Gli
ingredienti per la rappresentazione di Macron c’erano tutti: Biarritz ha
fornito la scenografia vacanziera e il palco del napoleonico Hotel du Palais
per la messa in scena dei Grandi della Terra. Soprattutto si doveva soddisfare
il primo attore, Donald Trump, un «pericoloso e petulante narcisista» come lo
definisce sul Financial Times il suo ex consigliere Anthony Scaramucci: una
star bizzosa, da trattare con i guanti.
In
primo piano nel canovaccio francese il disastro mondiale dell’Amazzonia, le
disuguaglianze economiche e sociali, l’Iran, la Cina, le guerre commerciali. Ma
niente di questi temi così seri doveva prendere un tono drammatico, come era
avvenuto al summit dell’anno scorso in Canada, ma virare verso la pochade
ottocentesca, un intreccio caratterizzato da equivoci e doppi sensi da
interpretare. E così è stato: il regista Macron ha puntualmente sorpreso il
pubblico con i colpi di scena di al Sisi e Zarif senza mai scivolare in una
tediosa, e pericolosa, serietà.
Questa
del G-7 doveva restare una commedia brillante, un puro divertimento senza
neppure l’ombra inquietante di una vera notizia. Un’elegante fake news per
distrarre il pubblico internazionale dalla prossima e temuta recessione
economica.
Ci
sono le chiacchiere e poi c’è la realtà, al G-7 come in qualunque consesso
umano. Il vertice di Biarritz non è stato esattamente come lo descrivono le
cronache. Con il colpo di teatro dell’arrivo del ministro degli Esteri iraniano
Macron ha annunciato alle tv che era stata raggiunta un’intesa per inviare un
messaggio comune a Teheran. Trump poco dopo lo ha smentito, anche se ha
aggiunto di non avere niente da obiettare agli sforzi francesi di mediazione.
«Siamo aperti al negoziato _ è la posizione ufficiale Usa _ ma non ci sono le
condizioni per avviarlo». Stop.
In
realtà Trump ha lasciato fare a Macron le sue evoluzioni mentre Israele
bombardava in quattro Paesi del Medio Oriente facendo la sua guerra all’Iran.
Gli israeliani hanno colpito in Iraq le milizie sciite affiliate a Teheran, poi
ha cercato di bersagliare gli Hezbollah filo-iraniani a Beirut, preso di mira i
Pasdaran degli ayatollah in Siria e bombardato Gaza. In poche parole mentre a
Biarritz si faceva finta di discutere, il maggior alleato Usa nella regione
faceva parlare le armi. Nei campi di battaglia se ne fregano del G-7.
Per
il presidente americano questi vertici internazionali sono di una noia
assoluta, l’unica cosa che poteva interessarlo era riammettere Putin espulso
nel 2014 per l’annessione della Crimea ma gli europei si oppongono e la
questione è stata per il momento archiviata.
La
stessa cosa vale per i dazi, una guerra commerciale che sta trascinando al
ribasso l’intera economia mondiale. Trump non solo vuole imporli ai cinesi ma
anche agli europei: è consapevole che questo può portare a una vasta crisi
economica mondiale ma è disposto a pagarne il prezzo, almeno fino al punto che
questo non incida sulla sua rielezione, visto che ormai è entrato in piena
campagna elettorale.
Anche
la Brexit nella pochade di Biarritz è apparsa meno drammatica ma persino il
prossimo amicone di Trump, il premier Boris Johnson, ha ribadito che il libero
commercio è un pilastro della politica britannica da 200 anni. Per ora il patto
transatlantico non si vede e Trump, per non perdere troppo tempo, ha vestito
per un momento anche i panni del piazzista vendendo il suo grano ai giapponesi.
Tokyo ha specificato che acquisterà solo le quote di grano Usa che non saranno
vendute in Cina.
Quanto
all’Italia questo G-7 era soltanto una passerella per il premier dimissionario
Giuseppe Conte che, contrariamente alla Lega di Salvini, sostenendo la
candidatura della tedesca Ursula von der Leyen alla presidenza della
commissione europea, si è guadagnato l’appoggio dell’establishment dell’Unione,
secondo il copione dettato dal presidente Mattarella.
Conte
è apparso così sicuro da dichiarare che «dopo un anno di governo è in grado di
indicare le soluzioni per risolvere i problemi del Paese». Neppure Andreotti
aveva mai detto una cosa simile dopo mezzo secolo ai vertici della repubblica.
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