martedì 30 aprile 2013

Se la felicità è tagliare l’Imu - Massimo Bordignon


…Questo accanimento sull'Imu, in un paese che ha perso 8 punti di Pil in cinque anni e che ha un tasso di disoccupazione giovanile attorno al 40 per cento, lascia francamente basiti. È ovvio che in un paese di proprietari di abitazioni, proporre l’eliminazione dell’imposta susciti consensi diffusi ed entusiasmi bipartisan. Ma si deve tener conto anche delle alternative: dove trovare le risorse per finanziare l’eliminazione dell’imposta, in primo luogo, ma anche chiedersi a quali altri utilizzi, diversi dall'abolizione dell'Imu, si potrebbero destinare quelle stesse risorse.
A questo proposito, è bene anche ricordare i vantaggi dell’Imu. In primo luogo, come dimostrano le stime, con tutti i suoi difetti, l’Imu sulla prima abitazione se la cava benino in termini redistributivi. Circa la metà delle famiglie italiane non la paga o perché non possiede un’abitazione (e questi sono generalmente i più poveri) o perché la detrazione annulla l’onere di imposta. Poi, il pagamento dell’Imu, in misura maggiore della vecchia Ici, è concentrato prevalentemente sugli scaglioni di reddito più elevati, come è ovvio visto che esiste un correlazione positiva tra il reddito e il valore del patrimonio immobiliare.
In secondo luogo, si devono considerare le alternative. Per recuperare i quattro miliardi di gettito dell'Imu sulla prima casa (che diventerebbero otto se, come vuole il Pdl, si restituisse anche l’imposta già pagata) , bisognerebbe aumentare le tasse sui redditi, dei lavoratori o delle imprese, o sui consumi. Ed è difficile argomentare che nelle condizioni di crisi economica attuale, tagliare un’imposta sul patrimonio per aumentarne una sui redditi o sui consumi sia la cosa migliore da fare da un punto di vista di crescita o di distribuzione del carico fiscale. Si può senz'altro cercare di ridurre, invece, la spesa pubblica. Ma in questo caso vorrei si dicesse esattamente quali spese si intende tagliare. E di nuovo, se si trovano quattro o otto miliardi riducendo le spese, forse sarebbe meglio spenderli per tagliare il costo del lavoro, fiscalizzando gli oneri sociali sui nuovi assunti, o per finanziare interventi di welfare più sensati a protezione delle nuove povertà. E se invece si intende semplicemente aumentare il debito pubblico, ammesso che si possa fare, è bene ricordarsi che questo vuol dire soltanto nuove e maggiori tasse in futuro (ci sono da pagare anche gli interessi), di nuovo sui redditi o sui consumi, visto che l’imposta sulla proprietà immobiliare verrebbe abolita.
In conclusione, il dibattito sull’Imu mostra un tasso di populismo davvero preoccupante. Se le forze favorevoli alla sua abolizione dovessero prevalere, sarebbe il caso di renderne almeno espliciti i costi alla opinione pubblica. Se, per dire, si decide di abolire l’Imu finanziandola con un incremento dell’Iva o dell’Irpef, oppure con un bel taglio alle pensioni, lo si faccia scrivendo esplicitamente “contributo straordinario per finanziare l’abolizione dell’Imu”. Vediamo se il consenso straordinario e bipartisan a favore dell’abolizione dell’imposta resterebbe a quel punto invariato…


canzoni italiane - The Zen Circus e Appino





bravo Andrea Colletti, che parla per molti

lunedì 29 aprile 2013

il Corriere della Sera bocciato in geografia


Violenta esplosione lunedì mattina nel centro storico di Praga. Secondo il primo bilancio i feriti sarebbero venticinque. Nelle immagini delle tv della Repubblica Ceca gli attimi successivi alla deflagrazione, causata forse da una fuga di gas e avvenuta in un edificio di via Divaldelni accanto alla sede della Famu, la scuola di cinema e tv dell'Accademia di arti drammatiche. Sul luogo, in prossimità del lungo fiume Smetana, a poche decine di metri dal Teatro Nazionale, sono accorse le forze dell'ordine. La zona, in prossimità del Ponte Carlo, è circondata da vigili del fuoco, agenti della polizia e ambulanze. I locali della zona, fra cui lo storico Cafe Slavia, sono stati immediatamente fatti evacuare.

il fiume che attraversa Praga si chiama Moldava (o Vltava) - franz

dice Fabrizio de Andrè


“La musica folcloristica è quella che fa il popolo per far divertire le classi sociali più elevate mentre la musica etnica è quella che fa il popolo per se stesso”

domenica 28 aprile 2013

per salvare vite di innocenti il consiglio dei ministri abroga i videopoker


ma ad un attento riconteggio dei voti non si era considerato, in un primo momento, che i voti di mafia, camorra e 'ndrangheta valgono doppio.
pertanto passano all'unanimità solo i commi che recitano: "se il giocatore scommette i propri soldi è evidente che lo vuole fare, se non volesse non lo farebbe" e "ciascun giocatore decide da solo quando è il momento di smettere di giocare".
i giornali lodano l'impulso all'economia e alla libera impresa, nonché la salvaguardia della libertà individuale - franz


Secondo alcune ricostruzioni, Preiti – in crisi per la separazione e i problemi economici – sarebbe entrato nel giro dei videopoker, anche se la passione per il gioco (e per il biliardo) risalirebbero a prima della separazione dalla coniuge. Anzi, secondo altre fonti proprio il gioco d’azzardo sarebbe uno dei motivi che lo hanno allontanato dalla famiglia e che gli hanno fatto perdere il lavoro. Da qui lo stato di depressione.

