La Libertà Non Sta Nello Scegliere Tra Bianco E Nero, Ma Nel Sottrarsi A Questa Scelta Prescritta. (Theodor W.Adorno)
martedì 31 gennaio 2017
Cronaca di una montatura - Alexik
28 gennaio 2016. h. 10
È freddo davanti ai cancelli del carcere di Modena, quel freddo umido che ti entra nelle ossa.
È la prima volta che ci vengo, ma non è stato difficile trovarlo, seguendo i gruppetti dei lavoratori che gli si avvicinano alla spicciolata.
Dietro quelle sbarre e quei muri c’è Aldo Milani, coordinatore nazionale del Si Cobas.
Non lo conosco personalmente. Sono qui per capire, anche se in realtà alcune risposte me le sono già date, da quando i TG hanno cominciato ad infangarlo a reti unificate.
È freddo davanti ai cancelli del carcere di Modena, quel freddo umido che ti entra nelle ossa.
È la prima volta che ci vengo, ma non è stato difficile trovarlo, seguendo i gruppetti dei lavoratori che gli si avvicinano alla spicciolata.
Dietro quelle sbarre e quei muri c’è Aldo Milani, coordinatore nazionale del Si Cobas.
Non lo conosco personalmente. Sono qui per capire, anche se in realtà alcune risposte me le sono già date, da quando i TG hanno cominciato ad infangarlo a reti unificate.
“Avevano appena intascato una
mazzetta. Due sindacalisti della sigla Si Cobas sono stati arrestati in
flagranza di reato dalla polizia a Modena … L’ accusa è di estorsione aggravata
e continuata nei confronti di un noto gruppo industriale che opera nel settore
della carne. Motivo: ammorbidire le pressioni delle proteste.”
Un’accusa infamante, l’accusa ‘perfetta’
se vuoi distruggere un compagno.
Perfetta per i borghesi, inorriditi dal ricatto contro i poveri imprenditori vessati, ma perfetta anche per insinuare il dubbio, stimolare la rabbia di chi viene indotto a credere che le lotte siano state svendute per denaro.
Perfetta per i borghesi, inorriditi dal ricatto contro i poveri imprenditori vessati, ma perfetta anche per insinuare il dubbio, stimolare la rabbia di chi viene indotto a credere che le lotte siano state svendute per denaro.
I TG hanno anche esibito la così detta
‘prova regina’, pochi secondi di un video senza audio che mostra quattro
persone attorno al tavolo di una trattativa sindacale, due delle quali si
passano una busta.
A seguire, le immagini di repertorio delle cariche sui picchetti dei lavoratori della logistica, poste ad arte per suggerire il teorema della ‘durezza dei blocchi’ come fase preliminare dell’epilogo estorsivo.
A seguire, le immagini di repertorio delle cariche sui picchetti dei lavoratori della logistica, poste ad arte per suggerire il teorema della ‘durezza dei blocchi’ come fase preliminare dell’epilogo estorsivo.
‘Come è possibile?’
È stata la mia prima domanda, e troppe cose mi sono passate per la testa tutte insieme: il sorriso soddisfatto dei padroni e dei loro caporali cooperativi, i sorrisi di CGIL, CISL e UIL, sempre pronti a stigmatizzare la ‘violenza dei picchetti’. E poi la criminalizzazione di una lotta, il rischio che riescano a sconfiggerla, a ricacciare migliaia di persone nell’ombra di uno sfruttamento senza speranza.
È stata la mia prima domanda, e troppe cose mi sono passate per la testa tutte insieme: il sorriso soddisfatto dei padroni e dei loro caporali cooperativi, i sorrisi di CGIL, CISL e UIL, sempre pronti a stigmatizzare la ‘violenza dei picchetti’. E poi la criminalizzazione di una lotta, il rischio che riescano a sconfiggerla, a ricacciare migliaia di persone nell’ombra di uno sfruttamento senza speranza.
Su Milani, in quel momento, non sapevo
cosa pensare.
Ero incazzata, ma ho sospeso il giudizio fino a quando non sono emersi altri elementi (non certo dai telegiornali, né dalle cronache dei quotidiani principali ). In particolare:
Ero incazzata, ma ho sospeso il giudizio fino a quando non sono emersi altri elementi (non certo dai telegiornali, né dalle cronache dei quotidiani principali ). In particolare:
§ che chi ha intascato
la busta con un gesto plateale non era Milani, e neanche un appartenente al Si
Cobas o un consulente di parte sindacale, come sostenuto dai TG, ma un cd
‘mediatore’ – tal Piccinini – convocato in trattativa dall’azienda
§ che nell’audio della
trattativa Milani ha parlato solo dei 55 licenziamenti nella logistica della
Levoni e delle spettanze dei lavoratori, non di mazzette per il sindacato
§ che solo Piccinini è
stato arrestato in flagranza di reato con la busta addosso. Milani varie ore
dopo, a casa sua, perchè non erano insieme
E’ una trappola.
Non è la prima volta che succede. Anzi, è dai tempi di Haymarket Square che la costruzione di accuse false viene utilizzata contro il movimento operaio.
Cosa dite ? Che sono passati 131 anni e questi metodi non si usano più ?
Che gli imprenditori di oggi non ne sarebbero capaci?
Dite che adesso ci sono la democrazia, la legalità, le regole ?
Non è la prima volta che succede. Anzi, è dai tempi di Haymarket Square che la costruzione di accuse false viene utilizzata contro il movimento operaio.
Cosa dite ? Che sono passati 131 anni e questi metodi non si usano più ?
Che gli imprenditori di oggi non ne sarebbero capaci?
Dite che adesso ci sono la democrazia, la legalità, le regole ?
Dite che la polizia non mena più
gli operai davanti ai cancelli?
Che nessuno muore più nella forzatura di un picchetto?
Che i sindacalisti combattivi non vengono più aggrediti in un agguato?
Che i picchiatori delle aziende non si avventano più con i bastoni sui lavoratori in sciopero?
Che non vengono più utilizzati crumiri?
Che non vengono più utilizzati caporali?
Che non si licenzia più per rappresaglia antisindacale?
Che i salari bastano per condurre una vita decente?
E che queste cose fanno parte di un passato remoto, così come la costruzione di montature mediatico/giudiziarie contro i sindacalisti.
Che nessuno muore più nella forzatura di un picchetto?
Che i sindacalisti combattivi non vengono più aggrediti in un agguato?
Che i picchiatori delle aziende non si avventano più con i bastoni sui lavoratori in sciopero?
Che non vengono più utilizzati crumiri?
Che non vengono più utilizzati caporali?
Che non si licenzia più per rappresaglia antisindacale?
Che i salari bastano per condurre una vita decente?
E che queste cose fanno parte di un passato remoto, così come la costruzione di montature mediatico/giudiziarie contro i sindacalisti.
Ne siete sicuri ?
Io no, e la mattina del 28 gennaio, davanti al carcere di Modena, continuo a farmi domande, del tipo “come si esce da sta storia di merda ?“
Io no, e la mattina del 28 gennaio, davanti al carcere di Modena, continuo a farmi domande, del tipo “come si esce da sta storia di merda ?“
Ho cercato le risposte nei siti internet
di varie organizzazioni del sindacalismo di base, ma tace l’USB, tace la CUB. Bernocchi dei Cobas purtroppo
no: ‘invitiamo tutti i mezzi di informazione ad evitare qualsiasi
confusione tra i COBAS e il cosiddetto SI Cobas….‘. Questa è la sua
unica preoccupazione.
C’è chi prende le distanze, chi fa il
vago. Solo l’ADL e la sinistra CGIL dimostrano
di comprendere la portata dell’attacco, rivolto non solo contro Milani e il Si
Cobas, ma contro tutto il sindacalismo di base e contro tutte le lotte, della
logistica e non.
Se passa questa provocazione tutti potranno essere colpiti, prima o poi, allo stesso modo.
Su ogni picchetto potranno essere insinuate finalità malavitose, da quegli stessi media che la mafia delle cooperative han sempre fatto finta di non vederla.
Se passa questa provocazione tutti potranno essere colpiti, prima o poi, allo stesso modo.
Su ogni picchetto potranno essere insinuate finalità malavitose, da quegli stessi media che la mafia delle cooperative han sempre fatto finta di non vederla.
