LETTERA
APERTA
LISTE DI
ATTESA: UN DRAMMA CHE INTERPELLA ANCHE LE RESPONSABILITA’ E I POTERI DEI
SINDACI
Il sindaco è
il responsabile della condizione di salute della popolazione del suo
territorio. Il consiglio comunale condivide questa responsabilità. Allo stato
attuale, per una modifica della legge 833/78 non sono più i sindaci a gestire
il servizio sanitario anche se a essi sono affidati dal DLg 299/99 (decreto
Bindi) poteri di programmazione, di controllo e di giudizio sull’operato delle
ASL. I compiti del sindaco sono quindi comunque ampi, soprattutto il sindaco
deve conoscere lo stato di salute della popolazione, deve prendere
provvedimenti se le condizioni ambientali sono invivibili, se esistono pericoli
incombenti e, per la direttiva Seveso, deve informare la popolazione dei rischi
rilevanti cui è sottoposta.
Negli ultimi
anni si sono acuite le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie nella
nostra regione soprattutto a causa delle restrizioni imposte dai cosiddetti
“piani di rientro” che hanno il solo scopo di riportare in pareggio il bilancio
delle sanità regionali senza tenere in considerazione le ripercussioni sulla
salute delle popolazioni. Restrizioni che hanno riguardato la sostituzione del
personale in quiescenza o comunque cessante il servizio e la chiusura dei
piccoli ospedali. La Puglia è in Piano di Rientro dal 2011 e se forse oggi è
vicina al pareggio di bilancio, tuttavia la cura dimagrante a cui è stata
sottoposta se da un lato ha messo a posto i conti, dall’altro non ha risolto,
ma anzi ha aggravato, il suo storico divario dal resto del Paese dovuto
soprattutto al sottofinanziamento. Gli effetti di tali politiche si manifestano
soprattutto in lunghi tempi di attesa, migrazione sanitaria, una sanità
territoriale strutturalmente debole, pochi posti per la disabilità grave,
assistenza domiciliare carente.
La
legislazione sanitaria vigente prevede che in via ordinaria tutti i servizi e
le strutture sanitarie siano organizzate a livello regionale, ma prevede
altresì che i sindaci, sulla base dell'art. 54 co. 4 del Decreto
Legislativo n. 267/2000 (TUEL), abbiano un forte potere di intervento in
casi di emergenza. In caso di emergenze sanitarie e di salute, il sindaco,
quale rappresentante della comunità locale, può emettere ordinanze contingibili
e urgenti al fine di tutelare la salute dei cittadini, sino a quando non
vengano meno le situazioni di criticità tramite successivi interventi delle
altre autorità preposte in via ordinaria (Aziende sanitarie e ospedaliere,
Assessore regionale, eccetera).
Anche
recenti sentenze della Corte di Cassazione chiariscono che l’adozione delle
ordinanze del sindaco è legata a condizioni di urgenza, contingibilità e
temporaneità in quanto la durata del provvedimento è collegata al perdurare
dello stato di necessità. Dunque la proposta ai sindaci è di riappropriarsi di
questo diritto/dovere istituzionale e di intervenire con forza a tutela della
salute di chi, fragile perché malato o bisognoso di cure, ha pochi diritti e
non riesce a farli valere in quanto disperso e non organizzato “sindacalmente”.
In effetti
le ordinanze del sindaco in materia di tutela della salute e di accesso alla
sanità per i cittadini del Comune potrebbe ragionevolmente estendersi anche a
situazioni pericolose nelle strutture sanitarie, come le infezioni ospedaliere,
casi gravi di malasanità, carenza di informazione indipendente verso i
cittadini sulla reale misura di qualità dei servizi e delle strutture, ed altro
ancora.
Alla fine dello scorso anno il Ministero della Salute
aveva predisposto il nuovo Piano Nazionale per il Governo
della Liste di Attesa (PNGLA) diventato poi il 21.2.2019
oggetto dell’Intesa con le Regioni che, fra le appropriate misure prescritte,
includeva quella così riportata al punto 16: “in caso di superamento del
rapporto tra attività in libera professione e in istituzionale sulle
prestazioni erogate e/o di sforamento dei tempi di attesa massimi già
individuati dalla Regione si attua il blocco della attività
libero-professionale, fatta salva l’esecuzione delle prestazioni già
prenotate”.
