Lydia Cacho fa il giro del mondo della prostituzione e della pedofilia, del potere e dell'economia, delle schiave e degli schiavi, della violenza e del dolore, dei ricatti e degli inganni, dei "datori di lavoro" e dei clienti, delle fughe impossibili (poche quelle riuscite) e delle vendette.
il mondo come è e non lo sai, sempre molto peggio delle illusioni e delle speranze.
forse il mondo è sempre stato così, ma non lo sapevamo, forse.
adesso lo sappiamo, e girare la faccia non cambia niente.
questo libro è un bagno di realtà inevitabile - franz
il mondo come è e non lo sai, sempre molto peggio delle illusioni e delle speranze.
forse il mondo è sempre stato così, ma non lo sapevamo, forse.
adesso lo sappiamo, e girare la faccia non cambia niente.
questo libro è un bagno di realtà inevitabile - franz
…Lydia Cacho narra il suo viaggio che parte dalla Turchia, e
tocca di volta in volta Palestina, Israele, Giappone, Cambogia, Cina, Birmania,
Argentina, Messico. Un viaggio rischioso in cui l’autrice intervista funzionari
dello Stato, polizia, vittime della tratta e organizzazioni che agiscono per
contrastare il traffico umano. Cacho è ben consapevole dei pericoli che corre:
già nel 2005 è stata imprigionata e torturata nel suo paese dopo avere
pubblicato il libro Los demonios del Edén: el poder que protege a la pornografia
infantil, in cui denunciava lo sfruttamento pornografico minorile e una rete
criminale in cui apparivano numerosi funzionari del governo, politici,
imprenditori e trafficanti di droga. Nel 2007 la Corte Suprema del Messico ha
sentenziato che l’arresto della Cacho era ingiustificato, ma le minacce non si
sono fermate, così come non si è fermata la sua attività.
Tanti sono i frammenti di vita che ha raccolto nel suo
itinerario intorno al mondo – come la storia della signora King, ex moglie di
un membro delle triadi, la mafia cinese da secoli presente in Cambogia. Qui il
governo favorisce i cinesi perché «a differenza degli europei, non credono nei
diritti umani» e «a loro non importa che a lavorare per dodici ore di fila
siano bambini di dodici anni». La donna, che ha collaborato con l’indagine di
Lydia Cacho e in seguito, dopo avere lasciato il paese, è stata accolta in un
rifugio europeo, racconta a proposito della mafia sino-malese, di cui l’ex
marito è un affiliato: «Le bambine vengono utilizzate per due anni: poi, dopo
averle sfruttate per il turismo sessuale, le mandano nelle fabbriche tessili,
di cui sono soci. La loro banda è specializzata in vergini»…
Ci sono libri che dovrebbero essere letti per
rimettere ordine nelle scale di valori. Per mantenere (o ripristinare, se
necessario) gerarchie e priorità. Possono essere come gli schiaffi che vengono
dati ai pazienti sotto anestesia per risvegliarli dopo un’operazione
chirurgica. E questo è uno di quelli. Lo squarcio che apre sul mondo femminile
è ben diverso da quello delle polemiche sull’impiego dei corpi delle donne nei
media. La realtà su cui Lydia Cacho punta il suo sguardo, a rischio della sua
stessa incolumità, è molto distante dai riflettori del cinema, della
televisione, dei rotocalchi. E’ qualcosa che si considera appartenente al passato,
relegato in tempi e luoghi lontani, ed invece è vivo e presente: la schiavitù.
E’ un mondo fatto di silenzi, ombre e violenza. Dove non ci sono veline che si
esibiscono in vestiti succinti, ballando sotto le luci di uno studio televisivo
al ritmo di qualche successo musicale. Non ci sono soubrette dalle forme
procaci che giocano a flirtare col pubblico in trasmissioni nazional popolari.
E non ci sono personaggi che ottengono soldi e fama in proporzione ai
centimetri di pelle mostrati su calendari o su riviste per uomini. La realtà
raccontata dalla giornalista messicana è anonima, scura e desolata. E’ il mondo
dello sfruttamento delle donne e delle bambine, ridotte in schiavitù e
costrette a prostituirsi per soddisfare i piaceri – quando non le violente fantasie
– di chiunque possa (e voglia) permetterselo…
…Ma contro le mafie e la
spietatezza di
certo capitalismo globalizzato, nessun provvedimento legislativo, né internazionale
né nazionale può davvero rappresentare la panacea. Non a caso troppo
spesso le leggi non sono applicate, specie per quel che riguarda la
perseguibilità degli sfruttatori, mentre le convenzioni internazionali contro
la tratta pure esistenti sono spesso vanificate dalla potentissima struttura
globalizzata dei mercati criminali di esseri umani a fronte della rigidità
delle burocrazie nazionali. “Sarebbe magnifico se un solido corpus giuridico
consentisse di farla finita con tanti secoli di oppressione e tante storie di
donne e bambine deprivate di se stesse, ma non c’è paese in cui si compiano
sforzi per crare autentiche condizioni di uguaglianza. In una cultura che si
regge su valori misogini e patriarcali il corpo femminile è visto come un
oggetto che può essere comprato, venduto, utilizzato e gettato via. Le donne
sono educate a sottomettersi a determinate regole, e gli uomini istruiti a
riprodurle senza metterle in discussione” – scrive la Cacho.
La vera, unica soluzione è quindi lavorare anche dal basso
sulla cultura, sull’educazione alla sessualità e alla parità tra i generi,
sull’innalzamento delle condizioni di vita e l’aumento delle opportunità per le
donne, sulla riduzione delle sperequazioni tra nord e sud del mondo e tra
ricchi e poveri. Sulla corretta informazione, contro la banalizzazione e lo
sdoganamento della prostituzione, in modo che sia chiaro che la tratta di
persone non è un problema a sé, ma è parte costitutiva dell’industria globale
del sesso…
Ho poche parole, ma voglio condividere sui social...
RispondiEliminaleggi anche questo:
RispondiEliminahttp://stanlec.blogspot.it/2015/09/i-demoni-delleden-lydia-cacho.html