La posta in gioco è alta. Per le ditte
che guadagnano milioni sullo sfruttamento dei facchini, ma perdono milioni
quando i facchini lottano. Per tutti i lavoratori della logistica che rischiano
di subire un colpo durissimo nel loro percorso di liberazione.
Per questo sento il bisogno di
ritrovarmi alle 10 del mattino davanti a un carcere, per dimostrare
vicinanza ai primi destinatari dell’attacco, queste centinaia di operai
di ogni colore che accorrono al presidio.
E’ in loro la risposta che cercavo: ‘La solidarietà è un’arma’, è il calore che unisce ragazzi neri, arabi, sikh e pakistani, sindacalisti dai capelli bianchi, compagne e compagni dei centri sociali.
L’italiano è la lingua degli slogan, lo strumento che unisce queste genti, una lingua ‘coloniale’ usata per capirsi nella lotta. Oggi mi accorgo di amarla molto più di quando me l’insegnavano a scuola.
Così come non mi sembrano patetiche o retrò le canzoni della nostra resistenza gridate dall’amplificazione. Perchè sono qui gli eredi degli operai delle Fonderie Riunite, dei licenziati che nel ’50 affrontarono, proprio in questa città, il piombo della polizia.
Oggi battono sui cancelli di un carcere per riavere indietro un loro compagno, mentre altri come loro scioperano a Milano, Piacenza, Parma, Brescia, negli interporto di Bologna e Roma.
E’ in loro la risposta che cercavo: ‘La solidarietà è un’arma’, è il calore che unisce ragazzi neri, arabi, sikh e pakistani, sindacalisti dai capelli bianchi, compagne e compagni dei centri sociali.
L’italiano è la lingua degli slogan, lo strumento che unisce queste genti, una lingua ‘coloniale’ usata per capirsi nella lotta. Oggi mi accorgo di amarla molto più di quando me l’insegnavano a scuola.
Così come non mi sembrano patetiche o retrò le canzoni della nostra resistenza gridate dall’amplificazione. Perchè sono qui gli eredi degli operai delle Fonderie Riunite, dei licenziati che nel ’50 affrontarono, proprio in questa città, il piombo della polizia.
Oggi battono sui cancelli di un carcere per riavere indietro un loro compagno, mentre altri come loro scioperano a Milano, Piacenza, Parma, Brescia, negli interporto di Bologna e Roma.
Non hanno creduto a una sola parola delle veline della Questura, e non ne sembrano neanche tanto stupiti. Del resto, nel corso delle loro lotte, ne hanno già viste di tutti i colori.
Sorprende come in una situazione del genere possano esprimere anche allegria.
Ogni tanto la pressione sui cancelli del carcere si allenta, e qualcuno grida: ‘fate largo che Aldo sta uscendo‘. Allora nel presidio si apre un varco per farlo passare, come in un rito propiziatorio.
Finchè, nel pomeriggio, non esce davvero (il video qui). Non proprio libero: con obbligo di dimora a Milano. L’interrogatorio è andato bene, ma la storia non è certo finita, nè a livello giudiziario né mediatico.
La macchina del fango è ancora in piena attività, ma se non altro, se volevano assicurarsi la pace sociale, forse hanno sbagliato sistema.
lunedì 30 gennaio 2017
Chemio 1 - Giulio Angioni
Oggi qui si sta in quattro in sala chemio
adagio distillando dalla flebo
ciascuno un suo dolore.
domenica 29 gennaio 2017
dice Udo Ulfkotte
ps: era uno contro l'immigrazione e l'Islam, leggo adesso,
e come dice qualcuno "non basta denunciare i cattivi per essere
buoni", e sono del tutto d'accordo, ma quella confessione e denuncia contro molti giornalisti non mi
era sembrata male.
è stato un disertore del giornalismo comprato, poi si è arruolato nell'esercito sbagliato.
sia l'esercito del giornalismo comprato che quelli anti-immigrazione e anti-Islam sono pessimi eserciti.
IO SONO (e sarò) PANGEA - Anghelu Marras
Constato, con grande disappunto, la grande enfasi con la quale, la Nuova Sardegna (27/1/2017) – senza firma - dà la notizia del “via libera” del Sindaco, allo sgombero del Centro Culturale e Sociale “Pangea” a Porto Torres.
Erano quattro anni che i giovani del Pangea e gli ospiti delle numerosissime iniziative da loro organizzate offrivano alla città e all’intero territorio innumerevoli iniziative culturali e di spettacolo chiedendo alle amministrazioni varie che la sicurezza dello stabile fosse nell’agenda consiliare.
Tali iniziative, interamente autogestite dai giovani turritani, talvolta in collaborazione con associazioni o centri-studio, hanno sollevato temi e argomenti di vivissima attualità e suscitato, nei locali del Pangea e nel Territorio importantissimi dibattiti culturali, ambientali e sociali che alcuna forza politica cittadina ha mai avuto il merito di suscitare. Valga per tutte la battaglia per le bonifiche dell’E.N.I. vero cancro diffuso nel territorio turritano e in tutto il S.I.N. (Sito di interesse nazionale del nord Sardegna).
Il Sindaco Wheeler e i consiglieri 5 Stelle affermano che “il percorso culturale – del Pangea – si è interrotto perché UNA FORZA POLITICA SI E’ OPPOSTA ALLA PROSECUZIONE DELLE ATTIVITA’”
Di quale “forza politica” si tratta?
Stante lo scranno occupato dall’unico petulante consigliere che si è cocciutamente, puntigliosamente, tossicamente e volgarmente battuto contro i giovani della sua stessa città (vale a dire un certo Davide Tellini) si tratterebbe del glorioso Partito Sardo d’Azione.
Ora mi domando se il Partito Sardo di Giovanni Columbu sia a conoscenza di questa vergogna pubblica rappresentata da un proprio confuso consigliere comunale, novello “Polifemo” in una città così importante per la Sardegna.
Giovanni Columbu, che, in questi giorni, lancia un forte appello unitario (verso gli indipendentisti, i sovranisti e gli autonomisti sardi) per scegliere un percorso comune nelle ormai poco improbabili prossime elezioni anticipate del Consiglio Regionale della Sardegna, con particolari e originali attenzioni verso le sensibilità sardiste chiedendo loro di ampliare l’orizzonte ideale e politico personale e del Partito, per superare quella disposizione egoistica e miope (il “nostro” Polifemo?) diffusa nei militanti del PSD’Az, per acquisirne un’altra che sia generosa e ideale in grado di ampliare l’orizzonte dell’azione politica del Partito Sardo.
Il “nostro” amico Consigliere, ormai isolato e mal sopportato dai più (tranne che dal cronista della Nuova Sardegna) avrà ben donde per riflettere sulla sua infeconda boria e ottusità.
Certe prese di posizione, come quelle assunte da Tellini, a scorrere l’web, sono assunte da esponenti del Partito Fratelli d’Italia e da fascisti di altri simili consorterie, come per esempio i deviati di Casa Pound che entrati nel Pangea hanno aggredito a martellate alcuni fra i nostri ragazzi e hanno danneggiato i vetri di alcune finestre che il nostro “attentissimo” cronista della Nuova Sardegna pubblica sulla “sua” pagina lasciando intendere al lettore male informato che certi danneggiamenti sono stati opera degli occupanti e non dei componenti di un Commando di picchiatori fascisti che in quel modo e alla stessa stregua del consigliere Tellini o del cronista della Nuova cercano di “infangare” (senza riuscirvi!) una NOBILE STORIA DI LIBERTA’.
Ritorneranno a farsi sentire i giovani turritani, perché il futuro è “cosa loro” …. per i comprimari dell’abuso, del qualunquismo e della sciatteria politica (quelle si, volgari) che nulla hanno a che fare con la politica e tantomeno con la cronaca …. A questi rampolli antichi TANTI AUGURI E BUONA VITA!
sabato 28 gennaio 2017
venerdì 27 gennaio 2017
Mostri veri e digitali, la memoria e gli accendini - Daniela Pia
Oggi 27 gennaio «Giornata della memoria».
Un lavoro incredibile ha
contraddistinto l’operato di alcuni/e colleghi/e e delle loro classi.
Tutti in aula magna, piena,
sede centrale.
