martedì 12 novembre 2013

Alitis, il viandante - Vinicio Capossela

Il tempo del sacro è il tempo dell’inizio, quello che venne dopo il caos dell’inizio. E ogni volta che l’uomo celebra riti e feste, si affaccia il tempo del sacro, che è un tempo che sa di eterno, perché è il tempo che viene prima del tempo. E quindi si torna in qualche modo all’inizio, si rifà da capo.
Viandante, non c’è cammino, si fa cammino camminando. 
Viandante, non c’è cammino, si fa cammino nel camminare. 
La pietra, quel che resta dell’uomo è inciso nella pietra, lapidi, costruzioni. 
La pietra soltanto conserva la memoria.
Forse è per questo che i greci chiamano mnemi la memoria e mnimio la tomba.
Forse è per questo che i greci mettono così in relazione la parola memoria con la parola tomba, lapide.
Siamo cenere, e la pietra dura più della cenere, forse per questo l’uomo erige templi di pietra, perché durino più della sua cenere, incide la memoria nella pietra, mnemi-mnimio, memoria-tomba.
Quale tristezza deve raccogliere Odisseo nel percorrere questi mari neri, quale senso di clandestinità nell’affacciarsi alle pietre di altre città. La clandestinità delle donne.
Al viandante appaiono i segni, il sacro si manifesta nei segni, ogni segno è sacro se noi lo rendiamo sacro, se sacralizziamo il posto che diventa le fondamenta del mondo.
È per questo che ai viandanti il sacro si manifestava in piante, pietre, ogni segno è l’apparizione di un fato.
Con questo strumento cerco il sacro dove si è nascosto, cerco la ierofania del sacro, la sua apparizione, in ogni pianta, in sassi, insetti, segni del cielo e della terra. È il bastone che mi conduce. Nel suo cocco risuonano le voci degli antichi, le voci degli spettri, dei fantasmi, delle musiche.

Gli dei muoiono come gli uomini, muoiono nell’idea degli uomini.
Ecco il tempio eretto per un dio che è morto.
Altri dei, altre deità si erigono e muoiono, con gli uomini, tutti li inghiotte la terra, mentre muore gridando. Resta solo il nostro lamento di cicale, il nostro canto di cicale.
Il nostro lamento, il nostro canto di cicale è tanto più intenso quanto breve nella stagione più infuocata.
E la terra si rinnova morendo. 
Questa grande necrosi che è la vita.
Le terre inutili, inutili per l’uomo, come se tutto fosse inutilità, quello che è inutile all’uomo è divino, queste quattro sterpi sono utili alle api, ai grilli, alle cicale, tutto un mondo che li abita, che li mangia...

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