La Libertà Non Sta Nello Scegliere Tra Bianco E Nero, Ma Nel Sottrarsi A Questa Scelta Prescritta. (Theodor W.Adorno)
sabato 31 agosto 2024
venerdì 30 agosto 2024
La disumanizzazione dei palestinesi da parte della società israeliana è ormai assoluta - Meron Rapoport
In passato, il dibattito morale di Israele sulle sue azioni militari poteva
essere limitato e ipocrita, ma almeno esisteva. Non questa volta.
Alle 5:40 del mattino del 10 agosto,
il portavoce dell’IDF ha inviato un messaggio ai giornalisti informandoli di un
attacco aereo israeliano su un “quartier generale militare situato nel
complesso scolastico di Al-Taba’een vicino a una moschea nell’area di Daraj [e]
Tuffah, che funge da rifugio per i residenti di Gaza City”.
“Il quartier generale”, ha
continuato il portavoce, “è stato utilizzato dai terroristi dell’organizzazione
terroristica di Hamas per nascondersi e da lì hanno pianificato e promosso
attacchi terroristici contro le forze dell’IDF e i cittadini dello Stato di
Israele. Prima dell’attacco, sono state prese molte misure per ridurre le
possibilità di danneggiare i civili, tra cui l’uso di munizioni di precisione,
equipaggiamento visivo e informazioni di intelligence”.
Poco dopo questo annuncio, sono
circolate in tutto il mondo immagini scioccanti della scuola di Al-Taba’een,
che mostravano mucchi di carne smembrata e parti del corpo rimosse in sacchetti
di plastica. Le immagini erano accompagnate da resoconti secondo cui circa 100
palestinesi erano stati uccisi nell’attacco israeliano, con molti altri
ricoverati in ospedale. La maggior parte delle vittime si trovava nel mezzo del
fajr, o preghiera dell’alba, in uno spazio designato all’interno del complesso
scolastico.
Nelle ore e nei giorni successivi,
come previsto, si è sviluppata una guerra di narrazioni sul numero di vittime
civili. Il portavoce dell’IDF ha pubblicato le foto e i nomi di 19 palestinesi
che, a suo dire, erano “operativi” di Hamas o della Jihad islamica uccisi
nell’attacco; a molti è stata data l’etichetta senza specificare la loro
presunta posizione o grado.
Hamas ha negato le accuse. Anche
l’Euro-Med Human Rights Monitor ha contestato le informazioni dell’esercito
israeliano: la ONG ha scoperto che alcune delle persone sulla lista
dell’esercito erano state in effetti uccise in precedenti attacchi a Gaza, che
altri non avevano mai sostenuto Hamas e che alcuni si erano persino opposti al
gruppo. L’esercito ha poi pubblicato un elenco aggiuntivo di altri 13
palestinesi che, secondo quanto sostiene, erano operativi uccisi nel
bombardamento.
Mentre solo un’indagine indipendente
potrebbe determinare in modo definitivo l’identità di tutte le vittime
dell’attacco, la dichiarazione iniziale del portavoce dell’IDF è indicativa del
drammatico cambiamento che la società israeliana ha subito per quanto riguarda
la vita dei palestinesi a Gaza.
Protesta contro la detenzione di
soldati di riserva israeliani sospettati di aver aggredito sessualmente un
prigioniero palestinese, alla base militare di Beit Lid, 29 luglio 2024. (Chen
Leopold/Flash90)
L’annuncio dell’IDF affermava
esplicitamente che la scuola “serve come rifugio per i residenti di Gaza City”,
il che significa che l’IDF sapeva che i rifugiati erano fuggiti lì per paura
dei bombardamenti dell’esercito stesso. La dichiarazione non affermava che ci
fossero stati attacchi con armi da fuoco o missili dalla scuola, ma che “i
terroristi di Hamas … hanno pianificato e promosso … atti terroristici” da
essa. Né affermava che i civili che si erano rifugiati nella scuola avevano
ricevuto alcun avvertimento, solo che l’esercito aveva usato “armi di
precisione” e “intelligence”. In altre parole, l’esercito ha bombardato un
rifugio popolato sapendo benissimo le ripercussioni mortali che il suo assalto
avrebbe inflitto.
Come se affamare milioni di persone
fosse un hobby
Non dovrebbe sorprendere che i media
israeliani abbiano appoggiato le affermazioni del portavoce dell’IDF. Quando si
tratta dei clamorosi fallimenti della sicurezza che hanno portato al 7 ottobre,
ai media israeliani, e in particolare ai media di destra, è concesso di essere
critici e scettici nei confronti dell’esercito. Ma quando si tratta di uccidere
palestinesi, tale scetticismo viene gettato dalla finestra: a Gaza, l’esercito
ha sempre ragione.
“In guerra, le scuole sono off
limits”, ha scritto il Prof. Yuli Tamir, ex ministro dell’istruzione
israeliano, su Haaretz. “Non c’è un singolo comandante che dirà: ‘Basta così’?”
La risposta è un sonoro no. Ogni guerra comporta un certo livello di
disumanizzazione del nemico. Ma sembra che nell’attuale guerra a Gaza, la
disumanizzazione dei palestinesi sia quasi assoluta.
Dopo ogni guerra degli ultimi
decenni in cui gli israeliani hanno combattuto, ci sono state pubbliche
manifestazioni di rimorso. Questo è stato spesso criticato come una mentalità
di “sparare e piangere” – ma almeno i soldati piangevano.
Dopo la Guerra dei sei giorni del
1967, fu pubblicato il libro di enorme successo “The Seventh Day: Soldiers’
Talk about the Six-Day War”, contenente testimonianze di soldati che cercavano
di confrontarsi con i dilemmi morali che avevano affrontato durante i
combattimenti. Dopo i massacri di Sabra e Shatila nel 1982, centinaia di
migliaia di israeliani – tra cui molti che avevano prestato servizio nella
guerra del Libano – scesero in piazza per protestare contro i crimini
dell’esercito.
Durante la prima Intifada, molti
soldati parlarono degli abusi sui palestinesi. La seconda Intifada diede
origine alla ONG Breaking the Silence. Il discorso morale sull’occupazione
potrebbe essere stato ristretto e ipocrita, ma esisteva.
Non questa volta. L’esercito
israeliano ha ucciso almeno 40.000 palestinesi a Gaza, circa il due percento
della popolazione della Striscia. Ha causato il caos totale, distruggendo
sistematicamente quartieri residenziali, scuole, ospedali e università.
Centinaia di migliaia di soldati israeliani hanno combattuto a Gaza negli
ultimi 10 mesi, eppure il dibattito morale è quasi inesistente. Il numero di
soldati che hanno parlato dei loro crimini o difficoltà morali con seria riflessione
o rammarico, anche in forma anonima, può essere contato sulle dita di una mano.
Paradossalmente, la distruzione
insensata e gratuita che l’esercito sta scatenando a Gaza può essere vista
dalle centinaia di video che i soldati israeliani hanno filmato e inviato ad
amici, familiari o partner per orgoglio delle loro azioni. È dalle loro
registrazioni che abbiamo visto le truppe far saltare in aria le università di
Gaza, sparare a caso alle case e distruggere un impianto idrico a Rafah, per
citare solo alcuni esempi.
Il generale di brigata Dan Goldfuss,
comandante della 98a divisione, la cui lunga intervista nell’occasione del suo
pensionamento è stata presentata come un esempio di comandante che sostiene i
valori democratici, ha detto: “Non mi dispiace per il nemico… non mi vedrete
sul campo di battaglia provare pena per il nemico. O lo uccido o lo catturo”.
Non è stata detta una parola sulle migliaia di civili palestinesi uccisi dal
fuoco dell’esercito o sui dilemmi che hanno accompagnato tale massacro.
Allo stesso modo, il tenente
colonnello A., comandante del 200° squadrone che gestisce la flotta di droni
dell’aeronautica militare israeliana, ha rilasciato un’intervista a Ynet
all’inizio di questo mese, in cui ha affermato che la sua unità aveva ucciso
“6.000 terroristi” durante la guerra. Quando gli è stato chiesto, nel contesto
dell’operazione di salvataggio per liberare quattro ostaggi israeliani a
giugno, che ha portato all’uccisione di oltre 270 palestinesi, “Come si
identifica chi è un terrorista?”, ha risposto: “Abbiamo attaccato sul ciglio
della strada per allontanare i civili e chiunque non fosse fuggito, anche se
era disarmato, per quanto ci riguardava, era un terrorista. Tutti quelli che
abbiamo ucciso dovevano essere uccisi”.
Questa disumanizzazione ha raggiunto
nuovi vertici nelle ultime settimane con il dibattito sulla legittimità dello
stupro dei prigionieri palestinesi. In un dibattito sulla rete televisiva
mainstream Channel 12, Yehuda Shlezinger, un “commentatore” del quotidiano di
destra Israel Hayom, ha chiesto di istituzionalizzare lo stupro dei prigionieri
come parte della pratica militare. Almeno tre membri della Knesset del partito
al governo Likud hanno sostenuto che ai soldati israeliani dovrebbe essere
consentito di fare qualsiasi cosa, incluso lo stupro.