Si parte dal passato e si
arriva al presente.
Un lungo cammino scorre sul
telo bianco ed è segnato dalla disumanità del potere, di cui è necessario, oggi
più che mai, preservare la memoria.
Mi guardo intorno e vedo tanti,
troppi schermi di smartphone illuminati. Così mentre faccio “la ronda” mi
chiedo: «quale memoria il cellulare saprà fornire a questi nostri
studenti/studentesse».
Intanto si dipanavano, sullo
schermo, gli orrori del razzismo: uomini donne e bambini affranti, prigionieri,
angheriati nei campi di concentramento e sterminio.
Eppure, la giornata della
memoria, per un terzo di loro alternativamente si sviluppava smanettando sul
cellulare. Intraprendendo epiche lotte con “mostri” digitali, ignorando i
mostri passati e presenti che sul grande schermo testimoniavano la follia che
sa impadronirsi dei leader di turno e dei loro adepti.
Ignorando fanciulli/e che il
piccolo schermo del telefonino è tiranno, prigione senza filo spinato e che
Kapò si fanno i gesti spasmodici e compulsivi delle loro dita; soggiogati da
giochini che si divoravano il cervello facendolo senza memoria.
Parte seconda, ecco che sfilano
le immagini dei migranti, accatastati nei campi profughi o di accoglienza,
immane vergogna per questo Occidente al quale apparteniamo.
Parte poi «Non è un film» di
Fiorella Mannoia e a colpire questa platea è il ritmo rap della colonna sonora.
All’improvviso, in fondo alla sala, accendini e fiammelle come a un concerto,
scanditi dal battere delle mani sulla sedia, dall’ondeggiare delle braccia: una
festa dunque.
Impietoso lo schermo rimandava,
carne viva – di adesso – uomini donne e bambini nel filo spinato erto a
dividere, barriera a impedire il passo; barconi stracolmi, camion stipati, vite
racchiuse in un fagotto. Tutto giocato a testa o croce. Testa stai a galla.
Croce, forse, nel piccolo cimitero di Lampedusa.
Immagini. Cose lontane.
E mi ha preso un magone, un
grande magone.
Se è vero che siamo contadini
della formazione, che spesso seminiamo senza poter vedere spuntare il grano,
oggi ho avuto la sensazione che la semenza sia gentile omaggio della Monsanto
fattasi sponsor e che infine fatti siamo a viver come bruti e che virtute
e conoscenza sian cose passate, finite, dimenticate.
Eppure non è così. Quando
finiscono le celebrazioni so che non è così.
Ad Auschwitz c'è una casa
(dal film "Latcho Drom", di Tony Gatlif)
[1944]
Testo di Růžena Danielová
Musica: Tradizionale
Lyrics by Růžena Danielová
Music: Traditional
Interpretazioni/Performances:
Růžena Danielová
Margita Makulová, nel film Latcho Drom di Tony Gatlif (1993)
Testo di Růžena Danielová
Musica: Tradizionale
Lyrics by Růžena Danielová
Music: Traditional
Interpretazioni/Performances:
Růžena Danielová
Margita Makulová, nel film Latcho Drom di Tony Gatlif (1993)
AD AUSCHWITZ C'È UNA CASA
Ad Auschwitz c’era una casa
E c’era mio marito imprigionato
Seduto, seduto si lamentava
E a me lui pensava.
Oh tu uccello nero
Porta le mie lettere
Portale, portale a mia moglie
Perché sono imprigionato ad Auschwitz
Ad Auschwitz c’era una grande fame
E noi non avevamo nulla da mangiare
Nemmeno un pezzo di pane
E la guardia del blocco è cattiva.
Quando tornerò a casa
ammazzerò la guardia del blocco.
Quando tornerò a casa
ammazzerò la guardia del blocco.
Ad Auschwitz c’era una casa
E c’era mio marito imprigionato
Seduto, seduto si lamentava
E a me lui pensava.
Oh tu uccello nero
Porta le mie lettere
Portale, portale a mia moglie
Perché sono imprigionato ad Auschwitz
Ad Auschwitz c’era una grande fame
E noi non avevamo nulla da mangiare
Nemmeno un pezzo di pane
E la guardia del blocco è cattiva.
Quando tornerò a casa
ammazzerò la guardia del blocco.
Quando tornerò a casa
ammazzerò la guardia del blocco.
giovedì 26 gennaio 2017
mercoledì 25 gennaio 2017
Mil€x sotto attacco
Ancora una volta, dopo un primo attacco informatico a cavallo del nuovo anno che ci aveva bloccato solo per alcune ore, il sito dell’Osservatorio Italiano sulle spese militari è stato oggetto di un attacco mirato del tipo “brute force” che ci ha costretto ad azzerare tutta la struttura e il database con gli articoli e i documenti già pubblicati.
Stiamo provvedendo a recuperare tutte le informazioni già diffuse per ritornare operativi al 100% quanto prima…
Ci scusiamo per il disagio che, come è ovvio, non è dipeso da noi…
Enrico Piovesana e Francesco Vignarca
come un giallo islandese
L'Islanda è sotto shock per un orribile
omicidio. Proprio l'Islanda che vanta un tasso di criminalità e di assassinii
che è probabilmente il più basso al mondo, con 1,8 persone uccise ogni anno in
media dal 2001, una forte coesione e stabilità sociale, e leggi severissime che
rendono difficilissimo il possesso di armi da fuoco. E'una terribile storia di
nera: Birna Brjansdottir, una giovane ventenne che lavorava in un negozio
d'abbigliamento nella capitale Reykjavk, è stata trovata morta su una spiaggia
a sud della città. "Stiamo indagando sul caso considerandolo un omicidio,
sebbene al momento non sia possibile determinare con esattezza la causa della
morte della giovane", hanno detto i portavoce della Loegreglan, la polizia
islandese.
La storia sembra un tragico remake dei molti
libri gialli per cui la vitale letteratura islandese è famosa, da quelli della
scrittrice-star Yrsa Sigurdardottir a quello appena uscito del più giovane
letterato, Ragnar Jònasson. Birna Bjarnsdottir, 20 anni, grandi occhi verdi e
lunghi capelli castani, è stata trovata morta sulla spiaggia a sud di Reykjavik
dopo che risultava dispersa da otto giorni: amici e datori di lavoro avevano
dato subito l'allarme, e ben 725 volontari hanno partecipato alla più grande
operazione di ricerca e soccorso di una persona smarrita mai svoltasi nella
storia del paese scandinavo…
martedì 24 gennaio 2017
MIL€X 2017: rapporto sulle spese militari italiane
Il MIL€X Osservatorio sulle
spese militari italiane ha presenta recentemente presso la sala
stampa della Camera dei Deputati l’anticipazione del Primo rapporto annuale, che verrà pubblicato a gennaio 2017.
MIL€X è un’iniziativa indipendente – lanciata con la collaborazione del Movimento Nonviolento nell’ambito
delle attività di Rete Italiana per il Disarmo e finanziata da donazioni
private –, ispirata a principi di neutralità politica e obiettività
scientifica. Secondo MIL€X, nel 2017, si spenderà 15 milioni di Euro al giorno
in nuovi armamenti.
PUNTI CHIAVE
- Di
fronte ad un recente uso “politico” e non preciso dei dati sulla spesa
militare italiana nasce la necessità di trasparenza e obiettività
sull'argomento
- Elaborazione
nuova metodologia di calcolo in grado fornire quadro preciso ed esaustivo
della spesa militare italiana
- Spese
militari italiane 2017: 23,4 miliardi (64 milioni di euro al giorno):
+0,7% rispetto al 2016, +2,3% rispetto alle previsioni del DPP 2016
- Ultimo
decennio: aumento spese militari 21% e rapporto spesa/PIL salito da 1,2% a
1,4% (non il dato di 1,1% dichiarato dalla Difesa)
- Costo
personale rimane voce di spesa più onerosa per lenta applicazione Riforma
Di Paola (più comandanti che comandati)
- Spese
armamenti 2017 salgono a 5,6 miliardi (15 milioni al giorno) per aumento
contributi MISE (89% degli incentivi alle imprese va a comparto difesa)
- Spese
per ‘aerei blu’ 2017 aumentano del 50% per incidenza costo nuovo A340
Presidenza del Consiglio (23,5 milioni nel 2017)
- Anteprima
notizie su contratti firmati per altri sette F-35, seconda portaerei
“Trieste” e nuove fregate “Fremm 2”, nuovi mezzi Esercito per favorire
export
MIL€X è un’iniziativa indipendente (lanciata con la collaborazione del Movimento Nonviolento nell’ambito
delle attività di Rete Italiana per il Disarmo e finanziata da donazioni
private), ispirata a princìpi di neutralità politica e obiettività scientifica.
