articoli e video di Omar Barghouti, Seymour Hersh, Chris Hedges, Ilan Pappe, Amira Hass, Ofer Cassif, Raniero La Valle, Alberto Bradanini, Enrico Campofreda, comidad, Gideon Levy, Domenico Gallo, Alessandro Orsini, Bettino Craxi, Moni Ovadia, Leonardo Mazzei, Andrea Zhok, Toni Capuozzo, Pasquale Pugliese, Stefano Galieni, Jewish Voice for Peace, Michelangelo Severgnini, Giuseppe Aragno, Maurizio Acerbo, B’Tselem, Jack Khoury, Vincenzo Costa, Pepe Escobar, Carlo Rovelli, Alexandr Prokhanov, Massimo Mazzucco, Paolo Desogus, Mubarak Awad, Gianandrea Gaiani, Giacomo Gabellini, Francesca Albanese, Simón Rodríguez Porras, Matteo Saudino, Fulvio Scaglione, Medicina Democratica, Laura Silvia Battaglia, Haggai Matar, Patrizio Digeva, Patrizia Cecconi, Grazia Parolari, Wasim Dahmash, Tareq Hajjaj, Heba Zagout, Pina Fioretti, Antonio Mazzeo, Gianni Lixi, Manlio Dinucci, Jeremy Corbyn, Francesco Masala, Kamer Rohana, Eliana Riva, Edward Said, Guido Viale, Richard Seymour, Michele Santoro, Benedetta Sabene, Pubble, Diego Ruzzarin, Clara Statello, FEDERAZIONE ANARCHICA LIVORNESE, Tommaso Montanari,Brett Wilkins, Enrico Euli, Insaf Dimassi, Vauro, Bassem Youssef
L’amore per Israele – Francesco Masala
Ci dicono: come si fa a non amare Israele, creato a tavolino per volontà dei colonizzatori e imperialisti inglesi e Usa, dopo la sconfitta della Germania nazista, Israele l’avamposto del mondo anglosassone, in mezzo a un mare di petrolio.
Dopo la Shoah molti ebrei sono diventati israeliani e Israele riesce a essere una sintesi perfetta e totale dei valori occidentali:
Terrorismo di stato, Colonialismo, Genocidi, Sterminio, Occupazione, Carcerazioni senza processo e senza fine, Omicidi mirati, Rappresaglie, Fascismo, Sostituzione Etnica, Punizioni Collettive, Nazismo, Furto e Rapina, Pulizia Etnica, Libertà di parola solo per chi loda i valori occidentali, e soprattutto chiagne e fotte.
Dovevano morire sei milioni di ebrei, lo dicevano da un bel po’ di tempo, da quando Hitler andava alla scuola materna (vedi qui). Lo sapevano i governi alleati da anni, dei lager nazisti, ma non hanno fatto niente, la differenza con oggi è che adesso tutto il mondo sa in diretta del massacro di Gaza, e i governi occidentali sostengono i serial killer israeliani, l’esercito più morale del mondo, si autoproclamano, senza se e senza ma.
Come l’Ucraina, anche Israele è una bomba a orologeria innescata da quel paese terrorista fra due oceani, per la nuova guerra mondiale per difendere i suoi confini (!?).
I bombardamenti degli Usa in Siria, paese da loro occupato, al quale rubano senza vergogna il petrolio, dev’essere l’ennesima esportazione di democrazia, riscaldando i motori per la terza guerra mondiale.
È troppo facile, o è antisemita, pensare che quei serial killer israeliani abbiano agito e stiano agendo per salvare Netanyahu dalla galera, o per rubare i giacimenti di gas di fronte a Gaza?
Già Clinton, quando aveva problemi giudiziari per via di Monica Lewinski, scatenò, insieme agli inglesi, bombardamenti in Irak, dal 16 al 19 dicembre del 1998, l’Operation Desert Fox.
Non si dimentichi che il capofila del Terrore sono gli Stati Uniti d’America (anche loro un popolo eletto?), nati e cresciuti col genocidio degli Indiani d’America, ha rubato e annesso le loro terre, ma non solo, il Texas è frutto di un’annessione, ma anche il New Mexico (anch’esso rubato al Messico?, dal nome dello credo di sì).
Adesso una guerra contro la Serbia? E poi?
Signore e Signori, per il genocidio da questa parte – Chris Hedges
Come corrispondente di guerra ho assistito alla guerriglia urbana in El Salvador, Iraq, Gaza, Bosnia e Kosovo. Una volta che si combatte strada per strada, casa per casa, c’è solo una regola: uccidi tutto ciò che si muove. I discorsi sulle zone sicure, le rassicurazioni sulla protezione dei civili, le promesse di attacchi aerei “chirurgici” e “mirati”, la creazione di vie di evacuazione “sicure”, la fatua spiegazione secondo cui i civili morti si sarebbero trovati “in mezzo al fuoco incrociato”, l’affermazione che le case e i condomini ridotti in macerie dalle bombe fossero la dimora di terroristi o che i razzi imprecisi di Hamas fossero responsabili della distruzione di scuole e ospedali, fa parte della copertura retorica per effettuare massacri indiscriminati.
Gaza è una landa così piccola, 40 chilometri di lunghezza e circa 8 di larghezza, e così densamente popolata che l’unico risultato di un attacco terrestre e aereo israeliano è la morte di massa di quelli che il Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant definisce “animali” e il Primo Ministro Benjamin Netanyahu chiama “bestie disumane”. Il membro della Knesset israeliana (Parlamento) Tally Gotliv ha suggerito di scatenare “l’Apocalisse” su Gaza, ampiamente visto come un appello per un attacco nucleare. Il Presidente israeliano Isaac Herzog venerdì ha respinto le richieste di proteggere i civili palestinesi. “C’è un’intera nazione là fuori che è responsabile. Questa retorica sui civili non consapevoli, non coinvolti, non è assolutamente vera”, ha detto Herzog. “Avrebbero potuto ribellarsi, avrebbero potuto combattere contro quel regime malvagio che ha preso il controllo di Gaza con un Colpo di Stato”. Ha aggiunto: “Gli spezzeremo le reni”.
La richiesta da parte di Israele che 1,1 milioni di palestinesi, quasi la metà della popolazione di Gaza, evacuino il Nord della Striscia, che diventerà una zona di ingaggio libero, entro 24 ore, ignora il fatto che, dato il sovraffollamento e i confini blindati, non c’è posto dove gli sfollati possano andare. Il Nord comprende Gaza City, la parte più densamente popolata della Striscia, con 750.000 residenti. Comprende anche il principale ospedale di Gaza e i campi profughi di Jabalia e al-Shati.
Israele, impiegando la sua macchina militare contro una popolazione Occupata che non dispone di un esercito, unità meccanizzate, di una forza aerea o marina, di missili, di artiglieria pesante e di un centro di comando e controllo, per non parlare dell’impegno degli Stati Uniti a fornire un pacchetto di aiuti militari da 38 miliardi di dollari (36 miliardi di euro) a Israele nel prossimo decennio, non eserciterà “il diritto di difendersi”. Questa non è una guerra. È l’annientamento dei civili intrappolati per 16 anni nel più grande campo di concentramento del mondo. Gaza viene rasa al suolo, distrutta, ridotta in macerie. Centinaia di migliaia di civili verranno uccisi, feriti o lasciati senza casa, senza cibo, carburante, acqua e assistenza medica. Quasi 600 bambini sono già morti.