Ma il trofeo più grande va al
ministro delle Finanze e vice del ministero della Difesa di Israele, Bezalel
Smotrich. Il mondo “non ci lascerà causare la morte di fame di 2 milioni di
civili, anche se potrebbe essere giustificato e morale, finché i nostri ostaggi
non saranno restituiti”, si è lamentato in una conferenza di Israel Hayom
all’inizio di questo mese.
Le osservazioni sono state duramente
condannate in tutto il mondo, ma in Israele sono state accolte con
indifferenza, come se far morire di fame milioni di persone fosse solo un
banale passatempo. Se i semi della disumanizzazione non fossero già stati
piantati e ampiamente legittimati, Smotrich non avrebbe osato dire una cosa del
genere pubblicamente. Dopotutto, vede con quanta prontezza il governo e
l’esercito israeliani hanno effettivamente abbracciato il suo “Piano decisivo”
a Gaza.
“Finché uccidiamo, loro meritano di
morire”
Quando parliamo della corruzione
morale che l’occupazione porta con sé, spesso ricordiamo le parole del Prof.
Yeshayahu Leibowitz. Nell’aprile del 1968, non ancora un anno dopo l’inizio
dell’occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza, scrisse: “Lo stato
che governa una popolazione ostile di 1,4-2 milioni di stranieri diventerà
necessariamente uno stato Shin Bet, con tutto ciò che ciò implica per lo
spirito di istruzione, la libertà di parola e di pensiero e la governance
democratica. La corruzione che è caratteristica di tutti i regimi coloniali
infetterà anche lo Stato di Israele”.
Quando consideriamo l’abisso morale
in cui si trova ora la società israeliana, è difficile non attribuire capacità
profetiche a Leibowitz. Ma un esame attento delle sue parole rivela un quadro
più complesso. Si potrebbe sostenere che l’Israele del 1968 era ancora meno
democratico di oggi. Era uno stato monopartitico governato dal Mapai
(l’antecedente dell’attuale partito laburista), che escludeva non solo i suoi
cittadini palestinesi, che erano emersi solo due anni prima dal governo
militare israeliano, ma anche gli ebrei mizrahi dei paesi arabi e musulmani, e
teneva all’angolo gli ebrei religiosi e ultra-ortodossi.
I media israeliani non hanno
criticato molto il governo e i libri di testo scolastici da cui ho imparato
negli anni ’60 e ’70 non erano particolarmente progressisti. All’interno della
Linea Verde, Israele è molto più liberale oggi di quanto non lo fosse nel 1968.
Le donne ricoprono sempre più posizioni di potere, per non parlare delle
persone LGBTQ+, la cui stessa esistenza era un crimine. Economicamente, Israele
è un paese molto più libero rispetto all’economia statalista centralizzata
degli anni ’60 (e le disuguaglianze sono aumentate di conseguenza) e il paese è
molto più connesso al resto del mondo. Si potrebbe sostenere che questa non è
una contraddizione, ma piuttosto processi complementari.
L’occupazione non ha solo arricchito
Israele (le esportazioni di difesa hanno raggiunto un record di 13 miliardi di
dollari nel 2023, ad esempio), ma lo ha aiutato a mantenere due sistemi di
governo paralleli: colonialismo e apartheid nei territori occupati e democrazia
liberale per gli ebrei all’interno della Linea Verde, e forse anche due sistemi
morali paralleli. La discrepanza tra l’espansione dei diritti dei cittadini israeliani
e la cancellazione dei diritti dei sudditi palestinesi è diventata una parte
inseparabile dello stato. “Villa nella giungla” non è solo un termine
pittoresco; descrive l’essenza del regime israeliano.
L’attuale
governo fascista ha sconvolto quello che un tempo era un equilibrio più
delicato. Trasformando il “liberalismo” in un nemico, politici come Yariv
Levin, Simcha Rothman e i loro soci stanno cercando di abbattere la barriera
tra i mondi paralleli attraverso il loro colpo di stato giudiziario. Le
posizioni di alto livello assegnate a razzisti e fascisti come Smotrich e
Itamar Ben Gvir hanno contribuito a questo processo.
Di fronte alle atrocità inflitte da
Hamas il 7 ottobre, il discorso di questi fascisti israeliani rimane la voce
principale nel discorso pubblico, poiché il presunto Israele liberale, che ha
ignorato l’occupazione per anni, non ha saputo collocare la violenza di Hamas in
un contesto più ampio di oppressione strutturale e apartheid. È così che siamo
arrivati al punto in cui, nella società israeliana dominante, non c’è una
vera opposizione alla totale disumanizzazione dei palestinesi.
La macchina per uccidere israeliana
non sa come fermarsi, hanno scritto Orly Noy di +972 e Local Call su Facebook
dopo il bombardamento della scuola di Al-Taba’een, perché agisce per inerzia e
tautologia. “Sta agendo per inerzia perché fermarla costringerebbe Israele a
interiorizzare ciò che ha causato, quale atrocità su scala storica è registrata
nel suo nome… Ed è qui che entra in gioco la logica tautologica: finché
uccidiamo, è ovvio che loro meritano ancora di morire”. Proprio come ha detto
il comandante del 200° Squadrone qualche giorno dopo.
FOTO Soldati israeliani del
Battaglione 8717 della Brigata Givati in azione a Beit Lahia, nella Striscia
di Gaza settentrionale, 28 dicembre 2023. (Yonatan Sindel/Flash90)
“Mi annoio, quindi sparo”:
l’approvazione da parte dell’esercito israeliano della violenza gratuita a Gaza
Tuttavia, all’interno della Linea
Verde c’è ancora una società civile e un campo liberale che detiene un potere
considerevole, come si vede dalle manifestazioni settimanali contro il governo.
La domanda è cosa succederà se si raggiungerà un cessate il fuoco e la
“macchina di sterminio” israeliana sarà costretta a fermarsi. Parti della
società israeliana si renderanno conto che la violenza sfrenata che Israele ha
scatenato dal 7 ottobre, e le forze di disumanizzazione che la guidano,
minacciano l’esistenza stessa dello Stato?
“Il silenzio è miserabile”, scrisse
Ze’ev Jabotinsky nella poesia che divenne l’inno del movimento sionista
revisionista Beitar, il capostipite del Likud. Il fatto che Netanyahu e i suoi
soci vogliano il rumore di una guerra costante è chiaro. La domanda è perché il
campo liberale stia zitto.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti
gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org
giovedì 29 agosto 2024
I media occidentali possono essere ritenuti giuridicamente responsabili per il loro ruolo nel Genocidio di Gaza - Craig Mokhiber
“Il potere dei media di creare e distruggere valori
umani fondamentali comporta una grande responsabilità. Coloro che controllano
tali media sono responsabili delle loro conseguenze”.
Le aziende mediatiche occidentali si sono rese parte
del Meccanismo del Genocidio in Palestina e ci sono precedenti storici per
ritenerle responsabili.
La spietatezza della
Macchina del Genocidio israeliana in Palestina e la complicità diretta degli
Stati Uniti, del Regno Unito e di altri governi occidentali sono due pilastri
fondamentali degli orrori perpetrati contro il popolo palestinese e degli
attacchi ai difensori dei diritti umani in tutto il mondo.
Ma c’è un terzo
pilastro essenziale: il ruolo delle aziende mediatiche occidentali complici che
diffondono consapevolmente disinformazione e propaganda israeliane,
giustificando Crimini di Guerra e Crimini contro l’Umanità, Disumanizzando i
palestinesi e oscurando le informazioni sul Genocidio in Occidente. Dal punto
di vista del Diritto Internazionale dei Diritti Umani, tali azioni potrebbero e
dovrebbero essere soggette a sanzioni. E ci sono precedenti storici.
Settantasei anni fa,
quando i delegati si riunirono alle Nazioni Unite appena costituite per
redigere la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, l’importanza di
proteggere la libertà di espressione era al centro dell’attenzione. Avrebbero
dichiarato che: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di
espressione; questo diritto include la libertà di avere opinioni senza
interferenze e di cercare, ricevere e impartire informazioni e idee attraverso
qualsiasi mezzo e anche al di là dei confini nazionali”.
Ma, sulla scia di
mezzo secolo di orribili atrocità, causate in gran parte dalla Disumanizzazione
di milioni di persone sulla base della loro razza, etnia, religione o altro
status, erano fin troppo consapevoli che la parola poteva anche essere usata
come un’arma potente per distruggere i diritti degli altri, incluso il diritto
alla vita stessa. Quindi, nello stesso documento, l’ONU ha chiarito che la
libertà di espressione non garantisce alle aziende mediatiche o a chiunque
altro il diritto “di impegnarsi in qualsiasi attività o di compiere qualsiasi
atto mirato alla distruzione di uno qualsiasi degli altri diritti e libertà”.