Biglietto scaduto (Au-delà de cette limite votre ticket n’est plus valable) – Romain Gary

senza pietà si racconta il tramonto di un uomo, sullo sfondo del tramonto di una civiltà.
la non accettazione del tramonto provoca solo danni, in entrambi i casi.
bisogna prepararsi, non si può essere forever young.
il successo e i soldi sono solo un palliativo, e più in alto si arriva più è dolorosa, incomprensibile e inaccettabile la caduta.
un gran bel libro, ben scritto, come sempre, doloroso e necessario - franz





Ci sono romanzi che trovano completezza di senso e risonanze solo molti anni dopo la pubblicazione. Il passare del tempo li arricchisce anziché impoverirli, le iniziali intuizioni si trasformano in attualità stringente e fanno sentire già vecchie tante operine fresche di stampa…

…ho pensato ad un libro. “Biglietto scaduto” di Romain Gary e il suo protagonista Jacques Rainier. La sua “mazzata” avviene quando incontra un conoscente e si rende conto di essere vecchio e anche vicino alla fine della vita sessuale con la sua giovane compagna. Si preoccupa e s’angoscia. Non è un libro allegro ma Romain Gary non ha niente di leggero e piacevole…

La storia è di per sé banale e scontata, ma è formidabile per il profilo psicologico del cinquantanovenne, con le sue paure, le fantasie a volte esilaranti a volte terribili. Con crudezza e senza infingimenti Gary mette a nudo le debolezze del maschio over 50: e qui taccio sui particolari che sono però descritti molto bene nel corso delle sedute specialistiche a cui si sottopone Rainier. E’ una sorta di romanzo-manuale (che fare quando c’è l’amore ma non c’è più il fisico?) che dovrebbero leggere tutti i maschietti di una certa età.
Il titolo poi, “Biglietto scaduto”, è sicuramente più esplicativo in lingua originale, “Au-delà de cette limite votre ticket n’est plus valable”

…Magistrali i dialoghi: quelli con l’urologo – un illustre e spietatamente sincero professore – provocano addirittura l’ilarità, oppure quelli con un coetaneo gradasso, inopportuno ma diretto, come sanno essere solo gli americani, anche lui, al pari del protagonista, un capitano d’industria incerto tra la cessione ad un altro gruppo o l’ulteriore espansione. Nelle loro imprese economiche entrambi leggono, senza rendersene conto, la metafora di quelle sessuali, o usano le prime per riscattare le seconde…

Pertini accarezza Gramsci


…Turi 1979. Il settimo presidente della Repubblica italiana, Sandro Pertini, è in visita ufficiale in Puglia. Fa tappa a Turi, provincia di Bari. Qui il capo dello Stato è stato detenuto dal 1930 al 1932 per la sua coraggiosa opposizione al fascismo. Ad un certo punto a Pertini viene chiesto se gradiva visitare la cella di un altro carcerato famoso, Antonio Gramsci. «Senz’altro, ma vado solo», rispose il presidente, avviandosi con passo fermo verso la cella del comunista sardo. Il suo addetto stampa, Antonio Ghirelli, non resiste alla tentazione e osserva dalla serratura quella che avrebbe definito «la scena più bella della sua vita»: Pertini, seduto, accarezzava commosso il letto che era stato del suo amico Gramsci…

dice Ludwig Hohl


"il centro non è il luogo del rinnovamento creativo, che avviene invece, spesso incompreso o deriso, ai margini; il centro è un luogo abitudinario, inerte, arrogante, pago di sé; nell'ombra dei margini, al contrario, un segno sottile, una tensione impercettibile, un’apparizione…, là, dove secondo l’opinione comune, si possono dar da fare solo gli specialisti “inesperti”, quelli usciti dall'orbita"

sabato 27 aprile 2013

Marco Revelli risponde a Eugenio Scalfari

lettera al Presidente Napolitano - Marco Rovelli

Cambiare rotta: dalla finanza-casinò a uno strumento al servizio della società - Andrea Baranes


Quella finanziaria è solo la più evidente delle multiple crisi che stiamo vivendo: economica, sociale, ambientale, di democrazia. La finanza dovrebbe essere uno strumento al servizio dell’economia e dell’insieme della società. Oggi questo ruolo è andato quasi del tutto smarrito. La finanza si è in massima parte trasformata in un fine in sé stesso per fare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile. Il PIL, la ricchezza “reale” prodotta nel mondo, è di poco superiore ai 60.000 miliardi di dollari l’anno. Una singola banca statunitense detiene strumenti derivati – alla base di buona parte delle attività speculative – per un nozionale che si aggira sui 78.000 miliardi di dollari. Complessivamente quattro banche controllano un ammontare di derivati intorno ai 200.000 miliardi di dollari. “L’eccessivo” debito pubblico italiano, una delle prime dieci economie del pianeta, è circa l’1% di questa cifra.
Gli esempi potrebbero essere diversi altri. Giganteschi capitali ruotano freneticamente alla ricerca di profitti nel brevissimo termine, mentre una parte sempre più rilevante della popolazione, nel Nord come nel Sud del mondo, è totalmente esclusa dall’accesso al credito e dai servizi finanziari. Le stesse fasce più deboli su cui in massima parte ricadono gli impatti delle crisi e degli eccessi di questo sistema finanziario. Un sistema che va in crisi nel 2007 negli USA, trascinando l’intero pianeta nella peggiore recessione degli ultimi decenni.
Dopo lo scoppio della crisi il mostruoso debito creato dalla finanza speculativa per moltiplicare i profitti eludendo regole e controlli viene trasferito agli Stati, poi da questi passa ai cittadini. Oggi non c’è nessun altro su cui scaricarlo. Siamo rimasti con il cerino in mano e dobbiamo pagare il conto. Ed è un conto estremamente salato in termini di tagli al welfare e allo Stato sociale, disoccupazione, precarietà e rimessa in discussione di diritti dati per acquisiti. Al culmine del paradosso siamo chiamati a stringere la cinghia e accettare tali sacrifici perché occorre “restituire fiducia ai mercati”, come se all’opposto non fosse questa finanza a dovere radicalmente cambiare rotta per riconquistarla, la nostra fiducia…

Los Justos (I Giusti) - Jorge Luis Borges


Un Hombre que cultiva su jardín, como quería Voltaire.
El que agradece que en la tierra haya música.
El que descubre con placer una etimología.
Dos empleados que en un café del Sur juegan un silenzioso ajedrez.
El ceramista que premedita un color y una forma.
El tipógrafo que compone bien esta página, que tal vez no le agrada.
Una mujer y un hombre que leen los tercetos finales de cierto canto.
El que acaricia a un animal dormido.
El quel justifica o quiere justificar un mal que le han hecho.
El que agradece que en la tierra haya Stevenson.
El que prefiere que los otros tengan razón.
Esas personas, que se ignoran, están salvando el mundo.


Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che premedita un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo-
(traduzione Domenico Porzio)

Fabrizio de André in concerto



venerdì 26 aprile 2013

Letta, Grillo, Berlusconi e le dieci bugie oggi di moda - Andrea Scanzi


“E’ tutta colpa di Grillo”. E’ sempre colpa di Grillo. Se cade il governo, se piove, se c’è il sole. La tesi autossolutoria del Pd – il cui elettorato tende incredibilmente a ingoiare di tutto, passando dalla fregola per l’iper-democrazia al giubilo per l’abbraccio mortale con Berlusconi – è ora quella di ripetere che “il governissimo c’è perché Grillo ci ha portato a farlo”. Sarebbe vero se non ci fosse stata l’apertura Rodotà. Ma quell’apertura c’è stata. Nel gioco delle percentuali, il Pd ha il 70% delle colpe e l’ortodossia di Grillo il 30%. Il M5S ha sbagliato a non fare un nome al secondo giro di consultazioni (non sarebbe cambiato nulla, ma avrebbe tolto alibi al Partito Disastro), ma da Rodotà in poi è stato impeccabile: appoggiate questo nome (più vostro che nostro) e faremo un percorso insieme. A dire no è stato il Pd. Perché? Perché ha sempre voluto – nella maggioranza dei suoi parlamentari – l’inciucio. Infatti è stato scelto Enrico Letta, lo zio di suo zio. Quello che “è meglio votare Berlusconi che Grillo”.
“Su Rodotà non c’era maggioranza”. Bugia a metà. C’era la maggioranza degli elettori del Pd, ma non della maggioranza dei parlamentari piddini. Ciò significa, inequivocabilmente, che tra elettorato e rappresentanti c’è una scollatura drammatica. I Boccia non rappresentano nessuno, se non se stessi. Però decidono.
“Rodotà non è stato eletto Presidente perché scelto solo da 4mila persone”. Macché. Le Quirinarie sono state fantozziane, ma se i modi risultano discutibili non lo sono (stati) i contenuti. Per quanto raffazzonate, hanno portato alla scelta di un nome condiviso da milioni di italiani: la piazza reale, non virtuale (quella piazza che tanto terrorizza i giovani vecchi del Pd, tipo Speranza, uno che non merita quel cognome. Un po’ come se Ghedini si chiamasse Figo). Rodotà è stato il treno del cambiamento perso. Perso dal Pd e solo dal Pd: non da altri. Di questa colpa risponderà alla storia e, per il momento, agli elettori (infatti è un partito morto, che può vincere solo se si affida a ribelli come Serracchiani). Rodotà non è stato votato perché: 1) è stato proposto da Grillo (motivazione-asilo Mariuccia); 2) è troppo di sinistra; 3) è troppo laico (cioè “mangiapreti”); 4) è troppo intelligente, quindi libero e non irreggimentabile; 5) è troppo antiberlusconiano (e questo, per il Pd, è davvero inaccettabile).
“Sì, ma 4mila persone sono proprio poche”. Certo che lo sono. Ma sono comunque molto più delle persone (una) che avevano scelto Marini e poi (seicento) Napolitano.
“Non faremo mai il governissimo”. Per due mesi, o poco meno, Bersani e la sua ghenga tragicomica hanno ripetuto che il governissimo non l’avrebbero mai fatto. Qualche esempio (antologizzato stamani da Civati nel suo blog). «Pensare che dopo 20 anni di guerra civile in Italia, nasca un governo Bersani-Berlusconi non ha senso. Il governissimo come è stato fatto in Germania qui non è attuabile» (Enrico Letta, 8 aprile 2013). «Il Pd è unito su una proposta chiara. Noi diciamo no a ipotesi di governissimi con la destra» (Anna Finocchiaro, 5 marzo 2013). «I nostri elettori non capirebbero un accordo con Berlusconi» (Ivan Scalfarotto, 28 febbraio). «Un governo Pd-Pdl è inimmaginabile» (Matteo Orfini, 27 marzo 2013). Eccetera. Adesso avviene il contrario (e chi osa ricordarlo è un disfattista). Perché? Perché il Pd è bravissimo a sbagliare. E perché senza Berlusconi il Pd non esiste: ne è la più grande polizza assicurativa. Così facendo, il Pd imploderà (e questo tutto sommato è un bene) e regalerà a Berlusconi una nuova vittoria (e questo decisamente è un disastro).
“Letta ha vinto lo streaming”. Questa non è una bugia. E’ la verità. Che non stupisce. Letta fa politica da quando ha sei mesi. E’ nato vecchio, un Benjamin Button che mai diventerà Brad Pitt. Nella supercazzola democristiana (parlare e parlare senza dire nulla) nessuno lo batte. Con Crimi e Lombardi, che continuano a sbagliare tutto, ha usato la Tecnica-Asciugo: li ha intortati con una grandinata di nulla politichese. E li ha storditi. Quando si è trovato in difficoltà (Rodotà), ha detto al Duo Harakiri che “dovevate votare Prodi”. Sarebbe bastato rispondere: “Prodi non l’avete votato neanche voi, forse neanche lei. Con quale faccia incolpate noi?”. Ma non l’hanno detto. Come nulla o quasi hanno detto su conflitto di interessi, leggi ad personam, franchi tiratori, incoerenza sul no-inciucio. E via così. Letta ha vinto per mancanza di avversari. Esaurita tale erezione triste per la vittoriuccia di Pirro di Benjamin Letta, vorrei però che i giubilanti di adesso tenessero bene a mente che il loro hero sta lavorando per un governo con i D’Alema, gli Amato e i Brunetta. Un’apocalisse farebbe meno male…

Correre – Jean Echenoz


un libro che si legge di corsa, è la storia del grande Emil Zátopek, alla fine sei emozionato e commosso, per le fatiche e le vicissitudini di un piccolo grande uomo.
non ti annoi un secondo, leggilo, non te ne pentirai - franz


…Leggendo il libro, tra l’altro scritto benissimo e con uno spessore e una sensibilità storica notevole, visto che Emil è stato anche – se non soprattutto – pedina del governo cecoslovacco postbellico, ci si gode la storia con piacere e interesse, immaginandosela però estremamente irreale. Insomma: uno non può iniziare a corricchiare controvoglia per gioco e, in pochi anni, battere tutti i record del mondo dai 5.000 ai 30.000 e dominare anche una maratona senza essersi mai allenato specificatamente. E invece.
E invece è tutto vero: Emil Zatopek era un fenomeno. E questa è la sua vita. Solo il finale, probabilmente, è inventato ma rimane amaro come quello vero, di un campione che per vent’anni, dopo il suo ritiro, non ha avuto quella grande dignità nazionale che meritava. Con una storia talmente bella che sembra un’esagerazione.

