Nella primavera del 2014 Ibrain, Giuseppe, Renzo ed io, siamo ritornati in Burkina Faso per concordare, con i funzionari del ministero della Sanità e il Vice Ministro della Salute, gli interventi che avremo dovuto ancora realizzare, per completare il Presidio Ospedaliero che già da alcuni anni “L’ARNI”, l’associazione dei Burchinabè che vivono in Italia e l’Associazione “Volo Insieme” di San Mauro Pascoli, stavano costruendo a Niaogho, un villaggio situato nella Provincia di Bolgou, che fa parte della Regione del Centro – Est.
Dopo
due giorni trascorsi nella Capitale Ouagadougou, siamo andati a Niaogho per
informare le autorità locali degli accordi che avevamo preso con i funzionari
ministeriali e per ritrovare gli amici che avevamo conosciuti in un viaggio
precedente.
A
Niaogho avevamo fatto amicizia anche con Moussa, un dinamico giovane ventiquattrenne,
alto un metro e novanta, che parlava bene la lingua italiana e che si era
subito reso disponibile a farci da interprete durante tutto il soggiorno a
Niaogho.
Mussa
parlava bene l’italiano, perché da adolescente era venuto in Italia dove già
risiedeva un suo fratello ed aveva trascorso un periodo in Campania alla
raccolta dei pomodori, poi si era trasferito a Brindisi e successivamente era andato
in Romagna, dove aveva conseguito la qualifica di installatore elettrico in un
istituto professionale di Forlì.
Raggiunta
la maggior età era ritornato a Niaogho.
Nelle
settimane trascorse insieme, la sua presenza era stata fondamentale per noi,
soprattutto perché ci aveva permesso di comunicare e di vivere insieme alla
gente e ci aveva spiegato le loro usanze e i significati dei riti locali. Si era
creata tra noi una amicizia che dura da tempo e che continua tutt’ora con una
collaborazione a distanza.
Moussa
è nato nel 1990 ed è coetaneo della mia terza figlia.
Quando
è deceduto suo padre, infermo da vari anni, mi aveva detto che per lui ero
diventato il suo secondo padre e varie volte mi chiedeva dei consigli ed anche
per me lui era ed è diventato un “figlio d’anima”, come si suol dire in
Sardegna, quando tra un anziano ed un giovane si creano rapporti simili al
nostro.
Da
quando si era ammalato il padre Moussa lavora i terreni della sua famiglia,
dove si producono: legumi, cereali e dove c’è anche una piantagione di alberi
di mango.
Quando
gli viene richiesto di fare qualche impianto elettrico nelle nuove abitazioni,
costruite prevalentemente con le rimesse degli emigrati, alterna
all’agricoltura anche il suo lavoro di elettricista impiantista.
Alcuni
anni fa mi aveva telefonato per chiedermi cosa ne pensassi di un suo eventuale ritorno
in Italia per lavorare ed aveva aggiunto che avrebbe seguito il suggerimento che
gli avrei dato con la mia risposta.
Gli
avevo detto, senza esitazione, di restare a Niaogho, (dove nel frattempo si era
sposato ed erano nati una figlia ed un figlio) perché lui era una “risorsa” per
il suo villaggio.
Gli
avevo anche spiegato quale fosse realmente la situazione in Italia, molto
diversa dagli anni di quando c’era lui, per nulla favorevole ai nuovi arrivi.
Mi
aveva ringraziato ed aveva aggiunto che
anche altre persone gli avevano detto le medesime cose.
Nei
giorni successivi mi aveva espresso il desiderio di iniziare un allevamento di
pecore, dato che avrebbe potuto destinare una parte dei terreni a foraggera e a
pascolo.
Gli
avevo risposto che sarei stato felice di contribuire alla sua iniziativa e che
ero convinto che sarebbe riuscito a realizzare il suo proposito.
Attualmente
ha un piccolo gregge di pecore ed alcune vacche e continua con determinazione
il suo lavoro di allevatore-agricoltore alternandolo, all’occorrenza, con
quello di elettricista.
Collabora
con lui anche suo cugino Calù, un altro amico che avevo conosciuto a Niaogho.
Calù
è anche un musicista, suona uno strumento a due corde simile al mandolino
napoletano.
Moussa
quattro anni fa è diventato nuovamente padre di un’altra bambina e quest’anno anche
di un altro bambino.
La
scorsa Primavera Mussa e Calù hanno proposto ad altri loro amici agricoltori-allevatori,
con i quali si aiutano reciprocamente durante la raccolta dei prodotti, di
unirsi in un’associazione per collaborare insieme e hanno avuto molte adesioni.