Allo stesso tempo, in
un’altra sala delle Nazioni Unite, i delegati si sono riuniti per creare una
nuova Convenzione sulla Prevenzione e la Punizione del Crimine di Genocidio.
Anche lì, i redattori erano consapevoli del pericolo di un linguaggio che
disumanizza e incita. La Convenzione finale avrebbe criminalizzato non solo il
Genocidio, ma anche l’Incitamento al Genocidio e la Complicità nel Genocidio,
divieti che si applicano non solo agli Stati ma anche agli attori privati.
I redattori di entrambi
gli strumenti erano a conoscenza della condanna del Tribunale di Norimberga,
appena due anni prima, dell’editore Julius Streicher per incitamento e
“persecuzione per motivi politici e razziali”. La Corte ha rilevato che la
pubblicazione mediatica di Streicher, Der Sturmer, continuava a pubblicare
articoli che includevano “incitamento all’Omicidio e allo Sterminio”, anche se
era a conoscenza degli orrori perpetrati contro gli ebrei europei dalla
Germania Nazista.
Cinquant’anni dopo, il
Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda (ICTR) avrebbe condannato tre
personalità dei media per il loro ruolo nell’Incitamento al Genocidio in
Ruanda. Due lavoravano per la società televisiva e radiofonica Mille Collines e
uno per il quotidiano Kangura. Tutti e tre sono stati giudicati colpevoli di
Incitamento al Genocidio (tra gli altri crimini). Durante la sentenza, il
giudice dell’ICTR Navi Pillay (ora Commissario della Commissione d’Inchiesta
Internazionale delle Nazioni Unite sui Crimini di Israele) ha ammonito i
colpevoli: “Eravate pienamente consapevoli del potere delle parole e avete
utilizzato il mezzo di comunicazione con la più ampia portata pubblica per
diffondere odio e violenza. Senza un’arma da fuoco, un machete o un’arma
fisica, avete causato la morte di migliaia di civili innocenti”.
Der Sturmer sapeva
cosa stava facendo. Mille Collines sapeva cosa stava facendo. E, oggi, CNN,
Fox, BBC, il New York Times e il Wall Street Journal sanno cosa stanno facendo.
Questo non significa che questi organi di stampa occidentali siano in ogni
senso gli equivalenti moderni di Der Sturmer e Milles Collines (non lo sono).
Ma, come questi esempi storici, hanno sconsideratamente oltrepassato i confini
del giornalismo etico e, in alcuni casi, potrebbero ritrovarsi anche loro
esposti legalmente.
Di fronte al primo
Genocidio trasmesso in diretta della storia che si sta svolgendo sugli schermi
di persone da Boston al Botswana, non è semplicemente credibile affermare che
le aziende mediatiche occidentali non siano consapevoli delle realtà sul campo
e di ciò che stanno facendo per oscurarle. Hanno indiscutibilmente fatto delle
scelte consapevoli per nascondere il Genocidio al loro pubblico, per
disumanizzare sistematicamente le vittime palestinesi e per isolare i
responsabili israeliani dalla responsabilità.
Sulla scia delle
conclusioni della Corte Mondiale secondo cui le accuse di Genocidio sono
plausibili, del suo ordine di misure provvisorie, della richiesta del
procuratore della Corte Penale Internazionale di mandati di arresto e
dell’emissione di successivi rapporti schiaccianti sulla condotta di Israele da
parte di meccanismi internazionali indipendenti per i diritti umani, anziché
riferire in modo esaustivo su questi sviluppi, le aziende mediatiche
occidentali hanno soppresso le informazioni su di essi e raddoppiato gli sforzi
per coprire Israele.
Altrettanto
importante, il pubblico di riferimento di queste aziende mediatiche non è
limitato a spettatori non coinvolti. Include anche funzionari governativi
occidentali e decisori politici direttamente complici del Genocidio, attraverso
la fornitura di supporto militare, economico, di intelligence e diplomatico a
Israele, così come il pubblico votante che consente questo supporto. E include
un numero significativo di cittadini israeliani con doppia cittadinanza che
vanno avanti e indietro per partecipare all’uccisione. Il nesso tra incitamento
mediatico e azioni dannose è più diretto di quanto queste aziende mediatiche
vorrebbero ammettere.
Infatti, se la vostra
unica fonte di informazioni sono i principali media occidentali, potreste non
avere idea che Israele è sotto processo per Genocidio presso la Corte
Internazionale di Giustizia o che i leader israeliani sono oggetto di richieste
di mandato di arresto per Crimini contro l’Umanità presso la Corte Penale
Internazionale. È probabile che non abbiate mai sentito le numerose
dichiarazioni di Intenti Genocidi da parte del Presidente israeliano, del Primo
Ministro, dei ministri del governo e dei comandanti militari.
Probabilmente crederete
ancora alle storie di bambini israeliani decapitati (da tempo dimostrato essere
inventate) e non sarete a conoscenza dei molti bambini palestinesi che sono
stati effettivamente decapitati. Quasi certamente non sarete a conoscenza
dell’Uccisione Sistemica di civili palestinesi: bambini, neonati, donne,
anziani, persone con disabilità e altri. Non sarete a conoscenza dei Campi di
Tortura, dello Stupro Sistematico dei detenuti e dei cecchini israeliani che
prendono di mira i bambini piccoli a Gaza. E potreste anche non sapere che
Israele detiene ora il Primato Mondiale per l’Omicidio di giornalisti,
operatori umanitari, funzionari delle Nazioni Unite e operatori sanitari.
Invece, la
disinformazione e la propaganda israeliane palesemente false vengono regolarmente
e acriticamente pubblicate sui media occidentali per giustificare Crimini di
Guerra, Disumanizzare i palestinesi e distrarre l’opinione pubblica dalle
atrocità quotidiane commesse nella Campagna di Sterminio di Israele. Le storie
che riguardano il Genocidio vengono censurate. Le voci dei palestinesi e dei
difensori dei diritti umani vengono soppresse.
Ai giornalisti viene
ordinato di non menzionare “Territorio Occupato”, “Palestinesi” o “Campi
Profughi”. Quelle vittime civili palestinesi che non vengono cancellate del
tutto vengono ridotte a “Danni Collaterali” o “Scudi Umani” nella migliore
delle ipotesi, o “Terroristi” nella peggiore. In Massacro dopo Massacro, i
palestinesi nei titoli non vengono uccisi da Israele, semplicemente “muoiono”.
Nel regolamento dei
media occidentali, non esiste Genocidio, solo una guerra di autodifesa. E la
storia è iniziata il 7 ottobre. Manca qualsiasi copertura del contesto di 76
anni di Pulizia Etnica, Persecuzione, Prigionia di Massa, Gravi Violazioni dei
Diritti Umani e Apartheid.
In sintesi, le aziende
mediatiche occidentali si sono rese parte del Meccanismo del Genocidio in
Palestina. In assenza di una vera responsabilità, questi attori influenti
continueranno ad abusare del loro potere, calpestando così i diritti umani di
chiunque si trovi dalla parte sbagliata della linea tra coloro che sono
sostenuti da queste aziende e coloro che scelgono di Diffamare e Disumanizzare.
Naturalmente, i
difensori dei diritti umani palestinesi in Occidente che si oppongono al Genocidio
e all’Apartheid israeliani sanno meglio di chiunque altro quanto sia importante
preservare il diritto alla libertà di parola. Nessun gruppo nella storia
moderna ha dovuto affrontare più censura ufficiale e aziendale o ha visto il
suo linguaggio più criminalizzato dai governi occidentali. Le restrizioni alla
libertà di parola non vengono mai imposte a coloro che hanno più potere, ma
prendono sempre di mira coloro che sono più disprezzati dal potere. Questo è il
momento di rafforzare le protezioni della libertà di parola, non di eroderle.
Ma le garanzie di
libertà di parola non proteggono l’Incitamento a Crimini di Guerra, Crimini
contro l’Umanità e Genocidio. Tali atti possono e devono essere soggetti a
responsabilità penale. Sia la diffamazione che l’incitamento possono anche
comportare responsabilità nei tribunali civili. L’azione nei tribunali
internazionali per i Crimini contro l’Umanità e il Genocidio di Israele in
Palestina è già iniziata, e sicuramente ne seguiranno altre. Non è
inconcepibile che, proprio come nei casi dei tribunali di Norimberga e del
Ruanda, alcune società di media o individui potrebbero affrontare una reale
responsabilità legale nei mesi e negli anni a venire.
