Il Corriere della Sera del 19/07 ha pubblicato un’intervista
di Gianguido Vecchi al Rabbino Di Segni. Vogliamo qui ricordare che altre,
diverse voci di Ebrei italiani si sono espresse, in Italia ed in Europa, sulla
tragedia di Gaza. La Rete Ebrei Contro l’Occupazione (ECO), è una piccola
associazione indipendente, il cui nome riassume lo scopo politico per cui è
sorta, nel 2001.
La tragedia in corso a Gaza ci riguarda tutti, ma essa è solo l’ultimo degli eventi luttuosi degli ultimi 66 anni. Quel che succede è sotto gli occhi di tutti, anche se non tutti accettano di vedere quel che vedono: l’attacco di uno dei più moderni ed efficienti eserciti del mondo ad una popolazione inerme di 1milione 700mila abitanti, addensati in una ristretta area, una striscia di terra lungo il Mediterraneo. In mezzo a questa popolazione è presente un numero imprecisato, ma certo non elevato, di guerriglieri in parte appartenenti ad Hamas, ed in parte probabilmente stranieri arrivati da diversi Paesi. I risultati di questa invasione militare di Israele, preceduta da 9 giorni di bombardamenti aerei e navali, sono disastrosi: ad oggi,23 luglio circa 600 morti (il numero cresce ogni minuto), tra cui molto numerosi i bambini e le donne, oltre 2000 feriti, immani distruzioni di case, edifici pubblici, scuole e moschee. Non esiste una difesa antiaerea, né antimissile.
Dalla Striscia di Gaza vengono lanciati (da Hamas, o anche da altri?) contro il territorio israeliano dei missili mal diretti ( forse la tecnologia primitiva non consente affatto la loro precisa direzione), ed Israele dispone del sistema di protezione “Iron Dome” evidentemente efficace: sinora i morti israeliani sono militari dell’esercito di invasione, caduti in combattimento contro i guerriglieri e alcuni feriti e danni di scarsa entità.
Stiamo assistendo ad un vero massacro di una popolazione rinchiusa in una stretta striscia di terra da cui non può uscire da nessuna parte. Manca la corrente elettrica, che gli Israeliani possono sospendere a piacere loro. Scarseggia il cibo e l’acqua, i carburanti ed i medicinali negli ospedali: questi, già insufficienti in periodi “normali”, ora sono completamente sopraffatti dal gran numeri di feriti che affluiscono. Dal 2005 Gaza è sottoposta ad un feroce assedio israeliano, che lascia entrare tanto cibo da non morire di fame. L’assedio fa mancare duramente tutto il resto, segnatamente il materiale da costruzione. E, soprattutto, gli abitanti non possono uscire per andare ad ospedali in altri Paesi, né possono lasciare la striscia per nessun’altra ragione.
Questa feroce persecuzione, certo ispirata ad un rancore che si può senza dubbio chiamare odio, e sembra condiviso da buona parte della popolazione ebraica di Israele che rappresenta l’80% circa della popolazione dello Stato, il 20% circa è dato dagli Arabi palestinesi, cittadini di seconda categoria, privi di molti diritti, disprezzati e vessati in modo sistematico. Nella Cisgiordania occupata militarmente da Israele nel 1967, vivono 2,5 milioni di Palestinesi, che un tempo comunicavano con il milione e mezzo di abitanti di Gaza, ma dal 2005 ne sono stati separati da posti di blocco stabiliti e controllati da Israele. L’occupazione della Cisgiordania, il 22% del territori della Palestina, non è solo militare: Israele vi ha insediato quasi 600mila coloni ( compresi quelli insediati nella parte Araba di Gerusalemme), e continuamente crescono gli insediamenti ebraici, e la cacciata di casa dei Palestinesi. Nuove strade vengono costruite, ma sono accessibili solo ai veicoli con targa israeliana:in pratica, ai coloni, che sono solo ebrei. La terra viene sequestrata per “motivi di sicurezza”, e l’acqua viene ferocemente razionata ai Palestinesi, e fornita in abbondanza ai coloni israeliani.
E’ questo il proseguimento, con costanza degna di miglior causa, del piano originale del Sionismo: cacciare la popolazione non ebraica dalla Terra che, secondo la tradizione biblica, Dio stesso promise al Popolo di Israele. Ora la maggior parte degli Israeliani ebrei non si cura di questa interpretazione letterale della Bibbia, anzi molti israeliani non sono affatto credenti religiosi. Ma a questa tradizione religiosa si è sovrapposto un altro idolo: il nazionalismo più duro, che, nato in Europa, si è diffuso in tutto il mondo, e gli Ebrei lo hanno fatto proprio con una intensità fortissima, e per questo vogliono cacciare da tutta la Palestina, Gaza compresa, i Palestinesi che vi risiedono, da molti secoli. La “guerra di Gaza” attuale, come le precedenti, è dunque un episodio umanamente atroce della cacciata dei Palestinesi dalla loro terra: il mezzo usato, lo vediamo bene, è il render loro la vita impossibile, o il toglierla immediatamente anche ai bambini, in modo che non diventino adulti.
L’opposta soluzione, il convivere sulla stessa terra imparando a conoscersi ed apprezzarsi, sarebbe la soluzione del problema: ma evidentemente richiederebbe un livello di civiltà non ancora raggiunto.