L’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Impiego (UNRWA) è stata costretta a chiudere 14 centri di distribuzione alimentare lasciando mezzo milione di persone senza cibo. L’unica centrale elettrica di Gaza è a corto di carburante. Le Nazioni Unite dicono che dodici membri del suo personale sono stati uccisi dagli attacchi aerei israeliani, 21 delle 22 strutture sanitarie dell’UNRWA a Gaza sono state danneggiate e gli ospedali mancano di medicinali e forniture di base.
Israele, come ha fatto in passato, bloccherà la diffusione di resoconti e immagini indipendenti una volta che circa 360.000 soldati avranno lanciato un attacco di terra. Sabato ha interrotto il servizio Internet a Gaza. I brevi scorci delle atrocità israeliane che verranno alla luce verranno liquidati dai leader israeliani come incidenti o attribuiti ad Hamas.
L’Occidente si rifiuta di intervenire, mente 2,3 milioni di persone, tra cui 1 milione di bambini, sono privi di cibo, carburante, elettricità e acqua, vedono le loro scuole e ospedali bombardati e vengono massacrati e resi senza casa da una delle macchine militari più avanzate del pianeta.
Le immagini raccapriccianti degli israeliani uccisi da Hamas sono moneta di morte. Si scambia carneficina con carneficina, una danza macabra che Israele ha avviato con i massacri e la Pulizia Etnica che hanno consentito la creazione dello Stato Ebraico, seguita da decenni di espropri e violenze inflitte ai palestinesi. Secondo il gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem, prima dell’attuale attacco, l’esercito israeliano aveva ucciso 7.779 palestinesi a Gaza dal 2000, tra cui 1.741 bambini e 572 donne. Questa cifra non include gli abitanti di Gaza che sono morti per aver bevuto acqua contaminata o per essersi visti negare l’accesso alle cure mediche. Né include il numero crescente di giovani di Gaza che, avendo perso ogni speranza e lottando con una profonda depressione, si sono suicidati.
Ho passato sette anni come corrispondente sul conflitto, quattro dei quali come direttore dell’Ufficio per il Medio Oriente del New York Times. Ho visto i corpi delle vittime israeliane degli attentati sugli autobus a Gerusalemme compiuti da attentatori suicidi palestinesi. Ho visto file di cadaveri, compresi bambini, nei corridoi dell’Ospedale Dar Al-Shifa a Gaza City. Ho visto i soldati israeliani schernire ragazzini che in risposta lanciavano sassi e poi venivano fucilati senza pietà nel campo profughi di Khan Younis. Mi sono riparato dalle bombe sganciate dagli aerei da guerra israeliani. Mi sono arrampicato sulle macerie delle case e dei condomini palestinesi demoliti lungo il confine con l’Egitto. Ho intervistato i sopravvissuti sanguinanti e storditi. Ho sentito i lamenti strazianti delle madri che si aggrappavano ai corpi dei loro figli.
Sono arrivato a Gerusalemme nel 1988. Israele era impegnato a screditare ed emarginare la laica e aristocratica dirigenza palestinese di Faisel al-Husseini e a scacciare gli amministratori giordani dalla Cisgiordania Occupata. Questa dirigenza laica e moderata fu sostituita dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e da Yasser Arafat. Ma anche Arafat, molto probabilmente avvelenato da Israele, e l’OLP furono spietatamente messi da parte da Israele. l’OLP fu sostituita da Hamas, che Israele ha apertamente promosso come contropotere all’OLP.
La crescente ferocia dei palestinesi è il risultato della ferocia di Israele contro i palestinesi. I gruppi di Resistenza sono la copia di Israele. Israele ritiene che con lo sradicamento di Hamas i palestinesi diventeranno docili. Ma la storia ha dimostrato che una volta distrutto un movimento di Resistenza palestinese, ne prende il posto uno più virulento e radicale.
Gli assassini si nutrono l’un l’altro. L’ho visto nelle guerre etniche in Bosnia. Quando la religione e il nazionalismo sono usati per santificare l’omicidio non ci sono regole. È una battaglia tra la luce e l’oscurità, il bene e il male, Dio e Satana. Il discorso razionale è bandito.
“Il sonno della ragione”, come disse Francisco Goya, “genera mostri”.
Gli estremisti ebrei, i fanatici sionisti e gli invasati religiosi dell’attuale governo israeliano hanno bisogno di Hamas. La vendetta è il motore psicologico della guerra. Coloro che vengono massacrati vengono disumanizzati. Non sono degni di empatia o giustizia. La pietà e il dolore si provano esclusivamente per i propri. Israele promette di sradicare una massa disumanizzata che incarna il male assoluto. I mutilati e i morti a Gaza, e i mutilati e i morti nelle città e nei kibbutz israeliani, sono vittime degli stessi desideri oscuri.
“Dalla violenza nasce solo la violenza,” scrive Primo Levi, “a seguito di un’azione intermittente che, col passare del tempo, anziché spegnersi, diventa più frenetica”.
L’amministrazione Biden ha promesso sostegno incondizionato a Israele e spedizioni di armi. Il gruppo d’attacco della portaerei USS Gerald R. Ford è stato schierato nel Mar Mediterraneo orientale per “scoraggiare qualsiasi attore” che potrebbe ampliare il conflitto tra Israele e Hamas. Il gruppo di portaerei comprende la portaerei della Marina statunitense USS Gerald R. Ford; i suoi otto squadroni di aerei d’attacco e di supporto; l’incrociatore missilistico guidato di classe Ticonderoga USS Normandy; e i cacciatorpediniere lanciamissili classe Arleigh-Burke: USS Thomas Hudner, USS Ramage, USS Carney e USS Roosevelt, secondo una dichiarazione del Pentagono.
Gli Stati Uniti, come in passato, ignorano le ben maggiori morti e distruzioni, nonché l’Occupazione illegale, inflitte da Israele ai palestinesi o le periodiche campagne militari: questo è il quinto grande attacco militare israeliano contro la popolazione di Gaza in 15 anni.
Israele afferma di aver recuperato 1.500 corpi di combattenti di Hamas dopo l’incursione. Si tratta di un numero superiore alle 1.300 vittime israeliane. Quasi tutti i combattenti di Hamas uccisi, sospetto, fossero giovani nati nel campo di concentramento di Gaza che non avevano mai visto l’esterno della prigione a cielo aperto finché non sfondarono le barriere di sicurezza erette da Israele. Se i combattenti di Hamas possedessero l’arsenale tecnologico di morte di Israele, sarebbero in grado di infliggere dolore in modo maggiore. Ma non lo fanno. Le loro tattiche sono versioni più rudimentali di quelle che Israele usa contro di loro da decenni.
Conosco questa malattia, l’esaltazione della razza, della religione e della nazione, la divinizzazione del guerriero, del martire e della violenza, la celebrazione del vittimismo. I guerrieri sacri credono che solo loro possiedano virtù e coraggio, mentre il loro nemico è perfido, codardo e malvagio. Credono che solo loro abbiano il diritto alla vendetta. Dolore per dolore. Sangue per sangue. Orrore per orrore. C’è una spaventosa simmetria con la follia, l’abbandono di ciò che significa essere umani e giusti.
