…Questo accanimento
sull'Imu, in un paese che ha perso 8 punti di Pil in cinque anni e che ha un tasso di disoccupazione giovanile attorno al 40 per cento, lascia francamente basiti. È ovvio che in
un paese di proprietari di abitazioni, proporre l’eliminazione dell’imposta
susciti consensi diffusi ed entusiasmi bipartisan. Ma si deve tener conto anche
delle alternative: dove trovare le risorse per finanziare l’eliminazione
dell’imposta, in primo luogo, ma anche chiedersi a quali altri utilizzi,
diversi dall'abolizione dell'Imu, si potrebbero destinare quelle stesse
risorse.
A questo proposito, è bene anche ricordare i vantaggi dell’Imu. In primo luogo, come dimostrano le stime, con tutti i suoi difetti, l’Imu sulla prima abitazione se la cava benino in termini redistributivi. Circa la metà delle famiglie italiane non la paga o perché non possiede un’abitazione (e questi sono generalmente i più poveri) o perché la detrazione annulla l’onere di imposta. Poi, il pagamento dell’Imu, in misura maggiore della vecchia Ici, è concentrato prevalentemente sugli scaglioni di reddito più elevati, come è ovvio visto che esiste un correlazione positiva tra il reddito e il valore del patrimonio immobiliare.
In secondo luogo, si devono considerare le alternative. Per recuperare i quattro miliardi di gettito dell'Imu sulla prima casa (che diventerebbero otto se, come vuole il Pdl, si restituisse anche l’imposta già pagata) , bisognerebbe aumentare le tasse sui redditi, dei lavoratori o delle imprese, o sui consumi. Ed è difficile argomentare che nelle condizioni di crisi economica attuale, tagliare un’imposta sul patrimonio per aumentarne una sui redditi o sui consumi sia la cosa migliore da fare da un punto di vista di crescita o di distribuzione del carico fiscale. Si può senz'altro cercare di ridurre, invece, la spesa pubblica. Ma in questo caso vorrei si dicesse esattamente quali spese si intende tagliare. E di nuovo, se si trovano quattro o otto miliardi riducendo le spese, forse sarebbe meglio spenderli per tagliare il costo del lavoro, fiscalizzando gli oneri sociali sui nuovi assunti, o per finanziare interventi di welfare più sensati a protezione delle nuove povertà. E se invece si intende semplicemente aumentare il debito pubblico, ammesso che si possa fare, è bene ricordarsi che questo vuol dire soltanto nuove e maggiori tasse in futuro (ci sono da pagare anche gli interessi), di nuovo sui redditi o sui consumi, visto che l’imposta sulla proprietà immobiliare verrebbe abolita.
In conclusione, il dibattito sull’Imu mostra un tasso di populismo davvero preoccupante. Se le forze favorevoli alla sua abolizione dovessero prevalere, sarebbe il caso di renderne almeno espliciti i costi alla opinione pubblica. Se, per dire, si decide di abolire l’Imu finanziandola con un incremento dell’Iva o dell’Irpef, oppure con un bel taglio alle pensioni, lo si faccia scrivendo esplicitamente “contributo straordinario per finanziare l’abolizione dell’Imu”. Vediamo se il consenso straordinario e bipartisan a favore dell’abolizione dell’imposta resterebbe a quel punto invariato…
A questo proposito, è bene anche ricordare i vantaggi dell’Imu. In primo luogo, come dimostrano le stime, con tutti i suoi difetti, l’Imu sulla prima abitazione se la cava benino in termini redistributivi. Circa la metà delle famiglie italiane non la paga o perché non possiede un’abitazione (e questi sono generalmente i più poveri) o perché la detrazione annulla l’onere di imposta. Poi, il pagamento dell’Imu, in misura maggiore della vecchia Ici, è concentrato prevalentemente sugli scaglioni di reddito più elevati, come è ovvio visto che esiste un correlazione positiva tra il reddito e il valore del patrimonio immobiliare.
In secondo luogo, si devono considerare le alternative. Per recuperare i quattro miliardi di gettito dell'Imu sulla prima casa (che diventerebbero otto se, come vuole il Pdl, si restituisse anche l’imposta già pagata) , bisognerebbe aumentare le tasse sui redditi, dei lavoratori o delle imprese, o sui consumi. Ed è difficile argomentare che nelle condizioni di crisi economica attuale, tagliare un’imposta sul patrimonio per aumentarne una sui redditi o sui consumi sia la cosa migliore da fare da un punto di vista di crescita o di distribuzione del carico fiscale. Si può senz'altro cercare di ridurre, invece, la spesa pubblica. Ma in questo caso vorrei si dicesse esattamente quali spese si intende tagliare. E di nuovo, se si trovano quattro o otto miliardi riducendo le spese, forse sarebbe meglio spenderli per tagliare il costo del lavoro, fiscalizzando gli oneri sociali sui nuovi assunti, o per finanziare interventi di welfare più sensati a protezione delle nuove povertà. E se invece si intende semplicemente aumentare il debito pubblico, ammesso che si possa fare, è bene ricordarsi che questo vuol dire soltanto nuove e maggiori tasse in futuro (ci sono da pagare anche gli interessi), di nuovo sui redditi o sui consumi, visto che l’imposta sulla proprietà immobiliare verrebbe abolita.
In conclusione, il dibattito sull’Imu mostra un tasso di populismo davvero preoccupante. Se le forze favorevoli alla sua abolizione dovessero prevalere, sarebbe il caso di renderne almeno espliciti i costi alla opinione pubblica. Se, per dire, si decide di abolire l’Imu finanziandola con un incremento dell’Iva o dell’Irpef, oppure con un bel taglio alle pensioni, lo si faccia scrivendo esplicitamente “contributo straordinario per finanziare l’abolizione dell’Imu”. Vediamo se il consenso straordinario e bipartisan a favore dell’abolizione dell’imposta resterebbe a quel punto invariato…