Viaggio a Belmarsh, il carcere di Julian Assange
Julian Assange, il fondatore di
WikiLeaks arrestato nei giorni scorsi,
è stato portato nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh,
soprannominato la Guantanamo britannica. La notizia è stata data da
Vaughan Smith, amico dell’attivista, e confermata da sua madre, Christine
Assange, su Twitter.
L’istituto penitenziario di Belmarsh si trova in una zona nel sud-est di
Londra ed è finito sotto la lente d’ingrandimento nel 2001 quando, a seguito
degli attacchi terroristici alle torri gemelle, il governo decise di
rinchiudere al suo interno nove stranieri sospettati di terrorismo. Come riporta la Bbc, queste persone pur non
essendo formalmente indagate, erano costrette a rimanere in celle molto piccole
per 22 ore al giorno, non avevano ricevuto adeguata assistenza legale o
sanitaria e non potevano pregare. Una condizione che Amnesty International
aveva definito “inumana, crudele e degradante”, simile a quella dei
detenuti di Guantanamo, il carcere statunitense statunitense aperto
dall’amministrazione Bush nel 2001 a Cuba per internare i sospettati di
terrorismo catturati in Pakistan e Afghanistan, e spesso paragonato a un campo
di prigionia anche a causa di testimonianzedi uso
della tortura per estorcere confessioni.
Qualcuno su Twitter ha sostenuto che le due strutture, Belmarsh e
Guantanamo, non sarebbero in realtà paragonabili. Come riporta Business Insider,
alcuni di loro hanno fatto notare che a Londra i detenuti possono usare la
biblioteca, partecipare a seminari, sedute terapeutiche e anche fare
ginnastica.
Com’è la situazione oggi
Secondo un report del 2018 del
centro amministrativo che si occupa di ispezionare le carceri, la situazione
dai report è molto migliorata e il carcere, nel complesso, è “gestito bene“.
Rimangono, però, alcuni punti critici. L’istituto è sovraffollato, le attività
di rieducazione sono considerate “scarse” e i detenuti continuano a
passare la maggior parte del loro tempo all’interno della cella. Alcuni si sono
lamentati di essere trattati senza rispetto e di non essere mai messi in grado
di avere colloqui con dottori e infermieri (queste ultime affermazioni tuttavia
sono state in parte smentite dal report, che evidenzia che all’interno
dell’istituto c’è personale a sufficienza e l’assistenza medica viene
garantita).
A complicare la vita di tutti i giorni all’interno di Belmarsh è anche la
presenza – peraltro comune a gran parte delle strutture di massima sicurezza –
di ergastolani, di persone con necessità particolari, di stranieri che non
sempre parlano o capiscono la lingua inglese, e di detenuti che hanno bisogno
di una qualche forma di protezione a causa del crimine che hanno commesso. “Soddisfare
le esigenze di questi gruppi resta un compito molto complicato“, si legge
nel report.
Gli altri detenuti di alto profilo
Julian Assange non è il primo detenuto famoso a essere stato rinchiuso
all’interno di Belmarsh. In passato, hanno scontato la loro pena nell’istituto anche
Ronnie Bigs, un cantante britannico che suonò coi Sex Pistols alla fine degli
anni Settanta, il predicatore radicale Abu Hamza, il braccio destro di Osama
Bin Laden in Europa Abu Qatada e il romanziere Jeffrey
Archer. Quest’ultimo venne condannato per falsa testimonianza e ha raccontato
la sua esperienza in un libro che riprende la struttura della Divina Commedia
di Dante. La prima parte si intitola “Belmarsh Hell” (l’inferno di
Belmarsh).
Julian Assange
scrive una lettera da Belmarsh prison
(Published
by The Canary, dated 13 May 2019, to independent
journalist Gordon Dimmack)
Thanks Gordon. You are a good man.
I have been isolated from all ability to prepare to defend myself: no
laptop, no internet, ever, no computer, no library, so far, but even if I get
access it will be just for half an hour, with everyone else, once a week. Just
two visits a month and it takes weeks to get someone on the call list and a
Catch-22 in getting their details to be security screened. Then all calls
except lawyers, are recorded and calls are max 10 minutes and in a limited
30-min window each day in which all prisoners compete for the phone. And
credit? Just a few pounds a week and no one can call in.
The other side? A superpower that has been preparing for 9 years with
hundreds of people and untold millions spent on the case. I am defenseless and
am counting on you and others of good character to save my life.
I am unbroken, albeit literally surrounded by murderers, but the days when
I could read and speak and organize to defend myself, my ideals, and my people
are over until I am free! Everyone else must take my place.
The US government, or rather, those regrettable elements in it that hate
truth liberty and justice, want to cheat their way into my extradition and
death, rather than letting the public hear the truth, for which I have won the
highest awards in journalism and have been nominated 7 times for the Nobel
Peace Prize.
Truth, ultimately, is all we have.
J.P.A.
un'intervista del 2010:
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