I crimini dello Stato di Israele
nascosti dietro false affermazioni di vittimizzazione
In questi giorni io, come anche molti
altri, vengo vittimizzato. Siamo etichettati come antisemiti e in alcuni casi
anche come ebrei che odiano sé stessi. È un tentativo da parte di sionisti ed
israeliani di mettere a tacere le nostre voci e di punire il nostro attivismo
nonviolento, con particolare livore nei confronti della campagna BDS (Boicottaggio,
Disinvestimenti e Sanzioni, ndtr.) poiché negli ultimi
anni è diventata molto efficace. Questa etichetta negativa dell’opposizione è
stata chiamata ‘il nuovo antisemitismo’. Il vecchio antisemitismo era
semplicemente odio verso gli ebrei espresso attraverso immagini ed
atteggiamenti negativi, come anche pratiche discriminatorie, persecuzioni e
giustizia sommaria. Il nuovo antisemitismo è la critica contro Israele e il
sionismo, ed è stato sostenuto da governi amici di Israele e portato avanti da
una serie di importanti organizzazioni ebraiche, incluse alcune collegate ai
sopravvissuti e alla memoria dell’Olocausto. Emmanuel Macron, presidente
francese, ha espresso abbastanza chiaramente questo rifiuto da parte degli
apologeti di Israele, anche se in forma piuttosto malevola: “Non cederemo mai
alle espressioni di odio. Non ci arrenderemo mai all’antisionismo, perché esso
è la riproposizione dell’antisemitismo.” La falsa premessa pone sullo stesso
piano il sionismo e gli ebrei, definendo automaticamente come antisemitismo le
critiche e l’opposizione allo Stato sionista di Israele.
Già nel 2008 il Dipartimento di Stato
USA si è mosso più velatamente in una direzione simile a quella di Macron,
attraverso questa dichiarazione formale: “Le ragioni per criticare Israele alle
Nazioni Unite possono derivare da legittime preoccupazioni politiche o da
pregiudizi illegittimi. (…) Comunque, a prescindere dalle intenzioni, critiche
sproporzionate a Israele in quanto incivile e amorale, e le relative misure
discriminatorie adottate dalle Nazioni Unite contro Israele, hanno l’effetto di
far sì che il pubblico attribuisca caratteristiche negative agli ebrei in
generale, alimentando così l’antisemitismo.” L’errore qui sta nel considerare
le critiche come “sproporzionate” senza nemmeno prendere in considerazione la
realtà della lunga serie di illegalità da parte di Israele nei confronti del
popolo palestinese. Per chi di noi vede la realtà delle politiche e delle
pratiche israeliane vi sono pochi dubbi che le critiche che vengono avanzate e
le pressioni che vengono esercitate [siano] in ogni senso proporzionate.
Un’argomentazione correlata, che spesso
viene avanzata, è che a Israele siano richiesti livelli più alti di altri
Stati, e che questo riveli un sottinteso antisemitismo. Questo è un argomento
in malafede. Non è una giustificazione suggerire che la criminosità di altri
sia più grave. Inoltre, gli USA finanziano Israele con almeno 3,8 miliardi di
dollari all’anno, oltre a dare il loro incondizionato appoggio al suo
comportamento, determinando una certa responsabilità per imporre dei limiti in
base al diritto umanitario internazionale. Anche le Nazioni Unite hanno
contribuito al calvario dei palestinesi, non mettendo in pratica la soluzione
di partizione e permettendo che per 70 anni milioni di palestinesi subissero le
strutture di dominio dell’apartheid. Nessun altro popolo può così
giustificatamente condannare forze esterne per la tragedia che ha patito.
Nel 2014 Noam Chomsky, con la sua usuale
chiarezza morale ed intellettuale, ha spiegato la falsa logica di una
simile affermazione: “In realtà, l’esempio di scuola, la migliore formulazione
di ciò, la si deve ad un ambasciatore presso le Nazioni Unite, Abba Eban
[politico e diplomatico israeliano, ndtr.] (…). Ha raccomandato alla comunità
ebraica americana di assolvere a due compiti. Uno consisteva nel mostrare che
le critiche alla politica, che lui definiva antisionismo – che in realtà
significa criticare la politica dello Stato di Israele – erano antisemitismo.
