mercoledì 19 aprile 2017

La sposa bianca di Ousmane - Mariama Bâ

Mariama Bâ è una scrittrice praticamente sconosciuta da noi, i suoi libri sono pubblicati in italiano da piccole case editrici e venduti per strada dai senegalesi.
la storia è quella di un amore di una ragazza bianca francese (Mireille) e di un ragazzo nero senegalese (Ousmane), contro tutte le previsioni, per i primi due terzi delle pagine.
poi si cambia, lo scoprirete.
Mariama Bâ, che è senegalese, cerca di essere equidistante, ma non ci riesce, secondo me è con Mireille che soffre.
se per caso trovate uno di quei venditori di libri cercate questo libro, non ve ne pentirete.




…Mariama Bâ dipinge il quadro di una società in cui i matrimoni misti non sono ben visti, né dai neri né dai bianchi, e l’apparente apertura nei confronti del mondo occidentale viene soffocata dal forte attaccamento alle proprie radici. La critica che emerge va però interpretata nel modo corretto. L’accusa non è rivolta a Yaye Khady, la madre di Ousmane, e a chi, come lei, manifesta fin da subito e con chiarezza il rifiuto di Mireille – anche se una maggiore umanità appare comunque auspicabile – ma piuttosto all’ipocrisia di Ousmane, che tradisce quei valori occidentali che affermava di condividere.
Ammirevoli sono, al contrario, i sacrifici di Mireille e il suo tentativo di adattarsi alla cultura senegalese, nonostante siano in molti a ricambiare tutto ciò con ostilità e ben pochi prendano invece le sue difese.
Se a volte lo stile delude un po’, apparendo in alcuni punti troppo semplicistico, rimane comunque efficacemente essenziale e diretto, e viene compensato dalla maestria di Mariama Bâ nel condensare in questa storia tematiche universali sempre attuali come l’amore incondizionato, il coraggio, la solitudine, il razzismo, l’ipocrisia e l’incomprensione, presentandoci al tempo stesso un’immagine preziosa della cultura e delle dinamiche sociali senegalesi.
Ciò che mi stupisce è che questo libro, pubblicato da Giovane Africa Edizioni, sia pressoché introvabile. Credo che valga davvero la pena provare a recuperarne una copia (la versione originale, in lingua francese, si intitola Chant écarlate) e magari spargere un po’ la voce, perché Mariama Bâ è senz’altro un’autrice che merita di essere letta ancora oggi.

A subire la violenza più atroce non è il Nero ma la Bianca, calata dentro una società che la rifiuta, la isola e alla fine drammaticamente la espelle. In questo contesto il ruolo dell’uomo, dello sposo nero, è determinante alla conclusione della storia: benché uomo di cultura, intellettuale, insegnante di filosofia, è completamente in balia del proprio gruppo sociale, e fondamentalmente convinto della giustezza dei suoi comportamenti. La cultura di cui si è servito per conquistare la donna gli cade di dosso come la pelle di un serpente per rivelarne il vero sé fatto di ipocrisia, di occultamenti, di silenzi. Mariama Bâ, che pure ha cosparso la prima parte del libro di piccoli indizi rivelatori dell’epilogo, mostra l’inutilità di una cultura fatta solo di conoscenza ma incapace di servire da strumento per valutare e cambiare il mondo. I personaggi che formano il coro di questo dramma africano sono anch’essi divisi in due gruppi, da un lato il gruppo familiare capeggiato dalla madre di lui, fortemente coeso e deciso a espellere l’intrusa tranne che per  un solo  elemento amichevole, e dall’altro pochi amici capaci di guardare con obiettività alla situazione ma impotenti a far cambiare idea all’uomo che nasconde, dietro i principi della Negritudine di cui si fa portavoce, un’aridità di sentimenti. Anche questo personaggio subisce una rotazione a 360°. La bontà e la gentilezza, il rispetto mostrati nella giovinezza verso la famiglia  non si rivelano sentimenti caratteriali, ma semplici  elementi di solidarietà col proprio gruppo d’origine, incapaci di innestarsi e far fruttificare una nuova famiglia e dunque una nuova società.  Lo sprofondare nella tradizione fa emergere dallo sfondo una società poverissima in cui le famiglie si appoggiano pesantemente,  per sopravvivere,  a chi ha conquistato una posizione, e in cui il denaro ricopre un ruolo sociale fondamentale. Al centro la figura della Bianca, sposata con rito civile e islamico, una donna colta  e sincera, fiduciosa e ignara dell’abisso in cui è scivolata. L’amore che porta al suo uomo non è sufficiente a spostare la montagna di differenza culturale che lui le ha celato, e che forse ha celato anche a se stesso. Le regole che cerca di far rispettare – pulizia, ordine domestico, rispetto per la donna e per la nuova coppia – diventano terreno di scontro e motivo di distanza crescente fra i due.  Non è questa violenza? Non violenza fisica, ma la sottile quotidiana negazione di quanto promesso, l’abbandono senza spiegazioni in un mondo sconosciuto e ostile, di cui non si riescono a decifrare le coordinate, ad opera di un uomo cui la donna si era affidata completamente, legata da affetto vero, di cui si era resa  dipendente andando da sola in un contesto completamente ignoto. La violenza qui è quella dell’intero gruppo contro un individuo isolato, ma è fortemente sottolineata l’incapacità dell’uomo di difendere la propria scelta, trovando più comodo regredire al passato, all’utero materno…
da qui

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