Thomas Edward Lawrence chiama questo ciclo di violenza: “Gli anelli del dolore”.
Una volta accesi, questi fuochi possono facilmente trasformarsi in un incendio.
Carri armati e soldati israeliani, per contrastare un attacco di Hezbollah a sostegno dei palestinesi, sono stati schierati al confine con il Libano. Le forze israeliane hanno ucciso combattenti di Hezbollah, nonché un giornalista della Reuters, che ha visto Hezbollah lanciare una salva di razzi per rappresaglia. Il Ministro della Sicurezza Nazionale israeliano, Itamar Ben-Gvir, ha annunciato che distribuirà 10.000 fucili d’assalto ai coloni israeliani, che hanno compiuto furie omicide nei villaggi palestinesi in Cisgiordania. Israele ha ucciso almeno 51 palestinesi nella Cisgiordania Occupata da quando Hamas ha lanciato il suo attacco il 7 ottobre.
Lo psicologo Rollo May scrive:
“All’inizio di ogni guerra trasformiamo frettolosamente il nostro nemico nell’immagine del Demonio; e allora, poiché è il Diavolo che combattiamo, possiamo metterci sul piede di guerra senza porci tutte le domande fastidiose e spirituali che la guerra suscita. Non dobbiamo più affrontare la consapevolezza che coloro che stiamo uccidendo sono persone come noi. Le uccisioni e le torture, quanto più durano, contaminano gli autori e la società che condona le loro azioni. Tolgono agli inquisitori e agli assassini professionisti la capacità di sentire. Alimentano l’istinto di morte. Espandono il danno morale della guerra”.
Israele ha insegnato ai palestinesi a comunicare con l’urlo primitivo dell’odio, della guerra, della morte e dell’annientamento. Ma non è l’attacco israeliano a Gaza quello che temo di più, ma la complicità di una comunità internazionale che autorizza il massacro genocida di Israele e accelera un ciclo di violenza che potrebbe non essere in grado di controllare.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
Ilan Pappe: Cari amici israeliani, ecco perché sostengo i palestinesi.
Tradotto da Saleh Zaghloul
È difficile mantenere la propria bussola morale quando la società a cui appartieni – sia i leader che i media – prende una posizione di superiorità morale e si aspetta che tu condivida la loro stessa furiosa colera con cui hanno reagito agli eventi di sabato scorso, 7 ottobre.
C’è solo un modo per resistere alla tentazione di aderirvi: se ad un certo punto della tua vita tu capissi – anche come cittadino ebreo di Israele – la natura coloniale del sionismo e fossi inorridito dalle sue politiche contro la popolazione indigena della Palestina.
Se avete raggiunto questa consapevolezza, allora non esiterete, anche quando i messaggi velenosi dipingeranno i palestinesi come animali, o “animali umani”. Queste stesse persone insistono nel descrivere ciò che è avvenuto sabato scorso come un “Olocausto”, abusando così della memoria di una grande tragedia. Questi sentimenti vengono trasmessi, giorno e notte, sia dai media che dai politici israeliani.
È questa bussola morale che ha portato me, e altri nella nostra società, a sostenere il popolo palestinese in ogni modo possibile; e questo ci permette, allo stesso tempo, di ammirare il coraggio dei combattenti palestinesi che hanno preso il controllo di una dozzina di basi militari, sconfiggendo l’esercito più forte del Medio Oriente.
Inoltre, persone come me non possono non interrogarsi sul valore morale o strategico di alcune delle azioni che hanno accompagnato questa operazione.
Poiché abbiamo sempre sostenuto la decolonizzazione della Palestina, sapevamo che più fosse continuata l’oppressione israeliana, meno probabile sarebbe stata “sterile” la lotta di liberazione – come è avvenuto in ogni giusta lotta per la liberazione in passato, in qualsiasi parte del mondo.
Ciò non significa che non dovremmo tenere d’occhio il quadro generale, nemmeno per un minuto. Il quadro è quello di un popolo colonizzato che lotta per la sopravvivenza, in un momento in cui i suoi oppressori hanno eletto un governo, determinato ad accelerare la distruzione, di fatto l’eliminazione, del popolo palestinese – o anche la sua stessa rivendicazione di essere un popolo.
Hamas doveva agire, e in fretta.
È difficile dar voce a queste contro-argomentazioni perché i media e i politici occidentali hanno accettato il discorso e la narrazione israeliana, per quanto problematica fosse.
Mi chiedo quanti di coloro che hanno deciso di vestire il Parlamento di Londra e la Torre Eiffel a Parigi con i colori della bandiera israeliana, capiscono veramente come questo gesto, apparentemente simbolico, viene interpretato in Israele. Anche i sionisti liberali, con un minimo di decenza, leggono questo atto come un’assoluzione totale da tutti i crimini che gli israeliani hanno commesso contro il popolo palestinese dal 1948; e quindi, come carta bianca per continuare il genocidio che Israele sta ora perpetrando contro il popolo di Gaza.
Per fortuna ci sono state anche diverse reazioni agli avvenimenti accaduti negli ultimi giorni.
Come in passato, ampi settori della società civile occidentale non si lasciano facilmente ingannare da questa ipocrisia, già manifesta nel caso dell’Ucraina.
Molti sanno che dal giugno 1967 un milione di palestinesi sono stati incarcerati almeno una volta nella loro vita. E con la reclusione arrivano anche gli abusi, la tortura e la detenzione permanente senza processo.
Queste stesse persone conoscono anche l’orribile realtà che Israele ha creato nella Striscia di Gaza quando ha sigillato la regione, imponendo un assedio ermetico, a partire dal 2007, accompagnato dall’incessante uccisione di bambini nella Cisgiordania occupata. Questa violenza non è un fenomeno nuovo, poiché è stata il volto permanente del sionismo sin dalla fondazione di Israele nel 1948.
Proprio a causa di questa società civile, miei cari amici israeliani, il vostro governo e i vostri media alla fine verranno smentiti, poiché non saranno in grado di rivendicare il ruolo di vittime, ricevere sostegno incondizionato e farla franca con i loro crimini.
Alla fine, il quadro generale emergerà, nonostante i media occidentali intrinsecamente parziali.
La grande domanda, tuttavia, è questa: anche voi, amici israeliani, sarete in grado di vedere chiaramente questo stesso quadro generale? Nonostante anni di indottrinamento e ingegneria sociale?
E cosa non meno importante, sarete in grado di imparare l’altra importante lezione – che può essere appresa dagli eventi recenti – che la sola forza non può trovare l’equilibrio tra un regime giusto da un lato e un progetto politico immorale dall’altro?
Ma c’è un’alternativa. Infatti ce n’è sempre stato uno:
Una Palestina desionizzata, liberata e democratica dal fiume al mare; una Palestina che accoglierà nuovamente i rifugiati e costruirà una società che non discrimini sulla base della cultura, della religione o dell’etnia.
Questo nuovo Stato si attiverebbe per correggere, il più possibile, i mali passati, in termini di disuguaglianza economica, furto di proprietà e negazione dei diritti. Ciò potrebbe annunciare una nuova alba per l’intero Medio Oriente.