All’inizio
dell’estate, in una delle nostre telefonate Moussa mi informava che molti
giovani di Niaogho, compresi quelli che avevano aderito all’associazione,
stavano vendendo il bestiame e indebitavano le loro famiglie per pagarsi il
viaggio per andare in Italia, partendo dalla Tunisia.
Mi
aveva anche detto che alcuni erano già partiti e che c’erano stati dei morti,
durante la traversata.
Io
l’avevo informato che in Italia la situazione era ulteriormente peggiorata e
che alcuni componenti dell’attuale governo, avevano addirittura proposto un
blocco navale per impedire le partenze dalla Libia e dalla Tunisia.
Ho
fatto tutta questa lunga premessa, per rendere più comprensibile il dialogo,
intercorso con dei messaggi sonori alcuni giorni fatra Moussa e me e che adesso
riporto nelle righe che seguono:
Gavino (domanda) – Come ti spiegavo ieri pomeriggio, quando mi hai
detto che i tuoi amici continuano a partire, la situazione in Italia è sempre
più problematica, a Lampedusa sbarcano quotidianamente centinaia e centinaia di
creature e purtroppo arrivano anche notizie tragiche, riferite a naufragi con
vari morti annegati. Molti arrivano stremati dal viaggio e recentemente una neonata
e un neonato sono morti subito dopo il parto avvenuto durante la traversata.
Quando
alcuni mesi fa mi avevi detto che anche da Niaogho parecchi tuoi amici erano
partiti verso la Tunisia per poi imbarcarsi per l’Italia e che altri tuoi
conoscenti stavano vendendo il bestiame per potersi pagare il viaggio, io ti
avevo spiegato quale era ed è la situazione in Italia e non quella illusoria che
invogliava i tuoi amici a partire.
Ti
avevo anche chiesto di dissuaderli e di spiegare che non c’era solamente il
pericolo di morire durante il viaggio, ma che, una volta giunti in Italia,
avrebbero trovato una situazione tutt’altro che favorevole.
Hai
notizie dei tuoi amici? Sai qualcosa di come stanno e dove sono ora?
Hanno
ascoltato quello che dicevi o continuano a farsi ingannare e partono
ugualmente?
Moussa – (risposta) – Dal nostro villaggio ne sono già andati via parecchi e
solamente nel quartiere dove abito non ci sono più i giovani che conoscevo e ho
calcolato che almeno in cinquecento sono partiti per la Tunisia e da quanto ne
so, più di quaranta sono arrivati in Italia, alcuni di loro hanno detto che
erano feriti ed ora le loro famiglie sono molto preoccupate.
Di
un mio amico che si chiama Dauda, la cui madre è molto amica della mia, non si
sa più nulla ed anche di altri due ragazzi non si hanno più notizie già da
parecchio tempo. Di un altro gruppo di giovani, partiti insieme per la Tunisia,
si sa che alcuni sono arrivati in Italia, altri invece sono ancora in Tunisia
per cercare di imbarcarsi ed ogni tanto chiamano a casa per chiedere dei soldi
per poter restare in quei luoghi.
Ce
ne sono altri che sono là da quattro o cinque mesi e non hanno ancora ricevuto
il denaro per pagarsi la traversata.
Ti
posso dire con certezza che dal nostro villaggio se ne sono andati più di
duemila giovani. Anche quasi tutti quelli che avevano aderito all’idea di
costituire l’associazione per lavorare insieme se ne sono andati. Di quel
gruppo siamo rimasti solamente Calù, io ed un altro ragazzo che sei mesi fa è
rientrato dall’Algeria.
Quando
era in Algeria una pattuglia di agenti di polizia lo aveva fermato e mandato
via, si era fatto male ad una gamba ed era rientrato a Niaogho ed ora lavora
con noi nell’allevamento.
Credimi
è la verità quella che ti dico e sta accadendo proprio tutto questo nel nostro
villaggio!
Qui da noi c’è un animaletto che
in dialetto bissa noi chiamiamo: “sisi” e
questo insetto ogni volta che vede una luce le si getta contro, anche se è
quella del fuoco.
Quando
parlo con i ragazzi per spiegar loro le ragioni per non partire e vedo che non
le vogliono capire, io dico che noi siamo come i “sisi”, perché andiamo a morire da soli.
Devo
anche dirti che quelli che erano arrivati in Italia avevano subito chiamato i
loro famigliari per rassicurarli che stavano bene e ormai sono trascorsi
quattro o cinque mesi e non si sono più fatti sentire e questo, a mio avviso,
significa che non si trovano un una buona situazione, perché altrimenti non
avrebbero fatto trascorrere tutto questo tempo senza avere e dare notizie alle
loro famiglie.
