con tutta insolenza
attaccano anche il Papa con la stessa accusa infamante. Diventa un nemico da
prendere di mira chiunque non si allinei con loro.
Noi Palestinesi siamo un popolo libero e non accetteremo mai di essere gli
schiavi di nessuno.
In questi ultimi giorni, davanti agli occhi dell’intero mondo, l’esercito
israeliano ha sfollato oltre 40 mila palestinesi dalle proprie case a Tulkarem,
bruciando abitazioni, devastando strade, ospedali, uccidendo donne e bambini;
lo stesso accade anche a Jenin. Continuano a occupare anche ora, mentre mi
trovo in quest’aula, commettendo i peggiori massacri contro i civili inermi,
mentre voi tacciate il nostro difenderci di terrorismo; su quanto accade siete
divenuti ciechi e sordi, perché non vi esprimete?
Signor Giudice, l’entità sionista uccide e distrugge in Palestina sin dal
1947, e non dal 7 ottobre. Ma il mondo è rimasto immobile e in silenzio, e il
dolore lo prova solo chi riceve la ferita.
Ci troviamo ad affrontare una violenza squadrista, nazi-fascista, così come
il popolo italiano ha affrontato l’aggressione e la violenza nazista tedesca.
La differenza tra noi e voi, però, è che dopo più o meno 20 anni, voi siete
riusciti a liberarvi, mentre noi, dopo 75 anni, ci ritroviamo ancora a
resistere.
Signor Giudice, se la resistenza palestinese, legittimata da tutte le corti
internazionali, a cui l’Italia ha aderito e riconosce legittimità, oggi la
considerate terrorismo, allora, stando allo stesso principio, anche la resistenza
italiana contro Mussolini, il fascismo e la Germania nazista dovrebbe essere
definita terrorismo.
Signor Giudice, nel corso della sua storia l’occupazione israeliana non ha
rispettato né le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza né le decisioni della
Corte Internazionale, potete dirmi che fine hanno fatto gli Accordi di Oslo e
Camp David, e che fine hanno fatto le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza
242 e 338?
Riuscite a censire i palestinesi uccisi nel corso dell’aggressione
israeliana a partire dal 1947 fino al giorno d’oggi? Oppure il numero di
profughi cacciati? Come si esprime su questo il vostro diritto e la vostra
legge?
Signor Giudice, la madre palestinese è come tutte le madri di questa terra.
Immaginate con me di svegliarvi ogni mattina, mandare vostro figlio a scuola,
preparargli da mangiare e, al momento di riaccoglierlo a casa al suo ritorno,
vederlo tornare avvolto in un telo bianco, ucciso da un soldato israeliano, e
doverlo stringere per l’ultima volta.
Immaginate, a Gaza, un padre con sua moglie e nove figli che si trovano
senza cibo. Il padre esce per cercare qualcosa da mangiare; al suo ritorno
ritrova tutta la famiglia morta sotto le macerie, uccisa da un bombardamento
sionista.
Qualcuno di voi può alzarsi e dire che Israele è uno Stato occupante,
oppressore e terrorista? Questa verità la sapete tutti in cuor vostro, ma
nessuno di voi può dirla ad alta voce, perché vi ritrovereste accusati di
antisemitismo, perdereste il vostro lavoro o potreste trovarvi a dividere con
me il tavolo a pranzo in carcere, con un’accusa di terrorismo. Per questo dico
e ripeto che forse i palestinesi sono i soli liberi in questo mondo di schiavi.
Viva la Palestina libera e araba
Viva Gerusalemme, sua eterna capitale
Pace all’anima dei martiri e dei bambini di Palestina
Saremo sempre la prima linea di difesa fino alla liberazione.
Comunicato
stampa del collegio difensivo dei tre palestinesi processati all’Aquila per
terrorismo in ordine alle gravi violazioni del diritto di difesa conseguenti
alle decisioni assunte dalla Corte di Assise nella prima udienza
dibattimentale.
Un giusto
processo o un processo sommario, la giustizia o lo scalpo?
Nel mentre si sta consumando sotto gli occhi di ogni essere umano a Gaza e in Cisgiordania una delle maggiori tragedie a cui l’essere umano abbia mai assistito, si celebra all’Aquila, città incastonata tra i monti imbiancati del Gran Sasso d’Italia, il processo per terrorismo contro tre palestinesi accusati di sostenere la resistenza armata a Tulkarem, in Cisgiordania, contro l’occupazione militare israeliana.
