Il rispetto della scuola pubblica
La scuola pubblica, la dignità e la libertà di
insegnamento
1.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno chiesto di partecipare a questo incontro e
di dare il mio modesto contributo alla difesa della scuola. Nel 70º
anniversario della Liberazione, da cui è nata la nostra Costituzione, siamo
chiamati a difendere la
scuola pubblica dall’attacco
del Governo contro insegnanti precari e di ruolo e i quota 96, vittime di gravi
ingiustizie commesse da parte dei Governi degli ultimi 30 anni. È un attacco,
quello attuato con la legge in discussione in Parlamento,contro la
democrazia e la Costituzione e contro il diritto degli studenti a ricevere
gratuitamente una seria educazione e formazione culturale e morale a vantaggio
della loro persona e della collettività. A differenza dello Stato totalitario,
lo Stato democratico, perseguendo l’interesse collettivo alla cultura, lascia
alle persone libertà di formarsi e non stabilisce con arbitraria sopraffazione,
quello che è etico e giusto insegnare (Atti costit relazione A Moro 18 ottobre
1946).
Questa
libertà di contenuti oggi è minacciata dalla riforma del Governo.
Quella
che conduciamo oggi, e dobbiamo proseguire in avvenire, è una battaglia di
libertà e di dignità dei docenti precari e di ruolo. Ai quali va riconosciuto
il diritto di insegnare alle nuove generazioni il frutto della propria
esperienza intellettuale e di aiutarle ad aprirsi coscienti alla vita, diritto
costituzionalmente garantito col riconoscimento della funzione socialedell’insegnamento.
Questa funzione lo Stato deve soddisfare, ponendo a disposizione degli
studenti, docenti preparati e ben retribuiti, affinché possano migliorare la
propria formazione culturale ed etica nell’interesse degli studenti. (atti
costituente relazione Moro ib). Ed è questo dovere dello Stato, di organizzare
la scuola come un servizio pubblico per preparare i giovani ad assumere
funzioni sociali, che con la riforma viene violato umiliando i docenti col
licenziamento, precarietà e retribuzioni inadeguate.
Contro
questa politica, che danneggia la scuola pubblica e l’interesse collettivo,
docenti, studenti e lavoratori devono mobilitarsi per una nuova Resistenza. Ma
occorre anzitutto l’unità dei docenti, di ruolo e precari, condizione necessaria per la difesa della scuola
pubblica. Siamo più che mai convinti che se la
scuola pubblica non
vuole subire nuove
sconfitte, deve affrontare compatta
e non divisa le forze
del privilegio e della reazione, che 70 anni dopo la Liberazione, non sono
morte, ma, come appare da molti segni evidenti, sono più vive che mai e tentano di umiliare la scuola
di Stato con grave pericolo per la democrazia.
Ogni
volta che tra gli insegnanti si verificano divisioni,
alimentate ad arte dai nemici della scuola, le forze della conservazione, ne profittano per ridurre i diritti dei docenti a
una retribuzione adeguata ai loro altissimi compiti, alla dignità del lavoro e
alla libertà di insegnamento.
L’istruzione
pubblica deve tornare a
essere, contro la controriforma, punto
centrale del
nostro sistema morale e politico, lostrumento più alto per la
formazione umana della
nostra comunità nazionale, l’ambiente più favorevole per risolvere i problemi
sociali e politici e soddisfare l’ansia di un mondo più giusto. Agli
insegnanti, anima della
scuola, umiliati e offesi dai vari Governi che si sono alternati, vadano il rispetto, la
fiducia, la comprensione e la gratitudine dei cittadini, riconoscendo ad essi
la funzione sociale di aiutare
coloro che affrontano le quotidiane fatiche intellettuali per sostenere la vita
nuova che avanza dei nostri amati studenti. ( Atti costit relazione A Moro 18
ottobre 1946).
