venerdì 22 agosto 2014

ricordo di Samih al Qasim


Samih al Qasim  si è spento ieri all’età di 74 anni dopo una lunga malat­tia.
Poeta e gior­na­li­sta, fon­da­tore in Gali­lea del set­ti­ma­nale pale­sti­nese Kol al Arab ed ex mem­bro del Par­tito comu­ni­sta, Samih al Qasim è noto come il poeta della «resi­stenza». Forse è più giu­sto defi­nirlo il poeta della «esi­stenza», dell’affermazione dell’esistenza del popolo pale­sti­nese, come d’altronde lo è stato il suo grande amico e «poeta nazio­nale» Mah­moud Dar­wish scom­parso qual­che anno fa.
Samih al Qasim era un pale­sti­nese druso. La sua fami­glia era ori­gi­na­ria della città di Rameh in Alta Gali­lea e fu costretta ad abban­do­nare la sua casa per la Nakba, la «cata­strofe» che colpì i pale­sti­nesi nel 1948 a seguito della fon­da­zione dello Stato di Israele. «Ritengo che la data 1948 sia la mia data di nascita — ha spie­gato una volta — per­ché le prime imma­gini che ricordo sono di quella guerra. Il mio pen­siero e le imma­gini nascono dal numero 48». Fin da ragazzo mise in luce il suo talento di poeta e le sue poe­sie gli pro­cu­ra­rono non pochi pro­blemi le auto­rità israe­liane che guar­dano sem­pre con sospetto ai cit­ta­dini arabi (ossia pale­sti­nesi) troppo nazio­na­li­sti. Al Qasim ha scritto 24 volumi di poe­sie e pub­bli­cato varie rac­colte. Come gior­na­li­sta ha lavo­rato per i quo­ti­diani al-Ittihad (comu­ni­sta) e al Jadid, prima di dare vita al suo gior­nale. In Ita­lia, a cura di W. Dah­mash, è stata pub­bli­cata una sua rac­colta di poe­sie Versi in Gali­lea (Edi­zioni Q, Roma, 2005)


Fine della discussione col secondino

Dallo spioncino della più piccola delle celle
vedo alberi che mi sorridono,
tetti affollati della mia gente,
finestre che piangono pregano per me.
Dallo spioncino - è la più piccola cella -
vedo la tua, la più grande.


Palestina

Fino a quando avrò pochi palmi della mia terra!
Fino a quando avrò un ulivo…
un limone…
un pozzo…un alberello di cactus!..
Fino a quando avrò un ricordo,
una piccola biblioteca,
la foto di un nonno defunto.. un muro!
Fino a quando nel mio paese ci saranno parole arabe…
e canti popolari!
Fino a quando ci saranno un manoscritto di poesie,
racconti di ‘Antara al-’Absi
e di guerre in terra romana e persiana!
Fino a quando avrò i miei occhi,
le mie labbra,
le mie mani!
Fino a quando avrò… la mia anima!
La dichiarerò in faccia ai nemici!..
La dichiarerò… una guerra terribile
in nome degli spiriti liberi
operai.. studenti.. poeti..
la dichiarerò.. e che si sazino del pane della vergogna
i vili… e i nemici del sole.
Ho ancora la mia anima..
mi rimarrà… la mia anima!
Rimarranno le mie parole.. pane e arma.. nelle mani dei ribelli!


Può un uomo aver vissuto tutta la propria vita senza aver visto la propria terra libera?

A colui che scava nella ferita di milioni la sua strada
A colui che sul carro armato schiaccia le rose del giardino
A colui che di notte sfonda le finestre delle case
A colui che incendia l’orto, l’ospedale e il museo
e poi canta sull’incendio.
A colui che scrive con il suo passo il lamento delle madri
orfane dei figli,
vigne spezzate.
A colui che condanna a morte la rondine della gioia
A colui che dall’aereo spazza via i sogni della giovinezza
A colui che frantuma l’arcobaleno,
stanotte i bambini dalle radici tronche,
stanotte i bambini di Rafah proclamano:
noi non abbiamo tessuto coperte da treccia di capelli
noi non abbiamo sputato sul viso della vittima
(dopo averle estratto i denti d’oro)
Perché ci strappi la dolcezza
e ci dai bombe?
E perché rendi orfani i figli degli arabi?
Mille volte grazie.
Il dolore con noi ha raggiunto l’età virile
e dobbiamo combattere.
Il sole sul pugnale di un conquistatore
era nudo corpo profanato
e prodigava silenzio sul rancore delle preghiere,
intorno facce stravolte.
Urla il soldato della leggenda:
“Non parlerete?
Bene! Coprifuoco tra un’ora”
E dalla voce di Ala’uddin esplode
la nascita dei guastatori bambini:
io ho buttato una pietra sulla jeep
io ho distribuito volantini
io ho dato il segnale
io ho ricamato lo stemma
portando la sedia
da un quartiere…a una casa…a un muro
io ho radunato i bambini
e abbiamo giurato sulla migrazione dei profughi
di combattere
finché brillerà nella nostra strada il pugnale di un
conquistatore.
(Ala’uddin non aveva ancora dieci anni)



Il nemico del Sole

Perderò, forse, lo stipendio,
come tu lo desideri;
sarò costretto a vendere abito e materasso;
farò, forse, il portatore di pietre;
il facchino,
lo zappino di strada
oppure l’operaio in una officina;
forse sarò anche costretto a cercare nei letami
per trovare un grano da mangiare;
o forse morirò nudo e affamato.
Ciò malgrado non mi rassegnerò mai a te,
o nemico del sole!
Ma resisterò fino all’ultima goccia
di suange nelle mie vene.

Tu mi potresti rubare l’ultimo palmo di suolo;
saresti capace di dare alle prigioni
la mia giovane età;
di privarmi dell’eredità di mio nonno:
degli arredamenti, degli utensili casalinghi
e dei recipienti.
Saresti pure capace di dare al fuoco
le mie poesie ed i libri miei
ed ai cani la mia carne.
Saresti – come è vero – un incubo
sul cuore del nostro villaggio,
o nemico del sole!
Ciò malgrado, non mi rassegnerò mai a te
e, fino all’ultima goccia
di sangue nelle mie vene
resisterò!…

Potresti spegnermi la luce che m’illumina la notte
e privarmi di un bacio di mia madre;
i ragazzi vostri sarebbero capaci di insultare
il mio popolo e mio padre;
qualche vigliacco di voi sarebbe capace di
falsificare pure la mia storia;
Tu stesso potresti privare i figli miei
di un abito di festa;
saresti capace di ingannare,
con falso volto,
gli amici miei,
crocifiggermi i giorni su una visione umiliante,
o nemico del sole!
Ciò malgrado, non mi rassegnerò mai a te
e, fino all’ultima goccia di sangue nelle mie vene
resisterò!…

O nemico del sole!
Nel porto vedo degli ornamenti,
dei segni di gioia;
sento delle voci allegre
e degli applausi entusiasti
che infuocano d’allegria la gola;
e nell’orizzonte vedo una vela
che sfida il vento e le onde
sormontando con fiducia i pericoli!

Questo è il ritorno di Ulisse
dal mare dello smarrimento.
Questo è il ritorno del sole
E dell’uomo espatriato!…
Per gli occhi di lui e della amata terra
giuro di non rassegnarmi mai a te
e fino all’ultima goccia di sangue nelle vene,
resisterò,
resisterò,
resisterò!…

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