Io
cerco di dissuadere quelli che sono rimasti, però sono pochi quelli che mi
ascoltano, ed anche adesso che sono diminuite le partenze, ci sono alcuni che
vogliono andare via, io dico loro di parlare anche con i genitori e i parenti
di quelli che sono partiti e chiedere come stanno i loro figli, se hanno
telefonato per far sapere se stanno lavorando.
Proprio
l’altro ieri, dopo che ci eravamo sentiti è arrivato un ragazzo di ritorno
dalla Tunisia e quando è sceso dalla vettura che lo ha riportato a casa, ho
notato che era ferito ad un ginocchio.
Lui
era andato in Tunisia per tentare la traversata ma è stato scacciato.
Ho
cercato di dargli una mano e l’ho accompagnato alla sua casa e poi gli ho detto
che sarei passato più tardi a trovarlo.
Quando
ieri insieme a Calù siamo andati a fargli visita, sua madre non ci ha fatto
entrare in casa e ci ha detto che suo figlio non stava bene e di ritornare
un’altra volta.
Ti
avevo raccontato anche di quei due ragazzi che erano annegati e noi avevamo
partecipato alla veglia funebre.
Avevo
anche parlato di Dauda e di quei due ragazzi dei quali non si hanno più notizie
e si pensa che non siano arrivati in Italia, perché se fossero arrivati
avrebbero subito informato le loro famiglie.
Io
comunque cercherò sempre di convincere quelli che sono rimasti a non partire.
Sono
convinto che anche restando qua si possa realizzare qualcosa se ci si mette un
po’ di convinzione.
E’
anche vero che da noi purtroppo c’è anche il problema del terrorismo, che un
tempo non c’era ed anche se nella nostra Provincia i terroristi non sono
arrivati perché loro sono al nord del Paese, a Niaogho sono già giunti parecchi
profughi, costretti ad andare via a causa dei terroristi.
Solamente
alcuni giorni fa ne sono arrivati altri trentacinque e tra queste persone
c’erano solamente due anziani e due giovani e il resto erano donne e bambini,
sono fuggiti dal loro villaggio perché i terroristi hanno ucciso i loro
famigliari.
Nella
nostra zona fortunatamente non c’è questo problema che costringe i nostri
giovani ad andarsene.
Devo
anche dirti che quando un mio amico è partito io ho pianto, perché mi era dispiaciuto
che se ne fosse andato.
Lui
era più avanti di me nell’allevamento del bestiame, aveva otto vacche ed oltre
cento pecore ed ora alla sua famiglia sono rimaste solamente sette pecore.
Le
sette pecore le accudisce sua moglie insieme ad un bambino piccolo, le mucche e
le altre pecore le ha vendute per andare in Italia.
Fino
ad ora ha chiamato una sola volta sua moglie per dirle che era arrivato in
Italia e sono passati già tre mesi e non si è più fatto sentire, ma ti tendi
conto!
Adesso
non hanno più nulla! Sono rimaste solamente le sette pecore che sua moglie accudisce
con difficoltà, perché non ha un figlio grande che possa darle una mano.
Io
lo avevo quasi pregato suo marito di non vendere tutto il bestiame e di non
credere che in Italia avrebbe trovato il Paradiso.
Gli
avevo detto:” Tu lo sai che io sono già stato in Italia, però non mi è andata
bene. Non voglio augurarti che ti vada male, ma non ti conviene andare via”.
Quando
gli ho parlato così, lui se l’è presa e non ha voluto più comunicare con me
perché non gli davo coraggio”.
Un
giorno, mentre ero al mercato del bestiame ho visto le sue mucche, aveva
incaricato qualcuno per venderle.
Ora
che lui è in Italia ogni tanto sua moglie viene a parlare con me per chiedere
delle informazioni che io non posso darle perché non so niente.
Le
dico che se lui non le telefona è perché telefonare dall’Italia costa almeno
cinque euro, che sono oltre tremila franchi e se non lavora non può permettersi
di telefonare.
Lei
mi dice che è molto dispiaciuta e che è già passato molo tempo da quando suo
marito era arrivato e avrebbe già dovuto lavorare. Mi dice anche che a loro non
sono rimaste molte risorse.
Ti
ripeto, a me dispiace tutto questo ed io spero che lui si faccia sentire, per
farci sapere come sta ed anche perché vorrei chiedergli se ha capito che quello
che gli avevo detto corrisponde a verità.