Indipendentemente da
ciò che accade nelle aule di giustizia, è certo che questi organi di
informazione alla fine saranno ritenuti responsabili nel tribunale
dell’opinione pubblica. Per i difensori dei diritti umani e le persone ovunque
a cui sta a cuore chiedere conto al potere, questo processo è urgente. E, in
realtà, è già iniziato. L’ondata crescente di critiche pubbliche alla palese
parzialità dimostrata dai media occidentali durante questo Genocidio ha
costretto alcune aziende a iniziare ad adattare i loro resoconti, seppur di
poco. Ciò dimostra che il cambiamento può avvenire se vengono mobilitati gli
agenti del cambiamento. C’è forza nel parlare apertamente, nel sostenere i
media indipendenti e nel boicottaggio. Come primo passo, tutti coloro che hanno
a cuore la questione dovrebbero annullare l’iscrizione a questi canali, sia
cartacei che radiotelevisivi, passare a fonti di media indipendenti e
incoraggiare gli altri a fare lo stesso.
Per citare di nuovo il
giudice Pillay nella sentenza sul Ruanda: “Il potere dei media di creare e
distruggere valori umani fondamentali comporta una grande responsabilità.
Coloro che controllano tali media sono responsabili delle loro conseguenze”. Il
compito di garantire tale responsabilità ricade, in ultima analisi, su tutti
noi.
Craig Mokhiber è un
avvocato internazionale per i diritti umani ed ex alto funzionario delle
Nazioni Unite. Ha lasciato l’ONU nell’ottobre del 2023, scrivendo una lettera
pubblica che metteva in guardia dal Genocidio a Gaza, criticava la risposta
internazionale e chiedeva un nuovo approccio alla Palestina e a Israele basato
sull’uguaglianza, sui diritti umani e sul Diritto Internazionale.
Traduzione di Beniamino
Rocchetto – Invictapalestina.org
mercoledì 28 agosto 2024
Gaza, l’Ucraina e lobby finanziarie - Fabio Marcelli
Il genocidio in corso a Gaza e le stragi in Ucraina hanno forti connessioni con le strategie delle lobby finanziarie che non smettono mai di avere obiettivi diversi da quello dell’accumulazione del proprio capitale. Oggi si dirigono prevalentemente verso il commercio delle armi ma anche verso settori di impatto fondamentale come l’energia, i medicinali, gli alimenti e le comunicazioni
Apparentemente
l’Occidente, nella fase finale del suo incontenibile declino, è vittima delle
sue schegge impazzite, i due Frankenstein pazzi furiosi che ha armato e
continua ad armare fino ai denti e che ogni giorno che passa, anche per
salvaguardare i propri tristissimi destini personali, spingono un po’ più il
pianeta verso l’abisso della guerra globale necessariamente combattuta
colle testate nucleari.
Mi riferisco
ovviamente al criminale genocida Benjamin Netanyahu che fa ogni giorno
centinaia di vittime civili, soprattutto bambini, allontanando ogni prospettiva
di pace, perché come ben sanno lui e i suoi compari più o meno fascisti al
governo di Israele, la vera pace stabile e giusta può basarsi solo sul ritiro
delle truppe di occupazione dai Territori palestinesi di Gaza e
della Cisgiordania. Inquietano certe chat sioniste in cui si discetta
allegramente sulla possibilità di liquidare ì palestinesi e i loro amici anche
sul territorio italiano senza considerare le aggressioni già avvenute, come quella
su danni di Chef Rubio. Tutto ciò nell’apparente inerzia di polizia e
magistratura che è chiaramente inaccettabile.
L’altra
mosca cocchiera che, come un virus malefico, sembrerebbe aver preso il
controllo dei gangli nervosi dell’Occidente, risponde invece al nome di
Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino che sta giocando a poker col futuro
dell’umanità e che ha scatenato la folle e suicida offensiva contro Kursk, nel
chiaro intento, come rivelato dal Washington Post, di bloccare
la ripresa dei negoziati di pace, dato che anche in questo caso l’unica pace possibile
e giusta è quella basata sul riconoscimento degli interessi di sicurezza della
Russia, che comportano la neutralità permanente dell’Ucraina e del
diritto all’autodeterminazione dei popoli del Donbass e della Crimea.
Occorre
tuttavia constatare come la resistibile ascesa di queste schegge
impazzite è chiaramente connessa a quella di forze ben più potenti e
significative che stanno affiorando dal ventre putrido dell’Occidente. Si
tratta delle lobby finanziarie che non hanno mai avuto
di mira obiettivi diversi da quello dell’accumulazione del proprio capitale che,
in perfetta coerenza colle previsioni scientifiche formulate oltre
centocinquanta anni fa da Karl Marx, perseguono in tutti i modi e ad ogni
costo, fosse pure quello della fine miseranda del pianeta e dell’umanità. La
finanza, in quanto capitale allo stato puro, consiste in una massa enorme di
ricchezza sganciata da ogni collocazione precisa e concreta, e alla costante
ricerca del migliore impiego possibile in termini di redditività. Oggi
si dirige prevalentemente verso le armi che costituiscono una fonte
sicura di profitto e garantiscono redditi crescenti almeno finché verranno
alimentate le guerre da ceti politici del tutto asserviti alla finanza
stessa. Ma anche verso settori di impatto strategico come l’energia, i
medicinali, gli alimenti, le comunicazioni.
E qui è il
caso di introdurre un terzo apocalittico personaggio, che risponde al nome di
Elon Musk, e che,
approfittando delle sue immense risorse, ha deciso di scatenare una nuova offensiva
neoliberista estrema contro gli Stati in quanto tali. Questo signore è stato la
punta di lancia dell’offensiva contro il popolo venezolano e Nicolas
Maduro, come denuncia il presidente stesso, dato che in Venezuela si trovano le
principali risorse petrolifere del pianeta. Ma Musk non ha disdegnato nemmeno
di attaccare un leader moderato e profondamente insoddisfacente per gli
interessi popolari come il laburista inglese Keith Starmer, fomentando
l’ignobile campagna d’odio della destra razzista che ha approfittato
dell’uccisione di tre bambine da parte di uno squilibrato per attaccare i
migranti in tutta la Gran Bretagna. Infine il miliardario è strategicamente
ostile alla Cina che, grazie alla superiorità del suo sistema economico,
politico e sociale, sta minando le sue posizioni nel settore dell’automotive elettrico.
Oggi Musk è
abbastanza furbo e spregiudicato da fare l’occhietto a Putin ma si candida a
leader mondiale della destra feroce dei Trump, dei Milei, dei Bolsonaro e
sicuramente si incontrerà colle schegge impazzite dei cui sopra in in comune
sforzo distruttivo, unica possibilità di esistenza per un Occidente che non ha
più nulla da offrire alla civiltà. La parola d’ordine di costoro è la
distruzione di ogni spazio pubblico come pure il ricorso allo strumento bellico
come fattore decisivo per opporre il dominio brutale all’egemonia che stanno
perdendo. E per contrastare questa destra feroce non serviranno a nulla
certe caricature della sinistra che non perdono occasione per confermarsi
ciecamente subalterne al capitale.
Il veleno dell’etica della contorsione - Alberto Bradanini
1. Invereconde devono qualificarsi le contorsioni logiche, ancor prima che etiche, con cui i venditori di morte del Regno del Bene e della Democrazia (venduta alla plebe semicolta come Potere del Popolo) tentano di giustificare le atrocità di cui si macchiano la coscienza. L’onestà intellettuale è merce rara nel mondo distopico che ci circonda, mentre è chiaro come il sole che tutto ciò che ascoltiamo o leggiamo sul palcoscenico mainstream (ma proprio tutto!) impedisce ogni ipotetico avvicinamento del corso della verità a quello della realtà. Non è dunque tempo perduto tornare a riflettere su tutto ciò, tanto più che, secondo i saggi del passato, repetita iuvant.
Solo una mente educata – affermava Aristotele – è in grado di
comprendere un pensiero diverso dal suo senza la necessità di accettarlo.
La Macchina occidentale della Menzogna è ormai un mostro dalle mille teste,
costruisce notizie su misura come i sarti di un tempo, impedisce di dar senso
agli eventi e sopprime ogni sussulto di quell’educazione critica che
Aristotele suggeriva quale intreccio ideale di garbo, ascolto e crescita
intellettuale.
Il potere generatore di spazzatura dell’impero malato infesta il nostro
vivere come uno sciame di mosche in una latrina, servendosi di uno stuolo di
maggiordomi – comodamente reperibili, purtroppo, sul palcoscenico
politico/burocratico, mediatico e accademico – che in cambio di onori, carriere
e denari, ha il compito di divertire le plebi inebetite da consumismo e
mercificazione, o dall’angoscia di soccombere in una società spietata, mentre
la spazzatura mediatica sfida persino la legge di gravità.
