La torbida Inghilterra all’alba della guerra in Iraq
La storia di David Kelly appartiene alla lista di episodi dimenticati, caduti
nel dimenticatoio per ragioni immotivate. La ricezione mediatica fuori dalla
Gran Bretagna è stata davvero minima. In Italia, infatti, la figura di David
Kelly rimane quasi sconosciuta. La sua parabola umana si inserisce in un
periodo storico molto particolare. Due anni dopo l’11 settembre l’opinione
pubblica era arroventata attorno alla questione dell’intervento in Iraq. Il 5
febbraio 2003 il segretario di Stato americano Colin Powell mentiva
spudoratamente al Consiglio sicurezza dell’ONU mostrando una fiala d’antrace a
testimonianza del possesso iracheno delle armi di distruzione di massa. Una
vera e propria messinscena che, tuttavia, non convinse l’ONU ad avvallare
l’intervento. Poco più di sette mesi dopo la menzogna di Powell, David Kelly
moriva nelle vicinanze di un bosco nella contea dell’Oxfordshire. Il clima
divenne improvvisamente infuocato nell’immediatezza della strana morte ma
presto tutto si tranquillizzò. La memoria di Kelly è pian piano svanita ma a
quasi vent’anni dal suo decesso è quantomeno doveroso raccontare la sua storia.
Chi era David Kelly?
Nato a Rhondda, Galles meridionale, nel 1944. Kelly era un esperto di
biotecnologie e genetica. Prima lavorò per il ministero della Difesa
britannico. Fu, infatti, capo del dipartimento di microbiologia a Porton Down
dal 1984 al 1992. Dopodiché Kelly divenne consigliere esperto per la United
Nation Special Commission, la UNSCOM. Lavorò nella commissione per cinque anni,
dal 1994 al 1999. La UNSCOM era stata creata nel 1991 per monitorare i
progressi sulla neutralizzazione delle armi di distruzione di massa e degli
strumenti per fabbricarle in mano a Saddam Hussein. Le persone che riuscivano
ad accedere a questi ruoli erano minuziosamente controllate e riconosciute per
la loro eccelsa professionalità. Ciò valeva anche per Kelly che venne
considerato uno dei maggiori esperti nell’ambito, di difficile lettura, delle
armi biologiche. Nel marzo 2003 gli Stati Uniti, con il supporto diplomatico e
militare della Gran Bretagna ma senza il consenso dell’ONU, invasero l’Iraq nella
seconda guerra del golfo. Uno dei pretesti con cui il governo di Tony Blair
decise di affiancare gli USA nell’avventura irachena fu un dossier su cui Kelly
nutriva molti dubbi.
L’intervista alla BBC
Nel maggio 2003 Kelly decise di non stare a guardare e parlò, seppur in forma
anonima, con Andrew Gilligan del Today’s Programme di BBC Radio 4. Le accuse
erano precise e pesanti. Il governo aveva scientemente modificato ed esagerato
le notizie presentate all’interno del dossier. Il nome di Kelly uscì fuori
molto rapidamente mettendo a serio rischio la sua credibilità professionale e
la sua stessa carriera. Venne duramente attaccato anche perché aveva colpito il
punto giusto. Kelly riteneva del tutto impossibile l’informazione, presente nel
dossier, secondo cui l’Iraq di Saddam avrebbe potuto attaccare tramite armi
chimiche le basi britanniche a Cipro in 45 minuti. L’impatto di questa notizia
sull’opinione pubblica fu dirompente. Il clamore suscitato era, però,
ingiustificato dal momento che l’informativa dei servizi era totalmente
inventata. Gilligan fece anche il nome di Alastair Campbell, portavoce di
Blair, come colui che in prima persona si adoperò per falsificare le
informazioni dei servizi. Probabilmente Kelly non fece mai, nello specifico, il
nome di Campbell ma credeva fermamente che il dossier fosse stato modificato a
causa di pressioni governative. Lo scandalo seguito dalle rivelazioni di
Gilligan fu enorme. Il governo britannico aveva mentito ai suoi cittadini per
accelerare l’entrata in guerra. Il dossier, in realtà, era stato diffuso a
settembre 2002 ed era stato preparato dal Joint Intelligence Committee di Sir
John Scarlett basato su informazioni raccolte dall’MI6 e dalla CIA. La maggior
parte delle notizie era inventata e Kelly aggiunse che anche i servizi segreti
britannici erano piuttosto irritati per la pubblicazione di informative che già
sapevano fossero false.
La morte
Dopo le rivelazioni di Gilligan grazie al lavoro di Kelly, partì una campagna
mediatica furente. Kelly ci si trovò in mezzo. Mercoledì 16 luglio uscì per la
sua solita passeggiata attorno alle 15.30. Fu l’ultima volta che i famigliari
lo videro vivo. Il corpo senza vita di Kelly fu ritrovato solo la mattina dopo.
