Yaser Murtaja era un fotoreporter
palestinese, era andato alla recinzione di Gaza con Israele per coprire il
secondo venerdì della Grande Marcia del Ritorno. È stato ucciso da un cecchino
dell’IDF il 7 aprile. C’è stata una modesta copertura della sua morte avvenuta
in quel secondo venerdì della Grande Marcia del Ritorno. Il mondo si è turbato
per il deliberato attacco da parte di cecchini israeliani altamente qualificati
su civili palestinesi che non rappresentavano una minaccia, ma i governi
occidentali si sono mostrati riluttanti a criticare Israele per aver preso di mira
uomini, donne, bambini, medici e giornalisti. La giovane infermiera, Razan
Al-Najjar, è stata colpita da colpi di arma da fuoco e uccisa alcune settimane
dopo mentre si prendeva cura dei feriti alla recinzione di Gaza. Nello stesso
momento, Nikki Haley progettava di mettere a tacere una risoluzione del
Consiglio di sicurezza dell’ONU per proteggere i civili palestinesi.
Nella sua atrocità più recente, Israele
ha preso di mira e ucciso tre bambini a Gaza. Sono stati identificati come
Khaled Bassam Mahmoud Abu Saeed, di 14 anni; Abdul Hameed Mohammed Abdul Aziz
Abu Zaher, 13 anni; e Mohammed Ibrahim Abdullah Al-Sutari, 13 anni.
Non conoscevo Yasir, Razan, Khaled,
Abdul Hameed o Mohammed. Tuttavia, la loro perdita e il dolore che ho provato
per la loro morte sono vivi in me ancora oggi. Perché il mondo non ha
sanzionato Israele per averli uccisi? Perché Israele ottiene un lasciapassare
quando viola i diritti umani fondamentali mentre altri stati sono tenuti a
renderne conto?
La reazione alle loro uccisioni è in
netto contrasto con la sparizione e il poi confermato omicidio del giornalista
saudita Jamal Khashoggi il 2 ottobre, che ha attirato l’attenzione del mondo
intero. Non ho incontrato una sola persona che non fosse a conoscenza della
storia o che non abbia seguito con orrore assoluto i sordidi dettagli che
emergono da fonti del governo turco riguardo al suo omicidio e alla possibile
mutilazione del suo corpo. Richieste di sanzioni all’Arabia Saudita hanno avuto
una gran diffusione, spaziando dai normali cittadini ai governi.
Ho avuto la fortuna di incontrare Jamal
e presiedere una sessione alla conferenza di Middle East Monitor sugli Accordi
di Oslo il sabato precedente al suo ritorno a Istanbul per completare alcuni
documenti al Consolato saudita che gli permettessero di sposare la sua
fidanzata Hatice Cengiz. Mai né io né nessuno di noi poteva immaginare la piega
che avrebbeo preso gli eventi ore dopo.
Sono molte le ragioni per la copertura
ricevuta dall’omicidio di Jamal, che lo distingue da altri giornalisti presi di
mira per i loro scritti o la copertura di importanti eventi mondiali tra cui
quelli in Siria, Iraq e Libia, per citarne solo alcuni. Era un fedele cittadino
saudita che era stato strettamente legato alla famiglia reale, ma uno che
voleva sentirsi libero di parlare anche sotto il vigente dominio del principe
ereditario Mohammed Bin Salman che ha imposto restrizioni. Era un editorialista
del Washington Post.
L’omicidio di Khashoggi ha contrapposto
i due principali stati musulmani – Arabia Saudita e Turchia – l’uno contro
l’altro. L’omicidio non è stato compiuto per le strade di Istanbul ma
all’interno di una missione diplomatica. Ci sono state fughe di notizie e
smentite. Ci sono state diverse versioni di ciò che era successo tirate fuori
dall’Arabia Saudita, che nel migliore dei casi erano incoerenti e che si sono
poi rivelate bugie. C’è stato il teatro del discorso ampiamente pubblicizzato
del presidente della Turchia Erdogan, che prometteva molti dettagli ma ha
finito per essere un capolavoro di prudenza politica privo di nuove
informazioni. Il destino del principe ereditario saudita e persino della monarchia
saudita, così come lo conosciamo, è in bilico.
Fino ad oggi, il corpo di Khashoggi non
è stato recuperato. Le domande rimangono senza risposta su chi ha ordinato
l’omicidio, come è stato eseguito, che ne è stato del corpo e quali prove
concrete ha la Turchia, lasciando molto spazio alla speculazione. La Turchia
stava spiando il consolato saudita e quindi l’omicidio è stato registrato in
audio o video?
Queste sono alcune delle ragioni per cui
l’omicidio di Jamal ha solleticato il mondo intero nelle ultime due settimane e
lo farà man mano che maggiori dettagli trapeleranno o nel caso la Turchia
decidesse finalmente di rendere pubbliche le sue prove, che potrebbero
includere l’identificazione di chi era nella gerarchia saudita la persona più
in alto che ha ordinato l’uccisione di Khashoggi.
I paesi occidentali hanno iniziato a
imporre sanzioni a individui sospettati di far parte della squadra degli
assassini, cancellando in modo efficace i visti che potrebbero detenere e hanno
chiesto di imporre un embargo sulle armi all’Arabia Saudita, specialmente in
Europa. Sebbene questi siano stati controbilanciati dall’importanza strategica
del commercio con l’Arabia Saudita, è almeno un’indicazione che i paesi
occidentali possono agire per fare pressione sugli altri Stati accusati di aver
commesso crimini.
Il mondo si è mosso per imporre sanzioni
alla Russia e all’Iran, e la storia mostra che altri paesi hanno dovuto
affrontare sanzioni, tra cui l’Iraq e la Libia.
Tuttavia, sembra che il mondo sia
riluttante a sanzionare Israele qualunque cosa faccia. In effetti, molti paesi
occidentali giustificano i suoi crimini come un mezzo necessario di
“autodifesa”. Non si parla di imporre un embargo a doppio senso sulle armi a
Israele. Gli americani non hanno preso in considerazione la fine dell’aiuto
militare annuale da 3 miliardi di dollari per l’uccisione di Razan o Yaser.
Sarebbe morale, ma anche un risparmio per il contribuente americano che non può
scegliere se l’amministrazione americana decide di finanziare uno stato che si
autodichiara di apartheid, con metà del suo budget di aiuti internazionali.
Il mondo fa bene a indignarsi per
l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi e per come è stato eseguito. È
giusto chiedere la verità e poi imporre sanzioni ai responsabili del suo
orribile omicidio. Tuttavia, l’ipocrisia del mondo nel criticare con tanta
moderazione Israele per aver ucciso giornalisti palestinesi gli fornisce l’impunità
di cui ha goduto e che continua a godere. La vita di un giornalista
palestinese, saudita o israeliano dovrebbe avere lo stesso valore.
La fermezza del mondo nel trattare con
gli assassini di Jamal potrebbe ben dissuadere altri stati dal commettere crimini
contro giornalisti, tranne forse Israele. Nessun paese dovrebbe poter agire al
di sopra della legge, incluso Israele.
Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina. Org
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