Questo era il primo compito. Il secondo, nel caso che le critiche provenissero
da ebrei, consisteva nel mostrare che si trattava di odio nevrotico verso sé
stessi, che necessitava di un trattamento psichiatrico. Quindi forniva due
esempi di quest’ultima categoria. Uno era I.F. Stone [giornalista americano
progressista, ndtr.]. L’altro ero io. Quindi, noi avremmo dovuto
essere curati per i nostri disturbi psichici, e i non ebrei avrebbero dovuto
essere condannati per antisemitismo, se criticavano lo Stato di Israele. Si può
capire perché la propaganda israeliana prenda questa posizione. Io non critico
particolarmente Abba Eban per aver fatto ciò che gli ambasciatori a volte devono
fare. Ma dovremmo capire che non è un’accusa sensata. Per niente sensata. Non
c’è niente da rispondere. Non è una forma di antisemitismo. È semplicemente una
critica delle azioni criminose di uno Stato.”
Una caratteristica di questo nuovo
antisemitismo è la sua mancata risposta alle ben comprovate accuse di crimini
contro l’umanità avanzate da coloro che sono etichettati come antisemiti. Forse
questi ardenti sostenitori di Israele spingono davvero il loro senso di
impunità fino al punto di ritenere il silenzio un’adeguata forma di difesa? A
sottolineare una tale negazione del concetto di responsabilità legale e morale
vi è questo sentimento di eccezionalità di Israele, una concezione del diritto
penale internazionale che condivide con l’eccezionalità americana. Coloro che
sono d’accordo con questa eccezionalità pretendono di venire offesi persino
dall’insinuazione che un tale governo possa essere soggetto alle norme sancite
dallo Statuto della Corte Penale Internazionale o dalla Carta dell’ONU.
L’eccezionalità di Israele affonda le sue radici nella tradizione biblica,
soprattutto nella lettura degli ebrei come “popolo eletto”, ma in realtà si
situa in uno spazio rassicurante creato dall’ombrello geopolitico che protegge
dal giudizio del mondo la maggior parte dei suoi atti di sfida alle leggi.
Queste azioni di protezione sono ben illustrate dalla recente risoluzione
dell’Assemblea Generale dell’ONU che ha dichiarato nulli e non validi i passi
di Israele verso l’annessione delle alture del Golan, con il voto contrario dei
soli Israele e Stati Uniti, mentre 151 membri dell’ONU hanno votato a favore.
Se dedichiamo anche solo un minuto ad
esaminare il diritto internazionale, scopriremo che la questione è talmente
ovvia che non vale la pena di discuterne seriamente. Un principio cardine
dell’attuale diritto internazionale, spesso affermato dall’ONU in altri
contesti, è il divieto di impadronirsi di un territorio con la forza delle
armi. Non c’è dubbio che le alture del Golan facessero parte del territorio
sovrano della Siria fino alla guerra del 1967, e che Israele ne abbia preso il
controllo, che ha sempre esercitato da allora, attraverso un’occupazione con la
forza.
Le ironie del ‘nuovo nuovo’
antisemitismo
Qui è presente un’ironia opportunistica.
Il nuovo antisemitismo sembra non avere problemi ad abbracciare i cristiani
sionisti, nonostante la loro ostilità verso gli ebrei accompagnata dalla
fanatica devozione ad Israele come Stato ebraico. Chiunque abbia assistito ad
una conferenza dei cristiani sionisti sa che la loro lettura del Libro della
Rivelazione implica l’interpretazione che Gesù ritornerà quando tutti gli ebrei
ritorneranno in Israele e verrà ricostruito il tempio più sacro di Gerusalemme.