Paola Canarutto, Medico Ospedaliera, è Presidente di ECO
Giorgio Forti,membro di ECO, è professore Emerito alla Facoltà di Scienze dell’Università degli Studi di Milano
E Socio dell’Accademia dei Lincei
La tragedia in corso a Gaza ci riguarda tutti, ma essa è solo l’ultimo degli eventi luttuosi degli ultimi 66 anni. Quel che succede è sotto gli occhi di tutti, anche se non tutti accettano di vedere quel che vedono: l’attacco di uno dei più moderni ed efficienti eserciti del mondo ad una popolazione inerme di 1milione 700mila abitanti, addensati in una ristretta area, una striscia di terra lungo il Mediterraneo. In mezzo a questa popolazione è presente un numero imprecisato, ma certo non elevato, di guerriglieri in parte appartenenti ad Hamas, ed in parte probabilmente stranieri arrivati da diversi Paesi. I risultati di questa invasione militare di Israele, preceduta da 9 giorni di bombardamenti aerei e navali, sono disastrosi: ad oggi,23 luglio circa 600 morti (il numero cresce ogni minuto), tra cui molto numerosi i bambini e le donne, oltre 2000 feriti, immani distruzioni di case, edifici pubblici, scuole e moschee. Non esiste una difesa antiaerea, né antimissile.
Dalla Striscia di Gaza vengono lanciati (da Hamas, o anche da altri?) contro il territorio israeliano dei missili mal diretti ( forse la tecnologia primitiva non consente affatto la loro precisa direzione), ed Israele dispone del sistema di protezione “Iron Dome” evidentemente efficace: sinora i morti israeliani sono militari dell’esercito di invasione, caduti in combattimento contro i guerriglieri e alcuni feriti e danni di scarsa entità.
Stiamo assistendo ad un vero massacro di una popolazione rinchiusa in una stretta striscia di terra da cui non può uscire da nessuna parte. Manca la corrente elettrica, che gli Israeliani possono sospendere a piacere loro. Scarseggia il cibo e l’acqua, i carburanti ed i medicinali negli ospedali: questi, già insufficienti in periodi “normali”, ora sono completamente sopraffatti dal gran numeri di feriti che affluiscono. Dal 2005 Gaza è sottoposta ad un feroce assedio israeliano, che lascia entrare tanto cibo da non morire di fame. L’assedio fa mancare duramente tutto il resto, segnatamente il materiale da costruzione. E, soprattutto, gli abitanti non possono uscire per andare ad ospedali in altri Paesi, né possono lasciare la striscia per nessun’altra ragione.
Questa feroce persecuzione, certo ispirata ad un rancore che si può senza dubbio chiamare odio, e sembra condiviso da buona parte della popolazione ebraica di Israele che rappresenta l’80% circa della popolazione dello Stato, il 20% circa è dato dagli Arabi palestinesi, cittadini di seconda categoria, privi di molti diritti, disprezzati e vessati in modo sistematico. Nella Cisgiordania occupata militarmente da Israele nel 1967, vivono 2,5 milioni di Palestinesi, che un tempo comunicavano con il milione e mezzo di abitanti di Gaza, ma dal 2005 ne sono stati separati da posti di blocco stabiliti e controllati da Israele. L’occupazione della Cisgiordania, il 22% del territori della Palestina, non è solo militare: Israele vi ha insediato quasi 600mila coloni ( compresi quelli insediati nella parte Araba di Gerusalemme), e continuamente crescono gli insediamenti ebraici, e la cacciata di casa dei Palestinesi. Nuove strade vengono costruite, ma sono accessibili solo ai veicoli con targa israeliana:in pratica, ai coloni, che sono solo ebrei. La terra viene sequestrata per “motivi di sicurezza”, e l’acqua viene ferocemente razionata ai Palestinesi, e fornita in abbondanza ai coloni israeliani.
E’ questo il proseguimento, con costanza degna di miglior causa, del piano originale del Sionismo: cacciare la popolazione non ebraica dalla Terra che, secondo la tradizione biblica, Dio stesso promise al Popolo di Israele. Ora la maggior parte degli Israeliani ebrei non si cura di questa interpretazione letterale della Bibbia, anzi molti israeliani non sono affatto credenti religiosi. Ma a questa tradizione religiosa si è sovrapposto un altro idolo: il nazionalismo più duro, che, nato in Europa, si è diffuso in tutto il mondo, e gli Ebrei lo hanno fatto proprio con una intensità fortissima, e per questo vogliono cacciare da tutta la Palestina, Gaza compresa, i Palestinesi che vi risiedono, da molti secoli. La “guerra di Gaza” attuale, come le precedenti, è dunque un episodio umanamente atroce della cacciata dei Palestinesi dalla loro terra: il mezzo usato, lo vediamo bene, è il render loro la vita impossibile, o il toglierla immediatamente anche ai bambini, in modo che non diventino adulti.
L’opposta soluzione, il convivere sulla stessa terra imparando a conoscersi ed apprezzarsi, sarebbe la soluzione del problema: ma evidentemente richiederebbe un livello di civiltà non ancora raggiunto.
Paola Canarutto, Medico Ospedaliera, è Presidente di ECO
Giorgio Forti,membro di ECO, è professore Emerito alla Facoltà di Scienze dell’Università degli Studi di Milano
E Socio dell’Accademia dei Lincei
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