Se interporre una distanza siderale tra noi e tutto ciò non risolve il
problema, ça va sans dire, consente però di tener in vita gli
eterni ideali che danno senso all’esistenza, di infastidire insieme la
coscienza dell’oppressore e la sonnolenza di qualche suddito, oltre che (e non
è poco!) di non passare per imbecilli. A proposito di imbecillità, le tipologie
sono molteplici, alcune individuali o per così dire spontanee, altre
socialmente strutturate da un potere persuaso di nasconderne il profilo in
labirinti impenetrabili, che tali però non sono.
Ora, pur esprimendo profonda esecrazione nei riguardi degli scrivani di
giornali e dei pronunciatori televisivi di pensieri fabbricati e sconclusionati,
nutriamo però nei loro riguardi un’umana comprensione, essendo essi in
maggioranza precari, una condizione che invece non vivono le altre
categorie di camerieri, pur essendo tutti altamente nocivi e
antisociali. Il tallone del potere sarebbe comunque meno pesante se non potesse
contare sui servigi di costoro, i quali – fatte salve le immancabili,
ininfluenti eccezioni – devono considerarsi appartenenti a una stirpe espunta
di ogni umana empatia, priva di morale personale ed etica collettiva.
D’altro canto, poiché lungo e penoso resta il processo di acquisizione
della consapevolezza, le presenti riflessioni devono accogliersi con indulgenza
da parte di chi dispone di poco tempo per vincere la quotidiana
battaglia contro la menzogna, disponendo di strumenti insufficienti o
dovendo riservare al lavoro le proprie energie.
2. Per svelare qualche interrogativo di uno scenario intricato, occorre
chiarezza, terreno arduo, beninteso. Tuttavia, l’aggregazione delle componenti
del prisma che abbiamo di fronte aiuta a riconoscere i nemici
principali del nostro vivere civile: essi sono, sul piano economico un
insaziabile neoliberismo, globalista e bellicista, su quello dei valori la
mercificazione della società, sul piano politico il sistema democratico tutt’altro
che democratico, su quello filosofico il nichilismo narcisista, sul piano
sociale il dominio di una plutocrazia priva di limiti e su quello geopolitico
l’impero più militarizzato che la storia abbia registrato, gli Stati Uniti
d’America, un paese che minaccia la sopravvivenza del genere umano.
Malauguratamente, i pochi che nella nostra società si battono contro tali
patologie sono divisi, talora prede di impulsi solipsistici o dissociazioni
insensate. Un errore fatale.
Quando si riflette su disgrazie e turbolenze della scena internazionale è
pratica diffusa occultare il nome di chi le ha generate, gli Stati Uniti, e non
per disattenzione o scarsa memoria, ma per corruzione,
morale o materiale. Va detto e ripetuto che con Stati Uniti non
intendiamo il popolo americano, quei 335 milioni di abitanti anch’essi spremuti
e sottomessi, ma quello 0,1% che come una piovra proietta ovunque la sua ombra
vorace. Le 800 basi militari in 145 paesi al mondo sono notoriamente incaricate
di aiutare le anziane signore ad attraversare la strada o, en passant,
proteggere la sicurezza americana a 10 mila chilometri di distanza: un abisso
di falsità che la metà basta a ubriacare la mente. Solo un’incomprensibile
cecità da parte della società e della classe una volta dirigente dell’Europa,
da tempo umiliata e devitalizzata dalla propaganda dominante, impedisce di
prendere atto di tale metastasi.
La buonanima di H. Kissinger – uno dei maggiori organizzatori di colpi
di stato che la storia ricordi – affermava con tono canzonatorio che
“essere nemico degli Stati Uniti è pericoloso, ma esserne amici è fatale”.
Passato egli a miglior vita, e soprattutto alla luce dei profondi cambiamenti
in corso sulla scena planetaria, l’ora sembrerebbe giunta per sfidare tale
indecente canzonatura, prendendo distanza dall’impero e verificando
l’attendibilità della minaccia occulta del caro estinto. W.
Churchill, non K. Marx, affermava che non sono i nemici che dobbiamo
temere. Essi sono davanti a noi e li guardiamo in faccia, ma i falsi amici, di
solito alle nostre spalle e con un pugnale in mano.
Davanti al pericolo di essere annientati in conflitti pianificati da un
impero in decomposizione, un paese suddito ed esposto alla
rappresaglia come l’Italia (accantoniamo gli altri europei) godrebbe di una
preziosa occasione per recuperare qualche spazio di autonomia, stracciare i
patti segreti impostici nel 1943/45 (un secolo fa!), cacciare le truppe
imperiali dal nostro territorio, che vestano insegne Nato o statunitensi fa
poca differenza (nessuno ci minaccia!), aggiornare la nozione di
atlantismo/europeismo, divenuti dogmi religiosi sui quali ogni riflessione è
giudicata un crimine e interrompere il declino del Paese, che così tornerebbe
gradualmente ad essere la Regina di quel Mare che un tempo
chiamavamo Nostrum. A questo punto, il lettore è cortesemente
invitato a trattenere il riso o lo scherno. Sognare, tuttavia, resta uno dei
privilegi della scrittura.
3. Tornando al punto, deve ritenersi colpa grave assistere
senza far nulla alla demolizione delle nostre culture da parte
di un impero onnivoro, per di più eticamente e politicamente analfabeta. I
pochi amerindi sopravvissuti ai massacri conoscono bene
l’esito salvifico delle pratiche assimilatorie di quella
grande democrazia – che per indolenza chiamiamo America (ci
perdonino i nobili abitanti di quel grande Continente!). A fronte di un
processo demolitorio valoriale, sociologico, antropologico e finanche linguistico
che minaccia tutti i paesi del globo, in primis i vassalli europei, facili
prede ormai di una spirale autodistruttiva, sarebbe un dovere storico erigere
idonee barricate, se ve ne fosse la coscienza, aggiungerebbe qualcuno, ed
avrebbe ragione.
La propensione americanista alla fagocitazione politico-militare ed
economico-culturale (di cui l’uso e l’abuso della lingua inglese è una goffa
evidenza) costituisce una patologia che potrà essere curata solo con una
palingenesi della società statunitense di cui però non si scorge l’ombra,
oppure con l’emergere sulla scena internazionale di un bilanciamento
politico-economico e militare che tenga a freno le feroci oligarchie
americaniste, sperando che nel frattempo non si scateni l’inferno.
Costituisce, in proposito, una scandalosa empietà che gli stermini
vendicativi – quelli lontani nel tempo, di Hiroshima e Nagasaki, e poi Tokyo,
Dresda, Amburgo, Monaco e via bombardando, e quelli recenti in Vietnam, Iraq,
Afghanistan, Siria, Libia, Serbia etc. – che nell’insieme hanno causato 25/30
milioni di vittime – tramite conflitti, rivolte guidate, omicidi mirati,
massacri etici, devastazioni, colpi di stato tentati e/o riusciti[1] etc. – non siano
percepiti nella loro compiutezza.
Dare il giusto nome agli eventi, come suggeriva Confucio già 25 secoli
orsono, è una necessità che consente agli uomini di evitare l’equivoco e poter
comunicare con miglior precisione, semplificando talora, ma con il vantaggio di
un chiaro posizionamento. La finta dialettica quadriennale che
seleziona l’inquilino a tempo della Casa Bianca mira invero a divertire una
plebe televisivamente frastornata, come se l’esito di tale frastuono elettorale
potesse fare differenza, mentre il reale obiettivo è la tutela/ampliamento dei
privilegi di chi siede in cima alla piramide.
Una potente propaganda negazionista impedisce di rievocare le efferatezze
commesse nel tempo dai vari governi americani, affinché – non sia mai! – dopo
aver chiesto perdono alla storia, ne facciano tesoro per l’avvenire,
perpetuando la difesa della potestà auto-attribuitasi di rilasciare certificati
universali di rispetto o meno dei diritti umani, nella versione
americanista beninteso, vale a dire forma (libertà civili), ma non
sostanza (libertà dai bisogni).
4. Tali riflessioni puntano a catturare la ragione per la quale le società
del Regno del Bene hanno creato una mistica interpretativa di due guerre la
cui escalation scatenerebbe l’apocalisse, guerre nutrite dal
complesso militare/industriale Usa.
In Palestina, lo scenario è chiaro persino alle pietre dell’antica Giudea,
ma il lavaggio cerebrale impedisce ai sudditi delle democrazie occidentali di
dare nome a quanto avviene. Dopo aver gettato uno sguardo distratto sulla
martoriata terra di Gaza i maggiordomi mediatici si strappano le vesti sul
lessico da usare: quel che fa Israele non può essere qualificato genocidio,
come se chiamarlo massacri, omicidi di massa, bombardamenti indiscriminati o
altro facesse per i palestinesi qualche differenza. Che vergogna! Israele si
colloca ormai fuori dalla civiltà contemporanea, giuridica e di valori, e come
tale andrebbe trattato. Uno stato terrorista, che giustifica persino lo stupro
di prigionieri palestinesi – che il 46% degli israeliani reputa legittimo,
mentre il 67 % pensa che il governo stia facendo troppo poco contro i
palestinesi, come se non bastassero le bombe su scuole e ospedali (quei pochi
rimasti), e su esseri umani, donne e bimbini, inermi e incolpevoli –
meriterebbe l’ostracismo da parte della comunità delle nazioni. Fa meraviglia
che ciò non sia ancora avvenuto.