Non è sempre facile attenersi alla propria bussola morale, ma se punta a nord – verso la decolonizzazione e la liberazione – allora molto probabilmente ci guiderà attraverso la nebbia della propaganda velenosa, delle politiche ipocrite e della disumanità, spesso perpetrate in nome dei ‘nostri comuni valori occidentali”.
sull’insensatezza di farsi ancora domande sensate – Enrico Euli
Quando gli euro-americani hanno inventato la guerra umanitaria si rendevano conto di quel che stavano inventando e quanto successo avrebbe avuto nel mondo intero?
Basta poco, in fondo: qualche aiuto -se ti è permesso- e moltissime bombe da terra e cielo.
Funziona: salva la coscienza dei caritatevoli, mentre distrugge tutto il resto.
Quando gli euro-americani-israeliani parlano di attacchi mirati, cosa intendono esattamente?
Perché a vedere Gaza fatta a pezzi, con aree intere senza più palazzi e persone, sia a nord che a sud, qualche dubbio sorge spontaneo.
Ogni giorno e notte si colpiscono obiettivi strategici, covi di guerriglieri e terroristi, centri ed apparati di offesa potenziale. Ma -se è davvero così- perché vediamo tanta gente disperata che scappa (se può), che accorre agli ospedali (se ci sono), o che muore ammazzata?
Quando gli euro-americani-israeliani affermano di voler e poter estirpare Hamas da Gaza e dalla faccia della terra, sanno cosa stanno dicendo?
Continuare a trattare Hamas come abbiamo fatto con l’Isis o con lo Stato islamico significa confermare quel che sapevamo già di noi stessi: che siamo incapaci di apprendimento storico.
Quando Israele afferma di voler liberare gli ostaggi con un’operazione di guerra, che cosa ha in mente? E’ ovvio che -a trattative in corso- i parenti degli ostaggi non ci credano e siano preoccupati, terrorizzati da un’operazione di terra, che rischia di (farli) uccidere ( come -dicono- è già accaduto per una cinquantina di loro) e non certo di salvarli.
Ma al governo israeliano neppure i suoi cittadini interessano granché davvero, pare.
Quel che gli interessa è difendere la patria, la nazione, non chi ne fa parte.
Per gli euro-americani, quanti morti arabi valgono i duemila israeliani morti sinora nell’attacco?
Facciamo uno a dieci? Ci bastano ventimila morti a Gaza? Forse neppure.
E cosa saremmo capaci di fare se sotto le bombe fossero milioni di israeliani e la Palestina (o Hezbollah) iniziasse a bombardarli ed ucciderli a migliaia ogni giorno?
Quanti israeliani profughi prenderemmo in casa (così come già accaduto con gli ucraini)?
Non vedo niente di simile nei confronti dei palestinesi: con loro non facciamo neppure finta di considerarli esseri umani, nostri simili (non dico fratelli).
Pepe Escobar – Chi trae beneficio dalla tragedia palestinese
[Traduzione a cura di: Nora Hoppe]
Ormai è assodato chi sta traendo profitto dall’orrenda tragedia della Palestina.
Allo stato attuale, abbiamo 3 vittorie per l’Egemone e 1 vittoria per la sua nazione portaerei in Asia occidentale.
Il primo vincitore è il War Party Inc., un’enorme truffa bilaterale. La richiesta supplementare della Casa Bianca al Congresso di 106 miliardi di dollari per “assistenza” soprattutto all’Ucraina e a Israele è manna dal cielo per i tentacoli armati del MICIMATT (“military-industrial-congressional-intelligence-media-academia-think tank” / il complesso militare-industriale-congressuale-intelligence-mediatico-accademico-pensiero, secondo la leggendaria definizione di Ray McGovern).
La lavanderia a gettoni sarà in piena attività, compresi 61,4 miliardi di dollari per l’Ucraina (più armi e rifornimento delle scorte statunitensi) e 14,3 miliardi di dollari per Israele (soprattutto “sostegno” alla difesa aerea e missilistica).
Il secondo vincitore è il Partito Democratico, che ha progettato l’inevitabile cambio di narrativa rispetto allo spettacolare fallimento del Progetto Ucraina; ma questo rimanderà solo l’imminente umiliazione della NATO nel 2024, che ridurrà l’umiliazione vissuta in Afghanistan allo status di gioco per bambini in un recinto di sabbia.
Il terzo vincitore sta incendiando l’Asia occidentale: la “strategia” dei neocon straussiani psicopatici concepita come risposta all’imminente BRICS 11, e tutto ciò che in termini di integrazione dell’Eurasia è stato avanzato al Belt and Road Forum a Pechino la scorsa settimana (compresi quasi 100 miliardi di dollari in nuovi progetti di infrastrutture/sviluppo).
Poi c’è l’accelerazione vertiginosa del progetto sponsorizzato dai maniaci sionisti genocidi: una Soluzione Finale alla questione palestinese, che mescoli: il raso al suolo di Gaza per creare un esodo forzato verso l’Egitto; la Cisgiordania trasformata in una gabbia; e, all’estremo, una “giudaizzazione di Al-Aqsa” che comprende una distruzione escatologica del terzo luogo più sacro dell’Islam, da sostituire con la ricostruzione del Terzo Tempio ebraico…
Perché le potenze occidentali accettano il genocidio commesso a Gaza – Simón Rodríguez Porras
Il genocidio di Israele contro i Palestinesi è accettabile, non solo per gli interessi geopolitici a cui rende omaggio, ma perché è commesso contro non europei, non bianchi.
Mentre gli attacchi israeliani a Gaza continuano, uccidendo oltre 5.700 palestinesi, l’Occidente non ha smesso di sostenere il genocidio. Aimé Césaire*ci ricorda che ciò è accettato a causa della de-umanizzazione dei non bianchi, scrive Simón Rodríguez Porras.
“Alla fine del pomeriggio, il caldo fece alzare una leggera nebbia: era il sangue delle cinquemila vittime, il fantasma della città, che evaporava al sole al tramonto” – Aimé Césaire
Sono trascorse più di due settimane dall’inizio del bombardamento israeliano di Gaza e dal taglio dell’acqua e dell’elettricità, senza che cibo o medicine potessero entrare nel campo di concentramento più grande del mondo. Di fronte all’esaurimento delle risorse idriche, migliaia di persone sono costrette a bere acqua di mare o acqua contaminata. Tra bombardamenti letali, distruzione di ospedali e una lenta tortura dovuta alla fame e alla sete, quasi la metà dei 2,3 milioni di persone che vivono a Gaza sono già state sfollate con la forza.
Le forze armate sioniste hanno bombardato anche l’ospedale Al-Ahli, uccidendo centinaia di rifugiati in un unico colpo brutale.
Il potere coloniale ha ordinato lo sgombero dell’intera Striscia di Gaza settentrionale, bombarda chi cerca di andare a sud e bombarda anche il sud. Le vittime civili sono oltre 6.500 e continuano ad aumentare. In Cisgiordania, oltre 100 palestinesi sono stati uccisi e centinaia sono detenuti arbitrariamente.
”Gli scritti di Aimé Césaire sembrano parlarci oggi di funzionari delle Nazioni Unite, conduttori televisivi e direttori di giornali liberali, politici imperialisti e burocrati riformisti, il cui pseudo-umanesimo è ‘ristretto e frammentario, incompleto e parziale e, tutto sommato, sordidamente razzista’ .’