…la cosa sorprendente del libro di Echenoz è lo stile: non si avverte nessun respiro epico, il narratore sembra sedersi davanti a voi che leggete, e, sorseggiando ogni tanto un bicchiere di vino, racconta con calma senza soffermarsi a lungo sugli eventi. Non c’è mai retorica, mai aggettivi forti, c’è piuttosto il distacco ironico che pare che Emil stesso avesse contemplando le proprie imprese.
E’ un libro veramente raccontato: nessun dialogo, solo qualche discorso indiretto, appena accennato.
E anche quando l’uomo locomotiva, ormai ritirato dalle competizioni eppure ancora una specie di eroe nazionale per il popolo, trova improvvisamente la forza di alzare la voce e tuonare nelle strade di Praga contro gli invasori sovietici che stavano affossando la Primavera di Dubček, le pagine di Echenoz restano modeste (nel senso migliore), senza epica, un po’ come Zátopek, che finisce per pagare con esilio e lavori in una miniera di uranio le sue parole contro i carri armati.
Ma proprio la rinuncia all’epica lascia, alla fine del libro, l’impressione di aver conosciuto meglio Emil Zátopek, la locomotiva; lascia l’impressione di averlo avvicinato, di averlo visto correre sgraziato e con quelle smorfie, fra il delirio della folla dello stadio olimpico di Helsinki, davanti agli sguardi meravigliati ed entusiasti dei finlandesi che, si sa, hanno sempre avuto una venerazione per i fondisti…




non siamo più secondi

adesso abbiamo affiancato la Grecia... - franz


A Francesco mancano i denti per sorridere. "Ero ingegnere, avevo tutto. Poi le cose hanno preso una brutta piega, ho perso il lavoro e i denti. Avevo bisogno di cure, anche per una congiuntivite cronica. Ma dal giorno alla notte, non so come, mi sono ritrovato espulso dal sistema sanitario nazionale". Sessant'anni, ferrarese e un reddito di 38 mila euro che lo ha incastrato in una terra di nessuno. Troppo "giovane" e "ricco" per essere esentato dal ticket. Figuriamoci se ha i soldi per rimborsare i 750 euro della protesi dentale. "Ho provato a chiedere un prestito in banca, invano. E senza denti non posso nemmeno andare ai colloqui di lavoro". Ormai conserva la tessera sanitaria nel portafoglio solo per abitudine. Giusto per ricordarsi di tanto in tanto che la sua salute una volta era tutelata dallo Stato. Che c'era un tempo in cui anche per lui l'articolo 32 della Costituzione aveva un qualche senso. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo. "No, guardi, lasci perdere... ormai non è più così". Nel 2012 si stima che 1,8 milioni di cittadini italiani abbiano abbandonato il sistema sanitario pubblico, rinunciando a esami, visite, analisi. Non era mai successo prima.

ESPULSI DALLA SANITÀ -
 Non esistono solo gli esodati della pensione. Ci sono anche quelli del sistema sanitario pubblico, espulsi per quei ticket diventati all'improvviso troppo onerosi. Come Francesco, che dopo una sfilza di no e di porte sbattute in faccia, è stato costretto a rivolgersi al poliambulatorio di Emergency di Marghera, dove ha avuto la fortuna di essere curato gratis. Un'eccezione. In Italia infatti ci sono una valanga di persone per le quali i 45 euro del ticket per farsi vedere da un'oculista o i 65 euro per sottoporsi a una ecografia sono diventati troppi.

Gli italiani scappano dagli ambulatori, oppure sono gli ambulatori a scappare da loro. Questa tendenza si era già vista nel 2011, ma lo scorso anno si è manifestata in tutta la sua drammaticità. Sono i dati sui ticket sanitari a raccontarlo. Nel 2012, tra attività pubblica e convenzionata, l'incasso per le Regioni è stato di 2 miliardi e 285 milioni, cioè 549 milioni in meno di quanto era previsto. E siccome in media un italiano spende 150 euro all'anno in ticket, significa che 3,6 milioni di persone hanno rinunciato a pagarli. Qualcuno si è rivolto alle cliniche private, qualcun altro è entrato tra gli esenti per reddito ed età (guadagnano meno di 36 mila euro e hanno più di 65 anni). Ma la metà di loro, 1,8 milioni, hanno proprio rinunciato a curarsi perché pur non essendo esenti non hanno i soldi per pagarsi il ticket. Esodati. Si tratta di numeri, dietro i quali ci sono i malati e le loro storie. "I medici di medicina generale - denuncia Luca Coletto, assessore alla Salute del Veneto - mi dicono che i loro assistiti non hanno soldi. O mangiano o si curano".

Contemporaneamente, in un effetto perverso, i bilanci delle Regioni, già fiaccati dalla spending review rischiano di finire in rosso anche per colpa dei ticket non riscossi. Le Asl italiane vedono un calo della domanda di prestazioni specialistiche del 5-10 per cento, ma non possono certo eliminare i servizi. Eppure non più tardi del 2000 l'Italia era al secondo posto nel mondo per copertura assistenziale, seconda solo alla Francia. Lo sosteneva l'Organizzazione mondiale della sanità. Come siamo arrivati a questo punto? A chi si rivolge chi ha abbandonato le strutture pubbliche? Cerca di risparmiare o aspettare meno prima di consultare il medico?...