E qualche serio interrogativo valoriale dovrebbe porsi in una popolazione
addormentata se: a) il ministro della Guerra, Yoan Gallant, afferma che i
palestinesi sono animali[2]); b) il Congresso
degli Usa riserva 58 standing ovations (appalusi a scena
aperta) al capo di un governo terrorista, Benjamin Netanyahu, che ad attenderlo
avrebbe dovuto trovare l’FBI e non un invito a parlare al Congresso, a riprova
della forza delle lobby pro-Israele; c) se il megafono mediatico chiama uno
stato apartheid la sola democrazia del Medio Oriente; d) se i
costanti bombardamenti israeliani a Gaza, in Libano e in Siria (due stati
sovrani) vengono chiamati operazioni militari preventive; e) se si
accetta come normale che le bombe sioniste abbiamo ucciso 40.000 persone, un
numero quaranta volte quello delle vittime di Hamas del 7 ottobre scorso, molte
delle quali poi uccise dal fuoco amico (cui devono aggiungersi almeno 100.000
feriti, privi di una gamba, un braccio o un occhio): che poi il loro numero
sarebbe invero ben maggiore secondo Lancet[3], che parla di
186.000 vittime, sepolte sotto le macerie o ignorate nel conteggio[4]; e) se le
informazioni su palestinesi violentati, torturati, denudati, lasciati senza
acqua e cibo meritano solo un flash mediatico; f) se s’ignora che tutti questi
crimini commessi da Israele finirebbero d’incanto se gli Stati Uniti – la cui
strategia è guidata dall’Aipac[5], che controlla la
politica statunitense tramite soldi e carriere – cessassero di trasferire armi
e risorse allo Stato ebraico. E molti altri “se” si potrebbero aggiungere!
La funzione sterminatrice di esseri umani incolpevoli che l’ideologia
sionista si è auto-attribuita è parallela al patologico convincimento di
appartenere al popolo eletto, quello scelto da
dio, secondo le cosiddette sacre scritture, al quale sarebbe stato
affidato un compito misterioso ma di massima importanza, rispetto
ai popoli non-eletti. In realtà, nessuna mente normodotata è mai
riuscita a comprendere la ragione per la quale quel dio avrebbe scelto proprio
e solo il popolo ebraico, il quale del resto, alla luce delle sofferenze patite
nei secoli, avrebbe difficoltà a definire quella scelta divina un privilegio di
cui andar fieri. In fin dei conti, sia detto en passant, essere
stati discriminati è stato per noi gentili un vero colpo di
fortuna.
A questo punto, poiché il rischio di accuse gratuite è sempre in agguato, è
bene precisare che le riflessioni che precedono nulla hanno a che vedere con l’antisemitismo,
un termine che andrebbe sostituito – poiché anche gli arabi sono semiti, secondo le
citate sacre scritture – con antigiudaismo o antiebraismo,
a seconda che la l’accusa di discriminazione riguardi la religione o la razza.
È invero scolpita nei nostri cuori l’indicibile sofferenza patita nei secoli
dal popolo ebraico, in particolare nel XX secolo per mano dei nazisti tedeschi.
Ciò che avviene in Palestina ha invero a che fare solo con le politiche
sioniste dello stato di Israele, vale a dire un’ideologia efferata, che è
lecito e doveroso combattere.
5. Quanto alla guerra in Ucraina, anche i più ignari (ma non la
macchina della cosiddetta Verità!) hanno forse compreso che il
conflitto non è certo iniziato il 22 febbraio 2024, ma pianificato fin dal
lontano 1991-92, al momento dell’implosione del comunismo sovietico, dai
circoli imperialistici neoconservatori, noti al mondo con l’acronimo
semplificato di neocon. Costoro appartengono a una potente cerchia
di sociopatici – trasversale ai due partiti che si differenziano solo nel nome
– che esercita un ferreo dominio tramite la finanza (Wall Street e City di
Londra, tra loro intrecciate), il controllo sull’informazione (tranne la rete,
per ora sfuggita di mano), lo stato permanente/profondo, beneficiario di un
bilancio annuale di oltre 1000 miliardi di dollari (quello che la neo-lingua
orwelliana chiama Difesa, in realtà della Guerra, che
genera il 60 % del Pil americano). Solo l’avvento di un evento imprevedibile, il
cosiddetto cigno nero, potrebbe cambiare la scena.
In Ucraina, la Nato punta all’estensione della guerra, con il sangue, la
distruzione di infrastrutture altrui e sul residuo benessere degli europei, che
definire sprovveduti è un complimento, tutto ciò con il folle proposito di
destrutturare una nazione che dispone di 6.000 testate nucleari, una follia! I
benefici imperiali, invero – anche qui, repetita iuvant -,
sono i seguenti: rifioritura della Nato (una pericolosa organizzazione
incaricata di risolvere problemi che non sarebbero tali se essa non
esistesse!), schiavizzazione economica e militare dell’Europa, vendita di
armamenti made in Usa a beneficio di insaziabili superricchi,
difesa del potere del dollaro (che auspichiamo in agonia) tramite sanzioni,
minacce e conflitti perenni. Tutto ciò accompagnato dal racconto infantile
di difendere la libertà: a questo punto, le nostre viscere
cominciano a avvitarsi tra loro.
Secondo alcune analisi di politologi americani (J. Sachs, C. Hedges, H.
Schlanger e altri) gli Stati Uniti potrebbero esser giunti al capolinea della
loro storia imperiale, alle prese con drammatici problemi interni
(infrastrutture in disfacimento, 100.000 vittime per droga ogni anno, il 25%
dei detenuti del mondo, un sistema sanitario da terzo mondo, insicurezza
diffusa e crescente, flussi immigratori incontrollabili, comunità ed etnie
divise e discriminate, etc.) ed esterni (il gruppo Brics+ e la Sco stanno
costruendo una concreta alternativa, finanziaria ed economica all’Occidente,
6. In attesa della formale apertura del prossimo teatro di
crisi, in Estremo Oriente contro la Cina (che ha il torto di crescere senza il
permesso dai padroni del mondo) – una crisi che coinciderà con il
reingresso alla Casa Bianca del suo ex-inquilino, lo stesso che aveva nominato
direttore della Cia M. Pompeo (“we lied, we cheated, we stole”[6]), che aveva spostato
l’Ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme (che per la Comunità
Internazionale non è la capitale dello stato ebraico),
riconosciuto la sovranità israeliana sulle Alture del Golan (che invece
appartengono alla Siria) e la legittimità degli insediamenti israeliani in
Cisgiordania, che aveva promosso la stessa economia di guerre senza
fine (endless wars[7]) dei suoi
predecessori (Rep o Dem poco importa) – l’Occidente è costretto a immergersi
nell’ipocrita competizione elettorale americana, dove gli oppositori non sono i
Dem contro i Rep, o viceversa, ma i cittadini che credono ancora nel vivere
civile e nella moderazione da una parte e quei due partiti insieme dall’altra.
Per concludere, alla luce di quanto illustrato, occorrerebbe riformulare
gli scenari del containment ai quali per settant’anni o giù di
lì la propaganda occidentale aveva dato una risposta univoca, accogliendo il
dotto suggerimento del suo primo e massimo teorico, George Kennan, che indicava
i modi per tenere sotto vigilanza il cosiddetto impero del male,
l’Unione Sovietica. Oggi, le nazioni del mondo sono chiamate a definire una
difficile, accorta e certo pericolosa strategia di containment non
contro la Russia (erede dell’Unione Sovietica), la Cina o i paesi Brics, Sco e
altri raggruppamenti, ma contro gli Stati Unti d’America. Si tratterebbe di un
programma che vedrebbe aggregate le nazioni genuinamente interessate alla pace,
alla sovranità, alla libertà e al futuro dei loro figli, attraverso la
promozione dei valori umani essenziali, che implicano innanzitutto la
possibilità di convivere nell’armonia della diversità, una nozione di
straordinaria valenza, che i leader del mondo emergente comprendono e
promuovono, diversamente da quelli del Regno del Bene.