Lo storico Raz Segal, specializzato in studi sul genocidio e sull’Olocausto, ha scritto che questo è un “caso da manuale di genocidio”. Sia le misure adottate dal regime israeliano che la retorica dei suoi funzionari corrispondono fortemente alle definizioni legali di genocidio adottate dalle Nazioni Unite. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha effettivamente proposto un programma genocida: “Niente elettricità, niente cibo, niente acqua, niente carburante. Tutto è chiuso. Stiamo combattendo animali umani e agiremo di conseguenza”. Ma perché il mondo sembra non sentire ?
In verità il mondo sente e comprende il significato delle azioni e delle minacce israeliane. I governi di Stati Uniti, Francia, Italia, Germania e Regno Unito sostengono consapevolmente i crimini di guerra, fornendo a Israele tutte le possibili risorse militari, economiche e politiche.
Questo palese fascismo che indigna il mondo, spingendo migliaia di persone in decine di Paesi a scendere in piazza, ha l’approvazione della stampa “liberale” e “democratica” di Europa e Stati Uniti. I media, infatti, contribuiscono a creare l’atmosfera politica favorevole alle punizioni collettive inflitte da Israele ai Palestinesi. Ma non è tutto. In Francia, Macron inizialmente aveva vietato, subito dopo il 7 ottobre, le marce a sostegno della Palestina (divieto poi revocato) e, a causa di quella peculiare ossessione dell’imperialismo francese per la regolamentazione dell’abbigliamento, ha proibito di indossare la kefiah. Il ministro degli Interni ha anche avviato un’indagine contro il Nuovo Partito Anticapitalista per una dichiarazione a sostegno della resistenza palestinese e ha attribuito un presunto antisemitismo al partito France Unbowed.
Nel Regno Unito la bandiera palestinese sarà considerata sospetta su base più o meno discrezionale, e in Australia è stato annunciato che la polizia può fermare e perquisire arbitrariamente le persone che partecipano alle marce a sostegno della Palestina.
Misure contro la solidarietà con la Palestina sono state adottate anche in Austria e Germania nell’ambito di questa ondata antidemocratica, nel contesto del crescente sostegno popolare alla causa palestinese in Europa.
L’attuale offensiva arriva sulla scia di decenni di apartheid e di pulizia etnica e di oltre 16 anni di blocco contro Gaza, una politica definita lento genocidio dallo storico ebreo Ilan Pappé. L’economista Sara Roy ha coniato il termine “de -sviluppo” per descrivere il processo di distruzione dell’economia di Gaza da parte del regime di occupazione due decenni prima del suo blocco, e nel 2016 ha ipotizzato che il territorio fosse stato riprogettato in una “enclave isolata usa e getta”. Si tratta di fatto di una prigione a cielo aperto in cui oltre l’80% della popolazione vive in condizioni di povertà e il 60% soffre di insicurezza alimentare. Questo accadeva prima di ottobre.
Prima che le mura di quella prigione venissero demolite con la forza, tra il 2018 e il 2019 si sono svolte decine di marce pacifiche, represse dai cecchini israeliani. Sessanta palestinesi furono massacrati e più di 1700 feriti in un solo giorno.
Proprio come quando il massacro di Sharpeville del 1960 spinse la legislatura del Mississippi a rilasciare una dichiarazione di solidarietà con il governo razzista sudafricano, circa 400 membri della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti hanno sponsorizzato un progetto di risoluzione a sostegno di Israele nel mezzo dell’attuale offensiva genocida. L’unica critica mossa a Israele è quella di aver consentito ai Palestinesi di avere “attrezzature rudimentali e civili, come bulldozer, parapendii e gommoni… dimostrando l’importanza di applicare pienamente controlli rigorosi su quali materiali entrano nella Striscia di Gaza”.
Gli attivisti israeliani hanno documentato aperti appelli al genocidio tra giornalisti e personaggi pubblici israeliani nei social network e nei media. Netanyahu, la cui carriera politica è stata cementata sui suoi crimini di guerra, già nel 2018 aveva formulato un classico credo fascista: “I deboli crollano, vengono massacrati e cancellati dalla storia mentre i forti, nel bene e nel male, sopravvivono”. Con questa offensiva ha minacciato di trasformare Gaza in una “isola deserta” e lunedì alla Knesset ha affermato che “questa è una lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre, tra l’umanità e la legge della giungla”.
Una metafora simile è stata usata l’anno scorso dal capo della politica estera dell’UE, Josep Borrell, quando descriveva l’Europa come un giardino e il resto del mondo come una giungla.
Imperialisti e colonialisti continuano ancora oggi a ricordarci con le loro parole e azioni che non considerano i palestinesi, e la maggior parte dell’umanità, pienamente umani.
Il tema della fascistizzazione o nazificazione del regime politico e della società israeliana è stato sollevato più e più volte da intellettuali, attivisti e artisti ebrei e israeliani. Ciò parte dagli avvertimenti di Einstein e Arendt, tra gli altri, sul carattere quasi fascista e nazista del partito Herut, diretto predecessore del Likud di Netanyahu, e dalle critiche di accademici come Yehuda Elkana e Yeshayahu Lebowitz e da film come “Valzer con Bashir” di Ari Folman. Tanto che lo Stato israeliano ha avvertito la necessità di promuovere una definizione che classifichi questo genere di critica come espressione di antisemitismo.
In questo contesto, è altamente simbolico che Ezra Yachim, vecchio criminale di guerra che prese parte al massacro di Deir Yassin del 1948, ex membro del gruppo terroristico sionista Lehi, che si offrì di sostenere la Germania nella seconda guerra mondiale in cambio del sostegno per l’espulsione degli inglesi dalla Palestina così daimporre la propria colonia totalitaria, è stato inviato a incitare le truppe sioniste nell’attuale offensiva. Yachim li ha invitati ad uccidere e a “cancellare la memoria delle famiglie, delle madri e dei bambini”.
Il pensatore martinicano Aimé Césaire, nel suo libro fondamentale “Discorso sul colonialismo”, scritto nel 1950, ebbe la penetrante intuizione che il fascismo aveva radici nella storia stessa del colonialismo e dell’imperialismo europeo. Del borghese europeo e cristiano del suo tempo affermava che “ciò che non può perdonare a Hitler non è il crimine in sé, il crimine contro l’uomo, non è l’umiliazione dell’uomo in quanto tale, è il crimine contro i bianchi, l’umiliazione dell’uomo bianco, e il fatto di aver applicato all’Europa procedure colonialiste che fino ad allora erano state riservate esclusivamente agli arabi dell’Algeria, ai coolies dell’India e ai negri dell’Africa”.
Gli scritti di Césaire sembrano parlarci oggi di funzionari delle Nazioni Unite, conduttori televisivi e direttori di giornali liberali, politici imperialisti e burocrati riformisti, il cui pseudoumanesimo è “ristretto e frammentario, incompleto e parziale e, tutto sommato, sordidamente razzista”.
Il lavoro dello scrittore risponde anche alla domanda sul perché il genocidio dei palestinesi sia accettato da questi “umanisti” e “democratici”, rappresentanti dell’”ordine basato sulle regole”. I crimini di guerra di Bush sono rimasti impuniti, Obama ha persino ricevuto un premio Nobel per la pace che ha rivendicato i crimini “ben intenzionati” dell’imperialismo statunitense. Anche i crimini imperialisti della Russia sono stati accettati e tollerati senza conseguenze quando li ha commessi in Siria o in Cecenia. In Ucraina sono inaccettabili perché sono commessi contro gli europei.
