domenica 10 dicembre 2017, ICAN ha ricevuto il Premio
Nobel per la pace per il suo lavoro, volto a raggiungere un trattato di
proibizione delle armi nucleari. Beatrice Fihn, direttore esecutivo del network, ha esposto metà della
conferenza del Nobel.
Vostre Maestà.
Membri del Comitato Nobel
norvegese,
Stimati ospiti,
Oggi è un grande onore
accettare il Premio Nobel per la Pace 2017 a nome delle migliaia di persone
ispiratrici che hanno preso parte alla Campagna Internazionale per l’Abolizione
delle Armi Nucleari (ICAN).
Insieme abbiamo portato la
democrazia al disarmo e stiamo ridando forma alla legge internazionale.
Più
di tutti ringraziamo umilmente il Comitato Nobel Norvegese per aver
riconosciuto il nostro lavoro e aver dato impulso alla nostra cruciale causa.
Vogliamo
dare riconoscimento a coloro che hanno donato così generosamente a questa
campagna il loro tempo e le loro energie.
Vogliamo
ringraziare i coraggiosi ministri degli esteri, i diplomatici, la Croce Rossa e
la Mezzaluna Rossa, i funzionari delle Nazioni Unite,
gli accademici e gli esperti con i quali abbiamo collaborato per avanzare nel
nostro obiettivo comune.
E ringraziamo tutti coloro
che si impegnano per debellare dal mondo questa terribile minaccia.
In dozzine di luoghi intorno
al mondo – dentro silos con missili sepolti nella nostra terra, su sottomarini
che navigano attraverso i nostri oceani, e a bordo di aerei che volano in alto
nei nostri cieli – si trovano 15.000 oggetti di distruzione dell’umanità.
Forse è l’enormità di questo
fatto, forse è l’inimmaginabile scala delle conseguenze, che porta molti
semplicemente ad accettare questa truce realtà, a continuare con le proprie
vite quotidiane senza pensare ai folli strumenti che ci circondano.
Perchè è follia permettere a
noi stessi di essere governati da queste armi. Molti dei critici di questo
movimento insinuano che siamo noi quelli irrazionali, gli idealisti senza
criterio di realtà. Quegli stati dotati di armi nucleari non molleranno mai le
loro armi.
Ma noi rappresentiamo la sola scelta
razionale. Rappresentiamo quelli che rifiutano di accettare le armi nucleari
come ospiti fissi del nostro mondo, quelli che rifiutano di tenere il proprio destino legato a poche righe di un codice
di lancio.
La nostra è la sola realtà possibile. L’alternativa è
impensabile.
La storia delle armi
nucleari avrà una fine, e dipende da noi quale sarà questa fine.
Sarà la fine delle armi
nucleari, o sarà la nostra fine?
Una di queste cose accadrà.
L’unica
via di azione razionale è quella di smettere di vivere nella condizione per cui
la nostra distruzione reciproca dipende da un mero capriccio impulsivo.
Oggi io voglio parlare di
tre cose: paura, libertà e futuro.
Per ammissione di coloro
stessi che le posseggono, la reale utilità delle armi nucleari sta nella loro
abilità nel provocare paura. Quando fanno riferimento al loro effetto
“deterrente”, i sostenitori delle armi nucleari celebrano la paura come arma di
guerra. Si gonfiano il petto dichiarandosi pronti a sterminare, in un lampo,
innumerevoli migliaia di vite umane.
Il Premio Nobel William Faulkner,
accettando il suo premio nel 1950, disse: “Rimane solo la questione di quando
mi faranno saltare in aria”. Ma da allora, questa paura universale ha lasciato
il posto a qualcosa di ancora più pericoloso: la negazione.
Andata è la paura dell’Armageddon in
un istante, andato è l’equilibrio tra due blocchi che è stato utilizzato come
giustificazione per la deterrenza, andati sono i rifugi dalle piogge
radioattive.
Ma una cosa rimane: le migliaia e
migliaia di testate nucleari che ci hanno riempiti di questa paura.
Il rischio per l’ uso delle
armi nucleari è oggi anche maggiore che alla fine della guerra fredda. Ma a
differenza della guerra fredda, oggi ci troviamo di fronte a molti più stati
dotati di armi nucleari, a terroristi e a guerre cibernetiche. Tutto questo ci
rende meno sicuri.
Imparare a vivere con la
cieca accettazione di queste armi è stato il nostro grande errore seguente.
La paura è razionale. La
minaccia è reale. Abbiamo evitato la guerra nucleare non grazie a una prudente
leadership, ma per pura fortuna. Prima o poi, se non agiamo, la nostra fortuna
si esaurirà.
