Chi era Giulio Petrilli, sbattuto in galera da innocente
senza nessun risarcimento. Arrestato nel 1980 con l’accusa di aver partecipato
a Prima Linea, il pm Spataro chiese per lui 11 anni di reclusione. Condannato a
8, dopo 6 anni l’assoluzione in appello poi confermata dalla Cassazione. Ma il
ristoro per l’ingiusta detenzione gli fu rifiutato. Il motivo? A causare
l’errore giudiziario erano state le sue “cattive frequentazioni”. Non ha mai
smesso di lottare: per l’amnistia, contro il 41bis. Pochi giorni fa la morte
per una embolia polmonare.
È morto Giulio Petrilli,
protagonista di una incredibile vicenda giudiziaria relativa alla storia degli
anni 70 e del “terrorismo”, quindi non la sola, ma molto significativa.
Arrestato nel 1980 con l’accusa di aver partecipato a Prima Linea, il pm Armando
Spataro chiese per lui 11 anni di reclusione, fu condannato a 8
anni. In appello arrivò l’assoluzione poi confermata dalla Cassazione. Ma
dentro questa vicenda resta “esemplare” la motivazione con cui i giudici
rifiutarono il risarcimento per ingiusta detenzione. L’errore contenuto nella
sentenza di primo grado era stato indotto dalle sue “pessime frequentazioni”.
Furono parole pesantissime che portarono Petrilli a
combattere fino al termine dei suoi giorni per un’amnistia e contro il 41bis,
figlio del famigerato articolo 90 che lui aveva provato sulla sua pelle. Ma
andiamo con ordine. Lasciamo la parola allo stesso Petrilli in uno scritto del
primo dicembre del 2014. “Ho letto che il nuovo procuratore di
Torino è l’ex pm di Milano Armando Spataro. Famoso magistrato di cui si parla
sempre in positivo, ma nessuno sa che ha commesso anche gravi errori
giudiziari. Lo dico avendolo vissuto sulla mia pelle. Spataro emise un mandato
di cattura nei miei confronti il 23 dicembre 1980 dove mi accusò di
partecipazione a banda armata con funzioni organizzative, Prima Linea –
racconta Petrilli – In primo grado Spataro chiese 11 anni
di carcere. La corte di assise mi condannò a 8 anni. Dopo 5 anni e 8 mesi la
corte di Appello mi assolse e poi la Cassazione confermò”.
Petrilli scontò ingiustamente sei anni di carcere. “E non mi hanno risarcito perché secondo i giudici preposti a stabilire
se dovevo avere il risarcimento io avevo avuto cattive frequentazioni. I
magistrati come Spataro che commettono errori clamorosi vengono promossi, le
persone che subiscono gravi errori giudiziari manco vengono risarcite –
conclude – È giustizia o sopraffazione? Avevo fatto anche a
luglio richiesta al capo del governo chiedendo danni per dieci milioni di curo
per sei anni di ingiusta detenzione. Chiedevo la responsabilità civile del
magistrato, non ho avuto risposta”.
“Giulio Petrilli ci ha lasciato
prematuramente a causa di una embolia polmonare. Ricoverato d’urgenza non ce
l’ha fatta – dice Paolo
Persichetti – corpo possente da vero rugbista lo ricordiamo per la sua incredibile
umanità per la generosità debordante. Nel 1984 era stato anche picchiato
duramente dalla polizia penitenziaria dopo una fermata all’aria di protesta
fatta con i suoi compagni per denunciare le condizioni di detenzione. Si è battuto fino all’ultimo contro il 41bis”
La vicenda del mancato e negato risarcimento aveva acceso
dentro di lui un fuoco inesauribile, ricorda ancora Persichetti secondo il
quale soltanto un terzo delle richieste di ristoro per il carcere ingiusto
vengono accolte. Infatti non basta la sentenza di assoluzione e non basta
nemmeno che la giustizia abbia riconosciuto l’illegittimità della misura
cautelare. Chi è stato in carcere ingiustamente deve dimostrare di non aver
tenuto un comportamento tale da aver tratto in inganno i magistrati con
atteggiamenti omissivi o perché non si è avvalso delle funzioni difensive che
restano un diritto fondamentale dell’imputato anche sotto il profilo delle
frequentazioni.
In sostanza le sentenze di assoluzione valgono fino a un
certo punto perché poi vengono sottoposte a un nuovo processo dove la
personalità di chi è stato assolto viene giudicata a livello morale. Insomma
una sorta di quarto grado di giudizio per resuscitare la colpa con tanti saluti
all’assoluzione fino all’inversione dell’onore della prova. Chi viene assolto
per reati avvenuti in posti dove c’è la criminalità organizzata diventa
responsabile del fatto di frequentare contesti pieni di pregiudicati.
Chi viene assolto da accuse di eversione, se ha
frequentato luoghi di conflitto recepito come culture antagoniste e irregolari
secondo la nonna politico morale dominante, viene ritenuto responsabile di una
sorta di concorso ambientale. In questo modo si arriva alla teologia
giudiziaria. È una giustizia che sta nell’alto dei cieli che processa dopo il
processo penale la presunta doppiezza o ambiguità dell’imputato assolto. È il
meccanismo che ha stritolato Giulio Petrilli in un’epoca in cui il populismo penale
dilaga sempre di più e continua a colpire a ormai mezzo secolo di distanza da
quel periodo degli anni 70 con il quale la politica, a cominciare dalla
sinistra, rifiuta di fare i conti.
Nessun commento:
Posta un commento