I vecchi saggi - Nicoletta Vallorani


Ci sono due modi di invecchiare: da individuo normalmente socializzato e da insegnante. L'individuo normalmente socializzato, man mano che si inoltra nella selva oscura della tarda età, guadagna un sano distacco dalle storture della vita, rivede la sua alimentazione eliminando alcune piacevolezze pericolose per l'apparato digerente, smette di fumare il tabacco e, non potendo concedersi la marijuana, si impasticca di droghe prescritte dal medico e si sintonizza su una serie di attività inoffensive – il burraco, la coltivazione dei pomodori in terrazzo, il ritaglio dei quotidiani.
Gli insegnanti, invece, invecchiano in un altro modo. Il giorno in cui si congedano dagli ambienti scolastici non coincide mai con la fine della loro missione didattica. Per come la vedono loro, il congedo è stato sempre prematuro: loro hanno ancora molte energie da spendere. Dunque che fare? È semplice: si tratta solo di riorientare i loro talenti e di individuare l'argilla da modellare e il comportamento sbagliato da emendare. Un insegnante in pensione non ha alcun modo né alcuna volontà di rinunciare alla sua missione civilizzatrice. Viaggia appesantito dal suo fardello, ma al tempo stesso è fiero della missione etica che deve compiere.
Per conseguenza, l'insegnante in pensione non si limita ad andare al circolo per giocare a carte…

un sindaco ragazzino


Qualche giorno fa si è sfilato la fascia tricolore da sindaco non appena la processione religiosa cui stava partecipando si è fermata davanti all'abitazione di un ammalato parente del boss della camorra casalese Francesco Bidognetti. Oggi Raffaele Vitale, giovane sindaco in quota Pd di Parete (Caserta), afferma con convinzione: "quel gesto lo rifarei in qualsiasi momento; non sono un paladino della giustizia, ma quella sera non ci ho pensato un secondo a togliermi la fascia che rappresenta lo Stato, ritengo fosse un atto dovuto e doveroso verso i cittadini vista l'aria di sfiducia che si respira in tutta Italia e in particolare nelle nostre terre martoriate dai clan ma anche dalla mancanza di lavoro e opportunità. Molti concittadini infatti hanno sostenuto la mia scelta".
Per Vitale è anche e soprattutto una questione di coerenza. "Sono riuscito - spiega - ad ottenere la villa confiscata al boss Bidognetti dove a maggio organizzeremo una mostra, ho intitolato il poliambulatorio al medico Gennaro Falco, vittima innocente della camorra (ucciso nel 1993, ndr); che esempio avrei dato ai cittadini se mi fossi fermato con il resto della processione quella sera? Capisco il parroco (don Emilio Tamburino, ndr), che deve tener conto di valori cristiani come la pietà e la solidarietà, ma come sindaco rappresento le istituzioni, e la camorra deve sapere che qui facciamo sul serio".
Non si sente in trincea Vitale, nemmeno rispetto al suo partito, inizialmente un pò freddo nell'attestargli la vicinanza dopo il suo gesto. "I vertici provinciali mi hanno chiamato in questi ultimi giorni. Il Pd è impegnato nella lotta contro i clan, ma è necessario anche che abbia una linea politica netta e chiara, ora assente, per risolvere i problemi sociali che attanagliano il nostro territorio. Senza lavoro i clan avranno sempre manodopera". Per Vitale dunque c'è ancora molto da fare. "Le istituzioni devono fare di più sotto il profilo culturale, questo è il momento visto che tra i cittadini c'è la voglia di cambiare" conclude.

giovedì 25 aprile 2013

Salviamo la piccola e media impresa!


Oggi ho bisogno del Vostro aiuto per scatenare una tempesta perfetta di sensibilizzazione per accogliere l’urlo disperato che proviene dalle nostre piccole e medie imprese, di cui molti di Voi ganno parte, ho intenzione di condividere con Voi cari compagni di viaggio un’iniziativa partita ieri che mira a sensibilizzare attraverso la consapevolezza dell’opinione pubblica e soprattutto delle istituzioni politiche e finanziarie di questo Paese sul problema del corto circuito tra imprese e credito che sta destabilizzando buona parte delle piccole e medie imprese virtuose di questo Paese.
La questione finanziaria è solo uno dei tanti problemi con i quali combattono quotidianamente le nostre imprese, oltre ad una insopportabile oppressione fiscale e burocratica e una sostanziale trappola valutaria che si aggiunge ai problemi strutturali che da sempre contraddistinguono le nostre aziende.
Ricordo a tutti che per firmare la petizione basta solo nome e cognome e una mail di riferimento e nient’altro, solo un pò di buona volontà e sensibilità verso un problema che coinvolge tutti nessuno escluso.
Come abbiamo spesso condiviso, il nostro Paese ha un’economia la cui colonna vertebrale è costituita da milioni di piccole e medie imprese, microimprese, cooperative. Secondo l’ultimo rapporto ISTAT nel 2010 circa il 95 % delle aziende italiane aveva meno di 10 dipendenti con una media inferiore a 4 dipendenti per azienda e da lavoro a circa il 47,8 % della forza lavoro complessiva, generando valore aggiunto per circa 708 miliardi di euro.

