…Il caso San Raffaele è esemplare. Che quella del Qatar
sia una proposta che non si può rifiutare lo dicono gli eccellenti sponsor
governativi che negli anni si sono impegnati perché l’ospedale olbiese
nascesse, costi quel che costi: Monti prima, Letta poi, Renzi ora. E sempre con la benedizione di Napolitano.
Sulla vicenda si respira un clima da grandi intese: sia Pigliaru che Cappellacci che il Pd sostengono allo stesso modo
il progetto, né i sovranisti sembrano avere una posizione alternativa. E
l’incontro che i rappresentanti dell’Emiro (e che pena questa assoluta
deferenza di politici e giornali nostrani davanti a rappresentanti di uno stato
che non può dirsi certo democratico) hanno avuto con l’ex governatore del
centrodestra prima di incontrare l’attuale presidente, la dice lunga
sull’operazione in atto. C’è aria da “grandi intese”.
La politica sarda è tutta galvanizzata da questa operazione
che, sia chiaro, si farà “perché così ha deciso l’Emiro” e perché ormai è nelle
cose. Ciò che stupisce è l’atteggiamento fideistico dei nostri rappresentanti,
totalmente indifferenti rispetto non solo alle critiche ma anche alle domande
più che legittime riguardanti il futuro della sanità sarda. Rivolte
inizialmente molto modestamente dall’umile tenutario sul suo blog (“E se il San Raffaele di Olbia fosse solo una nuova
servitù… sanitaria?”), poi più autorevolmente da Eugenia Tognotti e Massimo Dadea sulla Nuova Sardegna, e da Franco Meloni e Tonio Barracca sull’Unione Sarda. Ma la risposta è stata,
al momento, solo il silenzio.
L’operazione San Raffaele ha delle implicazioni politiche
e sociali importanti. Politiche perché si sta decidendo di operare in un ambito
non chiaramente definito a livello strategico, ponendo al centro l’interesse di
un privato che così determinerà il più generale interesse pubblico. In questo
modo l’intervento qatariota sarà la misura di tutte le cose, nello specifico
della rete ospedaliera sarda, ancora tutta da definire.
Per carità, se ad Olbia apre un superospedale (il Qatar
ora “chiede” anche di avere una cardiochirurgia…) i sardi non possono che
essere felici. Ma che si dica chiaramente che il modello della sanità sarda
cambia: non più ispirata al modello toscano o emiliano (cioè prevalentemente
pubblico) ma a quello lombardo (con una fortissima presenza privata). È questo
a cui pensa il silente assessore alla Sanità Luigi Arru?
E se nella sanità si dà ad un privato il potere di
determinare scelte più generali, cosa impedirà che in futuro non troppo lontano
questo non possa avvenire anche in settori ugualmente strategici come
l’ambiente, l’acqua, l’energia, l’agricoltura?
Il guaio non è l’interesse privato in sé, ma l’interesse
privato che interviene e si impone con tutta la sua forza in un ambito non
ancora definito compiutamente dall’interesse pubblico.
Dunque che rapporto vuole avere questa giunta con i
grandi interessi privati? Li stopperà in attesa di avere un piano strategico
oppure approfitterà delle loro offerte proprio per far ruotare intorno ad esse
un progetto che ancora non c’è? Perché nella sanità sta avvenendo proprio così,
nell’entusiasmo generale di una classe politica che non ha capito (o fa finta
di non capire) che avere la botte piena e la moglie ubriaca non si può.
L’apertura del San Raffaele comporterà un mutamento
profondo della sanità sarda (questo è l’aspetto sociale) e di sicuro niente
sarà come prima. C’è qualcosa di positivo anche in questo, ma è una pia
illusione immaginare che il governo congeli il taglio dei piccoli ospedali o
dia più soldi alla Regione per gestire il nuovo ospedale; perché se anche lo
facesse, poi vorrebbe qualcos’altro in cambio…
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