Non credo che uccidersi sia un
gesto inspiegabile. Inspiegabile è la
distorsione cognitiva della classe politica che ci governa, che a fronte di un
milione e mezzo di persone in cerca di lavoro che ha più di 35 anni e un altro
milione (quasi) che è tra i 25 e i 34 anni, parla solo dei 655 mila giovani senza
lavoro, che sono ragazze e ragazzi con un’età compresa tra i 15 e i 24 anni.
Per un inspiegabile fenomeno, i governanti e governatori di questo strano Paese
sembrano vedere e ragionare solo del 20 per cento circa della disoccupazione
complessiva, costituito appunto dai giovani tra i 15 e i 24 anni, mentre non
danno segno di accorgersi dell’80 per cento della massa di disoccupati e
disoccupate, costituito da due milioni e mezzo circa di adulti, che hanno
superato i 25 anni e in larga parte anche i 35: in Italia ci sono 770 mila persone disoccupate che hanno più di 45 anni.
Al
di sopra dei 35 anni di età si tratta in larga parte di genitori disoccupati.
Genitori con figli piccoli o con figli adolescenti, che vanno a scuola – o
dovrebbero andarci – e stanno attraversando una fase della vita cruciale per il
loro futuro. Qual è il danno che viene causato alle loro opportunità e alla
qualità della loro esistenza dalla disoccupazione e dalla precarietà dei
genitori, dall’insicurezza economica della famiglia, dalle preoccupazioni e
dall’ansia che nascono dalla mancanza di un lavoro e di un reddito sicuro? Qual
è la misura del danno e quanto può essere accettabile? Al milione e mezzo di persone
disoccupate che hanno più di 35 anni si aggiungono più di 500 mila lavoratori e
lavoratrici in cassa integrazione: nessuno di loro è giovane e
neppure vecchio, tutti hanno una famiglia, molti hanno figli, una casa, un
mutuo o un affitto da pagare…
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