domenica 3 luglio 2016

su Dacca

scrive Ugo Rosa:

Speriamo a questo punto di non sentir dire ancora una volta che "la religione non c'entra" e che "i terroristi non sono veri musulmani", perché, anche se è vero che solo una ridotta minoranza di musulmani aderisce al terrorismo islamista, è la religione a fornire ideologia unificante e linguaggi, oltre che a configurare una micidiale rete entro la quale prendono corpo alleanze e sinergie sul piano operativo. E poi, come si fa a dire che la religione non c'entra quando i macellai di Dacca hanno selezionato le vittime da uccidere con i machete chiedendo agli ostaggi di recitare il Corano?” (Roberto Toscano, La Repubblica 03.07.2016). Queste righe sintetizzano il pensare medio (illuminista quanto basta a un candelabro) che impazza sui giornali per bene. Vediamo. Se non dobbiamo dire che la religione non c'entra e che i terroristi non sono veri musulmani, allora ci toccherebbe dire il contrario. Ma chi scrive quelle righe non vuole dirlo, anche se è chiaro che lo pensa (paso doble classico dell'illuminista da abat jour). Difatti cala subito la briscola:“anche se è vero che solo una ridotta minoranza di musulmani aderisce al terrorismo è la religione a fornire ideologia unificante e linguaggi”. La prima parte della frase è in contraddizione con la seconda; ma passi. Facciamo che per il nostro logico da terza pagina valga la seconda e non la prima. Allora bisogna chiedersi con lui: come si fa a sostenere, dal momento che l'Inghilterra fornisce agli hooligans un linguaggio comune e una “Ideologia unificante” (qualunque cosa significhi) che il principe Carlo non sia responsabile dei rutti allo stadio? E come si fa a dire che Elisabetta e l'Inghilterra non c'entrano, dal momento che il drappello di hooligans, sgozzando il tifoso straniero, cantava “God save the Queen” e ha costretto anche la vittima a cantarlo? Questa la logica nebbiosa che agita il cervello degli illuministi da abat-jour, il cui enlightenment non graffia la notte fonda della loro intelligenza. Il 24 aprile di tre anni fa (non ai tempi della regina Vittoria) a Dacca sono morti 1129 lavoratori tessili, per la maggioranza donne e bambine, nel crollo del Rana Plaza: una fogna per schiavi di nove piani creata per produrre profitti alle industrie tessili europee, tra cui la Benetton. Chiedersi ora cosa ci facessero a Dacca degli imprenditori tessili italiani è, più che impopolare, un tabù tribale. Io però me lo chiedo lo stesso e umilmente sospetto che anche Voltaire e Diderot l'avrebbero fatto. Magari solo per concludere che sono miseria, disperazione e sfruttamento a costituire il bacino da cui il terrore attinge e che la religione è solo quello che è sempre stata: una bandiera colorata per portare i disperati in prima linea. Perfino un cretino onesto potrebbe capirlo. Ma l'intelligenza non conviene. Né a chi fonda i suoi sporchi affari sullo sfruttamento altrui né a chi gioca a fare l'illuminista laico sui giornali, nelle librerie e sui social forum.

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