quando Rosa Luxemburg era in carcere, prima di essere ammazzata, donna, intelligente e socialista rivoluzionaria, scrisse una lettera all’amica Sophie (Sonja) Liebknecht, sorella di Karl.
racconta dell'incontro con un'animale e dei pensieri che sono nati (la lettera è qui sotto).
Karl Kraus fece conoscere la lettere nelle sue conferenze, la pubblicò su una rivista e rispose alla lettera di una lettrice.
libretto piccolo e grandissimo.
cercatelo e poi leggetelo, non ve ne pentirete - franz
racconta dell'incontro con un'animale e dei pensieri che sono nati (la lettera è qui sotto).
Karl Kraus fece conoscere la lettere nelle sue conferenze, la pubblicò su una rivista e rispose alla lettera di una lettrice.
libretto piccolo e grandissimo.
cercatelo e poi leggetelo, non ve ne pentirete - franz
"Ahimè,
Sonicka, qui ho provato un dolore molto intenso. Nel cortile dove vado a
passeggiare arrivano di frequente carri dell’esercito zeppi di sacchi o di
vecchie giubbe e casacche militari, spesso con macchie di sangue. Vengono
scaricate, distribuite nelle celle per i rattoppi e quindi di nuovo caricate e
rispedite all’esercito. Qualche tempo fa è arrivato un carro tirato da bufali
anziché da cavalli. Per la prima volta ho visto questi animali da vicino. Di
struttura sono più robusti e più grandi rispetto ai nostri buoi, hanno teste
piatte e corna ricurve verso il basso, il cranio è più simile a quello delle
nostre pecore, completamente nero e con grandi occhi mansueti. Vengono dalla Romania,
sono trofei di guerra… I soldati che conducono il carro raccontano quanto sia
difficile catturare questi animali bradi, e ancor più difficile farne bestie da
soma, abituati com’erano alla libertà. Furono presi a bastonate in modo
spaventoso, finché valse anche per loro il detto «vae victis»… Soltanto a
Breslavia, di questi animali, dovrebbe esservene un centinaio; avezzi ai grassi
pascoli della Romania, ora ricevono cibo misero e scarso. Vengono sfruttati
senza pietà, per trainare tutti i carichi possibili, e assai presto si
sfiancano.
Qualche giorno fa arrivò dunque un carro pieno di sacchi, accatastati a una
tale altezza che i bufali non riuscivano a varcare la soglia della porta
carraia. Il soldato che li accompagnava, un tipo brutale, prese allora a
batterli con il grosso manico della frusta in modo così violento che la
guardiana, indignata, lo investì chiedendogli se non avesse un po’ di
compassione per gli animali. «Neanche per noi uomini c’è compassione» rispose
quello con un sorriso maligno e battè ancora più forte… Gli animali infine si
mossero e superarono l’ostacolo, ma uno di loro sanguinava… Sonicka, la pelle
del bufalo è famosa per essere assai dura e resistente, ma quella era lacerata.
Durante le operazioni di scarico gli animali se ne stavano esausti,
completamente in silenzio, e uno, quello che sanguinava, guardava davanti a sé
e aveva nel viso nero, negli occhi scuri e mansueti, un’espressione simile a
quella di un bambino che abbia pianto a lungo. Era davvero l’espressione di un
bambino che è stato punito duramente e non sa per cosa né perché, non sa come
sottrarsi al tormento e alla violenza bruta… gli stavo davanti e l’animale mi
guardava, mi scesero le lacrime – erano le sue lacrime; per il fratello più
amato non si potrebbe fremere più dolorosamente di quanto non fremessi io,
inerme davanti a quella silenziosa sofferenza. Quanto erano lontani, quanto
irraggiungibili e perduti i verdi pascoli, liberi e rigogliosi, della Romania!
Quanto erano diversi, laggiù, lo splendore del sole, il soffio del vento,
quanto era diverso il canto armonioso degli uccelli o il melodico richiamo dei
pastori! E qui… questa città ignota e abominevole, la stalla cupa, il fieno
nauseabondo e muffito, frammisto di paglia putrida, gli uomini estranei e
terribili e… le percosse, il sangue che scorre giù dalla ferita aperta. Oh mio
povero bufalo, mio povero, amato fratello, ce ne stiamo qui entrambi così
impotenti e torpidi e siamo tutt’uno nel dolore, nella debolezza, nella
nostalgia. Intanto i carcerati correvano operosi qua e là intorno al carro,
scaricavano i pesanti sacchi e li trascinavano dentro l’edificio; il soldato
invece ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni, se ne andò in giro per il
cortile ad ampie falcate, sorrise e fischiettò tra sé una canzonaccia. E tutta
questa grandiosa guerra mi passò davanti agli occhi…
Vi abbraccio, Sonicka
La vostra R."
Vi abbraccio, Sonicka
La vostra R."
Breslavia, dicembre 1917
Rosa Luxemburg (1871-1919), laureata in filosofia e in
giurisprudenza, rivoluzionaria pacifista, ristretta in carcere, infine trucidata.
Vogliamo ricordarla con un brano dalla celebre lettera scritta dal carcere
all’amica Sophie (Sonja) Liebknecht.
Il nostro cervello è soprattutto un dispositivo per
guardare il mondo. Da qui il fatto che le nostre produzioni culturali prendono
nomi che ruotano attorno alla costellazione del “vedere”: dalle ideologie,
passando per le Weltanschauungen,
fino all’attuale e volgare “società delle immagini”. E gli animali sono tra gli
“oggetti visibili” che esercitano una potente fascinazione sul nostro sguardo,
non solo in quanto dotati di movimento e di un’estrema varietà fenomenica, ma
anche e soprattutto perché unici nella loro capacità di restituirci lo sguardo,
di dialogare con noi attraverso di esso e quindi di risponderci. Ecco allora
che dai modi in cui ci disponiamo a guardare e a farci guardare dagli animali
possiamo apprendere molto sulle visioni del mondo che a questi sono sottese.
Il prototipo dello scambio di sguardi “classico” tra noi e
gli altri animali è quello di Odisseo: lo sguardo della negazione. Il ritorno di
Odisseo a Itaca dopo venti anni di peripezie è segnato, infatti, da un intenso
scambio di sguardi tra l’eroe guerriero (antesignano dell’uomo occidentale:
freddo razionale e privo di quelle emozioni, tipiche dell’animalità dalla quale
si è definitivamente alienato) e il cane Argo. Questo scambio di sguardi è
interrotto da Odisseo, più interessato a riprendersi ciò che è suo che a
condividere il dolore di un amico morente: Odisseo volge lo sguardo altrove,
limitandosi ad emettereuna ed una sola lacrima.
In una situazione per molti versi analoga, Rosa Luxemburg
ci presenta, invece, un diverso modo di guardare e di farsi guardare dal mondo
non umano. La Luxemburg, prigioniera politica nel carcere di Breslavia e pochi
mesi prima di essere uccisa a colpi di calcio di fucile, osserva le sevizie a
cui un militare sottopone un bufalo e ne parla con accenti accorati e
delicatissimi in una lettera all’amica Sonja Liebknecth, lettera recentemente
riproposta da Adelphi, insieme a testi di Kraus, Kafka, Canetti e Roth – tutti
incentrati intorno alla “galassia” del dolore animale – in un piccolissimo
libro intitolatoUn po’ di compassione…
bellissimo post. ho parlato di questo libro sull'altro post dedicato alla Luxemburg, prima di leggere questo post. ... :)
RispondiEliminaaveve una bella testa, Rosa
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