lunedì 12 maggio 2025

Caos in Chiapas: gli zapatisti di nuovo nel mirino delle violenze da parte dello Stato messicano - Sara Coico

 

Il movimento zapatista, che affonda le sue radici nella regione messicana del Chiapas, è ancora una volta intrappolato in una spirale di violenze e repressione, con l’arresto (e successiva liberazione) di due militanti del movimento. Mentre imperversano le proteste sotto il palazzo del governo, la lotta dell’Ezln contro il sistema coercitivo statale si fa ancora più tesa, trascinando con sé questioni scottanti come quella dei desaparecidos.

Continua la crudeltà contro il movimento zapatista

Negli scorsi giorni, il movimento zapatista è tornato a far parlare di sé in Messico all’interno di alcuni avvenimenti caratterizzati da rinnovate violenze e repressioni: il ​​24 aprile scorso, nel comune di Aldama, (Chiapas) i militanti dell’Ezln José Baldemar Sántiz Sántiz e Andrés Manuel Sántiz Gómez sono stati arrestati con l’accusa di “sequestro di persona aggravato” all’interno di una brutale operazione diretta dalla Guardia Nazionale.

Le forze statali hanno fatto irruzione nel comune messicano senza un reale mandato con 39 veicoli, dando avvio a una serie di perquisizioni degradanti, abusi fisici e altre violazioni dei diritti umani.

Inoltre, come documentato dal Centro per i diritti umani Fray Bartolomé de Las Casas, le forze dello Stato si sarebbero rese anche protagoniste di rapine, molestie e altre vessazioni che hanno profondamente turbato la comunità del Messico meridionale.

I 2 militanti, di 45 e 21 anni, sono stati accusati del sequestro di Pedro Díaz Gómez (nonostante l’assenza di reali prove a loro carico), rimanendo di fatto dispersi per 55 ore – solo grazie alla pressione da parte degli attivisti della società civile i due sono riusciti ad ottenere il trasferimento presso il Centro statale per il reinserimento sociale delle persone condannate per poi essere finalmente rilasciati il 2 maggio.




La reazione della comunità del Chiapas

In più occasioni, i membri dell’Ezln e numerosi cittadini hanno fatto presente che questo è l’ennesimo caso di repressione sistemica da parte dello Stato messicano contro le basi d’appoggio del movimento zapatista, che negli ultimi mesi è stata caratterizzata da un numero sempre più elevato di pesanti assassinii, arresti ingiustificati e sparizioni forzate.

Le reiterate violazioni dei diritti umani di base continuano ad essere insabbiate dalle istituzioni messicane così come la loro complicità nella problematica dei desaparecidossi stima infatti che ancora ad oggi siano almeno 127.000 le persone che risultano disperse in tutto il Paese.

Oltre alla realizzazione di varie petizioni internazionali per la liberazione dei due compagni appartenenti al movimento zapatista, la Confederación General de Trabajadores in un comunicato ha così espresso le preoccupazioni che continuano ad attanagliare la società messicana:

«Invece di minacciare le iniziative di autogestione e autonomia e coloro che cercano di costruire un mondo distinto da quello dell’oppressione capitalista, le autorità dovrebbero garantire l’esercizio dei diritti delle comunità zapatiste e l’accesso alla giustizia per i difensori dei diritti umani […] In Messico c’è una guerra iniziata negli anni ’60, una guerra sporca contro la popolazione e contro i movimenti sociali. La narrazione assolvitrice della narco-democrazia per lo Stato non regge più!»

La Commissione nazionale per i diritti umani ha accusato formalmente l’esercito di “uso eccessivo della forza” contro cittadini e migranti del Chiapas, a riprova del repentino aumento della violenza nella regione dopo anni di placide negoziazioni e accordi.

Anche i membri di varie comunità indigene, in prima fila durante le proteste degli scorsi giorni, hanno denunciato le mistificazioni create dallo Stato per seppellire la verità.

La resistenza va avanti

I 2 militanti zapatisti si sono rivelati innocenti e sono stati individuati i reali colpevoli, i quali hanno confessato il sequestro e l’assassinio di Pedro Díaz Gómez, hanno indicato il luogo preciso dove avevano seppellito il corpo e rivelato i loro complici.

Appare ora chiaro come le azioni dello Stato messicano in Chiapas, una regione dove le barbarie sono ormai normalizzate da troppo tempo, siano una tattica volta a destabilizzare i progetti autonomisti della regione e a generare una risposta violenta da parte degli zapatisti che giustifichi un’offensiva altrettanto feroce da parte del governo federale.

I militanti zapatisti e i gruppi per la tutela dei diritti umani continuano però a far sentire la propria voce e  a protestare davanti le principali istituzioni del Paese.

Nonostante la Presidente Sheinbaum stia ricevendo molti consensi per le sue azioni di rottura contro la dominazione statunitense, il suo operato (così come quello degli altri governi della strategia 4T) sta chiaramente fallendo nel portare la pace nei territori degli zapatisti.

Fino a che continuerà ad essere dato spazio alle fabbricazioni statali e alla repressione violenta, non sarà mai possibile il raggiungimento di una convivenza pacifica all’interno della quale vengono accolte le istanze della resistenza zapatista.

da qui

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