In un nuovo rapporto intitolato “Destinazione occupazione” abbiamo
verificato come il governo israeliano autorizzi e incoraggi i coloni a
sfruttare terre e risorse naturali che appartengono ai palestinesi e come Airbnb, Booking.com, Expedia e TripAdvisor traggano
profitto da questo sfruttamento.
Queste agenzie online stanno alimentando le violazioni dei diritti umani
contro i palestinesi segnalando centinaia di stanze e attività negli insediamenti
israeliani sulla terra palestinese, compresa Gerusalemme Est.
L’insediamento di civili israeliani da parte di Israele nei Territori
palestinesi occupati viola il diritto internazionale umanitario
e costituisce un crimine di guerra. Ciò nonostante, le quattro
agenzie continuano a operare negli insediamenti e a trarre profitto da questa
situazione illegale.
Tra febbraio e ottobre del 2018, abbiamo visitato quattro
villaggi palestinesi situati nei pressi di insediamenti israeliani, il
quartiere di Silwan a Gerusalemme Est e una comunità
palestinese nella zona di Hebron. Si tratta di luoghi vicini a
lucrose attività turistiche gestite dai coloni israeliani.
L’INSEDIAMENTO DI KFAR ADUMIM
Uno degli insediamenti in cui ci siamo recati personalmente è Kfar
Adumim, centro turistico in crescita situato a meno di due chilometri dal
villaggio beduino di Khan al-Ahmar, la cui imminente e totale demolizione da
parte delle forze israeliane ha recentemente ottenuto il via libera dalla Corte suprema israeliana. L’espansione di
Kfar Adumim e di altri insediamenti vicini è un fattore determinante
delle violazioni dei diritti umani contro la comunità beduina
locale.
Airbnb, Booking.com, Expedia e TripAdvisor forniscono destinazioni tra cui
affitti per vacanze e campeggi nel deserto gestiti dai coloni in questo
insediamento o nelle sue vicinanze. Per far spazio all’espansione di Kfar
Adunin e di altri insediamenti vicini, circa 180 abitanti di
Khan al-Ahmar rischiano lo sgombero forzato da
parte dell’esercito israeliano.
Questi trasferimenti forzati di popolazioni residenti
in territori occupati costituiscono crimini di guerra.
Le autorità israeliane hanno offerto ai residenti del villaggio due opzioni: un
sito nelle vicinanze dell’ex discarica municipale di Gerusalemme, nei pressi
del villaggio di Abu Dis, o un altro accanto a un impianto per il trattamento
degli scarichi fognari nei pressi di Gerico.
IL SITO ARCHEOLOGICO DI KHIRBET
SUSIYA
I nostri ricercatori hanno visitato anche il villaggio di Khirbet
Susiya, dove gli abitanti palestinesi vivono in rifugi temporanei dopo
essere stati sgomberati con la forza da buona parte dell’area per fare spazio
all’espansione dell’insediamento di Susiya. Le autorità israeliane hanno chiuso
le cisterne d’acqua e i pozzi di Khirbet Susiya. Nel 2015 le Nazioni Unite
stimavano che un terzo del reddito degli abitanti venisse speso per acquistare
acqua.
Susiya è circondata dalle rovine di un sito archeologico che,
al momento della stesura del rapporto, era promosso sia da
Airbnb che da TripAdvisor con fotografie dei luoghi da
visitare: le rovine, un oliveto, una cantina, una vigna e una grande piscina
all’interno dell’insediamento.
Lo sviluppo, da parte del governo israeliano, di siti
archeologici all’interno di insediamenti come Susiya e Shiloh è parte
essenziale dei suoi programmi di sviluppo ed espansione degli
insediamenti.
“Promuovere questi siti presso un pubblico globale favorisce gli obiettivi
del governo israeliano in materia di insediamenti. Ecco perché le agenzie
turistiche internazionali hanno un ruolo essenziale”, ha dichiarato Seema
Joshi, direttrice del programma Temi globali di Amnesty International.
