Recensione telegrafica:
Il gioco è bello quando dura poco. Romanzo sopravvalutato. Stop.
"Ferrovie del Messico" di Gian Marco Griffi è un
capolavoro per 700 pagine ma scade a precipizio sul finale. Per gran parte del
libro si parla di poesia e di Amore, del Sud del Mondo, di personaggi
incredibili e fatti mirabolanti, e lo si fa con un taglio anche ironico, a
tratti irriverente ma mai stupido; ci sono eco di autori sudamericani come
Bolano e di altra letteratura immaginifica. Poi arriva l'inaspettato: Griffi fa
un'operazione che a me non è piaciuta. Per evitare il "buonismo", per
mostrarci il bianco e nero dell'essere umano (discorso che poi è trito e ritrito)
rompe l'atmosfera poetica e fiabesca e alla fine, il nazista cattivo non aveva
ammazzato la sedicenne sfortunata prostituta, ma era stato un manipolo di
partigiani; il prete erudito e colto che nasconde gli ebrei nella soffitta e
odia i nazisti, non solo detesta anche i "rozzi campagnoli" della
provincia di Asti (lui che viene da Milano), ma è anche un prete pedofilo,
trasferito in quella periferia proprio per espiare quella colpa...colpa su cui
ironizza dicendo che in fondo anche il Cristo umano aveva delle esigenze e
delle pulsioni. Mi ha lasciato perplesso: non sto a fare moralismo; esistono
quei problemi tra i preti; i partigiani non erano tutti santi; sono cose
assodate. Ma dopo 700 pagine di diverso tenore, non mi aspettavo questo
trend...una spacconeria che per me fa scadere un libro che aveva le stimmate
del capolavoro.
Pagine scritte benissimo ma che non portano da nessuna parte,
come binari morti. Trama confusionaria e su diversi piani temporali, non si
capisce dove l’autore ci vuole portare, arrivato a metà libro penso che
abbandonerò, comunque buono per addormentarsi.
Dopo un buon incipit, questa ferrovia messicana si
aggroviglia in un minestrone fra postmoderno, surrealismo, atmosfere oniriche,
digressioni, divagazioni, flussi di coscienza vari. Decisamente troppa roba
tutta insieme. C'è qualche bella pagina (derisione dell'ottusità ridicola e
criminogena del nazifascismo e delle sue maschere pazzoidi), ma solo qualche,
dispersa nel guazzabuglio. Gli sperimentalismi di 800 pagine mi vanno a noia.
Approdato, molto faticosamente, a p. 308, decido di avvalermi del diritto del
libero lettore di alzare bandiera bianca. E di passare ad altro.
Libro che non mi ha catturata e nonostante
tutto l'ho terminato ugualmente. Forse non è il mio genere, eppure leggo di
tutto. Cesco Magetti vive avventure surreali spesso al limite del ridicolo. Non
ho capito se l'intento dell'autore era quello di proporre un romanzo satirico
sul fascismo, sulla resistenza??? boh! Alla fine di tutte le storie contenute
in questo romanzo mi è rimasto poco o niente, sebben l'autore sappia scrivere
bene, faccia riferimenti dotti e si destreggi tra le pagine con agilità, ma non
mi basta! Gli esercizi di stile non mi convincono. Sono una voce fuori dal coro:
lo so... tutti gridano al capolavoro, non per me!
Convinto dalle molte, moltissime segnalazioni e
recensioni positive , anche illustri o ritenute tali, affronto la spesa e
l'onere della lettura. Brutta, bruttissima edizione, libro che si legge con
maneggevole difficoltà con le sue ottocento pagine, circa, in un formato
infelice. Ma questo è il minimo, obliabile. Il fatto è, a pare mio, che il
libro è di una tragica noia e ripetitività. Ha pretese elevate:, e come spesso
accade, volendo dite troppo finisce per confondere il lettore e non dire nulla.
Pretende, forse, di disarticolare un mondo e non fa che confondere,
gratuitamente senza scopo alcuno, il lettore che, nel mio caso a p.133, si
sente preso un po', un po' tanto, preso per il naso e decide che il gioco, le
rimanenti settecento, non valgano la candela e spegne direttamente il lume.
Personaggi che si vorrebbe creare come perlustratori in situazioni psichiche
estreme o quasi ma che si trasformano in burattini senza fili., in una
successione di eventi risibili, senza alcuna volontaria ironia. "La vita è
troppo breve e questo libro è troppo lungo" ebbe a scrivere un francese su
di ben altra opera (che io adoro). Ma il commento, in questo caso, si fa
rassegnata condivisione di propositi e di giudizio. Da semplice lettore, sia
chiaro, Altri, auspico per l'autore, molti, vi vedranno il capolavoro. Li
invidio.
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