[1] Il loro numero,
semi-occultato dalle oligarchie mercenarie politico/mediatiche dell’Occidente
vassallizzato dagli Usa, è reperibile con un pigro colpo di mouse,
ad es. L. A. O’Rourke, Covert Regime Change: America’s Secret Cold War,
Cornell University Press, 2018
[2] https://www.politico.eu/article/ron-prosor-israel-evoy-hamas-animals-must-be-destroyed/
[3] https://www.aljazeera.com/news/2024/7/8/gaza-toll-could-exceed-186000-lancet-study-says
[4] https://www.oxfam.org/en/press-releases/daily-death-rate-gaza-higher-any-other-major-21st-century-conflict-oxfam
[5] American Israeli
pubblic affairs committee
[6] “Abbiamo
mentito, abbiamo truffato, abbiamo rubato”
https://www.dailymotion.com/video/x7e2tr9
[7] come rilevato
persino dall’ex presidente J. Carter, in 250 anni di esistenza gli Usa sono
vissuti in uno stato di pace per soli 16 anni:
https://ifpnews.com/us-enjoyed-16-years-of-peace-in-its-242-year-history-carter/
martedì 27 agosto 2024
«I crimini israeliani protetti dagli alleati occidentali»
Intervista di Michele Giorgio a Francesca Albanese, relatrice dell’Onu
Lavora al suo nuovo rapporto, che sarà
pronto a ottobre, Francesca Albanese, esperta di diritto internazionale e
relatrice dell’Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati. Nel
frattempo continua a commentare con post quotidiani sui social gli sviluppi a
Gaza e in Cisgiordania. Con Albanese facciamo il punto della situazione mentre
si avvicina il primo anniversario dell’attacco di Hamas nel sud di Israele
(1.139 morti tra soldati e civili) e dell’inizio della devastante rappresaglia
israeliana a Gaza che in 10 mesi ha fatto almeno 40mila morti, tra cui migliaia
di bambini, e circa 100mila feriti tra i palestinesi. «La valutazione globale
su quello che sta succedendo ai palestinesi sotto il controllo israeliano è di
una gravità senza precedenti. Siamo dinanzi a un assalto contro una popolazione
a ogni livello», ci dice Albanese.
FRANCESCA ALBANESE
Nelle carceri israeliane si
torturano i palestinesi in modo sistematico. È sconvolgente l’inazione della
comunità internazionale, in altri paesi siamo intervenuti per molto meno
Si riferisce anche della Cisgiordania?
Certo. A Gaza si bombarda senza sosta da 10 mesi, sono state ammazzate ormai
40mila persone, quasi 100mila sono state ferite, non si contano più gli orfani.
I satelliti mostrano che Gaza non c’è più. Ci sono stati massacri dopo
massacri, anche nelle scuole che sono l’ultimo punto di protezione dei civili
palestinesi perché la maggior parte delle case sono state distrutte o sono
stati dati ordini evacuazione. Non c’è nessun luogo dove gli esseri umani
possano sentirsi al sicuro. Anche in Cisgiordania la situazione è gravissima.
Dal 7 ottobre non c’è stato più alcun contenimento delle azioni (israeliane),
al contrario c’è stato un accanimento contro le comunità palestinesi,
soprattutto quelle pastorali, beduine. Una ventina di comunità rurali sono
state sfollate.
Del suo rapporto farà parte il
capitolo degli abusi e delle violenze subite dai prigionieri di Gaza nei centri
di detenzione israeliani, in particolare a Sde Teiman?
Sì, si tratta di un dramma immenso. Nelle carceri israeliane si torturano i
palestinesi in modo sistematico. Ci sono 10mila palestinesi imprigionati, la
metà dei quali senza accusa e senza processo. È una cosa sconvolgente e
altrettanto sconvolgente è l’inazione della comunità internazionale e
dell’Europa dinanzi a questo sfacelo. In altri paesi siamo intervenuti per
molto meno. Non è solo Sde Teiman. L’organizzazione israeliana B’Tselem parla
di una rete di centri di tortura perché mancano all’appello migliaia di
prigionieri palestinesi di Gaza che si sospetta siano detenuti in altri centri
come Sde Teiman. Le condizioni di detenzione sono assolutamente disumane. Io
stessa ho raccolto testimonianze di prigionieri che raccontano di essere stati
picchiati, denudati, abusati sessualmente e derisi dal momento dell’arresto.
Tenuti lunghe ore prima al freddo poi al caldo in gabbie all’aperto, coperti
solo da un pannolino, con gli occhi perennemente bendati, stesi a terra e con
l’ordine di non muoversi e non parlare. Hanno riferito anche della mancanza di
cibo e cure mediche. Mi è rimasta impressa la testimonianza di un giornalista
americano che parla dell’olezzo insopportabile di ferite non curate. Tra i
prigionieri di Gaza, oltre a uomini e donne, sono presenti numerosi minori.
Come dice B’Tselem non è questione solo di qualche elemento o di qualche centro
detentivo. Sono stati coinvolti anche medici, tanti medici israeliani sono
andati nei centri di detenzione. A diversi prigionieri sono state praticate
amputazioni per la mancanza di circolazione del sangue negli arti per il tipo
di strumenti usati per tenerli fermi. I palestinesi usciti vivi da questi
centri sono irriconoscibili.
Ci sono anche denunce di
violenze sessuali rivolte a soldati israeliani.
Palestinesi denunciano di essere stati penetrati con un estintore oppure con un
bastone. È stato diffuso il video di un gruppo di soldati che abusano
sessualmente di un prigioniero. Eppure, di fronte a ciò, gruppi di cittadini
israeliani e perfino alcuni ministri e deputati si sono ribellati contro la
polizia che voleva arrestare i soldati responsabili dello stupro. Questa è solo
una fotografia ridotta di quello che sta succedendo nei centri di detenzione
dove la maggior parte della gente è prigioniera solo perché è palestinese e non
perché è affiliata ad Hamas.
Contro Israele e il suo premier
Netanyahu e il ministro della difesa Gallant, sono stati avviati procedimenti
per crimini di guerra e genocidio presso le due Corti internazionali dell’Aja.
Anche tre leader di Hamas sono stato messi sotto accusa dalla Procura
internazionale. Cosa prevede?
La Corte di giustizia internazionale (Cig) e la Corte penale internazionale
(Cpi) quest’anno si sono interessate in tre istanze della situazione in
Palestina. Si è appena concluso un procedimento importantissimo della Cig che
ha decretato l’illegalità dell’occupazione israeliana nel territorio
palestinese. Il procedimento alla Cig per genocidio a Gaza iniziato dal
Sudafrica nei confronti di Israele prenderà sicuramente parecchio tempo.
L’altro ha visto il procuratore Karim Khan chiedere alla Cpi di convalidare gli
ordini di arresto per tre leader di Hamas, due dei quali sono stati uccisi da
Israele, oltre che per Netanyahu e Gallant. Dopo le accuse rivolte ai leader
israeliani si è alzata un’onda di resistenza da parte di alcuni paesi europei e
occidentali. Il fatto che il passato governo britannico abbia sollevato
un’eccezione di giurisdizione (poi ritirata dal nuovo governo laburista), ha
aperto un calderone. Sono state presentate tantissime memorie che la Corte ora
sta esaminando, tra cui quella della Germania che chiede di non investigare
perché si comprometterebbero le possibilità di pace, anche se non è chiaro di
quale pace si stia parlando. C’è uno schieramento occidentale a sostegno di
Israele per permettergli di continuare a perpetrare i propri crimini. Quanto
questo complicherà il corso della giustizia è difficile quantificarlo. La Corte
non si pronuncerà sulla richiesta di arresti se prima non prenderà visione di
tutte le memorie presentate, 64 per un totale di 640 pagine. Spero che questa
cosa si risolva tra ottobre e dicembre, l’allungamento dei tempi favorisce
l’impunità. Sarebbe ben diverso se ci fossero degli arresti e dei mandati di
cattura.
lunedì 26 agosto 2024
Dissociazione cognitiva di massa - Tiziano Tanari
Ci nascondono la verità, sempre
Il nostro tempo è caratterizzato da una complessità mai vissuta prima nella
storia dell’umanità. Il mondo, e le sue infinite realtà, ci pervadono ogni
giorno attraverso media e Internet, un flusso ininterrotto di notizie che ci
coinvolgono direttamente o indirettamente e che devono, almeno in buona parte,
essere decodificate e recepite nel modo più veritiero; solo questo ci può
permettere di sviluppare una visione delle cose lucida e consapevole. E qui
inizia il problema, forse il problema più grande; ormai è un dato di fatto
incontestabile: l’informazione istituzionale, a tutti i livelli, è totalmente
manipolata e funzionale ai poteri dominanti che, oggi più che mai, hanno una
natura sovranazionale e obiettivi che nulla hanno a che vedere con l’interesse
e la tutela dei Popoli. Stiamo, inoltre, assistendo a un incredibile e
sfrontato aumento del livello di censura, soprattutto nei social e nei canali
internet in genere, essendo questi ultimi l’unica alternativa alla squalificata
e squalificante informazione mainstream.