Pur riconoscendo la necessità di mantenere un adeguato livello di prontezza ed
efficienza dello strumento militare, è necessaria una maggiore trasparenza e un
più attento controllo democratico su questa delicata materia per scongiurare i
rischi derivanti da un’eccessiva influenza della lobby militare-industriale, a
suo tempo denunciati dal generale e presidente americano Eisenhower.
Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha recentemente dichiarato che
negli ultimi dieci anni la difesa ha subito un taglio del 27 per cento e che
quindi nuove riduzioni sono impensabili ed è anzi il momento di maggiori
investimenti. Un quadro molto diverso rispetto a quello che emerge dalle
anticipazioni del Primo rapporto annuale MIL€X sulle spese militari italiane.
MIL€X ha elaborato una nuova e accurata metodologia di calcolo delle spese
militari italiane, togliendo dal conteggio le spese della Difesa per funzioni
non militari (Carabinieri per ordine pubblico e tutela ambientale, considerando
solo i Carabinieri in funzione di polizia militare e quelli che partecipano
alle missioni militari) e aggiungendo quelle per le privilegiate pensioni del
personale militare a risposo pagate dall’INPS, quelle per le missioni militari
all’estero a in patria pagate dal Ministero dell’economia e delle finanze e
soprattutto quelle dei nuovi armamenti pagati dal Ministero dello sviluppo
economico. Nell’ultimo decennio le spese militari italiane sono cresciute del
21 per cento (del 4,3 per cento in valori reali) salendo dall’1,2 all’1,4 per
cento del PIL (non l’1,1 per cento dichiarato dalla Difesa). L’andamento
storico evidenzia una netta crescita fino alla recessione del 2009 con i
governi Berlusconi III e Prodi II, un calo costante negli anni post-crisi del
quarto governo Berlusconi, una nuova forte crescita nel 2013 con il governo
Monti, una flessione con Letta e il primo anno del governo Renzi e un nuovo
aumento negli ultimi due anni.
L’Italia nel 2017 spenderà per le forze armate almeno 23,4 miliardi di euro
(64 milioni al giorno), più di quanto previsto nei documenti programmatici
governativi dell’anno scorso. Ancora molto elevati i costi per il personale
(per la lentezza con cui procede il riequilibrio interno delle categorie a
vantaggio della truppa e a svantaggio di ufficiali previsto dalla riforma Di
Paola del 2012). Si registrano forti aumenti per le spese dell’operazione
‘Strade Sicure’ (da 80 a 120 milioni), del trasporto aereo di Stato (per il
costo dell’A340 della Presidenza del Consiglio) e soprattutto per l’acquisto di
nuovi armamenti (un quarto della spesa militare totale, +10 per cento rispetto
al 2016) pagati in maggioranza dal Ministero dello sviluppo economico (che il
prossimo anno destinerà al comparto difesa l’86 per cento dei suoi investimenti
a sostegno dell’industria italiana).
Si evidenzia la stretta relazione tra questo meccanismo di incentivi
pubblici all’industria militare nazionale (oltre 50 miliardi di euro di
incentivi MISE ai programmi della Difesa negli ultimi 25 anni su iniziativa di
governi di tutti i colori) e l’elevato costo dei programmi di acquisizione
armamenti (5,6 miliardi nel 2017, 15 milioni al giorno). Urgenza e dimensione
del procurement militare risultano infatti determinate non da
reali esigenze sicurezza nazionale ma da logiche industrial-commerciali (grandi
commesse nazionali in funzione della promozione dell’export, come esplicitato
nei programmi Centauro 2 e Mangusta 2) che hanno come effetto programmi
sproporzionati rispetto alle necessità. Programmi giustificati gonfiando le
necessità stesse (come nel caso del numero degli aerei da sostituite con gli
F-35 o delle navi da rimpiazzare con le nuove previste dalla Legge Navale) e
ricorrendo alla retorica del 'dual use’ militare-civile (come nel
caso della nuova portaerei Trieste presentata come nave umanitaria, e delle fregate
FREMM 2 presentate come unità per soccorso profughi e tutela ambientale).
Allegati:
Le armi producono guerra, bisogna bloccarne la produzione - Giovanni Sarubbi
«Attenzione allarme altissimo a Roma
per terrorismo ISIS. Parecchi posti di blocco da parte delle forze dell'ordine.
Mi hanno fermato e per essere sicuri che non fossi musulmano, m'hanno fatto
magnà due ciriole con la porchetta, tre pezzi de pizza bianca co la mortadella,
due birette, na grappa e un prosecco.
Sto a cercà er prossimo posto di
blocco.....»
Il testo prima riportato è stato diffuso
nei giorni scorsi sui social network. È stato scritto in un gruppo WatsApp
molto numeroso di laziali e subito si è diffuso in moltissimi ambiti.
È il segno che la propaganda terroristica
di cui sono pieni i nostri mass-media comincia a scricchiolare e a stufare.
Sempre più persone, anche non politicizzate, cominciano a capire che tutto ciò
che viene detto sul terrorismo nel nostro paese e in tutto il mondo cosiddetto
occidentale, ha solo lo scopo di coprire le responsabilità dei singoli governi,
in primis quello degli USA, nella guerra in corso dal 2001 con annesso
commercio delle armi e sostegno ai gruppi terroristici. Gli attentati in
occidente, che hanno tutti lo stesso copione molto ben recitato da militari
super-addestrati negli eserciti degli stessi governi occidentali, hanno lo
scopo di sostenere la guerra e la vendita di armamenti.
Una reazione simile a quella prima
riportata ci fu in Italia ai tempi del terrorismo interno, quello marcato BR.
Anche allora la nauseabonda propaganda che tendeva a far vedere terroristi
dappertutto cominciò a nauseare sempre più persone. I successivi processi a
carico dei terroristi dimostrarono come quei gruppi erano infiltrati da più
servizi segreti. Lo scopo era quello di ridurre all’impotenza il poderoso
movimento nato nel mondo negli anni ‘68-’69.
Oggi è ancora così ma sul piano
internazionale anziché nazionale. Il motivo di fondo è sempre lo stesso ed è
puramente economico. Uno dei modi per risolvere le crisi economiche è quello
della guerra. Si distrugge per poi ricostruire e per conquistare mercati e
fonti di materie prime, gas petrolio e minerali vari. E per le guerre servono
armamenti. E le industrie che le producono costituiscono oggi, e a partire
dalla Seconda Guerra mondiale, il più potente sistema industriale esistente. Le
risorse spese in armamenti e guerre sono immense. Basta un dato per capire di
cosa stiamo parlando. Dal 2006 al 2017, 12 anni, le missioni italiane
all’estero (Afghanistan, Libano, ecc.) ci sono costate circa 16 miliardi di
euro. Tutti soldi sottratti alle spese sociali, sanità, scuola, trasporti,
pensioni ecc. Tutta ricchezza che ha prodotto solo miseria morte e distruzione.
I dati sugli armamenti in Italia dicono
molto più di qualsiasi lungo discorso. Dati accuratamente nascosti dai
mass-media main-stream, e che i vari governi mistificano, ma che ora
cominceranno a venire fuori sistematicamente grazie al lavoro del MIL€X, (milex.org), che è l’Osservatorio sulle
spese militari italiane. E' una iniziativa promossa da Enrico Piovesana e
Francesco Vignarca con la collaborazione e la struttura operativa del Movimento
Nonviolento (nell'ambito delle attività della Rete Italiana
per il Disarmo).
Il “Primo rapporto annuale sulle spese
militari italiane 2017” è già disponibile sul sito del MIL€X. Invitiamo
tutti a scaricarlo e a diffonderlo e a spiegare ai cittadini quanta ricchezza
viene ogni giorno distrutta per le armi. Si perché costruire armi equivale a
usare banconote da 500euro per accendersi il sigaro, come raccontava Erich
Maria Remarque nel romazzo ‘L'obelisco nero'.
