martedì 26 novembre 2013

Sette modi di ammazzare un gatto - Matías Néspolo

un ottimo esordio, una storia di periferia, lontano dal centro.
ambientato in un periodo di crisi, ma in quei bassifondi la crisi e la miseria sono condizioni permanenti, l'unica legge è quella del più forte e non se ne vede la fine.
il Gringo vive da una vecchietta, Mamita, che lo accudisce come un figlio, ma la sua vita è la strada e un amico, il Chueco, che è più di una cattiva compagnia.
il Gringo diventa "amico" di Ismaele, quando gli capita per le mani "Moby Dick", che legge un po' come un romanzo, un po' come se fosse "I Ching", cercando una qualche ispirazione; ha anche una cotta per una ragazza, che purtroppo non sarà la sua amante.
un libro abbastanza crudo e crudele, ma merita certamente di essere letto - franz


Nel barrio prevale la legge del più forte, non esistono legge, cultura o etica. La violenza è quotidiana e colpisce soprattutto le donne e i più giovani. Per sopravvivere non rimane che darsi alla delinquenza a costo di infrangere una delle regole non scritte del barrio, che consiste nel non creare guai nel proprio quartiere.
Il Chueco riesce a impossessarsi di una pistola e cercherà un’impossibile carriera nella malavita, il Gringo invece, di indole un po’meno violenta, tenterà di salvarsi e di uscire da quell’ambiente degradato e degradante. La sorte gli farà avere e leggere un grande romanzo, “Moby Dick”, nel quale troverà a volte conforto e consigli.
“Io leggo. Sconfiggo il sonno e combatto la paura. Col libro della balena schivo l’angoscia come posso, ma più di tanto Ismaele non mi aiuta” (p.116).
Talvolta non capirà i contenuti o le digressioni, ma comunque il libro gli sarà compagno nelle sue disavventure e nelle esperienze dolorose, che non mancheranno. Incontrerà anche una ragazza cui voler bene, pure lei vittima di eventi che la sovrastano e contro cui nulla potrà.
Romanzo duro e rapido – tutti  i fatti sono concentrati nell’arco di una settimana, che sembra dilatata per la densità degli eventi – “Sette modi di ammazzare un gatto” scoperchia uno scenario terribile e violento, disumano, tipico di ogni periferia degradata in qualsiasi parte del mondo. La galleria dei personaggi è varia, vi sono vittime e carnefici, individui animaleschi e privi di qualsiasi compassione e poveri privi del necessario e derubati anche dei diritti elementari. Per molti di loro non vi sono vie d’uscita, subiscono atroci violenze oppure soccombono.
Sembra che tutto il dolore e il male del mondo si siano concentrati nel barrio e lo punteggino di sinistri fuochi e spari assordanti. La speranza, per il Gringo, s’intravede, ma non è una certezza, è solo una possibilità, un barlume in un mondo di violenza e solitudine…

«I lavoretti si fanno fuori». Dunque il barrio è (e forse sarà sempre) un altro mondo, con le sue regole?
«La povertà estrema, l’emarginazione, il delitto sono un altro mondo, il lato oscuro della Luna. Una diversità così temuta che conviene non vederla e non darle voce. Soprattutto l’America latina di favelas e baracche. Ma anche questo mondo ha le sue regole. E’ interessante vedere come i grandi cambiamenti sociali possono rompere o modificare questi codici»…
Il suo libro può ricordare «Capitani della spiaggia» di Jorge Amado. Lei lo ha letto? Per noi italiani furono romanzi e film di Pier Paolo Pasolini a raccontarci le periferie: lei lo conosce?
«Molti critici hanno segnalato l’influenza di Pasolini, soprattutto “Ragazzi di vita” che però non ho letto e neppure conosco il romanzo di Amado. Sinceramente io di Pasolini ricordo “Teorema” che mi impressionò. Mi ha influenzato “Il giocattolo rabbioso” di Roberto Arlt ma devo molto anche a Rodolfo Walsh, Antonio Di Benedetto e Haroldo Conti».

Il tuo libro ha un ritmo serrato e cinematografico, e sembra già pronto per saltare dalla carta alla pellicola. Hai avuto qualche proposta in tal senso?
Credo che mi abbia influenzato il cosiddetto "nuovo cinema argentino" degli anni '90, che ha osato raccontare storie difficili in maniera aspra e senza fronzoli. Confesso che mentre scrivevo il libro lo vedevo in immagini, come se descrivessi scene di un film che si proiettava dentro la mia testa. No, per il momento non ho avuto offerte per l’adattamento cinematografico, ma mi piacerebbe molto e sono pronto e disponibile a questo tipo di esperienza.
Se ne avessi la possibilità, a quale regista affideresti la tua creatura? E quali attori vedresti nelle parti dei due protagonisti? E chi per Janina, il Gordo, El Jetitia?
Potendo scegliere, mi piacerebbe che dirigesse il film Pablo Trapero, un giovane regista che ammiro. E per quanto riguarda gli attori, non mi azzardo a fare il casting; vedrei bene comunque attori non professionisti, più vicini nella vita reale ai personaggi del romanzo. Un'esperienza del genere è stata fatta nel cinema argentino degli anni '90, con risultati molto buoni…

Nessun commento:

Posta un commento