2.La riforma del Governo va contro l’interesse del paese a una
vita scolastica più adeguata
alla realtà dei tempi, più
vicina ai cittadini, più in grado di preparare
i giovani ad affrontare i problemi di una
società in profonda crisi a
causa delle diseguaglianze tra una piccola classe di privilegiati, che
godono di retribuzioni enormi, e una grande massa di cittadini, tra cui i
docenti, che vivono in uno stato di bisogno.
Ma la libertà senza eguaglianza non esiste, è una falsa libertà. Il docente che
non ha un lavoro stabile e una retribuzione dignitosa, non ha la serenità
necessaria per educare i nostri amati giovani alla vita e alla lotta per i
diritti civili e politici. È persona
in apparenza libera, ma di fatto schiava, è una non persona. E noi
cittadini abbiamo il dovere di ribellarci a tutto questo.
Questa
riforma viola principi fondamentali della Costituzione, anzitutto l’art. 3,
secondo cui è compito
della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale
che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e la effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori , tra cui gli insegnanti, alla organizzazione politica, economica e
sociale dello Stato. E l’art. 36 secondo cui i docenti hanno diritto a una retribuzione
adeguata alla qualità e quantità del lavoro svolto e tale da garantire una vita libera e
dignitosa. Ma anche l’art. 4 secondo cui lo Stato deve rendere effettivo il
diritto al lavoro, e l’art. 33 sulla libertà di insegnamento.
3. Per
questo preoccupa e indigna l’attacco del
Governo agli insegnanti. Il presidente Matteo Renzi, dopo avere
promesso il 12 marzo 2015, l’assunzione di 150.000 precari, presenta un disegno
di legge che lascia ai docenti di ruolo lo stipendio immorale di 1.800 euro al mese dopo 30 anni, e minaccia di licenziare circa 100.000
precari, retribuiti con stipendi indecorosi. Non percependo la
diseguaglianza dovuta agli enormi e ingiusti stipendi attribuiti a caste
privilegiate, tra cui i dirigenti di enti pubblici, spesso coinvolte in gravi
episodi di corruzione, degli enormi sprechi nelle grandi opere spesso inutili
come TAV, Expo e Mose, segnalati dall’UE nel rapporto del 3
febbraio 2014, di denaro pubblico che si verifica, e della corruzione impunita
che costituisce una tassa immorale di 70 miliardi di euro ogni anno(Corte
Conti). E ignorando che la scuola è (Calamandrei) “un organo costituzionale come Parlamento, Governo e
magistratura anzi ancora più importante, poiché l’insegnante ha un compito
ancora più difficile, istruire e formare i giovani. La scuola è “organo centrale della
democrazia” “da essa
parte il sangue che rinnova giornalmente tutti gli altri organi, giorno per
giorno”.
4.La
riforma minaccia la
libertà degli insegnanti (art 33), che
saranno costretti ad abbracciare una fede politica, una dottrina filosofica,
una ideologia, una scelta educativa e non verità, che viene dall’alto, mentre
essi hanno diritto di dare e ricevere criticamente diverse opinioni politiche,
diverse filosofie, diverse ideologi (N.Bobbio). La scuola libera non vuol dire scuolaindifferente
alla sorte del Paese e alla democrazia, né da parte dell’insegnante,
che deve avere le sue convinzioni, né da parte dell’allievo, che non deve
essere un ricettacolo passivo di tutto quello che legge o ascolta. Il principio
etico su cui si fonda la libertà nella scuola è la tolleranza. La
tolleranza è rispetto delle opinioni altrui. Tolleranza significa che è lecito
e doveroso , il confronto, perché dal confronto deriva tanto da una parte
quanto dall’altra una convinzione diversa da quella da cui eravamo partiti.
(Bobbio)
La
riforma, attribuendo al
dirigente scolastico “le scelte didattiche e formative e la valorizzazione
delle risorse umane e del merito dei docenti”, viola il principio
della libertà di insegnamento tipica della scuola di Stato, ma anche la
meritocrazia .