I dati forniti in sintesi dal rapporto
sono questi:
- Spese militari italiane 2017: 23,4 miliardi (64
milioni di euro al giorno): +0,7% rispetto al 2016, +2,3% rispetto alle
previsioni
- Ultimo decennio aumento spese militari del 21% e
rapporto spesa/PIL salito da 1,2% a 1,4% (non 1,1% dichiarato dalla
Difesa)
- Costo personale rimane voce di spesa più onerosa
per lenta applicazione Riforma Di Paola (più comandanti che comandati)
- Spese armamenti 2017 salgono a 5,6 miliardi (15
milioni al giorno) per aumento contributi MISE - Ministero
Sviluppo economico (86% degli incentivi alle imprese va a
comparto difesa) che rappresenta una piccola parte del sistema produttivo
italiano.
- Spese per ‘aerei blu’ 2017 aumentano del 50% per
incidenza costo nuovo A340 Presidenza del Consiglio (23,5 milioni nel
2017)
- Anteprima notizie su contratti firmati per altri
sette F-35, seconda portaerei “Trieste” e nuove fregate “Fremm 2”, nuovi
mezzi Esercito per favorire export.
La guerra è un affare per le industrie di
armamanenti e per le imprese a caccia di materie prime e mercati. MA È UNA
MOSTRUOSITÀ PER IL RESTO DELL’UMANITÀ.
Di questo dobbiamo prendere coscienza e
lavorare di conseguenza per buttare via la guerra dalla storia dell’umanità.
lunedì 23 gennaio 2017
Non sarò complice del silenzio - Cédric Herrou
Vivo nella valle della Roya, all’estremo
sud est francese, una valle che rispecchia l’immagine di un’Europa popolare,
umana. La Bassa Roya è italiana e l’Alta è francese. Noi, gli abitanti della Roya,
passiamo da un Paese all’altro senza prestare attenzione alla frontiera. Non
sono né francese, né italiano, sono della valle della Roya. Lo Stato d’emergenza ha avuto un impatto senza precedenti
per la nostra valle. Una razza, dei popoli, una religione sono stati
stigmatizzati da una politica populista, una politica che manipola la massa,
usando la paura nei confronti dell’altro, la paura della differenza.
Cercando di ricongiungersi, mariti, zii, sorelle, cugine,
amiche … donne, bambini, famiglie cacciate dal loro Paese d’origine a causa
della dittatura, la guerra, intrappolati, torturati, schiavi in Libia, tutti si
incontrano alla frontiera francese. In
maggioranza d’origine africana, pensano di trovarsi nel Paese dei “saggi”, il
Paese dei Diritti dell’Uomo, lì dove ci si prende cura dei bambini perduti. Ebbene, no! Giunti alla frontiera, esausti, spesso feriti
dagli ostacoli incontrati lungo il cammino, si fanno cacciare come dei cani
dall’esercito, la polizia. Secondo la legge francese, i bambini non
accompagnati devono essere sostenuti dallo Stato francese ma non si rispetta
nulla di tutto questo.
I “neri” sono privati di ogni diritto! La polizia
francese riporta i bambini in Italia, o in treno senza titolo di viaggio,
occultati alla polizia italiana, oppure all’interno di veicoli non identificati
guidati da poliziotti in borghese, diretti verso la frontiera italiana. Circa trecento testimoni di
questi fatti hanno sporto denuncia contro il Prefetto delle Alpi Marittime, il
Presidente del Consiglio della Prefettura e il Presidente della Regione. Ma nessun provvedimento è stato preso dalla procura di
Nizza, dal signor Pretre, Procuratore della Repubblica, che si rifiuta di ammettere
l’ingiustizia e a causa della sua inerzia si rende complice della messa in
pericolo di questi bambini.
La nostra associazione “Roya Citoyenne” si sente
disarmata dinanzi a questi uomini che detengono tutto il potere. Per questi
alti funzionari, rappresentanti della più alta autorità, i migranti non sono
che cifre, un flusso, delle quote. Invece, noi, gli abitanti della Roya, li
incrociamo e dobbiamo fare i conti con i loro sguardi. Loro sono lì, nella
nostra valle, senza avere l’opportunità di nascondersi, se non con il nostro
aiuto. Non
c’è bisogno di una stella gialla, non c’è bisogno di nessuna etichetta per
riconoscerli. Loro sono neri, il loro colore indelebile fa di loro un bersaglio, Il Bersaglio!
Sono la “valvola di sfogo” per tutti, li si accusa di
essere dei potenziali terroristi, di rubare il lavoro ai francesi e di essere
lì solo per approfittare del sistema sociale. La frontiera è stata ristabilita
contro il terrorismo, ciò nonostante è sufficiente pagare 250 euro a un gruppo
di trafficanti per oltrepassarla.I nostri politici mantengono
uno stato di terrore, diffondendo l’idea che l’Europa sarebbe il bersaglio del
terrorismo mentre la grande maggioranza degli attentati e delle morti avvengono
in Paesi a predominanza religiosa musulmana, essendo i musulmani le prime
vittime di questo abominio.
Il terrorismo si costruisce attraverso il terrore, la
stigmatizzazione. Ed è contro questo che mi batto! Contro l’odio e la
stigmatizzazione di una razza, di una religione, di un colore della pelle.
Rischio otto mesi di prigione per aiutare delle persone che sono diventate mie
amiche. Voglio precisare la mia provenienza: sono nato a Nizza, in un quartiere
dove i miei compagni di classe erano neri, grigi, gialli, bianchi. Sono stato
educato nell’indifferenza razziale ed è questo che mi si rimprovera oggi, di
non fare la differenza, di non chiedere i documenti a un ragazzino prima di
tendergli la mano.
Continuerò,
fino al momento in cui non finirò in prigione, ad aiutare chi mi sembra una
persona buona con o senza documenti perché amo la vita e la rispetto. Non soccomberò alla minaccia, alla pressione, non sarò
complice né del silenzio, né dell’inerzia.
(Il post originale in francese è su https://goo.gl/zbiAUR. Traduzione di Manuela Antonucci, tratta da WOTS Magazine, che ringraziamo)
mi viene in mente una canzone francese:
1.459 giorni di resistenza - Angela Davis
In
un momento difficile della nostra storia, dobbiamo ricordare a noi stessi che
noi le centinaia di migliaia, i milioni di donne, transessuali, uomini e
giovani che siamo qui alla Marcia delle donne, noi rappresentiamo le potenti
forze del cambiamento che sono determinate a evitare che le culture morenti del
razzismo, dell’etero-patriarcato risorgano di nuovo.
Noi
riconosciamo che siamo agenti collettivi della storia e che la storia non può
essere cancellata come le pagine web. Sappiamo che ci riuniamo oggi pomeriggio
sulla terra indigena e noi seguiamo l’esempio dei primi popoli che nonostante
la massiccia violenza genocida non hanno mai rinunciato alla lotta per la
terra, l’acqua, la cultura, la loro gente. Noi in particolare salutiamo oggi i
Sioux di Standing Rock.
Le
lotte per la libertà dei neri che hanno plasmato la natura stessa della storia
di questo paese non possono essere cancellate con il movimento di una mano. Non
possiamo dimenticare che le vite dei neri contano. Questo è un paese ancorato
alla schiavitù e al colonialismo, il che significa che nel bene e nel male la
storia stessa degli Stati Uniti è una storia di immigrazione e riduzione in
schiavitù. Diffondere la xenofobia, lanciare accuse di omicidio e stupro e la
costruzione di muri non cancellerà la storia.
Nessun
essere umano è illegale.
La
lotta per salvare il pianeta, per fermare i cambiamenti climatici, per
garantire l’accessibilità all’acqua dalle terre degli Standing Rock Sioux, a
Flint, Michigan, alla West Bank della Cisgiordania e a Gaza. La lotta per
salvare la nostra flora e fauna, per salvare l’aria – questo è il ground zero
della lotta per la giustizia sociale.
Questa
è una marcia delle donne e questa marcia delle donne rappresenta la promessa di
un femminismo contro i poteri perniciosi della violenza di stato. E il
femminismo inclusivo e intersezionale che invita tutti noi a unirci alla
resistenza al razzismo, alla islamofobia, all’antisemitismo, alla misoginia,
allo sfruttamento capitalistico.