Il genocidio di Israele contro i Palestinesi è accettabile, non solo per gli interessi geopolitici a cui rende omaggio, ma perché è commesso contro non europei, non bianchi.
Non è sufficiente smascherare questa visione ideologica del mondo che è oggi al centro dell’ordine imperialista, per mostrarla in tutta la sua mostruosità. Dobbiamo fare tutto il necessario per sconfiggerla.
*Poeta e pensatore antillano di lingua francese, uno dei maggiori esponenti, con L. S. Senghor, della negritudine
Simón Rodríguez Porras è un socialista e scrittore venezuelano. È l’autore di “Perché il Chavismo ha fallito?” ed editore di Venezuelanvoices.org.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org
Alberto Bradanini: il ritorno di Gaza al Medioevo, Israele e il sostegno dell’Occidente ai crimini contro l’umanità
Davanti alle tragedie in corso in Medio Oriente i popoli dovrebbero imporre ai loro governi il rispetto del criterio filosofico, prima ancora che politico, della logica dialettica: la critica – lo affermava anche Mao Zedong – va fatta prima, e non, comodamente, dopo che gli eventi hanno avuto corso[1].
In una sintetica riflessione, Jonathan Cook[2], audace analista britannico[3] della Palestina, una terra dove ha trascorso vent’anni, getta uno sguardo dissonante su quanto accade. Va subito rilevato, tuttavia, che l’irriflessivo sostegno dell’Occidente alla politica di Israele, e alla distruzione di Gaza e dei suoi abitanti, costituisce il punto di caduta di fattori strutturali che meritano una preliminare attenzione.
Sia chiaro che nell’analisi che segue la religione non vi ha posto alcuno. La tragedia sofferta dal popolo ebraico nel secolo scorso per mano dei nazisti tedeschi (e non solo) resterà scolpita per sempre nella nostra memoria e nei nostri cuori. Tantomeno trova posto la nozione di etnia ebraica, anch’essa turpe manipolazione dei mestatori di un razzismo che si spera consegnato per sempre alla spazzatura della storia. Israeliani e Israele stanno dunque a designare i cittadini e lo stato da essi abitato, che persegue fini politici talvolta condivisibili, altre volte no. Quanto precede è banale, oltre che scontato, ma non si sa mai. Sono molti gli episodi di persone accusate di antisemitismo (che poi dovrebbe essere semmai antigiudaismo), per aver espresso critiche politiche allo stato di Israele.
Ora, è un’evidenza ingombrante nella sua centralità che Israele può fare ciò che vuole, senza essere importunato dalla cosiddetta comunità internazionale perché al suo fianco sono schierati, sempre e in ogni circostanza, gli Stati Uniti, i cui interessi imperiali in Medio Oriente viaggiano paralleli con quelli di Israele, o meglio perché come tali vengono incistati nell’establishment americana dalle potenti lobby israeliane, con l’Aipac[4] in prima fila (v. La Lobby israeliana e la politica estera americana J. Mearsheimer e S. Walt, Ed. A. Mondadori). Nessun candidato al Senato, Congresso o alla Casa Bianca può sperare di essere eletto avendo contro le lobby israeliane che negli Stati Uniti controllano una fetta rilevante dell’informazione pubblica[5].
In termini di psicologia politica, la libertà d’azione consentita a Israele, anche contro la legge internazionale e la morale, è figlia dell’ontologia del complesso di colpa per le sofferenze inflitte al popolo ebraico nel secolo scorso dai nazisti-tedeschi[6], anch’essi occidentali.
Inoltre, un’occulta assonanza accomuna la genesi auto-percepita delle due nazioni, entrambe imbevute del convincimento di fruire di uno status superiore, prescelte dalle rispettive divinità, la prima (l’unica nazione indispensabile al mondo, B. Clinton, 1999) per governare un mondo inquieto, la seconda (il popolo eletto, il migliore disponibile sulla faccia della terra) per qualche incarico misterioso, mentre tutte le altre nazioni, anch’esse presumibilmente create dal medesimo dio, non meriterebbero la stessa considerazione.
Nella sua riflessione, Cook sostiene che l’obiettivo dell’aggressione reattiva contro donne, vecchi e bambini di Gaza (questo ragionare non vale beninteso per chi reputa che i palestinesi della Striscia siano tutti terroristi) sia quello di cacciarli e rubar loro altra terra. Nel suo libro “Disappearing Palestine”, egli ripercorre i tratti che hanno portato alla colonizzazione del territorio, le tecniche di dispersione, l’imprigionamento e l’impoverimento sistematico, quali strumenti di demolizione graduale e sistematica della nazione palestinese. Cisgiordania e Gaza vengono trasformate in laboratori per testare l’infrastruttura del confinamento, creando una redditizia industria della “difesa” attraverso tecnologie pionieristiche di controllo della folla, la sorveglianza, la punizione collettiva e la guerra urbana, sofisticati coprifuoco, posti di blocco, muri, permessi e accaparramento di terre altrui, tutto con il medesimo fine, l’obliterazione della Palestina.
Tale percorso subisce un’accelerazione nel 2007, quando a seguito della vittoria di Hamas i 2,3 milioni di abitanti di Gaza vengono circondati da filo spinato in una prigione inespugnabile, una terra asservita a esperimenti innovativi, contenimento fisico, restrizioni, reclutamento di informatori, bombardamenti, impiego di razzi d’intercettazione, sensori elettronici, sistemi di sorveglianza, droni, riconoscimento facciale, cannoni automatizzati etc.
Oggi Israele paga il prezzo di una miope politica di potenza, perché i prigionieri non si erano rassegnati – prosegue Cook – mettendo in gioco la sola cosa loro rimasta, la vita, e diventano terroristi. È così che almeno per alcuni giorni i palestinesi riescono a bypassare l’invalicabile infrastruttura di confinamento, utilizzando un bulldozer arrugginito e alcuni deltaplani, accompagnati da un forte e prevedibile (ri-)sentimento di “non abbiamo nulla da perdere”. Per tornare ad essere la potenza di un tempo, Israele ha ora bisogno di entrare a Gaza e distruggere quello che trova.
Il secondo punto di riflessione di J. Cook riguarda il diritto internazionale o, meglio, quel poco di esso che si era riusciti a edificare all’indomani della Seconda guerra mondiale, per impedire il ripetersi delle atrocità naziste (-giapponesi) e occidentali, queste ultime spesso occultate, bombardamenti civili (solo per citarne alcuni, Dresda, Stoccarda, Tokyo…) e beninteso le bombe atomiche sul Giappone.
Uno dei cardini delle Convenzioni di Ginevra – che si occupano delle vittime di guerra e degli aspetti umanitari dei conflitti – è il divieto di punizioni collettive, e dunque di rappresaglie contro la popolazione civile, che non è responsabile dei crimini di governi, eserciti o terroristi.
Misteriosamente sotto il profilo etico, ma quanto mai decifrabile sotto quello dei rapporti di potere, le nazioni europee, per non parlare di quell’imbarazzante istituzione che risponde al nome di Unione Europea, stendono un ignobile e pietoso velo su tutto ciò, sebbene oggi Gaza rappresenti la più flagrante violazione del diritto internazionale dell’intero pianeta terra.