LE EVIDENZE MESSE IN RISALTO DAL REPORT
“Queste agenzie promuovono visite a riserve naturali, incoraggiano i
turisti a fare percorsi a piedi e safari nel deserto e convincono i visitatori
ad assaggiare il vino prodotto dai vigneti locali”, ha commentato Joshi.
Il rapporto mette in evidenza le attività delle 4 agenzie – Airbnb,
Booking.com, Expedia e TripAdvisor – e i loro profitti:
·
Airbnb, che ha sede negli Usa, aveva tra le
sue destinazioni oltre 300 proprietà negli insediamenti dei
Territori palestinesi occupati;
·
TripAdvisor, che a sua volta ha sede negli Usa,
aveva tra le sue destinazioni nei Territori palestinesi occupati oltre 70 tra attrazioni,
tour, ristoranti, bar, alberghi e appartamenti in affitto;
·
Booking.com, che ha sede in Olanda, aveva 45
alberghi e affitti tra le sue destinazioni nei Territori palestinesi
occupati;
·
Expedia, che ha sede negli Usa, elenca nove
destinazioni di soggiorno, tra cui quattro grandi alberghi.
I PROFITTI DELLE AGENZIE NEI
TERRITORI OCCUPATI
Abbiamo verificato che non solo Airbnb, Booking.com, Expedia e TripAdvisor
giocano un ruolo importante nell’espansione degli insediamenti ma ingannano anche
i loro clienti non informandoli quando le destinazioni sono
situate all’interno degli insediamenti israeliani.
“I turisti che vengono qui subiscono il lavaggio del cervello, si sentono
dire bugie, non sanno che questa è la nostra terra”, ha detto un contadino palestinese
che vive nei pressi dell’insediamento di Shiloh, dove il governo
israeliano finanzia un grande centro visitatori per attirare il turismo in un
sito archeologico.
Dalla fine degli anni Novanta i due villaggi palestinesi nei pressi di
Shiloh hanno perso oltre 5500 ettari di terra. Molte persone sono
andate via e chi rimane è soggetto a frequenti attacchi da parte dei coloni
armati. Airbnb, Booking.com e TripAdvisor includono tra le loro destinazioni
Shiloh ma solo Booking.com spiega che si trovano all’interno di un insediamento
israeliano.
Negli ultimi anni il governo israeliano ha investito moltissimo nello
sviluppo dell’industria turistica negli insediamenti. Definisce determinate
destinazioni come “luoghi turistici” per giustificare la confisca di terre e
abitazioni palestinesi e spesso costruisce intenzionalmente insediamenti nei
pressi dei siti archeologici per porre enfasi sulle connessioni storiche del
popolo ebraico con la regione.
“Queste agenzie promuovono visite a riserve naturali, incoraggiano i
turisti a fare percorsi a piedi e safari nel deserto e convincono i visitatori
ad assaggiare il vino prodotto dai vigneti locali”, ha commentato Joshi.
I PROFITTI DELLE AZIENDE NEI
TERRITORI OCCUPATI
Non è solo l’industria del turismo a trarre profitto dagli insediamenti
illegali e a contribuire al loro sviluppo. Beni prodotti negli
insediamenti israeliani per un valore di centinaia di
milioni di euro vengono esportati ogni anno
nonostante la maggior parte degli stati del mondo abbia condannato gli
insediamenti come illegali dal punto di vista del diritto internazionale.
Oltre a chiedere alle singole aziende di cessare di fare affari negli e con
gli insediamenti, stiamo sollecitando i governi a vietare per
legge l’importazione di beni prodotti negli insediamenti.
“Non basta condannare gli insediamenti come illegali per poi autorizzare
attività commerciali che continuano a fargli fare profitti”, ha sottolineato
Joshi.
Il parlamento irlandese sta per approvare un’importante disegno di legge
che proibirebbe il commercio di beni e servizi con gli insediamenti israeliani.
Stiamo chiedendo agli altri Stati di fare altrettanto.