Sì,
salutiamo la lotta per il salario minimo orario di quindici dollari. Noi ci
dedichiamo alla resistenza collettiva. Resistenza ai miliardari profittatori
delle ipoteche e gentrificatori. Resistenza ai corsari dell’assistenza
sanitaria. Resistenza agli attacchi contro i musulmani e gli immigrati.
Resistenza agli attacchi contro le persone disabili. Resistenza alla violenza
di stato perpetrata dalla polizia e attraverso il complesso industriale
carcerario. Resistenza alla violenza di genere istituzionale e intima, in
particolare contro le donne trans di colore. I diritti delle donne sono diritti
umani in tutto il pianeta ed è per questo che diciamo libertà e la giustizia
per la Palestina. Noi celebriamo il rilascio imminente di Chelsea Manning. E di
Oscar López Rivera. Ma diciamo anche liberate Leonard Peltier. Liberate Mumia
Abu-Jamal. Liberate Assata Shakur.
Nel
corso dei prossimi mesi e anni saremo chiamati a intensificare le nostre
rivendicazioni di giustizia sociale, a diventare più militanti nella nostra
difesa delle popolazioni vulnerabili. Coloro che ancora difendono la supremazia
dell’etero-patriarcato del maschio bianco farebbero meglio a fare attenzione.
I
prossimi 1.459 giorni dell’amministrazione Trump saranno 1.459 giorni di
resistenza: resistenza sulle strade, resistenza nelle aule scolastiche,
resistenza sul posto di lavoro, resistenza nella nostra arte e nella nostra
musica.
Questo
è solo l’inizio e con le parole dell’inimitabile Ella Baker, ‘Noi che crediamo
nella libertà non possiamo riposare fino a quando non arriva”. Grazie.
Intervento
alla straordinaria Marcia delle donne contro Trump a Washington (la più grande
protesta di piazza nella storia Usa, più partecipata perfino della storica
marcia di Luther King e di quella contro la guerra in Vietnam).
Traduzione di
Maurizio Acerbo (che ringraziamo).
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domenica 22 gennaio 2017
Violenza: Il linguaggio dello stato ebraico - Jonathan Cook
Ecco un’altra immagine
che illustra la situazione dei palestinesi – nella fattispecie, cittadini
palestinesi di Israele – in modo più completo di qualsiasi parola.
L’uomo a terra è Ayman
Odeh, un parlamentare israeliano, il capo del Joint List, il terzo più grande
partito in parlamento e il più importante politico palestinese d’Israele.
La polizia israeliana
gli ha appena sparato con proiettili di gomma, non una, ma due volte, anche in
volto. Odeh è uno dei politici all’interno della grande minoranza palestinese
in Israele, un quinto della popolazione, che meno cerca lo scontro. Il suo
messaggio è costantemente un messaggio di pace e di amicizia tra tutti i
cittadini israeliani, sia ebrei che palestinesi. Questo, però, non
sembra averlo protetto dall’approccio “prima spara – poi interroga”
adottato dalle forze di sicurezza d’Israele nei confronti dei palestinesi.
Questa immagine
dovrebbe essere tanto scioccante quanto vedere un Bernie Sanders o Jeremy
Corbyn sanguinante, trascinarsi per terra, guardati impassibilmente dalla
polizia americana o britannica.
Anche il contesto è
importante. Odeh si era unito stamane ai 1000 abitanti di Umm al-Hiran – tutti
cittadini palestinesi di Israele – che manifestavano per fermare le squadre di
demolitori intente a distruggere le 150 case del loro villaggio nel Negev.
Israele aveva permesso a queste famiglie di trasferirsi nell’area di Umm
al-Hiran negli anni cinquanta dopo averli cacciati dalle loro terre di
origine, molto piu’ ricche, durante la Nakba. Il pretesto allora fu
che Israele aveva bisogno delle loro terre ataviche per un kibbutz
esclusivamente ebreo.
Tutto quello accadde
durante un governo militare che guidò i palestinesi d’Israele per quasi
due decenni. Oltre 60 anni dopo, esattamente la stessa cosa sta succedendo di
nuovo, ma questa volta di fronte alle telecamere. Umm al-Hiran viene distrutta
cosicchè possa essere costruita una comunità esclusivamente ebrea, con lo
stesso nome di Hiran, al posto delle case di queste famiglie. Israele non ha
mai emesso un piano regolatore per Umm al-Hiran, cosi’ ora puo’ essere
dichiarata illegale e i suoi abitanti chiamati “abusivi” e “intrusi”. Le
famiglie vengono per una seconda volta ripulite etnicamente – non durante
ostilità o in tempo di guerra, ma dal loro stesso stato in tempo di pace.
Sono lontani
dall’essere i soli. A migliaia di altre famiglie, e ai loro villaggi, tocca la
stessa sorte.
La verità è che niente
è cambiato dagli anni cinquanta. Israele si comporta tuttora come se stesse
governando militarmente i “cittadini” palestinesi. Tratta ancora tutti i
non-ebrei come una minaccia, come un nemico.
Israele non è un tipo
normale di paese. E’ una etnocrazia, per di più guidata da una variante
ideologica dei nazionalismi etnici che dilaniarono l’Europa un secolo fa.
Odeh è un leader che
si batte per la pace e l’uguaglianza tra cittadini ebrei e palestinesi. Oggi ha
ricevuto la risposta. E’ contuso, sanguinante e prostrato, si trascina per
terra.
Questo è il linguaggio
di uno stato ebraico.
(Trad.
Annamaria Boscarino
Fonte: http://www.jonathan-cook.net/blog/2017-01-18/violence-the-language-a-jewish-state)/
Per sapere dove andare - Domenico Starnone
Ci vuole un pensiero nuovo, è stato detto di recente da un dirigente
del Pd. Ed è giusto, un pensiero nuovo è necessario. Il problema è che dentro
tutte le formazioni e movimenti politici pronti a sbranarsi nell’arena italiana
e forse planetaria, non solo non si vede pensiero veramente nuovo, ma non si
vedono nemmeno pensierini.
L’assenza di un galvanizzante pensiero nuovo si tira dietro
anche l’assenza di una galvanizzante classe dirigente nuova. Si è gridato che
ne era nata una proprio dentro il Pd, tutti giovani, anzi giovanissimi. Non si
faceva che sottolineare quanto erano ragazzi, l’unico pensiero che davvero
trovava parole era quello. Ma nel giro di pochissimo tempo i ragazzi sono
invecchiati senz’altro pensiero che tenersi in qualche modo a galla. E non si
può dire che stia andando meglio a un’altra verdissima classe dirigente, quella
a cinque stelle. Senza parlare della destra che da sempre, anche quando è
giovane, usa mappe vecchissime.
Forse è che il mondo com’è si riesce sempre meno a dirigerlo.
Anche perché per dirigere bisogna sapere dove andare e per sapere dove andare
bisogna avere non etichette di comodo che lasciano fuori ciò che davvero conta,
ma un pensiero. Altrimenti, come è successo con i giovani rottamatori, si
affonda anche quando si giura che, come diceva un vecchio grande film
funerario, avanti o indietro che sia, la nave va.
sabato 21 gennaio 2017
ricordo di Bruno Amoroso
Il drago, l’immondizia e Monte dei Paschi - Bruno Amoroso
(23 febbraio 2013)
«Dobbiamo dire un grazie a studi come quelli di Ascheri,
perché ci aiutano a capire cosa è successo e cosa succede, sia nell’economia
che nella politica. Questo è necessario perché politica ed economia sono come
due iceberg.
Degli iceberg noi vediamo, si e no, 1/3, i 2/3 sono sott’acqua —non andate mai a sbattere contro un iceberg, anche se vi sembra piccolo, perché quello che c’è sotto è un continente, che si trascina.
Degli iceberg noi vediamo, si e no, 1/3, i 2/3 sono sott’acqua —non andate mai a sbattere contro un iceberg, anche se vi sembra piccolo, perché quello che c’è sotto è un continente, che si trascina.
