Chi
ha visto il bellissimo film di Spielberg “Munich” avrà conosciuto per la prima
volta Wael Abdel Zwaiter. Dopo l’attacco di Settembre Nero alle Olimpiadi di
Monaco il Mossad iniziò la rappresaglia, con vere e proprie esecuzioni Quello
di Wael Abdel Zwaiter fu il primo omicidio, per la sua esecuzione furono usate
11 pallottole, come il numero degli atleti israeliano ammazzati a Monaco, quel
numero di pallottole era una firma chiarissima.
Qui
sotto Alberto Moravia, Igor Man e Bernardo Valli
ne parlano con affetto e partecipazione, sarebbe stato bello averlo per amico – franz
Nel ricordo di Alberto Moravia:
“Chi era Zwaiter Abdel Wael? Era un mio amico e la sua
morte mia colpito non soltanto dolorosamente ma anche, come dire?
Ideologicamente. Mi spiego. Io ho conosciuto molto bene Wael perché oltre a
vederlo spesso qui la Roma, o fatto con lui un viaggio nei paesi arabi in
occasione della mia intervista ad Arafat. Sono stato con lui nel Libano, in
Siria, nel Kuwait.
Wael era palestinese con passaporto giordano; ma in realtà
c'era in lui un personaggio non identificabile con questa o quest'altra
nazionalità a meno di non parlarne come una incarnazione vivente di certi
arabi, di certi caratteri arabi insieme amabili e leggendari.
Wael era infatti un uomo cavalleresco, fantastico, ingenuo,
gentile e irreale... mi accorgo di avere descritto senza volerlo l'immenso
mondo arabo al momento del suo massimo splendore storico; ed effettivamente
Zwaiter Abdel Wael, cosi povero e così semplice, faceva irresistibilmente
pensare a quel ricco e complicato mondo defunto. Lui del resto, un po' sapeva
di essere fuori dei tempi e, come si dice, ci giocava.”
scrive Igor Man:
“Ma chi era Wael Zuaiter? Un intellettuale palestinese, nato a
Nablus (la
Napoli cisgiordana) che dopo lungo peregrinare approda in Italia. Cultore di
Goethe e di Leopardi, splendido traduttore delle Mille e una notte,
protagonista-vittima del Settembre Nero, da Amman raggiunge Roma e presto
diventa il portavoce dell'Olp. Senza stipendio, Wael non sa sparare, il suo
mestiere è scrivere, ragionare. Decide che il «suo posto» sia l'Italia, che
il suo ruolo fosse quello di «combattere l'ignoranza e i pregiudizi degli
italiani nei confronti dei palestinesi», come scriverà alla carissima
sorella Naila.
Mite, sognatore, eternamente povero per pura scelta, innamorato della sua
gente, sentimentalmente legato a una pittrice di particolare
talento,JanetVenn-Brown, amico di Moravia e di Rafael Alberti, diceva che
«la parola fa più danni del cannone» e questo spiega perché egli fosse fiero
oppositore del terrorismo. Ciononostante figurava nella lista nera di
Servizi israeliani: lo ammazzarono, in Roma, il 16 di ottobre del 1972.”
Napoli cisgiordana) che dopo lungo peregrinare approda in Italia. Cultore di
Goethe e di Leopardi, splendido traduttore delle Mille e una notte,
protagonista-vittima del Settembre Nero, da Amman raggiunge Roma e presto
diventa il portavoce dell'Olp. Senza stipendio, Wael non sa sparare, il suo
mestiere è scrivere, ragionare. Decide che il «suo posto» sia l'Italia, che
il suo ruolo fosse quello di «combattere l'ignoranza e i pregiudizi degli
italiani nei confronti dei palestinesi», come scriverà alla carissima
sorella Naila.
Mite, sognatore, eternamente povero per pura scelta, innamorato della sua
gente, sentimentalmente legato a una pittrice di particolare
talento,JanetVenn-Brown, amico di Moravia e di Rafael Alberti, diceva che
«la parola fa più danni del cannone» e questo spiega perché egli fosse fiero
oppositore del terrorismo. Ciononostante figurava nella lista nera di
Servizi israeliani: lo ammazzarono, in Roma, il 16 di ottobre del 1972.”