Questo percorso non finirà qui. Gli ebrei saranno di fronte alla scelta tra
convertirsi al cristianesimo o essere condannati alla dannazione eterna. Quindi
tra questi fanatici amici di Israele è presente una sincera ostilità verso gli
ebrei, sia nell’insistere che la fine della diaspora ebraica sia un imperativo
religioso per i cristiani, sia per il misero destino che attende gli ebrei che
rifiuteranno di convertirsi dopo il Secondo Avvento.
Siamo di fronte ad un’illuminante
perversità. A differenza dei nuovi antisemiti che non sono ostili agli ebrei in
quanto popolo, i cristiani sionisti danno priorità al loro entusiasmo per lo
Stato di Israele, mentre sono disposti a distruggere le vite degli ebrei della
diaspora e alla fine anche quelle degli ebrei israeliani e sionisti. Forse si
tratta meno di perversità quanto di opportunismo. Israele non ha mai avuto
alcuna riluttanza a sostenere i leader più oppressivi e dittatoriali di Paesi
stranieri, posto che essi acquistino armi e non adottino una politica
diplomatica anti-israeliana. Il messaggio di congratulazioni di Netanyahu a
Bolsonaro, il neo eletto presidente del Brasile, è solo l’esempio più recente,
e Israele ha ricevuto un immediato ringraziamento con l’annuncio della
decisione [del Brasile] di unirsi agli Stati Uniti trasferendo la sua
ambasciata a Gerusalemme. In effetti, il nuovo antisemitismo si trova a suo
agio sia coi cristiani sionisti che con i leader politici stranieri che
mostrano tendenze fasciste. Di fatto, chiudere gli occhi di fronte alla
profonda realtà del vero antisemitismo è una caratteristica del nuovo
antisemitismo così caldeggiato dai militanti sionisti. Per una esauriente
documentazione, si può leggere l’importante libro di Jeff Halper, ‘War
against people: Israel, the palestinians and global pacification’
(2015). [‘Guerra contro il popolo: Israele, i palestinesi e la
pacificazione globale’, Epoké, Novi Ligure, 2017. Ndtr.].
Di fronte ad un simile contesto abbiamo
bisogno di un termine che descriva e identifichi questo fenomeno e respinga le
sue accuse insidiose. Propongo la poco elegante dicitura di ‘il nuovo nuovo
antisemitismo’. L’idea di una simile definizione vorrebbe suggerire che sono i
nuovi antisemiti, non i critici e gli attivisti che criticano Israele, i reali
portatori di odio verso gli ebrei in quanto ebrei. Due tipi di argomentazioni sono
implicite in questo rifiuto della campagna che cerca di screditare o
addirittura criminalizzare i ‘nuovi antisemiti’. Primo, essa impedisce la
critica della persistenza di situazione sconcertante, della perdurante tragedia
dell’apartheid imposto a tutto il popolo palestinese nel suo complesso,
distoglie l’attenzione, deliberatamente o inconsapevolmente, dalle obiezioni al
vero antisemitismo, provocando anche confusione, accettando in nome dello Stato
di Israele l’abbraccio dei cristiani sionisti (e degli evangelici), oltre a
quello dei leader fascisti che predicano messaggi di odio etnico.
In conclusione, nel nostro impegno per
la realizzazione dei diritti dei palestinesi, primo tra tutti il loro diritto
all’autodeterminazione, noi che veniamo accusati di essere i nuovi antisemiti
in realtà stiamo cercando di onorare la nostra umanità e di rifiutare le lealtà
tribali o gli schieramenti geopolitici. Come ebrei, rendere Israele
responsabile in base agli standard che sono stati utilizzati per condannare i capi
politici e militari nazisti sopravvissuti significa onorare l’eredità
dell’Olocausto, non infangarla. Al contrario, quando Israele vende armi ed
offre addestramento per reprimere le rivolte a governi guidati da fascisti in
tutto il mondo, o continua ad accettare l’Arabia Saudita del dopo Khashoggi
come un valido alleato, esso oscura la natura malvagia dell’Olocausto in modi
che in futuro potrebbero tormentare Israele ed anche gli ebrei della diaspora.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)