Anche in tempi normali, ricorda Cook, agli abitanti di Gaza (un milione di essi minori) erano negate le libertà più elementari, il diritto a entrare e uscire dalla Striscia, l’assistenza sanitaria, le medicine e l’uso di attrezzature mediche, l’acqua potabile e l’elettricità, per gran parte della giornata. Ora poi, con l’esercito israeliano alle porte, le condizioni di ristrettezza e la paura di morire rendono la sofferenza di questa gente inimmaginabile.
Hamas ha commesso atti di terrorismo contro cittadini di Israele, colpevole di aver espropriato i palestinesi della loro patria e averli imprigionati in un ghetto sovraffollato. Israele ora punisce il popolo di Gaza, invece dei terroristi. Questa condotta, il cui nome è vendetta, è priva di logica morale e illegittima per il diritto internazionale. Per Israele, tuttavia, come per lo zio Sam suo inossidabile protettore, il rispetto del diritto non è un obbligo, ma solo una scelta, talvolta conveniente, altre volte, da 16 anni, no.
I militari israeliani hanno la consegna di non fare distinzioni tra militanti nemici e popolazione civile. Il primo ministro israeliano, Netanyahu, ha intimato alla popolazione di Gaza di andarsene, ma ha omesso di dire dove quelle misere esistenze umane potrebbero trovare protezione dalle bombe.
- Cook ricorda che già nel 2009 (al tempo di un’altra guerra Gaza-Israele) Orna Ben-Naftali, a quel tempo preside israeliana della facoltà di giurisprudenza di Tel Aviv, aveva dichiarato al quotidiano Haaretz: “ribaltando la legge, a Gaza edifici civili e uomini adulti sono considerati come obiettivi legittimi”. Sempre allora, David Reisner, suo predecessore, aveva spiegato ad Haaretzla strategia israeliana con queste parole: “stiamo assistendo a un ipocrita processo di revisione del diritto internazionale. Se un’azione illegittima viene ripetuta per un tempo sufficientemente prolungato e tollerata da un certo numero di paesi, il mondo finisce per accettarla ed essa diventa ammissibile, anche se illegittima per il diritto internazionale”.
Una pratica questa che era iniziata ancor prima. Riferendosi all’attacco israeliano del 1981 che distrusse il presunto reattore nucleare iracheno di Osiraq, un atto di guerra condannato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Reisner afferma: “Israele aveva commesso un crimine. Oggi però tutti affermano che si trattò di legittima difesa preventiva, come se il diritto internazionale progredisse non attraverso una precisa pattuizione tra le nazioni, ma a seguito di una sua costante violazione”. Egli aggiunge che Israele aveva convinto il governo americano ad accettare un’applicazione elastica degli obblighi giuridici internazionali di Israele nei riguardi dei palestinesi, ciò che si sarebbe rivelato prezioso anche per gli Stati Uniti per giustificare l’invasione di Afghanistan e Iraq.
Sempre nel ragionare di Cook, Israele avrebbe lavorato all’evoluzione del diritto internazionale anche su altri aspetti, introducendo il concetto di preavviso: con un preannuncio di pochi minuti, per di più nei modi più diversi, la distruzione di un edificio o di un quartiere diviene legalmente praticabile, e i civili, anziani, donne e bambini, disabili inclusi, sono trasformati in obiettivi legittimi, colpevoli di non essersi allontanati in tempo dal luogo destinato a essere distrutto. Una pratica, conclude Cook su questo aspetto, che prima o poi la Comunità Internazionale finisce per digerire.
Il citato articolo di Haaretz del 2009 (quello con l’intervista a Orna Ben-Naftali) definiva Yoav Gallant, all’epoca comandante militare responsabile di Gaza, un cowboy che non aveva tempo per le sottigliezze legali. Gallant è ora ministro della Difesa, incaricato di attuare l’assedio completo di Gaza, vale a dire, niente elettricità, niente cibo, niente acqua, niente carburante, tutto chiuso“. Egli nega ogni differenziazione tra Hamas e la popolazione palestinese, che definisce animali umani. Si tratta del medesimo linguaggio utilizzato dai nazisti nel secondo conflitto mondiale nei riguardi dei russi (chiamati untermenschen, subumani/sotto-uomini). Il regresso della civiltà giuridica occidentale è sotto gli occhi di tutti.
Non solo, poiché in punta di diritto internazionale il criterio di punizione collettiva attuato a Gaza sfiora il recinto giuridico del genocidio, sia nella forma che nella sostanza. Persino il criterio giuridico della moderazione e della proporzionalità è stato cancellato dai governi occidentali che sostengono “il diritto di Israele di difendersi” (che nessuno mette in discussione), senza alcuna restrizione.
Nel Regno Unito, ad esempio, tralasciando il governo dal quale nulla di buono può arrivare, persino il leader laburista e probabile prossimo Primo Ministro, Keir Starmer, ha sostenuto che l’assedio di Gaza (un crimine contro l’umanità!) deve intendersi come “diritto di Israele a difendersi”. Starmer, noto quale difensore dei diritti umani – cogliendo le implicazioni politiche per la sua carriera e ricordando il destino del suo predecessore, Jeremy Corbyn, accusato di antisemitismo dalle lobby pro-israeliane e obbligato a dimettersi – ha messo da parte etica e verità e ha incolpato Hamas di sabotare in tal modo il “processo di pace”, che anche le pietre sanno essere stato sepolto da Israele molti anni fa. Gli uomini di potere politici possono dichiarare qualunque cosa, senza rendere conto a nessuno.
L’aviazione israeliana ha già sganciato (al 16 ottobre 2023) 6.000 bombe su Gaza. Alcuni gruppi per i diritti umani accusano Israele di far uso di armi al fosforo bianco, uno specifico crimine di guerra se usato nelle aree urbane. Defence for Children International afferma che oltre 500 bambini palestinesi sono già stati uccisi. Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori occupati, ha coraggiosamente affermato che Von Der Leyen applica i principi del diritto internazionale come un’altalena, tenendo soprattutto presente, aggiungiamo noi, la sua ambizione di prendere il posto dell’attuale Segretario Generale della Nato, J. Stoltenberg.
Dodici mesi orsono, proprio la presidente della Commissione aveva qualificato gli attacchi russi alle infrastrutture civili in Ucraina come crimini di guerra[7]: impedire a uomini, donne e bambini di disporre di acqua, elettricità e riscaldamento costituisce un atto di terrore. Dov’è mai finita la coerenza, se ora – rileva la Albanese – la medesima Von der Leyen passa sotto silenzio tombale i bombardamenti israeliani a Gaza che producono lo stesso risultato?
Nel frattempo, la Francia vieta le manifestazioni contro i bombardamenti a Gaza, perché – nelle parole del ministro francese della giustizia, Éric Dupond-Moretti – l’espressione di solidarietà ai palestinesi potrebbe offendere le comunità ebraiche e deve dunque ritenersi incitamento all’odio.
Il presidente Joe Biden ha deliberato l’invio di armi e finanziamenti, spedendo la portaerei Eisenhower nel Mediterraneo, un monito per i vicini di Israele a non immischiarsi, alla vigilia dell’invasione di Gaza. A sua volta, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Gutteres, si è limitato a emettere un timido vagito sulla necessità che anche Israele rispetti il diritto internazionale.
