questo è uno di quelli, tutto sembra ben studiato, ma la rovina è lì.
come tutti i libri di Simenon anche questo non fa male, anzi... - franz
Quando scendono dal treno nella stazione di una cittadina di
provincia, si conoscono da un paio di mesi appena. Quel quarantenne un po'
sciupato ma ancora di bell'aspetto, e con qualche pretesa di eleganza – un
cappello a larghe tese, un bastone da passeggio con l'impugnatura d'oro –, che
si fa chiamare De Ritter, Léa lo ha incontrato nella casa chiusa di
Clermont-Ferrand dove lavorava; se lo ha seguito è solo perché lui le ha fatto
baluginare la possibilità di una combine che frutterà loro parecchio denaro. Da
subito, però, Léa sente che c'è qualcosa di poco chiaro, di inquietante perfino,
nella scelta del luogo: perché mai De Ritter ha deciso di tornare proprio lì,
in quel buco dov'è nato e che ha lasciato a diciott'anni, nella convinzione che
avrebbe fatto grandi cose? Per di più, adesso che ci sono, di denaro non se ne
vede, e lei riprende a rimorchiare gli uomini nei caffè gli stessi caffè dove
lui tiene banco con il racconto delle sue mirabolanti avventure in giro per il
mondo. Quello che non dice è che in quei luoghi esotici, Tahiti, Giava, Rio de
Janeiro, Bombay, ha vissuto di lavoretti umilianti, di piccole truffe; e che da
Panama è stato perfino costretto a fuggire per evitare di farsi un paio d'anni
di galera... In questo romanzo attraversato da oscure tensioni Simenon delinea
magistralmente una febbrile ricerca del tempo perduto che non può sfociare in
altro che nel disgusto di sé e nel delitto.
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