vale quel che vale che per la prima volta in quasi 5
anni di legislatura illegittima io mi trovi finalmente soddisfatto di UNA (e
una sola) legge approvata dal nostro parlamento incostituzionale?
quella di oggi sul fine vita, intendo.
vale cioè niente, ma alla fine questo blog è la
mia voce buttata come in una bottiglia nelle onde del web e io mi tolgo la
soddisfazione di dirlo lo stesso.
non ho potuto dirlo per la bruttissima legge sulle
unioni civili; e dunque lasciatemelo dire almeno della legge sul diritto a
morire con dignita`, giusto per smentire che io sia l’eterno insoddisfatto che
cerca il pelo nell’uovo sempre.
e il merito va per una volta a TUTTI coloro che
hanno votato a favore, senza troppe differenze di schieramento – anche se non
vanno dimenticate le battaglie eroiche di civiltà fatte – oltre che dai
radicali – dai vari Welby e Fabo, cioè da TUTTI coloro che hanno dovuto penare
in questi anni, oltre che per crudeltà` della natura, per quella della legge
sino ad oggi.
. . .
il testo me lo sono letto e lo trovate qui anche
voi, se vi interessasse dargli un’occhiata, come ho fatto io:
non sono un esperto di diritto, ma di cose che non
funzionano, per una volta, qui dentro non ne ho trovate.
e dunque festeggiamo questa importante tappa di
libertta`.
respiro anche per me stesso: le mie indicazioni
di sospendere ogni trattamento una volta che mi trovassi in coma, passeranno
dal mio testamento (che ora diventa persino inutile e dove sarebbero
probabilmente rimaste inefficaci) ad una dichiarazione che lascerò al mio
medico di base, senza troppi intralci burocratici; non so invece se designerò
qualcuno come fiduciario a decidere per me, se io non potessi: mi pare un peso
psicologico gratuito.
. . .
piuttosto il mio spirito di bastian contrario si
esercita nel cercare di andare a vedere quali sono gli argomenti della
settantina di senatori che ha votato contro.
mi sono letto, dunque, la questione pregiudiziale di
incostituzionalità presentata da alcuni senatori: ed ammetto che la lettura è
stata faticosa.
mi pare che la legge approvata dia pochi appigli, in
realta` e questa stessa questione pregiudiziale, respinta dal Senato, lo
dimostra.
. . .
in sostanza, nonostante le molte parole, le critiche
vanno a concentrarsi su pochi punti in fondo piuttosto elementari, per non dire
poveri:
.1. il codice di deontologia medica stabilisce
all’articolo 38 che “il medico, nel tenere
conto di dichiarazioni anticipate di trattamento, verifica la loro congruenza
logica e clinica con la condizione in atto e ispira la propria condotta al
rispetto della dignità e della qualità di vita del paziente, dandone chiara espressione
nella documentazione sanitaria”:
espressioni ambigue che darebbero comunque al medico il diritto di dire
l’ultima parola.
ma non è` difficile obiettare che la legge ha una
valore superiore al codice di comportamento di una categoria professionale e
può tranquillamente reinterpretarlo, adattandolo ad una nuova realtà che
sancisce la libertà di decidere del
soggetto.
.2. lo stesso dicasi dell’articolo 9 della
Convenzione di Oviedo, che afferma che le volontà del paziente «saranno tenute in considerazione», senza dunque alcun obbligo vincolante per
il medico; se la legge italiana amplia i diritti di decidere del paziente, non
viola certamente la convenzione, che fissa dei principi minimi.
.3. l’altra affermazione “che una tale obbligatorietà non è prevista da nessuno degli
Stati europei che hanno legiferato in tema di direttive, neppure da quelli che
hanno espressamente depenalizzato l’eutanasia (Belgio, Olanda, Lussemburgo)” sembra un
falso, considerando che, prima dell’approvazione di questa legge, chi voleva
morire con dignitas era costretto a recarsi all’estero, in particolare in
Svizzera.
ed e` grottesco sentire dire che il legislatore italiano si pone in posizione isolata
nel contesto europeo, ledendo gravemente l’autonomia e la responsabilità del
medico, che nessun ordinamento è mai giunto a scalfire da quegli stessi ambienti che non hanno
lesinato facili scandalismi per le scelte compiute recentemente in quegli
stessi paesi.
4. l’ultima critica riguarda il fatto che la legge
affida al paziente la decisione anche sulle forme
di sostegno vitale quali l’alimentazione e l’idratazione artificiale, che – secondo gli oppositori della legge –non
rappresentano terapie per patologie specifiche – bensì solo il suo mezzo
di sostegno (e non di cura); e
quindi NON DOVREBBERO rientrare nell’autonomia di scelta del paziente.
trovo questa affermazione in evidenza così
auto-contraddittoria ed assurda che non riesco quasi neppure a formulare
chiaramente gli argomenti contrari.
ma pensare che un paziente possa decidere di
sospendere l’assunzione di qualche farmaco, ma non dell’acqua o del cibo, per
raggiungere lo stesso risultato di lasciarsi morire naturalmente e`palesemente
privo di senso logico.
