La Gaza martoriata da una guerra senza fine su ‘la Voce di New York’. Voce quasi rauca a forza di invocare una fine della tragedia israelo-palestinese che non sia indegna, come quella che in realtà si profila. La guerra che continua a mietere vittime mentre il processo di colonizzazione israeliana avanza in Cisgiordania, segnala Eric Salerno. «Più si cerca di fare il punto, più il quadro diventa ingarbugliato», mentre avverte su ‘Operazione vendetta’.
Sola
certezza, il cumulo dei cadaveri
Più si tenta
di disegnare un quadro, positivo o negativo che sia, più ci si rende conto che
l’unica sicurezza o quasi è il numero crescente delle vittime, palestinesi
soprattutto, della guerra a Gaza. Certo, muoiono anche soldati israeliani,
molti altri vengono feriti nei combattenti in mezzo alle rovine di intere
città, villaggi, “campi profughi” devastati dai bombardamenti israeliani. Le
cifre, sono spaventose. Morti e feriti israeliani, militari di leva e
riservisti, sono forse alcune migliaia; morti e feriti palestinesi, quasi tutti
civili, sfiorano i quarantamila. Nessun paragone.
E domani?
Stiamo
negoziando, sostengono un po’ tutti, ci stiamo avvicinando a un accordo ma ad
ascoltare le parole che vengono fuori da militari ed esponenti del governo
israeliano, da quelli di Hamas, da vari personaggi legati alla Casa bianca di
un Biden visibilmente confuso e incerto, si ha l’impressione, giorno dopo
giorno, che si voglia solo guadagnare tempo. Arrivare fino a quando Netanyahu,
tra una decina di giorni, parlerà al Congresso riunito a Washington, come prima
tappa? Trascinare la guerra fino a novembre quando dovrà essere deciso il nome
e la collocazione politica del prossimo presidente degli Stati Uniti? Se si
leggono bene le dichiarazioni delle parti, le parole di speranza che vengono
fuori da quelli di Biden, le contraddizioni palesi nel grande miscuglio delle
frasi parlate e scritte da Netanyahu, le dichiarazioni incerte dei “politici”
di Hamas, sembra quasi impossibile vedere all’orizzonte un accordo.
Colonizzazione
della Cisgiordania
Una certezza
però c’è: lo stato d’Israele, il suo governo, le sue forze armate, le sue
polizie, stanno accelerando il processo di colonizzazione della Cisgiordania
occupata. Nuovi insediamenti vengono annunciati quasi tutti i giorni; nuovi
finanziamenti vengono raccolti agli negli Usa e arrivano nelle casse delle colonie
approvate quasi di nascosto. Il movimento dei coloni – l’ala più a destra della
popolazione israeliana – attacca villaggi e insediamenti palestinesi in azioni
che sembrano approvate, certamente tollerate, dal governo.
Dal resto
del mondo solo parole
I ministri
degli Esteri delle nazioni del G7 – Canada, Francia, Germania, Italia,
Giappone, Regno Unito e Stati Uniti – hanno rilasciato una dichiarazione
“condannando l’annuncio del ministro delle Finanze Smotrich che cinque
avamposti devono essere legalizzati in Cisgiordania”. Il G7 “rifiuta” anche la
decisione di Israele di dichiarare oltre 1.270 ettari di terra in Cisgiordania
come terre statali. Anche il resto, solo parole: “Il programma di insediamento
del governo di Israele è incoerente con il diritto internazionale e
controproducente per la causa della pace”. “Riaffermiamo il nostro impegno per
una pace duratura e sostenibile in conformità con le pertinenti risoluzioni del
Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sulla base di una soluzione a due stati”.
La realtà
reazionaria di Israele oggi
Sentiamo
dire, in questi giorni, che Hamas e Israele avrebbero accettato di lasciare
all’Autorità nazionale palestinese e a paesi arabi la gestione di Gaza una
volta finita la guerra e scambiato gli ostaggi o i loro corpi con prigionieri
palestinesi nelle carceri israeliane. L’idea potrebbe essere buona, certo, ma
la sua realizzazione appare in netta contraddizione alla posizione di Netanyahu
e, in qualche modo anche con quella del suo ministro della difesa Gallant. Per
arrivare a un accordo, è necessario un compromesso ma Israele – e non soltanto
l’attuale governo – non sembra disposta a prendere in considerazione l’idea
stessa di creare uno stato palestinese, ne a Gaza, ne in Cisgiordania, ne a
Gerusalemme Est.
Per finire,
‘Operazione vendetta’
Dopo aver osservato per molti anni i comportamenti di tutti i governi
israeliani – quelli, diciamo, di sinistra, come quello attuale di estrema
destra – viene naturale pensare che l’unica quasi certezza è già scritta. Nel
momento in cui tutti gli ostaggi in mano ad Hamas o alla Jihad islamica
torneranno a casa o saranno dichiarati morti, scatterà l’operazione vendetta e
i leader politici di Hamas e i loro eventuali sostenitori, che siano in Qatar,
in Turchia, o altrove, saranno fisicamente eliminati.
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