Il movimento zapatista, che affonda le sue radici nella regione messicana del Chiapas, è ancora una volta intrappolato in una spirale di violenze e repressione, con l’arresto (e successiva liberazione) di due militanti del movimento. Mentre imperversano le proteste sotto il palazzo del governo, la lotta dell’Ezln contro il sistema coercitivo statale si fa ancora più tesa, trascinando con sé questioni scottanti come quella dei desaparecidos.
Continua la crudeltà contro il
movimento zapatista
Negli scorsi giorni, il movimento zapatista è tornato
a far parlare di sé in Messico all’interno di alcuni avvenimenti caratterizzati
da rinnovate violenze e repressioni: il 24 aprile scorso, nel comune di
Aldama, (Chiapas) i militanti dell’Ezln José Baldemar Sántiz
Sántiz e Andrés Manuel Sántiz Gómez sono stati arrestati con
l’accusa di “sequestro di persona aggravato” all’interno di una brutale
operazione diretta dalla Guardia Nazionale.
Le forze statali hanno fatto irruzione nel comune
messicano senza un reale mandato con 39 veicoli, dando avvio a una serie
di perquisizioni degradanti, abusi fisici e altre violazioni dei
diritti umani.
Inoltre, come documentato dal Centro
per i diritti umani Fray Bartolomé de Las Casas, le forze dello Stato si sarebbero
rese anche protagoniste di rapine, molestie e altre vessazioni che hanno
profondamente turbato la comunità del Messico meridionale.
I 2 militanti, di 45 e 21 anni, sono stati accusati
del sequestro di Pedro Díaz Gómez (nonostante l’assenza di reali prove a loro
carico), rimanendo di fatto dispersi per 55 ore –
solo grazie alla pressione da parte degli attivisti della società civile i due
sono riusciti ad ottenere il trasferimento presso il Centro statale per il
reinserimento sociale delle persone condannate per poi essere finalmente
rilasciati il 2 maggio.
La reazione della comunità del
Chiapas
In più occasioni, i membri dell’Ezln e numerosi
cittadini hanno fatto presente che questo è l’ennesimo caso di repressione sistemica da parte dello Stato
messicano contro le basi d’appoggio del movimento zapatista, che negli ultimi
mesi è stata caratterizzata da un numero sempre più elevato di pesanti
assassinii, arresti ingiustificati e sparizioni forzate.
Le reiterate violazioni dei diritti umani di base
continuano ad essere insabbiate dalle istituzioni messicane così come la loro
complicità nella problematica dei desaparecidos: si stima infatti che ancora ad oggi siano almeno 127.000 le
persone che risultano disperse in tutto il Paese.
Oltre alla realizzazione di varie petizioni
internazionali per la liberazione dei due compagni appartenenti al movimento
zapatista, la Confederación General de Trabajadores in un
comunicato ha così espresso le preoccupazioni che continuano ad attanagliare la
società messicana:
«Invece di minacciare le iniziative di autogestione e
autonomia e coloro che cercano di costruire un mondo distinto da quello dell’oppressione
capitalista, le autorità dovrebbero garantire l’esercizio dei diritti delle
comunità zapatiste e l’accesso alla giustizia per i difensori dei diritti umani
[…] In Messico c’è una guerra iniziata negli anni ’60, una guerra sporca contro
la popolazione e contro i movimenti sociali. La narrazione assolvitrice della
narco-democrazia per lo Stato non regge più!»
La Commissione nazionale per i diritti umani ha
accusato formalmente l’esercito di “uso eccessivo della forza” contro cittadini
e migranti del Chiapas, a riprova del repentino aumento della violenza nella
regione dopo anni di placide negoziazioni e accordi.
Anche i membri di varie comunità indigene, in prima
fila durante le proteste degli scorsi giorni, hanno denunciato le
mistificazioni create dallo Stato per seppellire la verità.
La resistenza va avanti
I 2 militanti zapatisti si sono rivelati innocenti e
sono stati individuati i reali colpevoli, i quali hanno confessato il sequestro e
l’assassinio di Pedro Díaz Gómez, hanno indicato il luogo preciso dove avevano
seppellito il corpo e rivelato i loro complici.
Appare ora chiaro come le azioni dello Stato messicano
in Chiapas, una regione dove le barbarie sono ormai normalizzate da troppo
tempo, siano una tattica volta a destabilizzare i progetti autonomisti della
regione e a generare una risposta violenta da parte degli zapatisti che
giustifichi un’offensiva altrettanto feroce da parte del governo federale.
I militanti zapatisti e i gruppi per la tutela dei
diritti umani continuano però a far sentire la propria voce e a
protestare davanti le principali istituzioni del Paese.
Nonostante la Presidente Sheinbaum stia ricevendo
molti consensi per le sue azioni di rottura contro la dominazione statunitense,
il suo operato (così come quello degli altri governi della strategia 4T) sta
chiaramente fallendo nel portare la pace nei territori degli zapatisti.
Fino a che continuerà ad essere dato spazio alle
fabbricazioni statali e alla repressione violenta, non sarà mai possibile il
raggiungimento di una convivenza pacifica all’interno della quale vengono
accolte le istanze della resistenza zapatista.
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