Nel 2011 secondo FondazioneImpresa le imprese fino a 15 addetti hanno assunto oltre il 62% dei giovani occupati nel periodo.  Le microimprese, quelle che hanno meno di 10 addetti, hanno assunto complessivamente 240 mila giovani, il 50% del totale dei nuovi giovani assunti. Di contro la grande impresa (da 50 addetti in su) ha assunto solo il 17,4% dei giovani nell’ultimo anno.
Si aggiunga che il mondo cooperativo con circa 1,4 milioni di lavoratori,  in Italia contribuisce al 7,4% dell’occupazione secondo dati Censis con un aumento dal 2007 al 2011 del 8 % dei livelli di occupazione, unico settore in controtendenza nella crisi.
Come avrete notato nelle ultime settimane ho più volte posto la “provocazione” secondo la quale, non si riesce a comprendere al di la delle limitazioni statutarie,  per quale motivo la Banca d’Italia o la BCE non possano intervenire fornendo liquidità alle PMI europee come hanno fatto con il sistema bancario, con politiche monetarie non convenzionali, scontando i crediti commerciali verso le pubbliche amministrazioni statali, attraverso la formula dello sconto pro soluto con la cessione del proprio credito alla banca la quale lo utilizzerà per accedere ad ulteriore liquidità presso la BCE .
Fatta questa premessa ecco per quale motivo oggi Icebergfinanza lancia una nuova petizione su …

  CHANGE.ORG

dal titolo FATE PRESTO SALVATE LA PICCOLA E MEDIA IMPRESA , per mettere in risalto una discussione che troppo spesso avviene nelle seconde pagine o nelle sale ovattate delle discussioni accademiche, senza coinvolgere l’economia reale o la gente comune,  con lo scopo di sensibilizzare l’ opinione pubblica e le forze politiche e istituzionali del nostro Paese, nei confronti di una soluzione che potrebbe dare una svolta decisiva allo scongelamento del credito in tutta Europa, anche se oggi i problemi sono strutturali e vanno bel al di la di questa iniziativa.
continua qui



A Roma si stanno dividendo le ossa e le poltrone della Seconda Repubblica. Nel frattempo l'economia non aspetta. Ogni minuto chiude un'impresa. Questo autunno potremmo raggiungere il punto di non ritorno. Il MoVimento 5 Stelle ha nel suo programma due punti fondamentali: la solidarietà sociale, attraverso il reddito di cittadinanza, e le misure per le PMI. Il tessuto delle PMI si sta deteriorando come una grande tela di ragno i cui filamenti di seta si rompono uno a uno fino alla sua completa distruzione. Senza questa tela l'Italia è spacciata. La finanza pubblica si regge grazie ad essa. In questi mesi vi sono stati numerosi contatti con piccoli e medi imprenditori e persone del M5S. Ci chiedono di aiutarli a sopravvivere. Molti sono alla canna del gas e ci guardano come se fossimo la loro ultima possibilità di salvezza. La politica finora seguita dal governo è stata l'aumento delle tasse su privati, imprese, consumi. Un'impostazione suicida che sta trasformando il Paese in un deserto e che ha come obiettivo di mantenere inalterati i privilegi, gli sprechi e i costi della politica e di porre al vertice della piramide le banche e la finanza al posto della produzione…

mercoledì 24 aprile 2013

l'Ulisse di Barbara Spinelli


La realtà vista da Grillo è difficilmente confutabile: è la sconfitta, enorme, vissuta sabato dall'Italia del rinnovamento. E il trionfo, non meno vistoso, dei piani del demiurgo di Forza Italia: il Pd ridotto molto democraticamente in ginocchio; poi un governo di larghe intese; poi la vittoria elettorale del Pdl. E all'orizzonte, non lontano: Berlusconi capo dello Stato. Parlando alle Camere, lunedì, Napolitano ha definito perfettamente consona alla democrazia europea la coalizione "tra forze diverse". L'orrore che essa suscita, l'ha analizzato in termini psicologici: è una "regressione" faziosa. Un'immaturità smisuratamente tenace. Mai Berlusconi è stato così banalizzato. Mai è apparso lo statista che solo nevrotici bambinizzati avversano.

Ma Grillo sa qualcosa di più. La morte della sinistra italiana, prima innescata dal rifiuto di 5 Stelle di accettare un comune governo, poi accelerata dal no del Pd a candidati di svolta, suggella l'apoteosi, più vasta, di chi da tempo vede l'Europa assediata da dissensi cittadini subito bollati come populisti, quindi euro-distruttori. La speranza che l'Unione cambi, anche su spinta italiana, certo non scompare: presto, nel giugno 2014, voteremo per un Parlamento europeo che finalmente designerà chi sta al timone, alla Commissione di Bruxelles. Ma in Italia è stasi. Il folle volo degli innovatori, come quello di Ulisse verso virtute e canoscenza, da noi s'infrange, e il mare dello status quo sopra di lui si chiude.

Le due cose vanno insieme: la rifondazione delle democrazie, ferite dalle terapie anti-crisi, e un bene pubblico comunitario che i cittadini europei possano far proprio, e influenzare. Chi si batte su ambedue i fronti è chiamato populista perché semplicemente s'è messo in ascolto dei popoli indignati, grandi assenti nelle oligarchie che fanno e disfano l'Unione…

Lecca lecca, no scusate, Letta al governo


“Mario, quando vuoi, dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall'esterno. Sia ufficialmente (Bersani mi chiede ad es. di interagire sulla questione dei vice) sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono!” - Enrico (Letta)


martedì 23 aprile 2013

intervista a Stefano Rodotà

Cosa pensa delle parole di Napolitano?La prima osservazione è una conferma: l'irresponsabilità o l'interesse dei partiti hanno trascinato il presidente nella crisi che loro stessi hanno creato. Hanno messo il presidente con le spalle al muro: siamo incapaci, pensaci tu. Un passaggio di enorme gravità politica. La seconda: Napolitano è stato indotto a un discorso da presidente del consiglio. E poi c'è una terza. Sono scandalizzato: mentre Napolitano diceva dell'irresponsabilità dei partiti, quellli applaudivano invece di stare zitti e vergognarsi. Hanno perso la testa.

