A tre settimane dalle elezioni anticipate del
1° novembre un nuovo, sanguinoso attentato sconvolge laTurchia. C’erano centinaia di persone alla stazione
ferroviaria di Ankara, inclusi i rappresentanti di diversi sindacati,
organizzazioni della società civile ed
esponenti del Partito Democratico
del Popolo filo curdo. Tutti
riuniti per la manifestazione pacifica organizzata dal partito curdo Hdp – entrato in Parlamento per la prima volta a giugno – per chiedere la fine del conflitto
tra lo Stato e i separatisti curdi del Pkk.– hanno
provocato la morte di almeno 86 persone,
ha comunicato il procuratore della capitale, e il ferimento di altre 126. Per il governo si tratta di un “attacco
terroristico” e i responsabili dell’attacco, scrivono i media locali mentre
sono in corso le verifiche delle autorità, sono stati due attentatori suicidi, che si sono fatti esplodere tra la folla.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, sorridente, si fa un selfie.
Sullo sfondo, alcuni soldati con in spalla il feretro di un loro commilitone
avvolto nella bandiera turca. Non è piaciuto al governo turco il fotomontaggio
creato dal settimanale Nokta, così ha arrestato il direttore Cevheri Guven. L'arresto
ha fatto seguito al blitz avvenuto questa mattina alle prime ore dell'alba, con
il quale la polizia ha ritirato tutte le copie della rivista e imposto il
blocco della distribuzione. Alla base della censura ci sarebbero le accuse di
"offesa al presidente" e "propaganda terroristica". Dietro
il fotomontaggio c'è la denuncia contro la guerra tra Ankara e Pkk: da luglio
oltre cento militari turchi sono morti. E su Twitter, spuntano alcuni
fotomontaggi di sostegno al giornale. La rivista, nota per il suo giornalismo
d'inchiesta, è tornata in edicola nel maggio scorso dopo otto anni di silenzio.
Il procuratore di Istanbul ha deciso anche il blocco dell’account Twitter del
magazine.
Cevheri Güven
Bülent Kenes
Un tribunale di Istanbul ha emesso oggi un mandato di
arresto contro Bülent Kenes, direttore dell'edizione inglese del quotidiano
turcoZaman, con l'accusa di aver insultato su Twitter il
presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il giornalista è già stato preso in
consegna da parte delle forze dell'ordine su disposizione della Corte. Ieri, la
stessa Corte aveva respinto una prima richiesta del pubblico ministero per
l'arresto di Kenes, limitandosi a emettere il divieto di espatrio per pericolo
di fuga all'estero dell'indagato. Il direttore Kenes si è difeso in aula
affermando di aver solo esercitato il suo diritto alla libertà di critica.
Lo riferisce lo stesso Today's Zaman. Il giornale fa capo al magnate e imam Fethullah Gülen, capo della confraternita islamica Hizmet, ex-alleato di Erdogan e oggi suo acerrimo nemico. Gulen, che risiede da anni in Pennsylvania, è accusato dal presidente di essere l'architetto della "Tangentopoli del Bosforo", esplosa nel dicembre 2013 con il coinvolgimento di numerose personalità vicine al partito islamico Akp. Sempre oggi l'editorialista del quotidiano Sozcu, Necati Dogru, è stato condannato a 11 mesi e 20 giorni di prigione - che comunque potrà evitare pagando una sanzione - ancora per insulti a Erdogan.
Lo riferisce lo stesso Today's Zaman. Il giornale fa capo al magnate e imam Fethullah Gülen, capo della confraternita islamica Hizmet, ex-alleato di Erdogan e oggi suo acerrimo nemico. Gulen, che risiede da anni in Pennsylvania, è accusato dal presidente di essere l'architetto della "Tangentopoli del Bosforo", esplosa nel dicembre 2013 con il coinvolgimento di numerose personalità vicine al partito islamico Akp. Sempre oggi l'editorialista del quotidiano Sozcu, Necati Dogru, è stato condannato a 11 mesi e 20 giorni di prigione - che comunque potrà evitare pagando una sanzione - ancora per insulti a Erdogan.
Nella sua attività di "libera critica", indirizzata anche al premier Ahmet Davutoglu e al consigliere di Erdogan Mustafa Varank, Kenes ha dovuto affrontare nove denunce penali, due cause di risarcimento danni e sei indagini a suo carico. Kenes, in un comunicato indirizzato ieri al procuratore, ha negato di aver insultato Erdogan ma di aver soltanto esercitato il suo diritto alla libertà di esprimere una opinione critica. In giugno il giornalista era già stato condannato a 21 mesi di prigione, con pena sospesa, per un altro tweet giudicato offensivo nei confronti di Erdogan diffuso nel luglio del 2014. Se Kenes dovesse commettere lo stesso "crimine" nei prossimi cinque anni, anche quella pena sarebbe applicata.
Bülent Kenes è solo uno dei centinaia di giornalisti finiti nel mirino della magistratura con l'accusa di vilipendio di Erdogan dalla sua elezione a presidente l'anno scorso. Un fenomeno, l'attenzione della Giustizia su editorialisti, direttori e reporter, che ha sollevato inevitabilmente gravi preoccupazioni sullo stato di salute della libertà di stampa in una Turchia che tra poco più di tre settimane tornerà alle urne in un cruciale voto anticipato.
Lo scorso giugno, il direttore del quotidiano di opposizione Cumhuriyet, Can Dundar, era stato arrestato con l'accusa di alto tradimento, con tanto di richiesta condanna all'ergastolo, per la pubblicazione di foto di camion attribuiti ai servizi segreti turchi carichi di armi destinate ai ribelli islamisti siriani. Lo scorso dicembre il capo del gruppo editoriale Samanyolu, anch'esso legato a Gulen, è stato arrestato con l'accusa di terrorismo. E circa un mese fa, il 15 settembre, la polizia turca aveva fatto irruzione nella sede di Nokta e sequestrato le copie dell'ultima edizione che in copertina esibivano un fotomontaggio del presidente Erdogan che sorridente si faceva un selfie mentre alle sue spallle soldati portavano in spalla la bara di un collega morto. Anche Murat Çapan, direttore del settimanale, è stato arrestato.
Prima che fosse spiccato il mandato di cattura, parlando giovedì dopo la prima richiesta di arresto respinta, Bülent Kenes aveva affermato che avrebbe continuato a esprimersi contro le ingiustizie nel suo Paese. "Loro possono anche volermi ridurre al silenzio, ma non possono riuscirci se io non voglio tacere. Continuerò a oppormi alla trasformazione di questo Paese in una prigione a cielo aperto e a questa illegale, oppressiva e arbitraria amministrazione".
Il direttore di Zaman, in particolare, aveva lamentato l'offensiva scatenata da Erdogan e dal suo partito Akp contro le voci dissenzienti in Turchia, con la messa al bando, grazie a una magistratura compiacente, asservita o intimidita, dei canali tv più critici, mentre un numero crescente di giornalisti, accademici e intellettuali finivano al centro di indagini politicamente motivate. "A causa di questa terribile situazione in Turchia - aveva detto ancora Kenes - e per il fatto che il primato della legge è ora annientato, tante persone sono in attesa solo del momento in cui saranno perseguite. Anch'io ho atteso il mio turno. A essere onesto, sono persino sorpreso del ritardo di questo tentativo di pormi agli arresti. Lo aspettavo da almeno tre anni".
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