Il punto è quindi riuscire a vedere meglio cos’è la
politica e cos’è l’economia. Cosa che non avviene nei dibattiti economici e
politici, perché nei dibattiti economici gli economisti litigano su ciò che si
vede, che è relativamente insignificante rispetto al potere di questo iceberg.
Questo avviene anche nella politica, ormai, diventata
sempre meno visibile e trasparente, in cui tutti i processi sono processi
inutili. Cosa apprendiamo da studi come quello di Ascheri, anzitutto
sull’economia? Io ho due osservazioni.
Sul piano
dell’economia, si sapeva tutto, tra l’altro certi economisti avevano detto ciò
che si stava manifestando. In pochi anni, in pochi decenni, il rapporto tra
economia reale espressa in valori ed economia finanziaria è diventato non più
confrontabile, ovvero c’è una massa monetaria in giro per il mondo ottenuta
grazie alla globalizzazione, quindi ai famosi processi di liberalizzazione e
privatizzazione, che ha creato una montagna finanziaria che oggi domina
l’economia e non solo.
Questo naturalmente ha una
storia: tu parti da Nixon e arrivi ad Obama, ma in parallelo
quello che è successo negli Stati uniti è successo in tutta Europa, è successo
anche in Italia. E quello che è successo è semplice: l’economia finanziaria ha
prodotto sempre di più prodotti finanziari che gli economisti, con terminologia
tecnica, nella letteratura economica, chiamano titoli spazzatura. Ce
ne sono vari tipi, ci sono i cosiddetti titoli ninja, creati per
suicidarsi, coinvolgendo chi li detiene stabilmente in cose strambe. Ci sono
anche i titoli al neutrone, come sapete la bomba al neutrone è
quella che ammazza le persone ma non distrugge gli edifici. Ebbene ci sono
anche i titoli al neutrone, che hanno fatto fallire i
possessori di casa, a partire dagli Stati Uniti, per arrivare a noi; essi hanno
quest’effetto, che distruggono l’economia delle persone, ma lasciano intatti
gli immobili di cui poi le banche si appropriano.
Insomma, da un lato c’è questa economia finanziaria che
ha preso il potere economico e poi vedremo quello politico. Questa storia ha
anche una storia in Italia, perché a partire dal ‘71 negli Usa si riforma il
sistema delle banche, in sostanza si apre alle banche d’affari. Negli anni ‘90
c’è la riforma di Clinton che liberalizza i mercati finanziari che possono
creare i famosi titoli spazzatura. Quella legislazione, e sono cose che sono
scritte nei libri di economia, viene di sana pianta importata in Italia.
In Italia inizia negli anni ‘90, in cui un signore che
lavorava alla Banca mondiale (dal 1984 al 1990) improvvisamente, nel 1991
diventa direttore generale al tesoro italiano. Questo signore si chiama Mario
Draghi. Negli anni ’90 Draghi promuove la privatizzazione di tutte le banche
italiane, nascono così le grandi banche d’affari come Bancaintesa, Unicredit, e
Monte dei Paschi di Siena.
Sono queste le banche che sono state veicolo dei titoli
spazzatura. E chi scelse Draghi come consulenti per promuovere il processo di
privatizzazione? Goldman Sachs, la Lehman Brothers e
la svizzera UBS. Draghi, quando finisce questo decennio da
“servitore dello Stato” ha quindi tutti i dati sensibili in mano, conosce tutto
sul nostro sistema bancario che lui ha creato. E cosa fa? Va a lavorare senza
colpo ferire, dal 2002 al 2005, alla Goldman Sachs, lui diventa il
manager della Goldman Sachs per l’Europa, nel silenzio totale di tutti, dei
politici, destra, sinistra, degli istituti di controllo.
E poi dove va? Voi penserete, aveva ormai guadagnato
abbastanza se ne sarà andato in pensione. No! Nel 2006 diventa Governatore
della Banca d’Italia e questa è l’istituto di sorveglianza di tutto il sistema
del credito. Lui ovviamente non si accorge che in quegli anni, attraverso la Goldmann Sachs, sono arrivate valanghe di titoli
spazzatura nelle banche italiane. Però lui, il “sorvegliatore”, non lo sa.
Quando scoppiò la crisi finanziaria nel 2008, lui “non
sapeva niente”, infatti fece la relazione sull’anno 2009, una relazione come
governatore alla Banca d’Italia, e disse che sì, che la crisi finanziaria aveva
tolto all’Italia 5 punti di Pil. Questo dichiarò come Governatore della Banca
d’Italia. 5 punti di pil, pensate, per l’Italia, che veniva da una crescita tra
le più alte d’Europa, fu un vero crollo.
Quindi cosa propose di fare? Immaginerete, congeliamo
subito tutti i superprofitti alle banche, congeliamo tutti i bonus dei
dirigenti bancari, sequestriamo tutti i titoli cercando di identificare tutte
le banche che sono piene di questi titoli spazzatura, così poi facciamo una
richiesta al governo degli Stati Uniti ed instauriamo un processo per
recuperare questi crediti che tra l’altro erano stati garantiti dallo stato
statunitense, cosa che alcuni hanno fatto e che si
può fare.
può fare.
No. Lui disse, siccome ci hanno rubato 5 punti di Pil,
dobbiamo riformare il mercato del lavoro, dobbiamo tagliare pensioni e sanità,
dobbiamo riformare la scuola. Ma che c’entra? L’hanno buttata in barzelletta
politica, coinvolgendo in questo tutte le strutture, istituzioni.
Tra l’altro, come voi sapete, nel maggio 2011 Draghi va
alla Banca Centrale Europea e cosa fa? Comincia a riacquistare, anche dalle
banche italiane, i titoli spazzatura in cambio di denaro contante. Quindi lui
sta facendo un riciclaggio e con lui il sistema finanziario sta facendo il
riciclaggio dei titoli spazzatura che la Goldman Sachs ha esportato in Europa e anche in
Italia e che noi oggi paghiamo per riciclarli così che poi nessuno riesca
neanche più ad identificarli. Questo è quello che è avvenuto, il caso qui in
esame, quello del Mps, è solo un esempio, ma badate bene che in tutte le banche
italiane ci sono queste bombe ad orologeria. E qui passo per brevità alla
seconda questione, alla sfera politica.
Io sapete sono danese, vengo in Italia spesso, sono di
origini romane, non italiane. Quello che a me sorprende è che in Italia non ci
si chiede come mai nel corso degli ultimi 15-20 anni sono stati rovesciati
fiumi di denaro sulla politica. C’è una ragione, perché poi, questi fiumi di
denaro dati ai politici e alla politica, non è che sono venuti di nascosto,
erano trasparenti, sono stati fatti attraverso le leggi, regolamenti, e nessuno
è intervenuto, non è intervenuto il capo dello stato, non sono intervenuti la
Ragioneria, la Corte dei conti, nessuno è intervenuto, perché è stato fatto? E’
stato fatto perché i politici non vedessero, non sentissero, non parlassero. In
questo modo è stato acquisito un consenso, anche per questo in questi 20 anni
sono state fatte le cose più ignobili.
E oggi, per concludere su questo, cosa vediamo noi?
Vediamo che mentre queste bombe ad orologeria scoppiano, i politici tacciono,
non fanno nulla. Perché? Perché i corruttori sanno bene dove stanno i soldi che
loro hanno dato ai corrotti, ed ecco che inizia il gioco sporco. La Lega rompe
le scatole, fa i capricci perché non vuole più sostenere il governo della
finanza? La decapitano. Nel momento in cui un personaggio, a me non simpatico,
tra l’altro di destra, come Di Pietro, comincia a fare i capricci, che fanno?
Lo mettono sulla graticola.
Nel momento in cui il Pd ha
qualche dubbio amletico, anche se ormai è un po’ tardi, credo,
e pronuncia qualche parola in difesa degli interessi dei cittadini, dei
lavoratori, degli imprenditori, e così via, lo bastonano e gli dicono: “state
attenti, perché altrimenti…”. Abbiamo una politica che non solo
istituzionalmente è dipendente dalla Banca Centrale Europea, che poi è la
finanza statunitense, ma abbiamo una situazione in cui la politica è sotto
ricatto perché è stata corrotta attraverso un processo sistematico.