In data 2
aprile 2025 si è tenuta presso la Corte di Assise de l’Aquila la prima udienza
del processo contro Yaeesh Anan Kamal Afif, Doghmosh Mansour e Irar Ali
accusati di associazione terroristica ex art 270 bis cp perché unitamente alla
resistenza palestinese della Cisgiordania avrebbero partecipato moralmente alla
lotta armata contro l’occupante straniero, fenomeno resistenziale ricondotto
dalla magistratura requirente e giudicante alla categoria del terrorismo invece
che al legittimo diritto alla autodeterminazione dei popoli.
Ebbene in
primo luogo la Corte – diversamente dal Giudice dell’Udienza Preliminare che,
in accoglimento dell’eccezione difensiva, aveva escluso dal fascicolo per il
dibattimento l’acquisizione di 22 verbali di interrogatori di prigionieri
palestinesi condotti prima dallo Shin Bet e successivamente dalla polizia
israeliana, e ricevuti per rogatoria internazionale – ha acquisito 15 dei
predetti verbali. In particolare, la Corte ne ha espunto dalla disposta
acquisizione unicamente 5 rispetto ai quali al prigioniero palestinese non era
stata neppure concessa la possibilità di contattare telefonicamente un
difensore.
Ad avviso
della difesa l’acquisizione dei predetti verbali rappresenta una palese
violazione dei principi giuridici su cui si fonda la civiltà giuridica del
paese di Verri e Beccaria e ci accomuna ai sistemi di stampo autoritario
rappresentando uno strappo, un vulnus ai principi su cui si fonda il giusto
processo.
Ciò, in
primo luogo, sulla scorta del fatto per cui le principali associazioni
internazionali in materia di diritti umani, ossia Amnesty International e Human
Rights Watch, associazioni ritenute affidabili anche dalla giurisprudenza
nazionale, hanno costantemente e ancora recentemente ribadito come Israele
“sottoponga a trattamenti crudeli e inumani ai danni dei detenuti in violazione
del divieto di tortura” i prigionieri palestinesi nel corso degli interrogatori
per ottenere confessioni. Ricorso sistematico che è stato il motivo per cui la
stessa Corte di Appello dell'Aquila aveva revocato la misura cautelare
della custodia in carcere alla quale era sottoposto lo Yaeesh nell'ambito della
procedura estradizionale ritenendolo non estradabile per sussistenza della
condizione ostativa di cui all’art. 705 comma 2 lett a) e c) cpp. Pratica della
tortura che trova positivo riscontro nello stesso governo israeliano, in quanto
la stessa Corte Costituzionale israeliana dal 1999 consente la possibilità del
ricorso a tecniche di pressioni fisiche sul detenuto nel corso degli
interrogatori nei casi della cd. “bomba ad orologeria” ed esentando da ogni
responsabilità gli agenti dei servizi segreti.
Inoltre, in quanto gli atti in esame sono fondati sulla deportazione dei palestinesi dal territorio occupato a quello della potenza coloniale occupante, Israele, e pertanto sulla violazione dell'art. 49 della Quarta Convenzione di Ginevra che costituisce violazione grave ai sensi dell'articolo 147 della Convenzione stessa, integrando in tal modo un crimine di guerra.
Ancora, in
quanto nel corso degli interrogatori condotti dallo Shin Bet i detenuti
palestinesi – i quali tra l’altro sono sottoposti alla legge eccezionale
marziale che è applicata dal sistema giudiziario militare, dai tribunali
militari, e dunque dall’autorità legata al potere esecutivo – sono privati di
qualsiasi possibilità di interloquire con un difensore, mentre nel successivo
interrogatorio innanzi alla polizia israeliana è consentita la sola
comunicazione telefonica con lo stesso ma comunque non la sua
partecipazione.
Risulta al
contempo evidente come il fatto che la giurisdizione è esercitata nei confronti
dei palestinesi non dall'autorità giudiziaria, ma bensì da quella legata
all'esecutivo – ossia dai tribunali militari, il cui personale, compresi
giudici e pubblici ministeri, è composto da membri delle forze d'occupazione,
spesso dalle stesse unità coinvolte in "azioni ostili" contro il
popolo palestinese, in cui persino il tribunale militare d'appello opera
sotto la supervisione del Procuratore Generale Militare - è tale da minare lo
stesso Stato di Diritto per come concepito ai sensi della Convenzione Europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, dalla stessa Corte Costituzionale e
dal codice di rito, ma anche ai sensi del Patto Internazionale sui diritti
civili e politici, che all'art. 10 prevede il diritto ad un giudice
indipendente ed imparziale fondamentale per garantire un processo equo e
giusto. Il predetto sistema risulta altresì discriminatorio nella misura in cui
i palestinesi sono sottoposti ad una legislazione deteriore rispetto a quella
che Israele applica ai propri cittadini, in quanto i coloni in Cisgiordania
vengono giudicati da corti civili.
