Ludovica è un’adolescente comune, a un occhio affrettato.
Anche a uno con tempo da vendere, se è per questo.
E’ che spesso, per capire, non basta lo sguardo e altri sopravvalutati sensi.
A ogni modo, deve fare un tema per casa, non ha molta voglia di scrivere, ma la media deperisce giorno dopo giorno ed è costretta a impegnarsi per una decisa rimonta in vista del prossimo, intermedio scrutinio.
Titolo: Cosa sono i virus informatici?
Svolgimento...
Ovvero, la nostra scrive la suddetta parola, ma poi decide di iniziare con il classico copia in colla da internet, così, per esser certa di aver detto almeno qualcosa di giusto.
A onor di ciò, si affida alla preziosa Wikipedia: Un virus informatico è un programma che infetta il pc, creando al contempo copie di se stesso, di solito senza farsi scoprire dall'utente, proprio come i virus biologici. Coloro che fabbricano e diffondono virus sono chiamati hacker, i quali si approfittano della debolezza dei sistemi operativi per danneggiare i computer, rallentandone o condizionandone il funzionamento.
Ludovica rimane con la penna sospesa sul foglio e, come sovente capita quando s’imbatte in qualcosa che la rende particolarmente perplessa, inizia a mordicchiare il tappo.
Va detto che la ragazza è davvero stanca.
Inoltre, cercate di comprendere e tollerare le parole che seguiranno, perché l’insegnante non lo farà, di questo Ludovica è sicura.
Troppe volte ha provato a seguire la via canonica, richiesta dai ministeriali programmi educativi e non le riesce di oltrepassare la linea della sufficienza.
Al massimo Viky vira sull’ovvio, ha detto la prof di lettere ai suoi genitori, in occasione dell’ultimo ricevimento.
Non l’ha rivelato ai suoi, neppure a se stessa, ma ci è rimasta male, dentro, dove l’occhio non giunge e il cuore non duole, ma l’anima sì.
Per questa ragione, prende fiato, rilegge più volte la definizione premessa come per caricare meglio il colpo e spara i suoi pensieri sul foglio.
I virus sono i social network, nessuno si senta escluso, ovvero bannato, che ci avvelenano di mediocrità costringendoci letteralmente a far copie di noi stessi, tutte uguali, tutte diversamente idiote, per non farci scoprire noi altri, a scapito dell’utente che ha niente, utilizzato da tutti fuorché l’ormai ex proprietario della sua identità.
Sono gli hacker della nostra stessa vita, che con le nostre caricature caricate sulle spalle serviamo il grande amico di nessuno offrendo in dono un colossale mi piace al mondo virtuale che diventa sempre più grande, sempre più piccolo.
I virus sono i giornali di Stato e quelli di potere, la stampa di partito e i portavoce digitali della mafia, i blog personali travestiti da blog collettivi e i blog collettivi mascherati da indipendenti, i banner pubblicitari camuffati da articoli di denuncia e gli spot pubblicitari con il banner dalle solidali intenzioni, le piattaforme dei movimenti dal basso gestite dall’alto e la miriade di pagine social bercianti follia di cui neanche i gestori conoscono più l’origine. Tutti costoro scaricano direttamente nella pancia dei connessi fidelizzati, o solo per eccesso di clic, copie rimasterizzate di vaneggiamenti vecchi come il mondo stesso, dove il nemico è sempre l’altro e l’amico è tale, finché il nemico è comune e soprattutto comodo.
I virus sono le star e i vip, i famosi reali e quelli posticci, i leader costruiti e quelli manovrati, gli ammirati e i seguiti, che malgrado non esistano davvero nella vita di chi guarda, invadono i nostri occhi e le nostre menti con la loro effigie resa sacra dall’adorazione virtuale, taroccata con mano abile e chirurgica. Non si limitano a frenare immaginazione e ambizione verso un modello reale, ovvero se stessi.
Le cancellano del tutto.
E’ così che per quanto sottoscrittori e fan, seguaci e sostenitori, amici e membri del medesimo, gigantesco gruppo, quando la luce va via ci sentiamo molto più soli del giorno prima.
Perché, alla fine della fiera, i virus siamo noi.
Già, noi, che proprio come spiega l’enciclopedia all’inizio del racconto, ci inquiniamo a vicenda, cercando disperatamente di far copie di noi stessi nella vita degli altri, rendendoli meno differenti possibile da quello che ci aspettiamo.
Siamo noi gli hacker, perché ciascuno di noi sta scrivendo questa folle sceneggiatura.
E profittando della fragilità del mondo che per sua fortuna è rimasto fuori del palazzo dai mattoni di bit e le finestre di byte, rallentiamo ogni giorno che passa il nostro cammino verso il progresso che nei giorni andati gli incompresi scrittori di fantascienza hanno sognato per noi...
da qui
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