Il sostegno privo di riserve a Israele da parte dei governi occidentali costituisce, come si può immaginare, il prezzo che essi sono costretti a pagare per sopravvivere, perché l’alleato imperiale non dimentica il nome di chi disobbedisce. Quanto all’Italia, relegata in un umiliante statuto di vassallaggio, meglio tacere. Nella norma, dunque.
Per Israele, invece, la partita, è certo, non si chiude qui. Dopo aver fatto i conti con il presente, in un modo tragico o ancora più tragico, dovrà tornare a guardarsi le spalle, in una spirale infinita di azioni e reazioni. Quel che resterà di Hamas al termine di questa battaglia, i suoi figli, i suoi emuli o i suoi epigoni riprenderanno la lotta, pronti a immolarsi per restituire alla Palestina la speranza di una patria. Se non vi sarà pace per la Palestina, non ve ne sarà nemmeno per Israele.
[1] https://le-citazioni.it/autori/mao-tse-tung/
[2] Jonathan Cook è un giornalista britannico pluripremiato. Ha vissuto a Nazareth, in Israele, per 20 anni. È tornato nel Regno Unito nel 2021. È autore di tre libri sul conflitto israelo-palestinese, Sangue e religione: lo smascheramento dello Stato ebraico (2006), Israele e lo scontro di civiltà: Iraq, Iran e il piano per rifare il Medio Oriente (2008), Disappearing Palestine: Israel’s Experiments in Human Despair (2008).
[3] https://www.jonathan-cook.net/2023-10-13/gaza-britain-israel-crimes/
[4] American Israel Public Affairs Committee (AIPAC
[5] La Lobby israeliana e la politica estera americana (cit.)
[6] Il 7 ottobre 2023, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, al Bundestag, ha affermato: “la nostra storia, la nostra responsabilità derivante dall’Olocausto, ci impone il dovere perenne di difendere l’esistenza e la sicurezza dello stato di Israele, anche se ora è sotto attacco di Hamas e non dei nazisti. E la sicurezza dello stato ebraico è la ragion di stato di quello tedesco. Il solo posto dove stare in questo momento è a fianco di Israele”.
[7] https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2022-10/von-der-leyen-attacchi-russi-ucraina-crimini-guerra.html
Gideon Levy: “Israele punisce i palestinesi dal 1948, senza fermarsi un attimo”
Dietro tutto quello che è successo, l’arroganza israeliana. Pensavamo che ci fosse permesso fare qualsiasi cosa, che non avremmo mai pagato un prezzo o saremmo stati puniti per questo.
Continuiamo senza confusione. Arrestiamo, uccidiamo, maltrattiamo, derubiamo, proteggiamo i coloni massacrati, visitiamo la Tomba di Giuseppe, la Tomba di Otniel e l’Altare di Yeshua, tutto nei territori palestinesi, e ovviamente visitiamo il Monte del Tempio – più di 5.000 ebrei sul trono.
Spariamo a persone innocenti, caviamo loro gli occhi e spacchiamo loro la faccia, li deportiamo, confischiamo le loro terre, li saccheggiamo, li rapiamo dai loro letti, effettuiamo la pulizia etnica, continuiamo anche l’irragionevole blocco di Gaza, e tutto andrà bene.
Costruiamo un’enorme barriera attorno alla Striscia, la sua struttura sotterranea costa tre miliardi di shekel e siamo al sicuro. Ci affidiamo ai geni dell’Unità 8200 e agli agenti dello Shin Bet che sanno tutto e ci avviseranno al momento opportuno.
Stiamo spostando metà dell’esercito dall’enclave di Gaza all’enclave di Huwara solo per garantire le celebrazioni del trono dei coloni, e tutto andrà bene, sia a Huwara che a Erez.
Poi si scopre che un primitivo, antico bulldozer può sfondare anche gli ostacoli più complessi e costosi del mondo con relativa facilità, quando c’è un grande incentivo a farlo.
Guarda, questo ostacolo arrogante può essere superato da biciclette e motociclette, nonostante tutti i miliardi spesi per questo, e nonostante tutti i famosi esperti e imprenditori che hanno guadagnato un sacco di soldi.
Pensavamo di poter continuare il controllo dittatoriale di Gaza, gettando qua e là briciole di favore sotto forma di qualche migliaio di permessi di lavoro in Israele – questa è una goccia nell’oceano, anch’essa sempre condizionata ad un comportamento corretto – e in al ritorno, mantenetelo come la loro prigione.
Facciamo la pace con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti – e i nostri cuori dimenticano i palestinesi, così che possano essere spazzati via, come molti israeliani avrebbero voluto.
Continuiamo a detenere migliaia di prigionieri palestinesi, compresi quelli detenuti senza processo, la maggior parte dei quali prigionieri politici, e non accettiamo di discutere il loro rilascio anche dopo decenni di prigione.
Diciamo loro che solo con la forza i loro prigionieri possono ottenere la libertà.
Pensavamo che avremmo continuato con arroganza a respingere ogni tentativo di soluzione politica, semplicemente perché non ci conveniva impegnarci in essa, e sicuramente tutto sarebbe continuato così per sempre.
E ancora una volta si è rivelato non essere così. Diverse centinaia di militanti palestinesi hanno sfondato la recinzione e hanno invaso Israele in un modo che nessun israeliano avrebbe potuto immaginare.
Alcune centinaia di combattenti palestinesi hanno dimostrato che è impossibile imprigionare due milioni di persone per sempre, senza pagare un prezzo elevato. Proprio come ieri il vecchio bulldozer palestinese fumante ha demolito il muro, il più avanzato di tutti i muri e le recinzioni, ha anche strappato di dosso il mantello dell’arroganza e dell’indifferenza israeliana.
Ha demolito anche l’idea che sia sufficiente attaccare Gaza di tanto in tanto con droni suicidi e vendere questi droni a mezzo mondo per mantenere la sicurezza.
Ieri Israele ha visto immagini che non aveva mai visto in vita sua: veicoli militari palestinesi che pattugliavano le sue città e ciclisti provenienti da Gaza che entravano dai suoi cancelli.
Queste immagini dovrebbero strappare il velo dell’arroganza. I palestinesi di Gaza hanno deciso che sono disposti a pagare qualsiasi cosa per un assaggio di libertà. C’è qualche speranza per questo? NO. Israele imparerà la lezione? NO.
Ieri già parlavano di spazzare via interi quartieri di Gaza, di occupare la Striscia di Gaza e di punire Gaza “come non è mai stata punita prima”. Ma Israele punisce Gaza dal 1948, senza fermarsi un attimo.
75 anni di abusi e il peggio l’attende adesso. Le minacce di “appiattire Gaza” dimostrano solo una cosa: che non abbiamo imparato nulla. L’arroganza è destinata a durare, anche se Israele ha ancora una volta pagato un prezzo elevato.
Benjamin Netanyahu ha una responsabilità molto pesante per quanto accaduto e deve pagarne il prezzo, ma la questione non è iniziata con lui e non finirà dopo la sua partenza.
Ora dobbiamo piangere amaramente per le vittime israeliane. Ma dobbiamo piangere anche per Gaza. Gaza, la cui popolazione è composta principalmente da rifugiati creati da Israele; Gaza, che non ha conosciuto un solo giorno di pace.
Preziosissimo!
RispondiEliminagrazie!
Elimina