non parlava, ma c'era.
ad Amatrice è rimasto in piedi un palazzo rosso di 5 piani, che non parla, ma dice moltissimo.
e basterebbe a mettere in galera costruttori, ingegneri, direttori dei lavori e controllori pubblici che hanno avuto a che fare con l'edilizia del paese negli ultimi 60 anni.
Terremoto Amatrice, una casa è rimasta in piedi, quella alta cinque
piani, tutta rossa, a metà di corso Umberto, la main street di Amatrice. Un
palazzo per anni contestato e detestato da molti in paese, qualcuno ha
anche pensato di demolirlo. Ora, scrive Massimo Cavoli sul Messaggero, è
diventata un simbolo. Amatrice ce la può fare a rinascere. Basta, aggiungiamo,
fare le cose bene come fecero quei modesti ma onesti e prudenti muratori che
negli anni ’50 innalzarono quella casa.
Quell’edificio di cinque piani, scrive Massimo Cavoli, “dal colore
rossiccio e con le facciate realizzate a cortina”, era in aperto
contrasto con l’immagine di Amatrice, circondato com’era da ruspe e
squadre di soccorritori.Almeno in apparenza non ha subito danni. La filiale della
banca Intesa SanPaolo (ex Cassa di Risparmio di Rieti), che occupa il piano
terra, ha aperto regolarmente, previ controlli dei pompieri.
Ora tutti si chiedono il perché di questo miracolo “che ha permesso a
cinque piani di non accartocciarsi come è stato per quasi tutte le case di
corso Umberto”.
Ma, ha scoperto il cronista, dietro “non c’è nessun miracolo e
neppure grandi progettisti”, ma solo olio di gomito e niente economia nella
scelta dei materiali. Luigi Bucci, ingegnere, che fu sindaco di Amatrice
dal 1980 al ’90, ha precisa memoria:
“Il palazzo fu fatto costruire, nei primi anni 50, da Domenico
Piccirilli, un commerciante che gestiva un negozio di merceria e una pompa di
carburante dalla parte opposta della via, attraverso lavori in economia
affidati ad alcune piccole imprese locali, perché voleva trasformarlo in
albergo ma il progetto sfumò. Non ci furono progettazioni particolari e
il fatto che l’edificio abbia resistito alla violenza del terremoto ha sorpreso
tutti. E’ evidente, comunque, che all’epoca non si risparmiò sui materiali
usati”.
L’ex sindaco ammette che quel palazzo gli stava un po’ sullo stomaco:
“Francamente, la struttura strideva con il resto del centro storico,
sorgendo oltretutto a ridosso del palazzo comunale. Innanzi tutto c’era il
problema dell’altezza che lo rendeva il palazzo più alto, poi quel colore
troppo acceso. Insomma, si differenziava troppo rispetto all’architettura del
paese e, così, maturai l’idea di intervenire, facendo demolire l’ultimo piano e
adeguando la colorazione a un beige, ma non ci fu il tempo per realizzare il
progetto”.
Per fortuna, si può dire, col senno di poi.
Sfumato l’albergo, Piccirilli si accordò con la Cassa di Risparmio
che acquistò il piano terra e il primo piano per ospitarci l’Esattoria, la banca
e gli uffici. Dal secondo al quinto piano furono invece ricavati degli
appartamenti:
“Adesso, tutti guardano a quel palazzo ritenuto urbanisticamente
inadeguato, che non ha ceduto al terremoto, e sono pronti a eleggerlo come
simbolo della rinascita di Amatrice”.