Piazza e parlamento non si possono contrapporre, ha detto.Vanno riaperti i canali di comunicazione fra istituzioni e società, soprattutto dopo il governo Monti, con il parlamento ridotto a passacarte. Posso ricordare che nel pacchetto della Costituente dei beni comuni ho predisposto un testo per l'obbligo di presa in considerazione da parte del parlamento dell'iniziativa popolare. Basterebbe una modifica dei regolamenti parlamentari...


dice Beppe Lopez


…non può non auspicarsi che il Pd finalmente scompaia anche e soprattutto chi è orgoglioso della storia della sinistra italiana (compreso il Pci e nonostante Togliatti, il togliattismo e i togliattini venuti dopo), chi ritiene che solo dai valori della sinistra possano essere tutelati gli interessi dei meno abbienti e degli ultimi, chi è convinto che il Paese possa incamminarsi sulla strada della dignità, della trasparenza e dell’efficienza delle istituzioni, della lotta alla corruzione, all’affarismo e alla criminalità, e della conquista del posto che gli compete nell’economia e nella società globalizzata, e chi è fermamente convinto che solo costringendo Berlusconi e il berlusconismo in condizioni di non nuocere (altro che grandi intese!) ci si potrà incamminare su questa strada
Stia al centro chi vuole stare al centro (con Renzi, con Monti e quant’altri), facendo onestamente, se ci riesce, la propria parte di moderati. Stia a sinistra (con Rodotà, con Barca, con Vendola e quant’altri) chi pone al centro della propria visione del mondo e dei propri valori la giustizia sociale. Solo così – altro che presidenzialismo, ipermaggioritario, vocazione maggioritaria… – anche chi è adesso nel Pd potrebbe finalmente riuscire a dare, insieme a vecchi e soprattutto a nuovi compagni di strada, un contributo al chiarimento e all’ammodernamento del sistema politico italiano e della nostra democrazia rappresentativa.

intervista a Barbara Spinelli


Barbara Spinelli, per cinquanta giorni il Pd ha detto di non voler fare un accordo con Berlusconi. Poi ha cercato l’intesa con il Pdl per il Colle e ora parteciperà a un governo “di larghe intese”. A quale Pd dobbiamo credere? 
Quando ci sono simili contraddizioni conta il risultato. La scelta di Marini, chiara apertura all’intesa con Berlusconi, ha rivelato che c’era del marcio nelle precedenti proposte a Grillo. Io ero a favore d’un accordo Pd-M5s, ma quel che è successo significa che in parte mi illudevo sulle reali intenzioni del Pd. Bene ha fatto Grillo, forse, a essere diffidente.
Civati ha detto: “I traditori diventeranno ministri”. 
Condivido il laconico giudizio, come molti suoi giudizi. I traditori, anche se hanno democraticamente votato, faranno il governo.
La base del Pd si è fatta sentire. Alcuni commentatori hanno criticato l’idea che la politica si faccia “con i social network”: tra questo e il non ascoltare i propri elettori e dirigenti – sono state occupate sedi del Pd in mezza Italia – c’è una bella differenza. 
Sono anni che il Pd non ascolta i cittadini, il popolo tout court. Vorrei ricordare due atti simbolici. Il primo fu di Napolitano: “Non sento alcun boom di Grillo”, e invece il boom c’era, eccome. Il secondo è della senatrice Finocchiaro. Dopo il voto a Marini, davanti alla base in rivolta, ecco l’incredibile frase: “Ma che vogliono? Io non vedo la base!”. Il Pd non vede il Paese. Perché questa criminalizzazione poi, della rete? Dire che è tutta colpa dei social network, dire che i nuovi parlamentari sono “inadeguati” (parola di Bindi): qui è l’irresponsabilità denunciata ieri da Napolitano. Inadeguati a che? A che magnifica e progressiva condotta del Pd?...
continua qui  (da Il Fatto Quotidiano del 23/04/2013)

Richie Havens - Freedom




QUI il testo, in inglese e in italiano

Enrico Berlinguer

l'ottimismo di Pippo Civati e Gad Larner


Ora attendiamo le decisioni di Napolitano. Il Pd non si occuperà nemmeno dell’arredamento: al massimo, sposterà i soprammobili.

…Davvero questi dirigenti pensano che basti cambiare la fisiognomica dei ministri, sostituendo Monti con Renzi o Letta o Amato o chichessia, perchè la maggioranza col Pdl nata nel novembre 2011 possa dare risultati migliori di quelli già severamente giudicati dagli elettori?
La forzatura con cui si vuole varare il nuovo governo entro la settimana trascina il Pd a compiere un passo esiziale di non ritorno. Una sottomissione intollerabile.

lunedì 22 aprile 2013

in quel tempo, all’assemblea costituente


…Apre la discussione sull'articolo 4:
« Durata. - Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
« Trenta giorni prima della scadenza del termine, il Presidente dell'Assemblea Nazionale convoca il Collegio previsto dall'articolo 1 per la nuova elezione del Presidente della Repubblica.
« Se una o tutte e due le Camere sono sciolte, oppure manca meno di un semestre alla fine della legislatura, l'elezione del Presidente della Repubblica avrà luogo entrò 15 giorni dalla costituzione delle nuove Camere, e i poteri del Presidente sono prorogati ».
Pone in discussione il primo comma.
TOSATO, Relatore, avverte che questo è un punto che è stato lungamente dibattuto e vi sono al riguardo pareri discordanti: secondo alcuni, la durata della carica dovrebbe essere di sei anni, secondo altri si dovrebbe precisare che il Presidente è eletto per sei anni e non è rieleggibile; altri ancora preferirebbero specificare che è eletto per sei anni e non è rieleggibile che una sola volta; infine, per quanto lo riguarda, egli preferirebbe dire semplicemente che è eletto per sette anni. Ritiene che non sia opportuno escludere la possibilità della rielezione, soprattutto data la situazione politica attuale di penuria di uomini politici, dopo venti anni di carenza di vita politica. D'altra parte, l'affermazione che non è rieleggibile potrebbe anche essere interpretata, per quanto indirettamente, in un senso poco favorevole per l'attuale Capo provvisorio dello Stato.
Né approverebbe una formula limitativa nel senso di specificare che il Presidente può essere rieletto una sola volta, in quanto ciò rappresenterebbe un vincolo morale, seppure tenue, per il collegio elettorale che nel procedere alla elezione del Presidente si troverebbe sempre di fronte alla positiva possibilità di rieleggere il Presidente cessante. A suo avviso è dunque preferibile lasciare impregiudicata la questione, rimettendola alla completa discrezionalità del corpo elettorale.
LAMI STARNUTI propone la formula: « è eletto per sette anni e non è rieleggibile », ad impedire che si apra la via ad una politica a carattere personale del Presidente.
BORDON propone di ridurre la durata in carica da sette a cinque anni.
LUSSU concorda con l'onorevole Bordon.
FUSCHINI obietta che il Senato è eletto per sei anni e, se il termine venisse ridotto, lo stesso Senato eleggerebbe due volte il Presidente della Repubblica.
PRESIDENTE pone ai voti la proposta di ridurre la durata in carica del Presidente della Repubblica a cinque anni.
(Non è approvata).
Pone ai voti la durata della carica in sei anni.
(Non è approvata).
Pone in votazione la formula:
« Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
(È approvata).
Mette ai voti il seguente emendamento aggiuntivo: « e non è rieleggibile ».
(È approvato)…

attualità di Bertolt Brecht



Al momento di marciare
Molti non sanno
che alla loro testa marcia il nemico.
La voce che li comanda
è la voce del loro nemico.
E chi parla del nemico.


