Mentre il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti
proclamava in pompa magna la reintroduzione della Educazione Civica nella
scuola pubblica italiana dalla primaria alla secondaria, il ministro
dell’Interno, nonché vicepremier, Matteo Salvini epitetava una donna di Milano,
che secondo il leader sovranista lo avrebbe insultato, con il termine zingaraccia e
con l’espressione “stai buona, stai buona che arriva la ruspa“,
che tanto richiama l’orrore dei pogrom. Ingiustificabile e inaccettabile sotto
tutti i punti di vista. La misura è ormai stracolma. Mai, nella storia della
Repubblica, una carica istituzionale si era spinta ad un tale livello di violenza
verbale e di insulti razziali. E ciò avviene dopo la politica dei porti chiusi
in piena violazione del diritto umanitario internazionale e la legittimazione e
protezione di partiti che si richiamano apertamente al fascismo.
Non
passa giorno senza che dalla Lega non giungano azioni e parole in piena
violazione dei valori costituzionali e dei diritti umani. Il tutto nel silenzio
assordante degli alleati di governo, del presidente della Repubblica e con la
complicità di molti mezzi di informazione e di presunti intellettuali. L’aria
di intolleranza che si respira in Italia è insana e velenosa per quel poco che
rimane della nostra democrazia, già logorata da decenni di svuotamento del
potere legislativo e di smantellamento del welfare state.
La
cultura dell’odio nei confronti di chi è considerato diverso dal maschio
cattolico eterosessuale bianco (donne, gay, lesbiche, stranieri, rifugiati) sta
crescendo in modo inarrestabile e coinvolge negli atteggiamenti quotidiani una
parte sempre più grande di cittadini italiani. Di fronte a tale abisso è
indispensabile, con coraggio e follia, rimboccarsi le mani e provare ad
invertire rotta, attraverso la realizzazione di pratiche concrete di
democrazia, di inclusione e di solidarietà che facciano vivere la
nostra Costituzione. È il punto di partenza deve essere proprio la
scuola, la quale deve ritornare ad essere un reale laboratorio
pedagogico di cultura, di pensiero critico e di cittadinanza attiva. Per
questo propongo di raccogliere con forza la sfida della educazione
civica, al di là della vuota e contraddittoria retorica di un governo
che parla di insegnare i valori di quella Costituzione che viola e tradisce
ogni giorno, sia formalmente che materialmente.
Iniziamo
con il dire che la tanto sbandierata riforma è uno specchietto per allodole,
veramente poco furbe: infatti, non è cambiato il quadro orario (dunque le 33
ore annuali di educazione civica sono da ritagliare dalle altre discipline) e
non è istituito il profilo professionale che dovrà insegnare la materia. L’unica
cosa stabilita è anche la più inutile: il consiglio di classe dovrà dare un
voto, un bel numero che certifichi conoscenze e competenze civiche e
costituzionali. Di certo quello di Salvini e molti altri ministri sarebbe un
bel 3-. Detto questo, proviamo comunque a cogliere l’occasione, progettando e
realizzando dei percorsi didattici che facciano crescere i nostri allievi come
persone e non come merci, soldatini o webeti.
Costruiamo
un programma condiviso di minima attorno ai primi 12 articoli fondamentali
della Costituzione italiana e alla Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo delle Nazioni Unite, da
cui poter sviluppare e affrontare gli argomenti centrali di una sana e robusta
democrazia: lavoro, istruzione, ambiente, pace, solidarietà, rispetto.
Lavorando su questi temi possiamo dare agli studenti una cassetta
degli attrezzi per poter comprendere la realtà per poi difenderla e
trasformarla in una prospettiva di libertà, uguaglianza, emancipazione e
giustizia. Scegliamo documenti, film, musei, romanzi, musica, uscite didattiche
che formino una robusta cultura dei diritti, in modo da comprenderne la
universalità, l’interdipendenza, la storicità e l’inalienabilità.
I
diritti del lavoro vanno a braccetto con i diritti delle donne, così come i
diritti dei migranti sono l’altra faccia dei diritti dei bambini e
dell’ambiente. È semplice, ma è proprio lungo questa strada che emergono le
ipocrisie e le violenze di chi ci governa.
L’educazione
civica deve diventare la bussola di una comunità politica che sia
in grado di riconoscere le violenze e gli abusi di potere, le ingiustizie
sociali ed economiche, le barbarie della guerra e del neo-colonialismo, e le
discriminazioni razziali e di genere. Facciamo di queste 33 ore
annuali non un vuoto e buonista esercizio di retorica, un compitino da svolgere
perché ce lo hanno detto dall’alto, bensì una palestra di ecologismo, di stato
di diritto, di anti-razzismo, di inclusione, di sviluppo sostenibile e di
educazione alla nonviolenza come modo di stare al mondo.
Costruita
in questo modo, l’educazione civica può diventare un fertile strumento di
democrazia nelle mani dei cittadini da usare contro i bullismi e i
fondamentalismi politici, economici e culturali che caratterizzano il nostro
tempo.
da qui
Proposta semplice, seria e concreta. Grazie per la condivisione.
RispondiEliminatoccherà aspettare...
EliminaSalta la pubblicazione in Gazzetta, l'educazione civica slitta al 2020