5. Aristotele esaltava la
scuola pubblica 450 anni prima di Cristo dicendo “che il
legislatore deve preoccuparsi soprattutto dell’educazione dei giovani; ed è questo, che
trascurato in uno Stato, rovina la democrazia. E poiché lo Stato ha un
unico fine, il bene comune, è
evidente di necessità che anche l’educazione sia unica e uguale per tutti, che la
cura di essa sia pubblica e non privata, come adesso fa ognuno
prendendosi cura in privato dei propri figli e impartendo loro l’insegnamento
che gli piace”. ( Aristotele La politica editori Laterza p 263- 264)
È
evidente, dunque, che deve esserci una legislazione sull’educazione e che
questa deve perseguirsi in comune; quale sia l’educazione e come la si debba
impartire non deve restare nascosto”(Aristotele Politica editori Laterza p
264).
Ed
invece il Governo finanzia le scuole private come le scuole pubbliche, mentre
la Costituzione dice “enti
e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza
oneri per lo Stato”. Anzi
la riforma Renzi peggiora la legge Berlinguer 2000, pone scuole statali e private sullo
stesso piano. Un’assurdità! Se prevarrà la scuola privata, costosa e
confessionale, molti studenti saranno esclusi dall’istruzione a causa della
povertà e della fede non cattolica. Mentre la scuola pubblica è laica, aperta a
tutti e gratuita.
Contro
la riforma, chiediamo che il merito sia valutato non dal dirigente scolastico,
ma con criteri oggettivi fissati da leggi e regolamenti. Diceva Aristotele: “È preferibile, senza dubbio, che
governi la legge più che un qualunque cittadino. Chi raccomanda il governo
della legge raccomanda il governo della ragione; mentre chi raccomanda il governo
dell’uomo vi aggiunge anche quello della passione sconvolge anche gli uomini
migliori. Mentre la legge è ragione senza passione... quelli che stanno ai
posti di governo (anche nel governo della scuola nda) sono soliti fare molte
cose per dispetto o per favore”(Aristotele politica Laterza 93 p 108-109)
6. La riforma si risolve
ancora una volta in tagli alla scuola pubblica, alle università statali e a
centinaia di migliaia di studenti. L’idea
è assoggettare
la scuola alle leggi del mercato e dell’efficientismo come si è fatto per il lavoro trattato
come una merce. Ma la
Repubblica non si ispira a principi utilitaristici ma con lo studio gratis,
deve adempiere ai doveridi solidarietà
politica economica e sociale .
Tutto
questo va contro la democrazia. L’insegnante, temendo il licenziamento, non
sarà più libero di esprimere il proprio pensiero ma dovrà seguire
scelte didattiche di regime che ledono la libertà del docente e dell’allievo di
non essere indottrinato. L’allievo sarà condizionato da insegnanti cui è
precluso il diritto di esprimere un’opinione critica, un giudizio
politico o morale sulla classe dirigente una valutazione della correttezza
dell’azione del Governo.
7. Il costo della scuola pubblica è diventato insostenibile per milioni
di lavoratori e ancor più quello della scuola
privataaperta solo ai ricchi; ma
il monopolio della ricchezza porta
fatalmente al monopolio
della cultura, sicché le scuole medie ed universitarie, sbarrate agli
ottimi quando sono figli di poveri, si riempiono
di mediocri e anche di pessimi, figli di ricchiche diventano pessimi professionisti,
pessimi magistrati, pessimi politici e pessimi governanti che pensano al loro vantaggio
personale e non al bene comune.
Verrà
a mancare quel continuo
ricambio attraverso il
quale si verifica senza
posa, nelle vere democrazie, il
rinnovamento della classe politica di governo, che non deve rimanere una casta
chiusa, come oggi, ma
deve essere la
espressione aperta e mutevole delle forze più giovani e meritevoli della
società. Ed è in questo cristallizzarsi del potere nelle mani diuna
minoranza inetta e ignorante, la ragione delle diseguaglianze sociali
e del declino della
classe dirigente, esaltata
da media asserviti e da intellettuali senza nerbo e senza dignità. Ed è qui da
la causa del trionfo del
nuovo fascismo che si ammanta di democrazia, in questa fiacchezza, in questa anemia,
in questa indifferenza popolare, narcotizzata dai grandi fratelli e dalle
fiction.