domenica 21 aprile 2013

La Liberazione alla rovescia -Franco Arminio


La sinistra è arrivata col polso debolissimo sul ring delle elezioni presidenziali. Ha messo i guantoni e ha cominciato a combattere con se stessa. Gli avversari non sono saliti sul ring. L'Italia clericale e fascista non combatte a viso aperto, gli basta che vengano garantiti i propri interessi. E se questo lavoro lo fa un ex comunista non c'è problema. L'elezione di Napolitano per come è maturata è la pagina più nera della nostra storia, un venticinque aprile alla rovescia: dalla liberazione alla mummificazione. Ora quel filo di sinistra che c'è in Parlamento deve a guardare a tutta la sinistra che c'è nel paese. Ora si può fare un partito che sia ispirato a una democrazia profonda. Attento all'Europa, ma ma più ancora ai territori. Innervato dalla dimensione locale e non dai giochi di palazzo. L'elezione di Napolitano azzera di fatto il Partito Democratico e finisce un lungo equivoco. La sinistra si organizzi in un partito che non abbia nessuna compiacenza per il berlusconismo e nemmeno per gli estremisti della moderazione che allignano al centro. L'Italia ha bisogno di un vero conflitto democratico, non di agonizzanti che si prestano soccorso. Abbiamo una figura come Fabrizio Barca che può essere un ottimo punto di coagulo. Non abbiamo bisogno di un leader che parli per slogan e non abbiamo bisogno neppure del comunismo all'antica. Una sinistra radicalmente ecologista, una sinistra per niente supina alle suggestioni della grande finanza. Una sinistra che organizza il suo popolo, che unisce scrupolo e utopia, che fa politica e cultura, che amministra e crea senso, voglia di futuro. Non sarà facile, non sarà un lavoro di pochi mesi, ma non si può più restare in attesa di quello che fanno i vecchi dirigenti del Pd. Se Grillo ha preso un quarto dell'elettorato, non si capisce perché un partito veramente di sinistra non possa prendere la maggioranza dei voti. L'Italia laida e meschina esiste e va affrontata. Senza conflitto, senza sinistra, marciremo in una palude che potrebbe diventare definitiva.

Poveri Cristi - Natalino Balasso

dice Stefano Rodotà


Il senso politico di quel che sta avvenendo è sotto gli occhi di tutti. Si tratta di una partita con un finale annunciato da molti giorni, e del quale ero ben consapevole. L'ho giocata per vedere se era possibile prendere sul serio le molte cose che si dicono sulla nuova politica. Penso di aver dato un piccolo contributo alla politica in pubblico alla quale sono da sempre affezionato. A qualcuno non è piaciuto.

3 giugno 1992

sabato 20 aprile 2013

dice Franco Battiato


"Ci sono troie in giro in Parlamento che farebbero di tutto, dovrebbero aprire un casino"

una salma al Quirinale?


Nella mattinata si era diffusa la voce che i grandi elettori avevano concordato di sondare la disponibilità all'elezione di Francisco Franco, uomo d'ordine perfetto per questi tempi disordinati.
Ma, vuoi perché non aveva passaporto italiano, vuoi perché per cause di forza maggiore era indisponibile, i grandi elettori hanno optato per Giorgio Napolitano.
L'abbiamo scampata bella! 


Ecco perché il PD non vuole #Rodotà - Pierpaolo Farina


“Ma io mi domando perché il Pd non vuole Rodotà? Cos’è, non si fidano? Forse perché Rodotà è stato deputato del Pci, ministro ombra di Occhetto, co-fondatore, presidente e parlamentare europeo del Pds? Più di così cosa doveva fare? Fare da scudo umano a Togliatti nell’attentato del 1948?”
Le parole di Maurizio Crozza interpretano alla perfezione il sentimento di almeno il 60% del popolo italiano. Quello che, nonostante 57mila firme e manifestazioni di piazza, pare non essere minimamente considerato dai cosiddetti suoi rappresentanti di casa PD. Sì, perché, qualora se lo fossero dimenticato, stando all’art.67 ciascun deputato rappresenta tutta la Nazione, non solo i propri elettori.
Sul perché il PD non voglia Stefano Rodotà io una teoria ce l’ho. E  ho anche qualche fatto a suo sostegno. Ma spero di essere velocemente smentito. Tutto ha inizio nel 1991, quando esce un libro di Gianni Barbacetto ed Elio Veltri, “Milano degli Scandali”, che smontava il mito di Milano capitale morale del paese ben prima dell’arresto di Mario Chiesa. La prefazione a quel libro era firmata da Stefano Rodotà, da poco presidente del neonato PDS, il quale scriveva:
Spero almeno che qualcuno, leggendo questo libro, si vergogni, non dico si ravveda. E molti altri comincino a rendersi conto che proprio da qui deve cominciare una reazione. Che la ricostruzione della moralità pubblica è, oggi, il più ricco dei programmi politici, e la più grande delle riforme.”
In quel libro veniva anche messa sotto accusa la gestione migliorista del PCI di Milano, cosa che avrebbe portato poi il PDS alla prima piccola vendetta contro il suo presidente così poco malleabile e indipendente: il 3 giugno 1992 gli preferì Giorgio Napolitano, capo dei miglioristi, alla presidenza della Camera. Sono fatti così, i post-comunisti: compagni e fratelli un minuto prima, ma se gli fai notare che stanno sbagliando, ti linciano senza troppi complimenti…