lunedì 11 novembre 2013

Dino Frisullo in una canzone di Alessio Lega

…ci mancano militanti come Dino, capaci di percorrere prima degli altri sentieri inesplorati e illuminando come lampade il percorso collettivo. Sentieri dove Dino incontrava uomini e donne assetati di libertà, di giustizia, di uguaglianza come lui. Uomini e donne in cerca dell'umanità perduta. Migranti, senza patria, kurdi, palestinesi, gli ultimi e gli emarginati del mondo erano i suoi fratelli e le sue sorelle, erano la sua Patria. In tempi in cui a sinistra si è stati capaci di scrivere pagine nere e nauseanti fatte di proclami a vuoto, carrierismo, abiure, tradimenti, Dino si è caricato sulle spalle la Storia più nobile dei comunisti, dei libertari autentici, dei pacifisti, degli anarchici e delle lotte più vere. Don Lorenzo Milani disse che il mondo si divideva in "diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro" e che "Gli uni son la mia Patria, gli altri miei stranieri". Dino non si è accontentato di proclamare questa frase, di declamare slogan come molti mandarini da salotto. Dino ne ha fatto la sua vita, scrivendo versi vibranti e appassionati con la poesia di tutto se stesso. In anni in cui molti a malapena si accorgevano dell'esistenza anche in Italia dei migranti, non si accontentò di una pelosa carità o di assistenzialismo buonista. No, lui lavorò, operò, militò, si organizzò con i migranti, insieme a loro, li fece essi stessi protagonisti del proprio destino, della lotta per i propri diritti. L'esistenza di Dino fu una folle corsa mozzafiato sulle strade della Vita, senza mai fermarsi fin quando anche un solo migrante aveva bisogno di sostegno e di battersi per i propri diritti. Ed era da loro conosciuto. E loro lo riconoscevano come un loro compagno, come uno di loro. Nei luoghi impervi del Kurdistan, in città e strade che l'Italia non sa neanche che esistono, Dino era stato, era conosciuto ed era amato. Giunsero nei porti italiani due carrette del mare, stracariche di migranti. Sui fianchi della nave, storpiato, c'era un nome: era il suo. Conoscevano solo lui, e issarono il suo nome come vessillo di umanità, forse convinti che sarebbe bastato il nome di Dino per trovare in Italia accoglienza e umana solidarietà…

…La sua propensione a “guardare il mondo, anche il nostro, con gli occhi degli altri” – per citare una frase sua – era il frutto, razionale ma anche emotivo e sentimentale, di un impegno che non aveva espunto l’empatia e la pietas, e che si nutriva di rigore morale, conoscenza, lungimiranza politica: impegno intransigente fino all’ostinazione, totalizzante e generoso fino al sacrificio di sé. Una delle lezioni che Dino ci ha lasciato è che per comprendere il “fenomeno” dell’immigrazione e degli esodi contemporanei, il “problema” dei rom o dei rifugiati, le “questioni” curda o palestinese, e per andare al di là delle visioni convenzionali, occorre dapprima abbandonare lo sguardo che esteriorizza e oggettivizza, e cercare di assumere lo sguardo del migrante, del rom, del rifugiato, del curdo, del palestinese. Insomma, per fare politica bisogna fare inchiesta; e per fare inchiesta occorre condividere “anche solo per un attimo, una parte delle loro vite”, e così conferire senso e valore alle loro piccole storie in cui è racchiuso il senso della grande storia…
da qui



Frizullo (Alessio Lega)
Che cosa brilla ancora dal fondo senza ritorno?

La notte color del vino vomitò ancora una nave
Carica di kurdi, una nave carretta (come si dice) dal mare
Una nave disperata, della solita disperazione
Salpata dalla Turchia rotta contro l’illusione
Sulla fiancata scavata, graffiata una scritta misteriosa
“Frizullo” diceva: un nome, un monito, qualcosa…
Cosa vorrà mai dire, un dio? Un tribuno? Un’accusa?
Sul fianco di quella nave una ragione? Una scusa? 

Che cosa ancora brilla dal fondo senza ritorno
Che cosa ci tiene in piedi, che cosa ci tiene a giro
Increspato di schiuma c’è chi tenta un respiro
Sentinella nella sentina da ché parte arriva giorno 

“Frizullo” non è una parola della lingua proibita
Una formula magica, una sfida agguerrita
“Frizullo” è un nome storpiato, precisamente un cognome
Sta per “Dino Frisullo”, come dire, attenzione!
Noi siamo i suoi amici, i fratelli, i suoi protetti, i suoi figli
Siamo quelli di Frisullo, deponete gli artigli
E fateci passare, alla faccia dell’assassino
È una lotta per la vita, ci dà una mano Dino 

Sentinella, pallida e assorta nel mezzo del fumo grigio
C’è qualcosa che cuce i sensi che telefona e sfida
Però se tendi l’orecchio qui tutto quanto grida
E ride mentre tu dormi la morte nel pomeriggio 

Dino Frisullo fu un militante d’avanguardia operaia
Poi finì il 68, si archiviò la battaglia
Contrordine compagni, non si cambia più il mondo
Cambiatevi pure d’abito e restate sul fondo.
Ma Dino Frisullo in fondo inciampò nella coscienza
Come una bomba innescata, futuro di resistenza
E fondò e fuse e diffuse più d’una associazione
Lo scopo? Salvare il mondo, pensa che ostinazione… 

Sentinella questa casa fa acqua s’è diroccata
I tappeti marciscono e tutto mi sembra idiota
C’è musica in ogni bar, ma non si muove una nota
L’annunciatrice annuncia i programmi della serata… 

Dino Frisullo era dietro tutti i migranti, sempre presente
Fu arrestato in Turchia, condannato, innocente
Di quell’innocenza aggressiva, che non è una consolazione
E quando fu liberato tornò in trincea col suo nome
Che perciò i kurdi se lo scrivevano sul fianco di quel barcone
“Frizullo” “Firosillo”, insomma grande protezione
E mentre un tumore se lo portava in un lampo
Aveva l’aria scocciata come per un contrattempo 

C’è ancora una nave a Brindisi che il nero non inghiotte
Che il buio non s’è mangiata, col suo passo sicuro
Da lì qualcuno fissa i suoi occhi nello scuro
Sentinella, sentinella a che punto resta la notte. 
Sentinella tu dimmi a che punto è stanotte.
da qui

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