Gavino (domanda) – Vorrei chiederti anche cosa si aspettano dall’Italia
quelli che sono partiti e quelli che vogliono partire e cosa dicono quelli che
già da molto tempo si sono stabiliti e lavorano in Italia e perché, sapendo
come è la situazione qui da noi, non hanno dissuaso i loro amici o parenti a
partire?
Moussa (risposta) – I loro parenti che vivono in Italia, quando durante
le ferie ritornano a Niaogho, parlano sempre molto bene di come è la vita in
Italia.
Le
case nuove di Niaogho sono quasi tutte di gente che lavora all’estero ed anche
le poche vetture che circolano nel villaggio o sono di funzionari che lavorano
per il Governo o sono degli immigrati.
Non
è perché io sono stato a lungo in Italia, devo consigliare agli altri di
partire ed anche se non fossi stato in Italia io non ragionerei in questo modo.
Ti
ho raccontato del mio amico che è ritornato dalla Tunisia con la gamba ferita e
con il quale non sono ancora riuscito a parlare per sapere di come è stata la
sua esperienza, però ti posso dire che in Tunisia ci sono più o meno delle
“carceri”, costituite da muraglioni dove i Tunisini rinchiudono i nostri amici
e poi li obbligano a telefonare alle proprie famiglie per farsi inviare dei
soldi.
Di
fatto li sequestrano e questo lo hanno fatto con tante persone che conosco.
Giorni
fa, mentre facevamo la preghiera, è venuta alla moschea una signora per
chiedere aiuto perché ha venduto tutto quello che aveva e ha detto che suo
figlio ha fatto molti tentativi per andare in Italia e varie volte i Tunisini
lo prendevano e lo rimandavano indietro. Ha detto che quelli che vengono
respinti li riportano fino al deserto del Sahara, li picchiano fino a ferirli e
poi li lasciano nella sabbia, a volte senza acqua e loro sono costretti a
camminare per giorni per arrivare all’insediamento più vicino.
Molte
volte vengono salvati dai passanti e qualcuno ha raccontato di aver visto per
strada anche dei cadaveri.
Qui
a Niaogho, tra gli esuli a causa dei terroristi ce un signore con il quale sono
diventato amico e mi ha detto che, prima che arrivassero i terroristi, non
sarebbero mai andati via dai loro villaggi come adesso fanno i ragazzi di
Niaogho
Finalmente
poco fa sono riuscito a parlare con quel ragazzo ferito al ginocchio e adesso
sta un po’ meglio, utilizza le stampelle per camminare ed è venuto alla moschea
insieme a noi.
Riguardo
a Dauda ed un altro ragazzo, abbiamo avuto la notizia che sono in un ospedale
dell’isola di Malta, mentre del terzo ragazzo non sappiamo ancora nulla.
Quello
che è in ospedale con Dauda ha un fratello che vive a Brindisi e questo, quando
ha saputo che suo fratello era introvabile, ha fatto divulgare una sua
fotografia e da questa è stato possibile rintracciarlo.
Hanno
così rintracciato anche Dauda e lo hanno visto in ospedale tutto bendato ed in
cattive condizioni, però nonostante queste ultime notizie ci sono ancora alcuni
che vorrebbero partire, è veramente difficile la situazione da noi!
Adesso
che molti uomini se ne sono andati, sono rimaste solamente le donne con i loro
bambini a dover fare la raccolta dei prodotti dei loro campi e accade che molte
di loro, al termine della nostra giornata di lavoro, vengano a chiederci se
possiamo andare a dare una mano quando sarà il momento di raccogliere le
arachidi.
Sono
sicuro che quest’anno una parte dei prodotti non verranno raccolti e rimarranno
nella terra, perché quelli che li hanno seminati se ne sono andati via e non ce
nessuno che possa raccoglierli al loro posto.
Sia
mia moglie che io stiamo facendo di tutto per aiutare una signora che vive
vicino al nostro terreno, ma non è semplice per noi. Lei ha cinque bambini
ancora piccoli ed anche suo marito se ne è andato è lei rimasta a accudire le
pecore. Come famiglia condividiamo con lei il nostro cibo e ho aggregato le sue
quattro pecore al nostro gregge e le sto portando al pascolo. Faccio questo per
solidarietà e sia mia moglie che io cerchiamo di aiutare anche altre donne
rimaste sole.
Adesso
sono preoccupato perché siamo anche al termine della stagione delle piogge e
quando non pioverà più la terra si seccherà e se le colture non verranno
raccolte marciranno nei terreni.
