Invece un mese e mezzo fa ha avuto inizio un altro scontro diretto fra i cittadini e i rappresentanti del governo Piñera. Governo, che fedele alla sua linea, ha fatto orecchie da mercante alle richieste di equità nel trattamento nella gestione regionale delle risorse, ai richiami sulla forte tassazione sui beni di prima necessità, la mancanza di un’università nel territorio, sussidi alle abitazioni e ai trasporti, modifiche sulla legge di pesca e contro il rincaro sulla benzina. Perché la gestione del territorio cileno, molto lungo, stretto e di variegati climi, non supera le politiche di parzializzazione e centralizzazione dell’investimento pubblico sullo sviluppo. Si pensi solo all’inesistenza di una rete ferroviaria che potrebbe unire Nord e Sud. Forse fa comodo non rispondere alle questioni poste dalle regioni soprattutto nell’estremo Sud così come nell’estremo Nord, regioni che però producono introiti che sono preziosi all’ora dei conti nazionali: rame e litio al Nord, pesca e prodotti forestali e agricoli nelle zone meridionali, di esportazione e importazione.
È un fatto invece che i pescatori, i primi a sollecitare l’attenzione e un dialogo concreto con il Governo, facciano molta fatica a sopravvivere e a districare le reti del mestiere quotidianamente, dovendo rispettare l’attuale legge di pesca. Ma la rivolta patagona vede coinvolti i comuni cittadini di una comunità che ha dimostrato di essere molto unita, non solo a causa del numero ridotto di residenti, ma anche per una tradizione di condivisione e solidarietà nel privato come nelle imprese comuni...
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