Sono un’ebrea italiana della generazione post-1945, ebrea da
generazioni da parte di entrambi i genitori. Sento il
bisogno impellente in queste ore di angoscia e di guerra tra Gaza Palestina e
Israele di rivolgermi ad altri ebrei italiani perché non riesco a credere che
non provino lo stesso sgomento e la stessa repulsione per la carneficina che
Israele sta compiendo a Gaza.
Non si mira a distruggere un nemico armato, non sono due eserciti ad
affrontarsi: si sta sterminando un’ intera popolazione civile, perché il nemico
è ovunque, in un fazzoletto di terra che stipa in 365 km2 un milione e
ottocentomila persone, il nemico è sotto la terra sopra la quale c’erano case e
scuole e negozi e ospedali e strade, c’è la gente, e se vuoi colpire chi sta
sotto la terra è giocoforza ammazzare chi ci sta sopra a quella terra, anche un
bambino lo capisce; ma fanno finta di non saperlo gli strateghi sottili di
questo orrore infinito che si dipana sotto i nostri occhi.
Come
facciamo a tacere di fronte a questa ingiustizia suprema, noi che per millenni
siamo stati costretti a nasconderci nei ghetti per vivere, che venivamo
additati come responsabili di nefandezze mai sognate, obbligati a convertirci a
volte per non essere bruciati sui roghi?
Israele ha fondato uno Stato nel 1948 su terra altrui, sappiamo come e
perché, ciò è stato accettato dal consesso internazionale e nel 1988 è stato
accettato dall’OLP. I Palestinesi hanno riconosciuto il diritto di Israele a
esistere, ma Israele dal 1967 occupa terra non sua, e lo sa.
Per anni e anni si è detto: quella terra occupata serve a fare la pace:
territori in cambio di pace. Questo è stato il refrain che
però è stato nel corso del tempo sepolto da guerre non più di difesa come nel
1967, ma di attacco, a partire dalla sciagurata invasione del Libano.
Come
facciamo a non riconoscere che Israele ha scientemente, e per decenni
ormai, rifiutato di addivenire a un compromesso sulle colonie, non ha mai
smesso di costruirne e di avanzare annettendosi di fatto i territori su cui
doveva negoziare, annichilendo la base pur ambigua ma reale che era l’accordo
di Oslo.
Ha contribuito a creare Hamas, che in arabo significa “collera giusta”, e
poi ne ha tollerato la crescita in funzione anti-OLP, ha reso la vita dei
palestinesi una lotta per sopravvivere anche in Cisgiordania, e ha violato
tutte le risoluzioni dell’ONU che gli imponevano di tornare alla famosa “Linea
verde”.
Ha
rubato altra terra palestinese costruendo la barriera di 700 km,
dichiarata illegale dalla Corte dell’Aia ma tuttora in piedi.
E ora con il pretesto dell’uccisione di tre ragazzi di cui Hamas non ha
mai riconosciuto la responsabilità, un’ accusa che non è stata
corroborata da prove, ha scatenato una guerra non a Hamas ma a tutto un popolo.
Non si può uccidere, annientare un popolo per sconfiggere un nemico che ha il
diritto di difendersi.
E
le richieste di Hamas non sono altro che le richieste della popolazione di
Gaza: fine dell’assedio di sette anni, fine dello strangolamento.
Israele ha diritto a esistere DENTRO dei confini riconosciuti
internazionalmente, ma dal 1982 è aggressore e viola il diritto internazionale.
Per avere la pace deve rinunciare alla folle idea di avere TUTTA la terra
per sé e cacciarne chi ci abitava prima che arrivassero i primi coloni ebrei a
fine Ottocento.
La guerra di Israele è non solo omicida ma è suicida: guardiamo al Libano
che sta insieme ancora per miracolo, alla Siria distrutta, all’Iraq che va a
pezzi, ai palestinesi che sono la maggioranza in Giordania, all’avanzare
dell’islamismo salafita e jihadista in Africa settentrionale e occidentale, in
Kenya, in Nigeria.
Quale
avvenire promette la guerra infinita di uno stato di apartheid?
Quali possibilità invece apre il riconoscimento di diritti eguali ai
palestinesi e alle migliaia di rifugiati e immigrati che anche in Israele
spiaggiano cercando una vita e un avvenire migliori?
Quali prospettive aprirebbe uno Stato multiculturale, bi-nazionale e
veramente democratico in Medioriente? Quale salutare rimescolamento di
carte?
Apriamo
gli occhi, abbiamo il coraggio di guardare in faccia la realtà, e gridiamo il
nostro rifiuto di questo orrore e di questa politica di distruzione e morte che
si ritorce contro chi la persegue.
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