Ogni mattina arrivo alle otto nella scuola dove insegno e al cancello mi lascio alle spalle la mia vita `borghese`: qui devo essere pronto ad ascoltare altre storie, devo abbandonare ogni pregiudizio e cercare di trasformare tutto quello che so e che sono in un aiuto reale per tanti ragazzi difficili. Se è vero che esiste una nuova generazione stanca di stare a guardare, di subire le ingiustizie e i ceffoni della società adulta, di trascinare una vita alle quale hanno ostruito tutti gli sbocchi, è altrettanto vero che c'è un mondo giovanile rinchiuso nelle periferie italiane che ignora le manifestazioni studentesche contro la Gemini o contro la precarietà perenne, un mondo che rotola sopra altri terreni, sassosi, bruciati, dimenticati da Dio e dai mezzi di informazione.
Bisogna gioire per la nuova consapevolezza degli studenti dei licei e delle università, ma bisogna anche preoccuparsi seriamente per il degrado esistenziale dei ragazzi che ruotano lontani dal centro del discorso, fuori dal cerchio dei riflettori. Insomma, pochi giorni fa parlavo con una mia allieva della seconda, sedici anni ad aprile. E' una ragazza sicuramente sveglia, il padre è un musicista, in casa ha respirato cultura. Da un paesetto della provincia, dove tutto è più tranquillo, la famiglia si è trasferita a Roma, in uno dei quartieroni cementati nel nulla, a ridosso del Raccordo Anulare. Così Serena, la mia allieva, ha trovato nuovi amici e un fidanzatino, un diciottenne `tanto buono e bravo`. In comitiva, mi racconta Serena, sono venticinque, maschi per la stragrande maggioranza. Si vedono ogni sera in una piazzetta qualsiasi, si sistemano su quattro panchine, consumano il tempo scherzando e ridendo. Fin qui tutto bene, o almeno niente di male.
`Ma che fanno questi ragazzi – domando ingenuamente. – Studiano?`. Serena sorride: `No, per carità, hanno tutti mollato la scuola da parecchio.` E allora io: `Dunque lavorano, giusto?`. Serena scuote la testa tinta di biondo: `No, non lavora quasi nessuno. Chi prende a lavorare un sedicenne o un diciassettenne che non sa fare niente?` Morale: `Su venticinque ragazzi, venti spacciano`. Può sembrare una percentuale esagerata, un numero buttato lì per far paura, e invece è proprio così. E io insisto: `Ma se tutti spacciano, chi compra?` e scopro che il mercato è complesso, che non tutti vendono la stessa merce.
C'è chi `spinge er fumo` e chi piazza la coca, chi ha l'erba e chi le pasticche, come in un centro commerciale della droga. L'offerta è diversificata e ognuno fa i suoi sporchi soldini. `Ma è pazzesco – m'indigno. – Mica sarà così ovunque, sarà che sei capitata nel giro peggiore, Serena, e devi tirartene fuori in fretta, prima che sia troppo tardi.` Serena non è una sciagurata, anzi ha una lucidità e una vivacità notevoli, però è figlia del nostro tempo ammaccato. `E' così ovunque, professò. In periferia tutti i ragazzi spacciano e si fanno. Nessuno s'aspetta niente di meglio.`
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