Siate più lieti, leggermente più disinteressati, sorridete! Spero che concorrano alla vostra gioia le scritture più sconclusionate, anche nella situazione più insostenibile la certezza e la resistenza sono ancora possibili. Per un pubblico numeroso è necessario il ripetuto, la verità trafitta in pieno dalla poesia, il «tu» dedicato a tutti senza discriminazione alcuna. Vivere e morire senza accorgerci di niente, correndo come matti dietro improbabili onorificenze letterarie, inseguendo addetti regionali alla varie culture. Avessero ammazzato gli ebrei con l'idea di mangiarseli avrebbero pensato prima a ingrassarli, scrivo dunque un elogio al cannibalismo. Beati quelli che vivranno dopo di me. È così che capisci di andartene, gli sguardi dei tuoi cari si abbassano, le parole stentano ad esser pronunciate, i figli ammutoliscono. Divorato dalla febbre preparo la valigia per andare in ospedale. Le mani indugiano sulla cerniera, la paura è la stessa di quel giorno di maggio del 1957. Allora vi disponevo con cura i miei libri, con gli angoli delle pagine tutti arricciati; adesso i calzini, le mutande, i pigiami, perfettamente stirati e ricamati. Chiudo tutte le finestre, ripongo nella custodia la macchina da scrivere, ritorno tranquillamente nel niente da dove sono venuto. Nei miei versi è la mia resurrezione.
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