. . .
in realta` l’unica vera, significativa opposizione a
questa legge e` venuta dalla Conferenza Episcopale Italiana, in palese
conflitto di interesse, considerando la posizione di netta prevalenza delle
istituzioni parareligiose cattoliche nella gestione delle varie Domus Salutis o
cliniche della fine vita, spesso gestite oltre i limiti del ragionevole
rispetto del diritto individuale alla vita con l’uso di abbondanti mezzi
pubblici.
secondo la CEI, questa legge e` troppo
individualista, e viene assimilata in questa caratteristica al riconoscimento
pubblica delle scelte di identita` sessuale, alle unioni civili, e ad ogni
altro simile male del mondo.
non sono un sostenitore acritico dei diritti
individuali (almeno credo), ma credo che ogni pretesa dello stato sulla
vita degli individui cessi di fronte all’imminenza della morte.
e questa legge prevede il piu` rigoroso rispetto
delle volontà individuali, così che nessuno potrà essere indotto a morire,
ma neppure a restare in vita, contro voglia.
. . .
ma la Chiesa dei vescovi giustamente teme il
cambiamento della mentalità sul problema.
la gestione serena della morte da parte di persone
consapevoli è infatti ben più` pericolosa per certe forme di fede del
danno economico che può venire ad alcune istituzioni dalla anticipata scelta di
morire di alcuni clienti.
ridurre la paura di morire mina alla radice infatti
la base stessa di un certo modo di intendere la religione: quello che induce a
raccontarsi le favole della sopravvivenza per resistere a questa paura oscura –
che del resto in qualche misura, biologicamente, tutti ci portiano dentro, o
tanto o poco.
. . .
i filosofi antichi hanno insegnato a vincere questa
paura:
da Gorgia, che a 109 anni si lasciò morire di fame (rifiutando dunque il sostegno e non una terapia) senza che nessuno si sognasse neppure di impedirglielo,
a Socrate, che accettò la condanna a morte rifiutando l’idea di fuggire dal carcere, lasciando come messaggio ai suoi discepoli di sacrificare un gallo al dio Esculapio, per avergli risparmiato una malattia;
dal cinico Metrocle allo stoico Seneca, che accetto` senza tremare il suicidio impostogli da Nerone;
da Cleante, che pure si lasciò morire di fame, a Zenone di Cizico e ad Ipponatte;
da Clitomaco e al cinico Peregrino, il cui suicidio scenografico, col fuoco, alle Olimpiadi, come forma di protesta contro il potere imperiale, fu oggetto di un libello di Luciano di Samosata.
da Gorgia, che a 109 anni si lasciò morire di fame (rifiutando dunque il sostegno e non una terapia) senza che nessuno si sognasse neppure di impedirglielo,
a Socrate, che accettò la condanna a morte rifiutando l’idea di fuggire dal carcere, lasciando come messaggio ai suoi discepoli di sacrificare un gallo al dio Esculapio, per avergli risparmiato una malattia;
dal cinico Metrocle allo stoico Seneca, che accetto` senza tremare il suicidio impostogli da Nerone;
da Cleante, che pure si lasciò morire di fame, a Zenone di Cizico e ad Ipponatte;
da Clitomaco e al cinico Peregrino, il cui suicidio scenografico, col fuoco, alle Olimpiadi, come forma di protesta contro il potere imperiale, fu oggetto di un libello di Luciano di Samosata.
per non parlare di Epicuro che considerava la paura
della morte uno dei mali peggiori della vita umana e che anche col suo modo di
morire, tracannando un bicchiere di vino puro, volle confermare quello che
aveva scritto per cancellare ogni tremore: che dove c’è la morte non ci siamo
noi.
e che dire del sublime messaggio di accettazione
della morte nell’orto del Getsemani che ci viene dal fondatore stesso del
cristianesimo nelle narrazioni evangeliche?
e trascuro i filosofi e pensatori moderni che hanno
fatto un’analoga scelta.
. . .
tutto fa pensare, dunque, che uno degli obiettivi
principali della filosofia sia l’apprendimento della capacità di morire
serenamente, per la forza della libera ragione;
e anche la religione migliore ha sempre insegnato
l’arte della buona morte, anche se col ricorso a mitologie consolatorie, utili
soltanto per chi si sente più debole.
da oggi la legge italiana riapre le porte, per
ognuno di noi, alla libera decisione ci chiama ad una assunzione di
responsabilità maggiore sulla nostra fine.
. . .
prepariamoci, non è mai toppo tardi per farlo,
perché l’arte di bene morire ha bisogno spesso di una vita intera per essere
imparata.
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