nel ricordo di Bernardo Valli:
…Frequentava Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini. Si
muoveva con disinvoltura tra i giornalisti interessati al Medio Oriente. Era un
compagno piacevole. Divertente. Parlava delle poesie di D' Annunzio. Gli
piacevano. Ma forse preferiva Montale. Al Fatah (e l' Olp di cui Al Fatah
faceva parte con altri movimenti, alcuni dei quali marxisti) era una formazione
laica, nazionalista, con varie correnti al suo interno. Alcuni esponenti
potevano essere musulmani praticanti. Ma non era qualificante. Era un fatto
privato. Non ricordo che Wael mi abbia parlato di religione. I palestinesi non
attiravano molte simpatie. Con qualche eccezione, la grande stampa indipendente
li trattava con severità. Anche tra non pochi intellettuali di sinistra l'
appoggio a Israele era incondizionato. Penso che, in modo più o meno conscio,
mettessero sulla bilancia il contributo dato dagli ebrei alla cultura e alla
scienza, e concludessero che al confronto il peso dei palestinesi era
insignificante. Anzi nullo. Alcuni dirigenti israeliani negavano persino l'
esistenza dei palestinesi. Un personaggio come Wael sorprendeva. A differenza
della stragrande maggioranza degli arabi, sapeva valutare la tragedia dell'
Olocausto e quanto esso pesasse sul comportamento occidentale nella vicenda
mediorientale. Se il suo personaggio non coincideva, all' epoca, con lo
stereotipo del palestinese, poteva invece ricordare un altro stereotipo, quello
dell' ebreo della diaspora di un tempo. Arafat lo teneva in considerazione. Si
diceva fossero parenti. La volta che chiamai Wael da Beirut pregandolo di
aiutarmi ad ottenere un appuntamento con lui, con il capo dell' Olp, allora
installato a Damasco, ebbi una risposta positiva nel giro di poche ore. Un
giorno telefonò a Jean Genet e gli chiese se voleva firmare una dichiarazione
in favore dei palestinesi insieme ad Alberto Moravia. Lo scrittore francese era
un emotivo e non perdeva occasione per dichiararsi in favore del terzo mondo.
Saltò sul primo aereo in partenza da Parigi per Roma; e all' arrivo trovò Wael
che l' aspettava con uno spazzolino e un dentifricio in mano. Aveva previsto
che nella foga Genet non avrebbe portato nulla con sé. Da Fiumicino partirono
insieme per Sabaudia, dove Moravia si trovava. Lungo il tragitto Wael spiegò a
Genet che Moravia era riluttante a sottoscrivere un documento del genere. Genet
gli disse di non preoccuparsi. L' avrebbe convinto lui. In aereo aveva già
preparato una bozza. Wael la lesse e arrossì. Moravia non avrebbe mai approvato
un testo in cui si denunciava «l' imperialismo e il razzismo sionista».
Infatti, per un intero pomeriggio il francese rincorse invano l' italiano con
il foglio e la penna in mano, sotto lo sguardo divertito del palestinese.
Nella notte tra il 5 e
il 6 settembre 1972, un gruppo palestinese clandestino chiamato «Settembre
nero» attaccò gli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco, ne uccise 11, e
lasciò 5 dei suoi uomini sul terreno, più un poliziotto tedesco. Io andai a Tel
Aviv, da dove, l' 8 settembre, partì la rappresaglia israeliana contro le basi
e i campi palestinesi in Libano. Al ritorno Wael mi rimproverò. Mi disse che
ero stato «troppo sionista», perché mi ero soffermato sull' atmosfera commossa
ai funerali degli atleti assassinati. Ma aggiunse che si era vergognato per
quanto era accaduto a Monaco…
…A Roma, la sera del 16 ottobre di quello stesso anno, il
1972, Wael ritornava a casa, nel quartiere africano. Aveva tra le braccia due
filoncini di pane, una bottiglia di latte e dei medicinali. Non aveva più lo
stipendio dell' Ambasciata libica, per la quale aveva lavorato nella veste di
addetto stampa. Trovava i libici arroganti. Aveva avuto una pessima esperienza
a Tripoli. Diceva che preferiva farsi regalare una giacca sdrucita piuttosto
che comprarsene una nuova con i soldi guadagnati con un lavoro sgradevole. Si
divertiva a dare lezioni d' arabo alle suore cattoliche. Capitava che in
seguito a una bolletta non pagata, lui e Janet, l' amica australiana (che gli
sarebbe rimasta fedele nei decenni a venire), trascorressero le serate al lume
di candela. Wael indugiava sorridendo su questi inconvenienti della vita
quotidiana. Anche nel tiepido autunno romano indossava un cappotto pesante,
invernale. Quel 16 ottobre, arrivato nei pressi di piazza Annibaliano, fu
raggiunto da una scarica di proiettili mortali. Credo non avesse ancora
quarant' anni. O forse li aveva compiuti da poco…
da qui
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