Questo è quanto ho scritto, ma certe analisi sono state
fatte anche negli Stati uniti che rivelano che si è creato un sistema di potere
collusivo, fatto di ricatti, di pressioni —un sistema che ci fa capire anche la
vicenda Finmeccanica. Un paese che si butta nell’industria di guerra è chiaro
che entra nei meccanismi più perversi della corruzione, però certe magagne
vengono fuori nel momento in cui bisogna dare dei segnali forti, perché il
governo della finanza altrimenti non vince le elezioni, questo è il caso
italiano, ma questo avviene dappertutto.
Per questo, la lettura di esempi così specifici come
quello del Monte dei Paschi di Siena sono utili: aiutano a capire questi
meccanismi, ci aiutano a capire come funziona questo blocco di potere nuovo
dominante che si è formato, i suoi aspetti più odiosi, più biechi, metodi
mutuati dalla mafia. Voi sapete che la mafia iniziò la sua espansione coi
palazzinari, poi col businness dell’agricoltura,
poi con quello della droga. Oggi c’è la finanza e ogni volta che la mafia ha
cambiato strategia che faceva? Faceva arrestare tutti quelli del vecchio gruppo
dirigente. Ogni volta che è successo che hanno arrestato tutti i capi della
mafia, in realtà stavano ripulendo un giro di dirigenti, perché l’arresto di
Riina è la fine della mafia della droga, che segna l’inizio della mafia della
finanza.
La mafia della finanza è quella che oggi sta in sella e
naturalmente essa elimina i personaggi un po’ sporchi e che si ostinano a voler
guadagnare in forme che non sono moderne, che non fanno più parte delle cosche
vincenti del potere. Trasferite questo tipo di analisi, questo rinnovo
dirigenziale delle organizzazioni criminali, a quello che sta succedendo anche
nella politica italiana: è chiaro che c’è dietro un bel disegno di potere che
va avanti abbastanza indisturbatamente.
Ho trattato il problema dell’euro in quel libro L’Europa oltre l’euro. Gli economisti in genere, anche
di altri paesi, criticano l’euro perché dicono che non ha consistenza
economica, cioè le teorie economiche dimostrano quali sono le condizioni perché
si possa fare un’unità monetaria. L’euro è stato fatto non tenendo conto di
tutti quei criteri base per cui si possa creare un’area monetaria omogenea che
funzioni. Per questo Krugmann e molti altri hanno criticato l’euro. La moneta è
uno strumento dell’economia, non è l’economia, quindi intestardirsi, insistere
su un meccanismo che chiaramente non sta funzionando, rischia, e questo è
l’aspetto doloroso, di minacciare e distruggere lo stesso progetto europeo.
Dal momento dell’introduzione
dell’euro fatta in modo così forzato, che è successo? Già l’introduzione dell’euro ha diviso
l’Europa, volevamo un’Europa più larga, ma che crescesse insieme. Come sapete,
quando si è fatto l’euro, dentro ci sono 17 paesi, ma 10 stanno fuori e questi
non sono i più balordi, stanno fuori paesi importanti come la Gran Bretagna, ma
anche paesi piccoli e molto efficienti e importanti per l’Europa, come la
Danimarca e la Svezia. Quindi la prima cosa che ha fatto l’euro, ha spaccato
l’Europa in due, per imporre un’accelerazione che badate bene, non era
necessaria. Perché? Esisteva una cooperazione monetaria. Come sapete, dopo la
fine dell’aggancio al dollaro, nel ’71, non è che i paesi europei si sono messi
a fare la guerra tra loro, ma fecero prima una cooperazione monetaria, il Serpente Monetario Europeo, che naturalmente rivelò
punti di forza, ma anche dei difetti. Tanto è vero che successivamente, dopo
circa dieci anni, si migliorò il sistema e venne il Sistema Monetario Europeo, cosiddetto Serpente 2, e si cercò di perfezionare questi
meccanismi di scambio monetario.
Quindi, non è che prima c’era il caos e poi è arrivato
l’euro. La decisione improvvisa di introdurre l’euro prima ha spaccato
l’Europa, tra chi dentro e chi fuori, e tra l’altro, queste distanze si vanno
sempre più allargando. Ormai è chiaro che l’euro sta allontanando sempre più la
Gran Bretagna da un progetto europeo, ma questo vale anche per i paesi
Scandinavi. Non solo, i 17 paesi dell’euro zona hanno creato un’ulteriore
divisione dentro la zona euro perché oggi tutti sanno che sono spaccati tra una
zona nord e una zona sud. Perché non esiste nessun meccanismo che consente di
trovare un equilibrio tra queste situazioni. Immaginate non dico l’Unione
Europea, ma solo l’eurozona. Con la moneta si è preteso di creare una sorta di
Stato Europeo. Questa era l’idea. Ora, l’idea che si può fare uno Stato senza
uno Stato fa un po’ sorridere. L’idea che 17 paesi possano essere governati da
una banca è un’idea da ospedale psichiatrico. E’ come se in Italia dicessimo:
togliamo tutto, Parlamento e governo, basta la Banca d’Itali Questo è ciò che è
stato fatto a livello europeo. (…) Insistere su questa strada rischia
seriamente di portare alla rovina lo stesso progetto europeo e badate bene che
non abbiamo molto tempo.
Siamo andati a sbattere con l’euro contro l’iceberg. Le previsioni mie e non
solo mie — da qui ad uno due anni e non a dieci — sono due: che se non si
cambia rotta rapidamente ci sono due scenari possibili, uno, quello più
probabile e più terrificante, è l’implosione dell’Europa come la Jugoslavia.
Questo è lo scenario che molti economisti danno per scontato, se non si inverte
rotta.
Lo scenario alternativo è quello di una soluzione
programmata, in linea con l’idea europea di cooperazione, sarebbe quello, che
viene dall’esperienza europea, che io chiamo lo scenario della Cecoslovacchia.
Come sapete, la Cecoslovacchia era uno stato europeo, che ad un certo punto,
siccome c’erano differenze, sia di aspirazioni ma anche di strutture
economiche, ha deciso di dividersi in due stati, ma non è stata fatta nessuna
guerra, si sono messi d’accordo, hanno due monete diverse dentro l’Unione, tra
l’altro hanno riorganizzato i rapporti.
L’idea che la zona dell’euro debba implodere, provocando
situazioni di tipo jugoslavo, con l’uscita di paesi a cominciare dal sud, ed entro
un anno arriverà anche a noi il problema, è una politica cieca, perché non
tiene conto che questi problemi si potrebbero risolvere con un accordo in seno
all’eurozona, tra nord e sud, però stabilendo meccanismi di cambio che tengano
conto delle esigenze dell’economia.
Badate bene che quando l’Italia era nel Sistema Monetario Europeo ne è uscita per tre o quattro anni,
perché aveva delle difficoltà economiche. Sia l’Italia che la Gran Bretagna
uscirono e poi rientrarono. Non è che ci fu una guerra, non è che se noi
dovessimo uscire o stabilire una nuova forma di cooperazione monetaria succede
chissà che!
Le monete cambiano ogni 10-15 anni, questo lo sanno gli economisti. E’ sempre successo nella storia.
Pensate che alla fine dell’800 in Europa esisteva l’unione monetaria dei paesi
scandinavi. E’ esistita per circa 30 anni, poi, ad un certo punto, siccome
queste economie sono cresciute in modo diverso, l’hanno sciolta, infatti voi
oggi avete la corona danese, quella svedese e quella norvegese, mentre prima
avevano una corona unica. Decisero intelligentemente di tornare a delle valute
nazionali, ovviamente si chiamano ancora corone, c’è un aggancio
privilegiato, però son tornate ad auto-governarsi.
La stessa cosa vale anche per noi, perché l’Italia ha
fatto parte a fine ‘800, per circa 30 anni, di quello che si chiamava Sistema Monetario Latino, con il Belgio, la Svizzera,
e la Francia. E’ stato sciolto dopo 30 o 40 anni, oggi infatti avete franco
svizzero, franco francese e belga, l’Italia aveva mantenuto la lira ma stando
dentro il sistema del franco.
Voglio dire, le scelte monetarie sono strumentali, non
sono dogmi, la moneta non è un dogma, simboli sono invece la cultura, lo stato,
la nazione. La moneta, come noi sappiamo nell’esperienza familiare, è uno strumento,
deve servire i nostri progetti, non viceversa».
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