Samih al Qasim si è spento ieri all’età di 74 anni dopo una lunga malattia.
Poeta
e giornalista, fondatore in Galilea del settimanale palestinese Kol al Arab ed ex membro
del Partito comunista, Samih al Qasim è noto come il poeta della «resistenza».
Forse è più giusto definirlo il poeta della «esistenza»,
dell’affermazione dell’esistenza del popolo palestinese, come d’altronde lo
è stato il suo grande amico e «poeta nazionale» Mahmoud Darwish scomparso
qualche anno fa.
Samih al
Qasim era un palestinese druso. La sua famiglia era originaria della
città di Rameh in Alta Galilea e fu costretta ad abbandonare la sua
casa per la Nakba, la «catastrofe» che colpì i palestinesi nel 1948
a seguito della fondazione dello Stato di Israele. «Ritengo che la data
1948 sia la mia data di nascita — ha spiegato una volta — perché le prime
immagini che ricordo sono di quella guerra. Il mio pensiero e le immagini
nascono dal numero 48». Fin da ragazzo mise in luce il suo talento di poeta
e le sue poesie gli procurarono non pochi problemi le autorità israeliane
che guardano sempre con sospetto ai cittadini arabi (ossia palestinesi)
troppo nazionalisti. Al Qasim ha scritto 24 volumi di poesie e pubblicato
varie raccolte. Come giornalista ha lavorato per i quotidiani al-Ittihad (comunista)
e al Jadid,
prima di dare vita al suo giornale. In Italia, a cura di W. Dahmash,
è stata pubblicata una sua raccolta di poesie Versi in Galilea (Edizioni
Q, Roma, 2005)
Fine della
discussione col secondino
Dallo
spioncino della più piccola delle celle
vedo alberi che mi sorridono,
tetti affollati della mia gente,
finestre che piangono pregano per me.
Dallo spioncino - è la più piccola cella -
vedo la tua, la più grande.
vedo alberi che mi sorridono,
tetti affollati della mia gente,
finestre che piangono pregano per me.
Dallo spioncino - è la più piccola cella -
vedo la tua, la più grande.
Palestina
Fino a
quando avrò pochi palmi della mia terra!
Fino a
quando avrò un ulivo…
un limone…
un pozzo…un alberello di cactus!..
Fino a quando avrò un ricordo,
una piccola biblioteca,
la foto di un nonno defunto.. un muro!
Fino a quando nel mio paese ci saranno parole arabe…
e canti popolari!
Fino a quando ci saranno un manoscritto di poesie,
racconti di ‘Antara al-’Absi
e di guerre in terra romana e persiana!
Fino a quando avrò i miei occhi,
le mie labbra,
le mie mani!
Fino a quando avrò… la mia anima!
La dichiarerò in faccia ai nemici!..
La dichiarerò… una guerra terribile
in nome degli spiriti liberi
operai.. studenti.. poeti..
la dichiarerò.. e che si sazino del pane della vergogna
i vili… e i nemici del sole.
Ho ancora la mia anima..
mi rimarrà… la mia anima!
Rimarranno le mie parole.. pane e arma.. nelle mani dei ribelli!
un limone…
un pozzo…un alberello di cactus!..
Fino a quando avrò un ricordo,
una piccola biblioteca,
la foto di un nonno defunto.. un muro!
Fino a quando nel mio paese ci saranno parole arabe…
e canti popolari!
Fino a quando ci saranno un manoscritto di poesie,
racconti di ‘Antara al-’Absi
e di guerre in terra romana e persiana!
Fino a quando avrò i miei occhi,
le mie labbra,
le mie mani!
Fino a quando avrò… la mia anima!
La dichiarerò in faccia ai nemici!..
La dichiarerò… una guerra terribile
in nome degli spiriti liberi
operai.. studenti.. poeti..
la dichiarerò.. e che si sazino del pane della vergogna
i vili… e i nemici del sole.
Ho ancora la mia anima..
mi rimarrà… la mia anima!
Rimarranno le mie parole.. pane e arma.. nelle mani dei ribelli!
Può un
uomo aver vissuto tutta la propria vita senza aver visto la propria terra
libera?
A colui
che scava nella ferita di milioni la sua strada
A colui che sul carro armato schiaccia le rose del giardino
A colui che di notte sfonda le finestre delle case
A colui che incendia l’orto, l’ospedale e il museo
e poi canta sull’incendio.
A colui che scrive con il suo passo il lamento delle madri
orfane dei figli,
vigne spezzate.
A colui che condanna a morte la rondine della gioia
A colui che dall’aereo spazza via i sogni della giovinezza
A colui che frantuma l’arcobaleno,
stanotte i bambini dalle radici tronche,
stanotte i bambini di Rafah proclamano:
noi non abbiamo tessuto coperte da treccia di capelli
noi non abbiamo sputato sul viso della vittima
(dopo averle estratto i denti d’oro)
Perché ci strappi la dolcezza
e ci dai bombe?
E perché rendi orfani i figli degli arabi?