La
sola speranza di riscatto viene da docenti e studenti, che non siano
condizionati dal ricatto di un governo insolente e prepotente .
Nella
nostra fragile ed ingiusta democrazia, la
scelta di governanti non cade su persone culturalmente dotate, ma,
grazie ad una scuola impoverita e umiliata, su mediocri che ignorano
il bene comune e l’eguaglianza dei diritti sociali. Mentre si tende a
privilegiare una scuola privata riservata alle classi benestanti.
Laddove,
attraverso il potere discriminatorio della istruzione, il governo democratico
che dovrebbe essere aperto ai meritevoli, resterà il governo dei ricchi, non
progrediremo verso l’eguaglianza dei diritti sociali, necessaria per lo
sviluppo del paese. Di tutti i privilegi che la ricchezza conferisce agli
abbienti, anche se incapaci, quello
della istruzione è il più ingiusto, odioso e pericoloso. L’uomo e la
donna figli di operai e contadini non potranno mai esser capaci di accedere
alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, come previsto dall’art. 51
della Costituzione, se non si garantisce loro una educazione sufficiente per
prendere coscienza di sé, per alzare la testa dalla terra, e per intravveder
fini più alti che non siano quelli di saziare gli stimoli della fame.
Dopo l’asservimento a una oligarchia dominante del
sistema mediatico TV e
della carta stampata, che con adulazione esalta il Presidente del
Consiglio non lasciando spazio alla critica, dopo il nuovo conformismo di molti
intellettuali alla ricerca di protettori, il solo comparto da soggiogare resta la
scuola pubblica. E questo il Governo sta facendo.
Rivolgo
un appello al Presidente della Repubblica, garante supremo della Costituzione,
affinché, in ossequio all’art. 54 della Costituzione -per il quale i cittadini
cui sono affidate funzioni pubbliche come Governo e Parlamento debbano
osservare la Costituzione con disciplina e onore-, intervenga fin da ora per
richiamare il Governo sulle palesi illegittimità costituzionali presenti nella
riforma sulla scuola pubblica in discussione davanti alle Camere.
Rivolgo
un appello a tutti gli insegnanti a battersi uniti in difesa della scuola
pubblica, ma anche agli studenti perché amino e rispettino i loro insegnanti
precari e di ruolo e il sacrificio che essi sopportano giorno per giorno. Gli
studenti, i lavoratori e i disoccupati devono scendere in campo accanto agli
insegnanti in difesa della scuola pubblica gratuita, della dignità dei docenti
e contro l’abbandono scolastico. Guai a spezzare questa unità di docenti
studenti e lavoratori, ogni rinnovamento si arresta. Dobbiamo ribellarci e dire
un no netto alla riforma liberticida del Governo, che intacca le nostre libertà
e la nostra democrazia, e chiedere al Governo di riconoscere il posto di lavoro
agli insegnanti precari, una categoria benemerita che tanto fa per i nostri
studenti, i diritti violati di quota 96, e perché il governo garantisca
stipendi adeguati a insegnanti di ruolo e non di ruolo. Dobbiamo pretendere dal
Governo che i miliardi assegnati alle grandi opere, che sono spesso inutili
tanto da restare incompiute, veri e propri tangentifici e distruttori
dell’ambiente, siano invece destinati alla scuola pubblica, che è pilastro
della nostra democrazia, e alle migliaia di precari da stabilizzare. Vogliamo
che dalla classe operaia possano uscire, attraverso la scuola pubblica aperta a
tutti, uomini come Giuseppe Di Vittorio e Sandro Pertini. Forze vive capaci di
rinnovare la classe dirigente, giovani che non si lascino prendere dal mito del
successo, che premia spesso ingiustamente chi ottiene molto senza dare niente,
perché siano gli alfieri di una Nuova Resistenza. Viva la scuola pubblica viva
gli insegnanti precari e di ruolo di ogni scuola, viva la democrazia e la
libertà.
Ferdinando Imposimato