Noi
abbiamo già iniziato a raccogliere il mais un po’ alla volta, perché matura
prima e ci aiutiamo tra di noi, quando però matureranno contemporaneamente il
miglio, le arachidi ed altri prodotti, allora sarà difficile anche per noi
riuscire a raccoglierli.
Penso
a tutte le difficoltà che avranno queste donne, perché se i loro mariti
dovranno rimanere altro tempo in Italia, in attesa del permesso di soggiorno e
senza poter lavorare, per poter inviare qualcosa alle proprie famiglie, sarà
veramente difficile per loro tirare avanti.
Penso
anche a quando si ammalerà qualche bambino perché qui le medicine si pagano e
se non ci sono i soldi per acquistarle, sarà veramente un problema grave.
In
questi periodi sono parecchi i bambini che si ammalano e senza i loro padri che
portavano i soldi per pagarle, come faranno adesso le loro mamme!
Tra
di noi, rimasti, abbiamo discusso di tutti questi problemi, ma non sappiamo
trovare una soluzione, perché, noi africani molte volte pensiamo solo
all’immediato e quando ci viene una cosa in testa agiamo d’impeto, senza
pensare alle conseguenze e pensiamo che ci possa andare bene tutto, invece
molte volte ci pentiamo dopo averla fatta.
Gavino (domanda) – Moussa, vorrei farti ancora un’altra domanda, ma
non so se mi potrai dare una risposta e se tu ne sai qualcosa.
Ho
sentito dire, in un filmato, che anche i Francesi sono implicati e d’accordo
con i terroristi per scacciare le popolazioni dai loro territori, tu hai
sentito qualcosa a riguardo?
Moussa (risposta) – Riguardo il terrorismo, come ti ho già detto, anche
pochi giorni fa sono arrivate trentacinque persone, costrette ad abbandonare il
proprio villaggio a causa dei terroristi. Un tempo in Burkina Faso non c’era il
terrorismo e ne sentivamo parlare solamente attraverso i telegiornali. Gli atti
terroristici avvenivano nel Sahara, lontano da noi, però adesso si sta
avvicinando sempre più.
Le
persone che sono arrivate vengono ospitate vicino a casa nostra e tutto il
villaggio li aiuta e la gente della chiesa ha portato loro il miglio e il mais
ed anche noi, vicini, condividiamo con loro quello che possiamo donare.
Quel
ragazzo con il quale ho fatto amicizia, mi ha detto che quando i terroristi
arrivavano nei loro villaggi, in un primo momento costringevano quelli che non
erano Mussulmani a cambiare religione e a diventare Mussulmani, successivamente
arrivavano e senza più parlare incominciavano ad uccidere le persone, compresi
i bambini.
Riguardo
i sospetti della complicità dei Francesi, credo che sia vero perché mi ricordo
che nel mese di febbraio o marzo di questo anno è transitata nel territorio di
Niaogho una colonna militare francese, lunga quattro o cinque chilometri,
proveniente dal Togo e diretta verso il Niger. Noi, in quella occasione siamo
scesi tutti in strada per cercare di impedire questo transito, perché erano
tutti mezzi da guerra e qui non c’era la guerra ed allora cosa venivano a fare?
Quando
questa colonna è arrivata in Mali è stata bloccata anche lì.
Per
quanto riguarda i terroristi, alcuni di loro hanno dichiarato, attraverso i
social, che loro erano neo militari e venivano trattati bene perché i Francesi
li finanziavano e li fornivano le armi.
Quando
il nostro Presidente ha iniziato a reclutare dei nuovi volontari per difendere
il Burkina Faso, i terroristi hanno detto ai volontari di non arruolarsi e
hanno intimato che se in qualche villaggio avessero visto gente armata, loro
avrebbero ammazzato tutta la popolazione.
Ho
sentito dire alla TV che dopo uno scontro tra i terroristi e i militari
burkinabè, siano state trovate addosso a dei cadaveri delle carte di identità
francesi.
Adesso
anche i canali TV e i programmi francesi sono stati oscurati dalla nostra
televisione e i tecnici francesi sono stati allontanati.
Nel
pomeriggio ho incontrato un anziano rifugiato che mi ha informato che anche sua
figlia ed il suocero di lei, stanno arrivando a Niaogho.
Mi
ha detto che loro hanno tentato di resistere, però è stato impossibile restare perché
i terroristi ammazzano tutti: uomini, donne, bambini e animali.
E’
veramente brutta questa situazione!
Sto
cercando se ci sia la possibilità di coltivare insieme a loro alcuni dei nostri
terreni, perchè ho la sensazione che quest’anno ci sarà la fame a Niaogho…
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