Mille volte grazie.
Il dolore con noi ha raggiunto l’età virile
e dobbiamo combattere.
Il sole sul pugnale di un conquistatore
era nudo corpo profanato
e prodigava silenzio sul rancore delle preghiere,
intorno facce stravolte.
Urla il soldato della leggenda:
“Non parlerete?
Bene! Coprifuoco tra un’ora”
E dalla voce di Ala’uddin esplode
la nascita dei guastatori bambini:
io ho buttato una pietra sulla jeep
io ho distribuito volantini
io ho dato il segnale
io ho ricamato lo stemma
portando la sedia
da un quartiere…a una casa…a un muro
io ho radunato i bambini
A colui che sul carro armato schiaccia le rose del giardino
A colui che di notte sfonda le finestre delle case
A colui che incendia l’orto, l’ospedale e il museo
e poi canta sull’incendio.
A colui che scrive con il suo passo il lamento delle madri
orfane dei figli,
vigne spezzate.
A colui che condanna a morte la rondine della gioia
A colui che dall’aereo spazza via i sogni della giovinezza
A colui che frantuma l’arcobaleno,
stanotte i bambini dalle radici tronche,
stanotte i bambini di Rafah proclamano:
noi non abbiamo tessuto coperte da treccia di capelli
noi non abbiamo sputato sul viso della vittima
(dopo averle estratto i denti d’oro)
Perché ci strappi la dolcezza
e ci dai bombe?
E perché rendi orfani i figli degli arabi?
Mille volte grazie.
Il dolore con noi ha raggiunto l’età virile
e dobbiamo combattere.
Il sole sul pugnale di un conquistatore
era nudo corpo profanato
e prodigava silenzio sul rancore delle preghiere,
intorno facce stravolte.
Urla il soldato della leggenda:
“Non parlerete?
Bene! Coprifuoco tra un’ora”
E dalla voce di Ala’uddin esplode
la nascita dei guastatori bambini:
io ho buttato una pietra sulla jeep
io ho distribuito volantini
io ho dato il segnale
io ho ricamato lo stemma
portando la sedia
da un quartiere…a una casa…a un muro
io ho radunato i bambini
e abbiamo
giurato sulla migrazione dei profughi
di combattere
finché brillerà nella nostra strada il pugnale di un
conquistatore.
(Ala’uddin non aveva ancora dieci anni)
di combattere
finché brillerà nella nostra strada il pugnale di un
conquistatore.
(Ala’uddin non aveva ancora dieci anni)
Il nemico
del Sole
Perderò,
forse, lo stipendio,
come tu lo
desideri;
sarò
costretto a vendere abito e materasso;
farò,
forse, il portatore di pietre;
il
facchino,
lo zappino
di strada
oppure
l’operaio in una officina;
forse sarò
anche costretto a cercare nei letami
per
trovare un grano da mangiare;
o forse
morirò nudo e affamato.
Ciò
malgrado non mi rassegnerò mai a te,
o nemico
del sole!
Ma
resisterò fino all’ultima goccia
di suange
nelle mie vene.
Tu mi
potresti rubare l’ultimo palmo di suolo;
saresti
capace di dare alle prigioni
la mia
giovane età;
di
privarmi dell’eredità di mio nonno:
degli
arredamenti, degli utensili casalinghi
e dei
recipienti.
Saresti
pure capace di dare al fuoco
le mie
poesie ed i libri miei
ed ai cani
la mia carne.
Saresti –
come è vero – un incubo
sul cuore
del nostro villaggio,
o nemico
del sole!
Ciò
malgrado, non mi rassegnerò mai a te
e, fino
all’ultima goccia
di sangue
nelle mie vene
resisterò!…
Potresti
spegnermi la luce che m’illumina la notte
e privarmi
di un bacio di mia madre;
i ragazzi
vostri sarebbero capaci di insultare
il mio
popolo e mio padre;
qualche
vigliacco di voi sarebbe capace di
falsificare
pure la mia storia;
Tu stesso
potresti privare i figli miei
di un
abito di festa;
saresti
capace di ingannare,
con falso
volto,
gli amici
miei,
crocifiggermi
i giorni su una visione umiliante,
o nemico
del sole!
Ciò
malgrado, non mi rassegnerò mai a te
e, fino
all’ultima goccia di sangue nelle mie vene
resisterò!…
O nemico
del sole!
Nel porto
vedo degli ornamenti,
dei segni
di gioia;
sento
delle voci allegre
e degli
applausi entusiasti
che
infuocano d’allegria la gola;
e
nell’orizzonte vedo una vela
che sfida
il vento e le onde
sormontando
con fiducia i pericoli!
Questo è
il ritorno di Ulisse
dal mare
dello smarrimento.
Questo è
il ritorno del sole
E
dell’uomo espatriato!…
Per gli
occhi di lui e della amata terra
giuro di
non rassegnarmi mai a te
e fino
all’ultima goccia di sangue nelle vene,
resisterò,
resisterò,
resisterò!…
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