Pertanto,
l’acquisizione dei predetti verbali ad avviso della difesa è lesiva del diritto
di difesa, in particolare del principio del contraddittorio nella formazione
della prova, – non avendo partecipato all’assunzione degli stessi nè la
difesa degli attuali imputati né quella dei detenuti palestinesi - nonché,
perché alla base degli stessi sussiste un crimine di guerra, la violazione dei
diritti umani, e gli atti discriminatori posti alla base degli atti stessi e
dell’ordine pubblico processuale, risolvendosi complessivamente gli
interrogatori in esame in una patente violazione degli artt. 111 e 27 Cost.,
degli artt. 3 e 6 della Cedu e dell’art. 10 del Patto Internazionale sui
diritti civili e politici. ***
Inoltre,
chiamata a decidere sulle richieste di prove, la Corte ha ammesso solo
tre testi rispetto ai complessivi 47 tra consulenti e testimoni
articolati dalle difese nelle tre diverse liste testi separatamente presentate
per ciascun imputato e così suddivisi: 9 consulenti tra giuristi esperti di diritto
internazionale umanitario, professori universitari docenti in diverse
discipline tutte attinenti ai fatti per cui è processo, consulenti esperti di
formazioni armate mediorientali e in particolare di quelle operanti nella città
di Tulkarem; nonché testimoni scelti tra funzionari di organizzazioni
internazionali, cooperanti e volontari impegnati in progetti in Cisgiordania e
nella città di Tulkarem in particolare; cooperanti aggrediti da Coloni
israeliani nel corso delle loro missioni; giornalisti residenti in
Palestina.
A titolo
esemplificativo, la difesa aveva indicato come consulenti nominativi quale
Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite; la Prof.ssa
Alessandra Annoni, docente di diritto internazionale a Ferrara; Prof. Leopold
Lambert chiamato a riferire sui suoi studi relativi all’architettura degli
insediamenti israeliani in Cisgiordania; Daniele Garofalo esperto di formazioni
militari in grado di riferire sulle azioni delle Brigate presenti a Tulkarem,
Prof. Francesco Chiodelli, ecc.
Ovvero,
testimoni come Luisa Morgantini, Stefania Ascari, Chiara Cruciati,
Cecilia
Dalla Negra,
Angelica Giombini, Salah Hammouri, Ferdinando Capovilla, Don
Nandino, di
Pax Christi, nonché l’ex capo dello Shin Bet Ronen Bar, servizio di sicurezza
interna di Israele, dal 2021 al 2025, in merito alle aggressioni dei coloni a
danno della popolazione palestinese e alle sue affermazioni su “il terrorismo
ebraico è fuori controllo ed è divenuto un reale pericolo per la sicurezza
nazionale” ecc.
Ebbene, la
Corte ha ammesso unicamente tre testimoni, tra l’altro tutti e tre inseriti
unicamente nella lista testi di un solo imputato, quindi negando alcuna
possibilità di difesa agli altri due, accogliendo la sola testimonianza di Martina
Lovito, volontaria italiana, rispetto alla quale però non è stata ammessa la
deposizione concernente l’aggressione dalla stessa subita da parte dei coloni
israeliani nel luglio del 2024; la moglie dell’imputato; Simone Sibilio,
consulente della difesa rispetto al significato da attribuire alle espressioni
linguistico-dialettali usualmente utilizzate dalla popolazione palestinese e
presenti nelle numerose conversazioni oggetto del presente giudizio.
Pertanto sui
fatti compiuti in Cisgiordania riferirà la sola Digos dell’Aquila, agli occhi
dei Giudici la più qualificata a rendere conto di una sessantennale occupazione
e delle sue peculiari connotazioni storiche, geografiche, fattuali, giuridiche
e umane.
E questo è
solo l’inizio.
Avv. Pamela Donnarumma - Avv. Ludovica Formoso - Avv. Flavio Rossi Albertini
Nessun commento:
Posta un commento