Sorprende vedere come la massa accetti tutto questo senza nessun tipo di
reazione né di sentita indignazione e in questo possiamo iniziare a
intravedere quello che in molti ritengono la grande anomalia del
nostro tempo: la strana, irrazionale e limitante apatia con conseguente calo
cognitivo delle popolazioni; in particolare intendiamo focalizzarci su quelle
occidentali, europee e soprattutto nazionali che paiono particolarmente
attenzionate in quanto rappresentano forse l’ultimo baluardo culturale da
superare per raggiungere il potere assoluto. Poteri finanziari e multinazionali
hanno ridotto il mondo come il loro giardino di casa; pongono e predispongono
le loro trame costantemente ma lo devono e lo possono fare solo con il consenso
delle masse perché noi siamo in tanti e loro sono pochi, molto pochi. Da qui la
loro strategia si basa su alcuni punti fondamentali: depotenziare le capacità
cognitive delle persone, condizionare la loro mente con informazioni e metodi
comunicativi manipolatori e fuorvianti funzionali all’accettazione inconscia
dei loro piani e, in ultimo, di un costante e multilaterale tentativo, sottile
ma fortemente invasivo, di dividerci, di impedire le formazioni di comunità che
si possano organizzare e imporsi come ostacolo ai loro progetti di dominio.
Il punto di svolta è rappresentato dall’avvio della pandemia; dal suo
apparire in poi, abbiamo visto questi fenomeni crescere in modo esponenziale:
tutti i media a sostenere maniacalmente le teorie sulla natura dell’epidemia,
della sua evoluzione (vedi varianti) e, soprattutto, sull’imposizione dei
cosiddetti vaccini, tappa fondamentale di arrivo del progetto pandemico, perchè
di un progetto pianificato si è trattato.
Analizziamo il processo folle e palesemente irrazionale di quel periodo: un
coronavirus, peraltro avevamo già trattato lo stesso genere di virus nel 2003,
viene pubblicizzato come un virus sconosciuto di cui non si hanno cure; con il
terrore che ci infondono, ci costringono ad assurdi lockdown; non ci curano
!!!!!! Non si è mai visto, nella storia della medicina, che persone malate non
vengono curate premeditatamente. Questo ovviamente causa una serie infinita di
morti e sofferenze inaudite a persone che arrivavano all’ospedale in condizioni
critiche perchè non curate, in quanto “tachipirina e vigile attesa” non si può
considerare certo una cura.
Iniziano a comparire le prime testimonianze di medici e specialisti
coraggiosi che, andando oltre le regole, seguivano i loro pazienti e li
curavano; ebbene, invece di ascoltare le loro esperienze e farne tesoro,
venivano invitati nei talk show per essere ridicolizzati e trattati come
ciarlatani. Pazzesco! I Premi Nobel venivano oscurati, privati di qualsiasi
apparizione pubblica e continuamente delegittimati da altri medici, servi del
sistema, e liquidati come vecchi “rincoglioniti”; queste erano le basi che
hanno impedito un reale e costruttivo confronto scientifico. Non possiamo
esimerci, inoltre, dal sottolineare la violenza e l’acredine con cui hanno
scatenato una guerra ai cosiddetti no-vax; e qui iniziamo a vedere come la
tecnica del divide et impera viene attuata in tutta la sua più smaccata
evidenza. Ultima tappa di questo calvario sociale si è attuata con
l’imposizione (di fatto) vaccinale e con il coronamento finale dell’istituzione
del green pass, strumento con il quale hanno commesso i più grandi crimini
contro i diritti costituzionali dei cittadini, anche se, quasi sin dall’inizio,
ne avevano verificato non solo l’inutilità, ma addirittura la sua propensione
ad aumentare la possibilità di contagio.
A questo punto, possiamo fare una prima riflessione: senza bisogno di
essere degli esperti scienziati, ma solo con un po’ di informazione alternativa
e un minimo di buonsenso, come potevamo non accorgerci tutti della criminale
malafede e inaffidabilità del sistema e delle sue istituzioni? Eppure, oggi,
per l’ignavia di milioni di italiani, si parla di nuovo di programmi di
vaccinazione. In Europa addirittura sta per essere varata la nuova tessera
vaccinale europea in simbiosi con l’OMS che ha perfino tentato di far passare
una legge che le dava potere decisionale assoluto su tutte le nazioni in caso
di nuove pandemie; OMS, peraltro, ben rappresentato dal suo presidente (si
invita il lettore a documentarsi sulla sua biografia).
Passiamo ora al successivo evento di importanza planetaria: la guerra in
Ucraina. Anche qui assistiamo all’imposizione di un nuovo pensiero unico basato
su una grottescamente falsa narrazione funzionale alla criminale propaganda
atlantista tesa a coprire i veri responsabili delle cause che hanno portato
all’attuale e più che preoccupante evento bellico. La tecnica è sempre quella:
censurare i canali di informazione non allineati, criminalizzare chi ha visioni
diverse dal pensiero unico dominante, falsificare la natura degli eventi e
delle motivazioni politiche russe. Con messaggi semplici e slogan immediati
tipo “c’è un invasore e un invaso” (sarebbe più giusto definirlo invasato), si
comincia a manipolare le menti dei meno informati. E qui vediamo l’inaccettabile
posizione della stragrande maggioranza dei cittadini italiani indifferenti
e incapaci di rendersi conto dei terribili rischi che corriamo permettendo
questa criminale politica occidentale, espressione dei veri aggressori
(l’invasione dei territori russi intorno a Kursk ne sono una palese
testimonianza).
Mi preme citare, tra gli eventi di importanza planetaria, il Genocidio di
Gaza, una vera e propria manifestazione del male assoluto dove violenza,
crudeltà, cinismo, razzismo e alienazione mentale hanno toccato vertici
impossibili da superare; anche qui, è necessario sottolineare la reazione quasi
indifferente del mondo a queste inaccettabili atrocità. La propaganda sionista
si manifesta con una contraddizione di fondo palese quanto inaccettabile: vittime
dell’Olocausto, oggi, stanno perpetrando lo stesso identico crimine ma, nella
narrazione mediatica, riescono a confondere gran parte delle menti
dell’opinione pubblica facendosi passare da colpevoli criminali a vittime.
E’di questi giorni la propaganda in corso alle elezioni per la presidenza
degli Stati Uniti; vedere masse intere adoranti di personaggi ambigui e altri
palesemente squalificati con evidenti deficit cognitivi fanno mettere in dubbio
anche una minima capacità di raziocinio di queste persone.
Il fenomeno incredibile è: come può la mente di tante persone non prendere
atto della verità dei fatti, ma soprattutto come può aver raggiunto un livello
di disumanizzazione tale da non inorridire e indignarsi davanti a tanta
ingiustizia e tanta sofferenza? Indifferenza, apatia, egoismo, superficialità,
amoralità, utilitarismo, irrazionalità sembrano le caratteristiche fondanti che
delineano la personalità dell’uomo del terzo millennio.
Questi eventi sono sufficienti per comprendere gli effetti devastanti di
poteri globali atlantisti e guerrafondai che hanno il palese scopo di
sottomettere i propri popoli perseguendo ostinatamente un controllo unipolare
del mondo. Gli strumenti che hanno a disposizione sono potentissimi e
fortemente invasivi e hanno come fine ultimo l’alienazione delle masse. I
risultati sono evidenti a tutti gli osservatori più attenti: stiamo assistendo
ad una atomizzazione della società dove vengono sistematicamente disgregati
tutti i principali punti di riferimento, etici, sociali e politici, che sono il
fondamento di una comunità sociale civile e cooperativa.
Un globalismo unilaterale, plasmato da poteri finanziari sovranazionali che
utilizzano il braccio armato statunitense e il dogma della competizione
neoliberale, sta azzerando il potere sovrano degli stati, eliminando qualsiasi
valore che non sia funzionale al libero-scambismo dei Mercati, e dissolvendo
qualsiasi principio etico e perfino religioso. Tutto questo provoca un fenomeno
antropologico che toglie alla mente delle persone la capacità di un pensiero
critico autonomo, toglie il libero arbitrio, toglie l’anima.
In che modo possiamo reagire a questo processo involutivo? Solo in un modo:
prendere atto del problema e cominciare a ricostruire le nostre relazioni, a
tessere di nuovo i legami sociali e comunitari che superino le divisioni, le
tifoserie politiche, le barriere religiose, gli interessi di parte e cominciare
a dialogare. Dobbiamo finalmente diventare una grande immensa comunità
planetaria immune dal delirio di onnipotenza di alcuni pazzi paranoici; un
mondo infinitamente migliore è possibile, ma: o ci salviamo tutti o non si
salva nessuno.
L’Umanità si trova oggi nel momento più difficile della sua esistenza, si
trova a un bivio decisivo: trovare una dimensione etica che dia valore alla
persona in quanto tale, quindi al ripristino di quei valori universali e
spirituali imprescindibili per una vita di senso, o precipitare in un vortice
senza controllo del nichilismo materialista che raggiungerà la sua apoteosi
attraverso lo scientismo, il capitalismo del controllo e il sempre più
debordante transumanesimo. A noi sta la scelta.