Il 14 marzo scorso Consiglio Regionale di Puglia
ha approvato la legge n. 13 avente ad oggetto "Misure per la
riduzione delle liste d’attesa in sanità – Primi
provvedimenti" adottando il PN ma sorvolando sul punto riguardante le
modalità di attuazione della sospensione dell’intramoenia.
Il 18 aprile scorso la Giunta Regionale di Puglia ha
deliberato il Piano Regionale (PR) di Governo
delle Liste di Attesa (PRGLA) con il quale si è recepito il
Piano Nazionale (PN) sulla stessa materia approvato dalla Conferenza Stato
Regioni il 21 febbraio 2019, frutto quindi di un accordo tra il Ministero della
Salute e le Regioni.
Il PN come il PR contiene la previsione della
sospensione dell’attività intramoenia e la disciplina nel modo così
precisato: “Qualora – a seguito del monitoraggio dei tempi
d’attesa di cui innanzi – i volumi delle prestazioni erogate in regime
istituzionale risultino inferiori a quelle erogate in regime di ALPI, ovvero si
riscontri uno sforamento dei tempi di attesa massimi individuati
dalla Regione, il Direttore generale procede alla sospensione dell’erogazione
delle prestazioni in libera professione, fatta salva l'esecuzione delle
prestazioni già prenotate.”
Abbiamo motivo di ritenere che le norme da tempo
esistenti non hanno trovato alcuna attuazione dal momento che il
disallineamento fra le due forme di erogazione per molte prestazioni continua a
rimanere assai ampio in quasi tutte le parti d’Italia ed anche in Puglia come
rilevabile dai risultati del primo monitoraggio pubblicati da quasi tutte le
ASL della Regione. Temiamo che la situazione pugliese sia emblematica di
diffuse situazioni che rischiano di paralizzare i diritti dei cittadini più
bisognosi. E a tale riguardo non sembra vano ricordare il contenuto
dell’art. 120 della Costituzione per il quale “il Governo può sostituirsi ad
organi delle Regioni, delle Città Metropolitane, delle Province e dei Comuni”
nei casi da tale norma indicati tra i quali quello così formulato: ”quando lo
richieda la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi
locali”. E la stessa disposizione precisa poi che la legge deve definire le
procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi “siano esercitati nel
rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di collaborazione”. Non
vi è dubbio allora che il Governo possa sostituirsi agli organi della Regione
non solo in ordine ad atti amministrativi ma anche ad atti di natura
legislativa.
In questa
situazione in cui problematiche di diversa natura e inerzie dei sistemi di
controllo contribuiscono a determinare difficoltà di accesso a prestazioni
sanitarie essenziali, i Comuni dovrebbero dotarsi di uno sportello che
raccolga i casi di liste di attesa palesemente inaccettabili e tutte quelle
situazioni di inaccessibilità ai servizi che confliggono con la tutela della
salute del cittadino, e predisporre ordinanze di accesso ai servizi. Insomma
una specie di Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) al contrario: l’obbligo
non è rivolto a un cittadino per curarsi, ma alla struttura sanitaria perché
fornisca la prestazione necessaria al cittadino. Se ad esempio a una signora
molto anziana o un malato oncologico o con altra malattia grave sono stati
proposti tempi di attesa (mesi) incompatibili con le loro condizioni, il
sindaco potrebbe emettere una Ordinanza che imponga alla struttura di
riferimento di erogare entro pochi giorni la prestazione richiesta. Lo stessa
situazione potrebbe delinearsi in caso di persone con gravi disabilità fisiche
o mentali che non posso ricevere una adeguata assistenza a domicilio ed alle
quali si oppongono ostacoli per un ricovero in ambienti protetti.
Per queste
ragioni si chiede ai Sindaci della Puglia:
- di
esercitare il loro diritto e dovere di controllo sull’applicazione delle norme
contenute nel PRGLA per correggere le anomalie emergenti dai recenti risultati
dei monitoraggi sulle liste di attesa pubblicati dalle ASL;
- di
istituire sportelli dedicati alla raccolta delle difficoltà di accesso dei
cittadini a servizi essenziali;
- di
considerare il possibile ricorso alle ordinanze contingibili ed urgenti nei
casi in cui gli ostacoli per l’accesso a cure essenziali possano essere di
pregiudizio per la salute della popolazione.
Agosto 2019-- FORUM AMBIENTE SALUTE E SVILUPPO BRINDISI
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