Un momento di panico o di
disattenzione, un commento frainteso o un ego ferito, potrebbero facilmente
condurci all’inevitabile distruzione di intere città. Un’escalation militare
calcolata potrebbe portare all’assassinio indiscriminato di massa di civili.
Se si utilizzasse solo una
piccola parte delle armi nucleari odierne, fumo e fuliggine delle tempeste di
fuoco si depositerebbero in alto nell’ atmosfera – raffreddando, oscurando e
prosciugando la superficie terrestre per oltre un decennio.
Eliminerebbero le colture
alimentari, mettendo a rischio per fame miliardi di persone.
Eppure continuiamo a vivere
nella negazione di questa minaccia esistenziale.
Ma Faulkner nel suo discorso al Nobel ha
anche lanciato una sfida a coloro che sono venuti dopo di lui. Solo in quanto
voce dell’ umanità, ha detto, possiamo sconfiggere la paura, possiamo aiutare
l’umanità a resistere.
Il compito di ICAN è di
essere quella voce. La voce dell’umanità e delle leggi umanitarie; far sentire
la propria voce per conto dei civili. Dare voce a quella prospettiva umanitaria
è il modo in cui creeremo la fine della paura, la fine della negazione. E in
definitiva, la fine delle armi nucleari.
Questo mi porta al secondo
punto: la libertà.
Come hanno affermato su
questo palco, nel 1985, i Medici
Internazionali per la Prevenzione della guerra nucleare, la prima
organizzazione in assoluto contro le armi nucleari a vincere questo premio:
“Noi medici dichiariamo l’indignazione del tenere in ostaggio il mondo
intero. Protestiamo per l’oscenità morale in baase alla quale ognuno di noi è
continuamente minacciato dall’estinzione “.
Queste parole suonano ancora
vere oggi, nel 2017.
Dobbiamo rivendicare la
libertà di non vivere la nostra vita come ostaggi dell’imminente annientamento.
Gli uomini – non le donne! –
hanno creato le armi nucleari per controllare altri, ma invece siamo noi ad
essere controllati da queste.
Ci hanno fatto false
promesse: che rendendo così impensabili le conseguenze dell’uso di queste armi,
qualsiasi conflitto sarebbe risultato inattuabile; che ci avrebbe liberati
dalla guerra.
Ma, lungi dall’impedire la
guerra, queste armi ci hanno portato più volte sull’orlo del conflitto durante
tutta la guerra fredda. E in questo secolo, queste armi continuano ad
avvicinarci alla guerra e al conflitto.
In Iraq, Iran, Kashmir,
Corea del Nord. La loro esistenza spinge altri a unirsi alla corsa nucleare.
Non ci tengono al sicuro, causano conflitti.
Come lo stesso premio Nobel
per la pace, Martin Luther King
Jr, le ha definite da questo palco nel 1964, queste armi sono “sia
genocide che suicide”.
Sono la pistola del folle
puntata permanentemente alla nostra tempia. Queste armi avrebbero dovuto
tenerci liberi, ma ci negano le nostre libertà.
E’ un affronto alla
democrazia essere governati da queste armi. Ma sono solo armi. Sono solo
strumenti. Così come sono state create dal contesto geopolitico, possono essere
distrutte altrettanto facilmente collocandole in un contesto umanitario.
Questo è il compito che ICAN
si è prefissata – e il terzo punto di cui vorrei parlare, il futuro.
Oggi ho l’onore di
condividere questo palco con Setsuko Thurlow, che ha scelto come proposito
della sua vita quello di portare il testimone dell’orrore della guerra nucleare.
Lei e gli hibakusha
all’inizio della storia erano lì, e la nostra sfida collettiva è di assicurarci
che siano testimoni anche della sua fine.
Loro rivivono quel doloroso
passato, ancora e ancora, perché noi possiamo creare un futuro migliore.
Ci sono centinaia di
organizzazioni che insieme, come ICAN, stanno compiendo grandi passi avanti
verso quel futuro.
Ci sono migliaia di
instancabili attivisti che ogni giorno, in tutto il mondo, lavorano per
raccogliere questa sfida.
Ci sono milioni di persone
in tutto il mondo che si sono alzate in piedi, spalla a spalla con quegli
attivisti, per mostrare ad altre centinaia di milioni che un futuro diverso è
davvero possibile.
Chi afferma che quel futuro
non è possibile deve togliersi dal cammino di coloro che lo rendono una realtà.