Si notavano tagli sui polsi e segni di elettrodi sul petto. Vari blister di
antidolorifici furono ritrovati vuoti nelle sue tasche. Dopo la sua morte non
venne aperta una vera e propria inchiesta giudiziaria ma fu incaricato Lord
Brian Hutton di portare avanti un’inchiesta pubblica. Hutton iniziò le indagini
nell’agosto 2003 e presentò le sue conclusioni a gennaio 2004. Il report
metteva sostanzialmente in secondo piano l’oggetto dell’indagine, la morte
sospetta di Kelly, per concentrarsi su una sorta di attacco alla BBC volto a
scagionare i membri del governo. L’offensiva contro Gilligan e il suo programma
fu talmente palese che il sindacato dei giornalisti inglesi, il NUJ, commentò
così le indagini di Lord Hutton: "Le critiche di Lord Hutton a Andrew
Gilligan e alla BBC sono infondate e il rapporto è una minaccia all'indipendenza
giornalistica in questo paese". Hutton considerava la morte di Kelly un
suicidio ma ometteva alcune considerazioni. Pur essendo vero che l’esperto di
biotecnologie si trovasse in mezzo ad una tempesta mediatica in grado di
mettere in serio pericolo la sua carriera, Kelly venne descritto come sereno da
coloro che lo incontrarono durante la sue ultima mattinata. Inoltre, vari suoi
amici sottolinearono il buon umore di Kelly, dovuto alla vicinanza del
matrimonio della figlia. Le stranezze, dunque, non sono poche.
I misteri
L’opacità del rapporto di Hutton e la pesantezze delle rilevazioni di Kelly
alimentarono le teorie alternative rispetto al suicidio. Norman Baker, deputato
liberal-democratico eletto nel 1997, contestò, tra i primi, la versione
ufficiale in un libro dal titolo “The strange Death of David Kelly”. Il volume
analizzava le numerose contraddizioni e buchi logici dell’inchiesta di Hutton
arrivando alla conclusione che la morte di Kelly fu un omicidio. Baker arriva a
questa conclusione trovando il movente nell’enorme pressione esercitata dai servizi
d’intelligence americani su Bush. Il presidente americano fu spinto con
decisione, per usare un eufemismo, a trovare prove della presenza di armi di
distruzioni di massa in Iraq. La manovra del governo Blair, da subito
favorevole all’intervento statunitense, secondo Baker si innestava in questa
strategia. Tuttavia il deputato inglese, dopo aver setacciato alcune sue fonti
interne al mondo dell’intelligence a stelle e strisce, escluse la possibilità
che fossero stati proprio gli americani a uccidere Kelly.
I punti oscuri sono molteplici. Il sangue della ferita al polso, la supposta
causa della morte, era troppo poco per giustificare il decesso. Inoltre,
secondo il rapporto Hutton, Kelly avrebbe ingerito 29 pastiglie di
antidolorifici prima di uccidersi. Ma l’esperto di armi aveva notoriamente
difficoltà a prendere pillole. In aggiunta non ci fu nessun esame completo da
parte del medico legale sul cadavere di Kelly e il suo certificato di morte
venne registrato, incompleto perché mancante della firma di un dottore e
dell’indicazione sul luogo di ritrovamento del cadavere, prima che il rapporto
Hutton venisse ufficialmente presentato. Inoltre, tutte le prove raccolte dopo
la morte di Kelly sono state secretate per 70 anni, perché? Alla domanda non
c’è risposta. Dall’unica informazione riservata resa pubblica, ottenuta
attraverso un FOIA (Freedom of Information Act), si comprende che il coltello,
che sarebbe stato usato da Kelly per togliersi la vita, non aveva su di esso
nessuna impronta digitale.
Troppe domande senza risposta
Pur essendo una storia dimenticata, la vicenda di David Kelly è tragicamente
interessante. I coni d’ombra dei suoi ultimi giorni sono molteplici. Il periodo
confuso in cui si dispiega la parabola umana di Kelly rende l’atmosfera ancora
più nebbiosa. Il tritacarne mediatico in cui era finito, unito alla presenza di
incredibili pressioni politiche che soffiavano verso la guerra, influì
sicuramente sull’opinione che si ha di Kelly. Ma il fatto che una storia che ha
così tante stranezze, dalla mancata inchiesta giudiziaria ai documenti
segretati per decenni, venga messa sostanzialmente da parte crea rammarico.
David Kelly e il suo lavoro meritano di essere riconosciuti. Come meritano di
essere conosciute in maniera più approfondita anche i metodi usati dai governi
di allora per giustificare un’invasione di uno Stato sovrano su basi,
diplomatiche ma anche ideologiche, così fragili da dover ricorrere a falsità e
menzogne.
Nessun commento:
Posta un commento