John Berger, scrittore, pittore e critico
d’arte britannico (in breve: uno dei più importanti intellettuali europei) ha
mandato domenica scorsa un’email ad amici vicini e lontani. Eccola, nella
traduzione di Maria Nadotti:
«Il concerto per pianoforte e orchestra n. 5
di Beethoven evoca una felicità che è quasi senza limiti e che, proprio per
questo, né lui né noi possiamo possedere. Il concerto fu detto l’Imperatore. Ci
porta a un orizzonte di felicità che non possiamo valicare. Oggi lo mando agli
studenti palestinesi che stanno dimostrando al checkpoint di Beit El,
all’entrata di Ramallah. Anch’essi sono ispirati da una visione della felicità
che nelle loro vite non sono in grado di conoscere. Mando loro il concerto
perché lo usino come arma nella lotta contro gli israeliani che occupano e
colonizzano la loro terra. Beethoven approva. La politica gli sta molto a
cuore. La sua terza sinfonia, l’Eroica, fu ispirata da Napoleone quando ancora era un combattente per la
libertà e prima che diventasse un tiranno. Per un giorno cambiamo nome all’Imperatore e chiamiamolo: concerto per pianoforte e
orchestra n. 5, l’Intifada».
(*) Questo testo apre il numero 1125 di «Internazionale», in edicola dal 23
al 29 ottobre.
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