Siamo
lavoratrici e lavoratori della scuola, insegnanti, educatori, personale ATA.
Abbiamo avviato una petizione pubblica, firmata da chi ogni giorno vive la
responsabilità dell’educazione e della cura delle nuove generazioni.
Stiamo
rimanendo immobili di fronte alla distruzione sistematica della Striscia di
Gaza, all’occupazione e all’assedio perpetuo in Cisgiordania, all’annientamento
di vite umane, alla cancellazione di scuole, ospedali, famiglie e intere
comunità. A tutto questo si aggiunge un clima crescente di censura e rimozione:
il silenzio oggi non è solo indotto, ma spesso imposto.
Non possiamo
accettare che la scuola – luogo in cui si formano le coscienze, si educa al
rispetto dei diritti, alla libertà, si insegna l’autodeterminazione dei popoli
– resti in silenzio di fronte a quanto sta accadendo in Palestina: è nostro
compito prendere parola contro la deumanizzazione, la violenza coloniale e la
negazione del diritto all’esistenza di un popolo. Non possiamo tollerare che il
nostro paese continui a essere complice del colonialismo, dell’apartheid,
dell’occupazione militare e del genocidio in corso contro il popolo
palestinese. Non possiamo accettare tutto questo, in primo luogo perché noi
rappresentiamo un esempio per le nostre bambine e ragazze, per i nostri bambini
e ragazzi e davanti a loro, che ci osservano costantemente, abbiamo il dovere
di assumere precise responsabilità nel periodo storico che stiamo vivendo a
favore della giustizia e del rispetto dei diritti fondamentali; abbiamo il
dovere di mostrare che le loro figure di riferimento non accettano impassibili
tanta violenza, morte e distruzione indirizzate in gran parte contro loro
coetanei; abbiamo il diritto e il dovere di prendere posizione, di non restare
in silenzio; abbiamo il dovere di mobilitarci contro l’impunità e lo
smantellamento del diritto internazionale.
Invitiamo
docenti, personale scolastico e dirigenti a firmare e diffondere l’appello,
firmato ad oggi, 2 giugno, già da 1500 lavoratrici e lavoratori della scuola.
Invitiamo
alla diffusione e condivisione anche tutti coloro che, nel mondo
dell’informazione, della cultura e della società civile, si riconoscono in
questa idea di scuola: una scuola che educa a pensare criticamente, prendere
posizione e agire.
La nostra
petizione nasce dal basso – chi siamo:
Docenti per
Gaza nasce poco dopo l’inizio dell’aggressione israeliana nel 2023, attorno a
un appello che chiedeva il cessate il fuoco, il rispetto del diritto
internazionale e aiuti umanitari per bambine e bambini palestinesi. Ad oggi
riscontriamo che nonostante il cambiamento nella narrazione e nella postura nei
confronti della “guerra” in corso a Gaza – cambiamento che interessa politica e
media – il nostro governo non si muove. Proponiamo quindi una nuova petizione:
chi firma si riconosce nell’urgenza di parlare di Gaza nei propri istituti,
consapevole del proprio ruolo educativo, e chiede soluzioni concrete alle
autorità politiche che hanno il potere di attuarle.
Cosa
chiediamo:
Chiediamo a
tutto il corpo docente, dirigenti e personale scolastico di unirsi e di firmare
questo nostro appello rivolto al Ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe
Valditara, al Ministro dell’interno Matteo Piantedosi, al Ministro degli affari
esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, al Ministro della
difesa Guido Crosetto, al Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni,
per:
- denunciare esplicitamente il
genocidio in corso, la pulizia etnica, l’occupazione militare e il regime
di apartheid e attuare misure concrete come embargo e sanzioni contro
Israele;
- fermare l’accordo di
cooperazione militare tra Italia e Israele, il cui rinnovo è previsto l’8
giugno;
- garantire l’ingresso e la
dignitosa distribuzione degli aiuti umanitari in tutta la Striscia e
supportare concretamente la salvaguardia e la ricostruzione del sistema
scolastico sia a Gaza che in Cisgiordania;
- condurre alla definitiva
rottura dei legami accademici tra le università italiane e le università
israeliane; coadiuvare la pubblicazione di bandi per borse di studio
realmente accessibili alle studentesse e agli studenti palestinesi; aprire
gemellaggi tra le scuole italiane e le scuole palestinesi a Gaza e in
Cisgiordania;
- intervenire sulle Indicazioni
nazionali unicamente per aprire i programmi scolastici alla storia
globale, a prospettive decoloniali, allo sguardo critico nei confronti
della nostra storia e per dare voce alle fasce marginalizzate, per dare
spazio all’educazione al consenso, all’affettività, alla partecipazione
politica, alla cura della collettività e dell’ambiente, al fine di
scongiurare la violenza e l’indifferenza che rendono possibili la
deumanizzazione di un popolo e il suo genocidio;
- salvaguardare la libertà di
insegnamento per i docenti che legittimamente portano in classe il tema
della Palestina, denunciano i crimini contro l’umanità e il ripetersi di
processi storici quali colonialismo, genocidio e apartheid: non possiamo
tollerare che il corpo docenti senta minacciata la propria libertà
d’insegnamento da un discorso pubblico ostile alla liberazione palestinese,
dalle censure e dagli interventi diretti contro altri colleghi che si sono
esposti sul tema;
- affermare, infine, in completa
coerenza con i punti precedenti, una perentoria opposizione al riarmo
europeo e alla militarizzazione della società e delle scuole: pretendiamo
che il denaro pubblico sia investito nella salute, nell’istruzione, nella
tutela ambientale, nel lavoro sicuro, nei diritti – e non nella guerra.
La scuola è
uno spazio vivo di consapevolezza e libertà e non può restare indifferente di fronte
all’ingiustizia, alla violenza, al razzismo e alla discriminazione.
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