Come culmine di questo sforzo
popolare, attraverso l’azione della gente comune, quest’anno l’ipotetico è
avanzato verso il reale con 122 nazioni che hanno negoziato e concluso un
trattato ONU per proibire queste armi di distruzione di massa.
Il Trattato di Proibizione
delle Armi Nucleari rappresenta il sentiero da seguire in un momento di grande
crisi globale. È una luce in un periodo di buio.
E, più ancora, ci dà
una scelta.
Una scelta tra due finali:
la fine delle armi nucleari o la nostra fine.
Non è ingenuo credere nella
prima possibilità. Non è irrazionale pensare che gli stati nucleari possano
disarmarsi. Non è idealistico credere nella vita che supera la paura e la
distruzione; è una necessità.
Siamo tutti di fronte a
questa scelta. E faccio appello a tutte le nazioni perché aderiscano al
Trattatodi Proibizione delle Armi Nucleari.
Stati Uniti, scegliete la
libertà piuttosto che la paura.
Russia, scegliete il disarmo
piuttosto che la distruzione.
Gran Bretagna, scegliete la
regola della legge piuttosto che l’oppressione.
Francia, scegliete i diritti umani piuttosto che il terrore.
Cina, scegliete la ragione piuttosto che l’irrazionalità.
India, scegliete il senso piuttosto che il nonsenso.
Pakistan, scegliete la logica piuttosto che l’Armageddon.
Israele, scegliete il senso comune piuttosto che l’annientamento.
Corea del Nord, scegliete la saggezza piuttosto che la rovina.
Alle nazioni che credono di essere al riparo sotto l’ombrello delle armi nucleari, sarete complici della vostra stessa distruzione e della distruzione di altri in vostro nome?
Francia, scegliete i diritti umani piuttosto che il terrore.
Cina, scegliete la ragione piuttosto che l’irrazionalità.
India, scegliete il senso piuttosto che il nonsenso.
Pakistan, scegliete la logica piuttosto che l’Armageddon.
Israele, scegliete il senso comune piuttosto che l’annientamento.
Corea del Nord, scegliete la saggezza piuttosto che la rovina.
Alle nazioni che credono di essere al riparo sotto l’ombrello delle armi nucleari, sarete complici della vostra stessa distruzione e della distruzione di altri in vostro nome?
A tutte le nazioni:
scegliete la fine delle armi nucleari piuttosto che la nostra fine!
Questa è la scelta che il
Trattato di Proibizione delle armi nucleari rappresenta. Unitevi a questo
Trattato.
Noi cittadini viviamo sotto
l’ombrello delle menzogne. Queste armi non ci tengono al sicuro, stanno
contaminando la nostra terra e la nostra acqua, avvelenando i nostri corpi e
tenendo in ostaggio il nostro diritto alla vita.
A tutti i cittadini del
mondo: state con noi e chiedete ai vostri governi di schierarsi con l’umanità e
di firmare questo trattato. Non ci fermeremo fino a quando tutti gli Stati non
avranno aderito, dalla parte della ragione.
Oggi nessuna nazione si
vanta di essere uno Stato dotato di armi chimiche.
Nessuna nazione sostiene che
sia accettabile, in circostanze estreme, usare il gas nervino Sarin.
Nessuna nazione proclama il
diritto di scatenare sul suo nemico la peste o la polio.
Questo perché sono state
stabilite norme internazionali, le percezioni sono cambiate.
E ora, alla fine, abbiamo
un’inequivocabile norma contro le armi nucleari.
Enormi passi avanti non
cominciano mai con un accordo universale.
Con ogni nuovo firmatario e
con il passare degli anni, questa nuova realtà prenderà piede.
Questa è la via da seguire.
C’è un solo modo per impedire l’uso di armi nucleari: proibirle ed eliminarle.
Le armi nucleari, come le
armi chimiche, le armi biologiche, le munizioni a grappolo e le mine antiuomo,
ora sono illegali. La loro esistenza è immorale. La loro abolizione è nelle
nostre mani.
La fine è inevitabile. Ma
questa fine sarà la fine delle armi nucleari o la nostra fine? Dobbiamo
sceglierne una.
Siamo un movimento per la
razionalità. Per la democrazia. Per la libertà dalla paura.
Siamo attivisti di 468
organizzazioni che lavorano per salvaguardare il futuro, e rappresentiamo la
maggioranza morale: i miliardi di persone che scelgono la vita anziché la
morte, che insieme vedranno la fine delle armi nucleari.
Grazie.
(Traduzione
dall’inglese di Matilde Mirabella)
da
quiqui in testo in inglese dal sito del Premio Nobel
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