ci vuole tempo per arrivare alla fine, ma dopo sai che non hai perso neanche un minuto
leggilo!
non è un ordine, ma un consiglio robusto - franz
…la recensione di questo Habibi ha assunto il “sapore” di una sfida: leggerlo e rileggerlo, pagina per pagina, è stato un lavoro davvero molto intenso e interessante e, solo dopo un’attenta riflessione, sono riuscito a trovare le parole giuste per poter narrare, in poche righe, la complessità di quest’opera. Complessità che, a quanto pare, è stata il recepita in maniera abbastanza particolare da molti recensori d’oltreoceano (e non) che, da quand’è uscito fino ad oggi, hanno riversato su Habibi fiumi e fiumi d’inchiostro. E, per Thompson e la sua opera, questi “fiumi” sono stati a volte di lode (Lisa Shea di Elle ha detto che “Thompson is the Charles Dickens of the genre… [and] Habibi is a masterpiece that surely is one of a kind“) e a volte, purtroppo, di profonda critica (come Nadim Damluji dell’Hooded Utilitarian che ha detto su Habibi “an imperfect attempt to humanize Arabs for an American audience“, criticando inoltre l’assoluta “non padronanza” della lingua e scrittura araba da parte dell’autore)…
…Ideologically, Habibi has several fervent agendas. Thompson, raised in the American heartlands where anti-Arab sentiment is endemic, uses this book to emphasise the shared heritage of Islam and Christianity. Biblical stories are gorgeously depicted in their Koranic versions. The book also serves as an anti-capitalist cri de coeur. Its contemporary reality is God-forsaken, ruled instead by supply and demand. Everything is a transaction. When Zam hawks water in a town choked by sewage, a dying man protests: "You can't sell water. It is from God." Zam points at the muck swilling around the man's shoes and retorts "THAT water is from God. If you want some that's drinkable, it comes from me." Later, Zam finds work at a water bottling plant, enriching multinationals while dispossessed villagers are literally "drowning in shit"…
…è ammirevole che Thompson abbia dimostrato che, al di là delle contrapposizioni, Islam e cristianesimo hanno parecchio in comune e le differenze sono forse minoritarie se paragonate alle somiglianze. La story-line di Habibi, ricca di flashback e di piani di narrazione alternati di matrice post-moderna, non è semplice, e ha una dimensione a-temporale e sognante (si parte dall’alba dei tempi fino a giungere all’epoca contemporanea, come in un romanzo di Pynchon); ma la liricità ammaliante dei testi è efficace e cattura l’attenzione del lettore.
Anche dal punto di vista grafico Habibi è un gioiello. Per ciò che concerne i personaggi, Thompson si affida a un tratto assimilabile agli esiti visivi dell’underground ma gli sfondi delle vignette rimandano all’iconografia islamica. Molte tavole hanno un’invenzione o uno spunto visuale intrigante, collegato ai numeri o alle lettere arabe o alle immagini sacre, e l’intero volume è pieno di simboli che andrebbero presi in considerazione uno per uno e conferiscono un preciso significato al testo o agli sviluppi della trama. In altre occasioni aggiungono invece senso a qualcosa che Thompson intende suggerire piuttosto che dichiarare esplicitamente. In altre parole, Habibi è a mio avviso un’opera di importanza assoluta e vale davvero un tentativo…
Prima o poi....
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